Domenica 22 novembre 1981

Il Papa a Collevalenza

"Desidero annunciare che domenica 22 novembre, festa di Cristo Re, a Dio piacendo, mi recherò in visita al Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza, in Diocesi di Todi, per ricordare in quel luogo di preghiera e di pietà cristiana, quanto scrissi nella Lettera Enciclica Dives in misericordia, pubblicata esattamente un anno fa:
«II mondo degli uomini può diventare sempre più umano solo se introdurremo nel multiforme ambito dei rapporti interumani e sociali, insieme alla giustizia, quell’Amore Misericordioso che costituisce il messaggio messianico del Vangelo».
Vi prego di accompagnarmi con le vostre preghiere affinché la mia visita, fra due settimane, possa recare copiosi frutti di bene per le anime".

Domenica 8 Novembre 1981— Il Santo Padre all'ANGELUS


La parola del Papa al suo arrivo a Collevalenza

Sono qui fra voi, Pellegrino al Santuario dell'Amore Misericordioso che è centro eletto di spiritualità e di pietà.

1. Debbo esprimervi un ringraziamento sincero per l'accoglienza cordiale che mi avete riservato, convenendo così numerosi e devoti in questo luogo a porgermi vostro saluto per il ritorno nell'ospitale Terra dell'Umbria. Dico ritorno, perché è ormai la quarta volta che, dall'inizio del mio servizio pontificale, mi è dato di recarmi in questa storica Regione, che, posta com’è al centro dell'Italia, sembra esprimere e riassumere le caratteristiche dell'intera popolazione della Penisola: l'equilibrio, la laboriosità, l'attaccamento ai valori l’autentico spirito religioso. A tutte le popolazioni dell'Umbria l'attestato del mio affetto e del mio apprezzamento.

2. Oggi sono qui fra voi pellegrino, a un anno di distanza della pubblicazione dell'Enciclica Dives in misericordia, nella quale, integrando quanto già avevo scritto nella Redemptor Hominis, invitavo a rivolgere lo sguardo a Dio nostro Padre, da cui solo ogni paternità prende nome nei cieli e sulla terra (cfr. Ef. 3, 15), come prende consistenza la reale dignità dell'uomo-figlio. Dicevo in quel documento che dalla verità intorno all'uomo bisogna risalire, in Cristo, alla verità del mistero del Padre e del suo amore (cfr. vol. Insegnamenti III, 2/1980/ pag. 1533-34).

Vorrei dire che questo spirituale itinerario dall'uomo a Dio, basato sulla meditazione di Cristo rivelatore, mi ha suggerito il presente itinerario, che è propriamente un pellegrinaggio al Santuario dell'Amore Misericordioso. Fortunata è l'Umbria, fortunata in particolare è la vostra antica ed illustre Città, cari abitanti di Todi, perché accanto alle numerose e ben note tradizioni religiose, accanto a tanti artistici e suggestivi templi e monumenti cristiani, possiede questo Santuario, che è centro eletto di spiritualità e di pietà. Col suo stesso nome, come con la sua mole e con l’attività spirituale, pastorale e formativa che vi è promossa, esso a tutti ricorda e proclama la grande e consolante verità della misericordia paterna del Signore. Che sarebbe l'uomo, se non avesse il supremo suo fondamento in Dio? Che sarebbe di lui, se non ci fosse per lui, su nel Cielo, un Padre che lo segue e lo ama con la generosità della sua provvidenza? Che sarebbe di lui peccatore, se non potesse contare sulla certezza di avere in questo stesso Padre colui che sempre lo comprende e lo perdona con la generosità della sua misericordia?

Ecco, fratelli e sorelle, a simili interrogativi, a cui già con la mia Enciclica intendevo richiamare tutti i figli della Chiesa per una convinta risposta di fede, ci richiama altresì questo insigne Santuario, che tanto opportunamente è sorto in mezzo a voi. Esso costituisce un "segno", e quindi un invito a meditare e ad accogliere l’eterno messaggio della salvezza cristiana, quale scaturisce dal disegno misericordioso di Dio Padre.

3. Ritrovandomi in questa Terra nell'anno centenario della nascita di San Francesco, desidero elevare anche a lui il mio pensiero devoto, nel ricordo del sublime insegnamento che egli ci ha lasciato proprio a riguardo della misericordia divina. Nel suo Cantico delle Creature egli ha detto, fra l’altro: "Laudato sie, mi Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore, et sostengono infirmitate et tribulatione: (...) che da te Altissimo saranno incoronati". Francesco, maestro dell'amore e del perdono, si appella alla misericordia generosa di Dio.

Né posso dimenticare il vostro concittadino fra Jacopone da Todi, che, discepolo del Santo di Assisi, tradusse ed interpretò nell'originalità della sua arte l'intera fiamma di amore verso Dio, come personale risposta all'anteriore e preveniente amore di Dio per noi. Nel nome dei Santi dell'Umbria, nel ricordo di Jacopone e di tanti altri uomini della Todi francescana e cristiana, io dò inizio all'odierno pellegrinaggio, a tutti porgendo fin d'ora il mio cordiale saluto con l'Apostolica Benedizione.


La parola del Papa ai malati nel Tempio

Datemi le vostre sofferenze

Cari Fratelli e Sorelle nel Signore!

1. È con particolare commozione che rivolgo a voi la parola in questo momento che precede la celebrazione della Santa Messa presso questo Santuario dell'Amore Misericordioso. Desidero esprimervi, innanzitutto, il mio affetto, testimoniarvi il mio apprezzamento ed esortarvi a perseverare con coraggio nella via difficile, sulla quale vi ha posto la provvidenza di Dio che, se appare spesso misteriosa nei suoi disegni, è però sempre mossa da amore infinitamente sapiente e premuroso.

Nel Vangelo sono frequenti gli accenni agli incontri di Gesù con persone ammalate. Egli non restò indifferente di fronte a nessuna situazione di umana sofferenza, ma ebbe per tutte un gesto di aiuto e una parola di conforto. Questo suo atteggiamento si è trasferito nella Chiesa, la quale ha imparato da Lui ad amare gli ammalati e ad adoperarsi per portare ad essi, insieme con la parola illuminatrice della fede, l'aiuto concreto che le circostanze rendevano possibile.

2. Voi comprendete, dunque, perché il Papa desideri incontrarsi con chi soffre e senta come suo particolare dovere quello di recare a ciascuno la rinnovata attenzione dell'amore di Dio e il fervido invito a ravvivare la speranza. La sofferenza, da quando Cristo l'ha presa su di sé, ha assunto un valore inestimabile: è divenuta sorgente di energia salvatrice per la persona che la sopporta e per l'intero genere umano.

Consentitemi, pertanto, di dire anche a voi che conto molto sul contributo che voi potete dare alla causa del Regno di Cristo nel mondo. La Liturgia ci invita, oggi, a meditare sulla natura e sulle sorti di questo Regno. Orbene, come sapete, Gesù non l'ha conquistato con la forza, ne ha affidato il suo futuro alla violenza delle armi. Regnavit a ligno Deus - Dio ha regnato dalla Croce!

È con la sofferenza e con la morte che Gesù ha vinto le forze del male, ribaltando la situazione disperata in cui si trovava l'umanità e conquistando ad ogni figlio di Adamo il diritto di essere cittadino di quel Regno di amore e di libertà che, preannunciato quaggiù nella Chiesa, avrà la sua piena attuazione nel Cielo.

3. La morte in Croce di Cristo ha segnato per sempre la storia umana: ormai, nel drammatico scontro tra bene e male, di cui essa è scenario e testimone, il contributo più valido all'affermarsi delle forze del bene non potrà essere dato che dalla sofferenza accolta ed offerta in amorosa comunione col Figlio di Dio, che sull'altare rinnova l'immolazione suprema attuata "una volta per tutte" sul Golgota.

Come non riflettere su questa dimensione misteriosa ed affascinante della partecipazione umana alla redenzione, ora che stiamo per iniziare la celebrazione dell'Eucarestia, in cui Gesù sarà ancora fra noi nella realtà della sua Pasqua di morte e di resurrezione?

Dàtemi le vostre sofferenze, Fratelli e Sorelle! Le porterò all'altare, per offrirle a Dio Padre in unione con quelle del Figlio suo unigenito e per implorare, in nome anche di esse, pace per la Chiesa, comprensione reciproca fra le nazioni, l'umiltà del pentimento per chi ha peccato, la generosità del perdono per chi ha subito offesa, per tutti la gioia di una rinnovata esperienza dell'amore misericordioso di Dio.

La Vergine Santissima, che "stava presso la Croce di Gesù (cfr. Gv 19,25) mentre Egli moriva per noi, susciti nei nostri cuori sentimenti adatti per quest'ora di luce e di grazia. Amen.


La parola del Papa all’omelia della Messa

Perché Dio sia tutto in tutti (Cor 15,28)

1. "Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,43). Abbiamo sentito queste parole poco fa, nel Vangelo della solennità odierna. Tali parole pronuncerà il Figlio dell'uomo quando, come re, si troverà dinanzi a tutti i popoli della terra, alla fine del mondo. Allora, quando "egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri" (Mt 25,32), a quanti si troveranno alla sua destra, rivolgerà le parole: "ricevete in eredità il regno".

Questo regno è il dono definitivo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. È il dono maturato "fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,34), nel corso di tutta la storia della salvezza. Esso è dono dell'Amore misericordioso.

Perciò oggi, festa di Cristo Re dell'universo ed ultima domenica dell'anno liturgico, ho desiderato venire al santuario dell'Amore misericordioso. La liturgia di questa domenica ci rende consapevoli, in modo particolare, che nel regno rivelato da Cristo crocifisso e risorto si deve compiere definitivamente la storia dell'uomo e del mondo:

"Cristo, infatti, è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti" (1 Cor 15,20).

2. Il regno di Cristo, che è dono dell'eterno Amore, dell'Amore misericordioso, è stato preparato "fin dalla fondazione del mondo".

Tuttavia, "a causa di un uomo venne Ia morte" (1 Cor. 15, 21) e "tutti muoiono in Adamo" (1 Cor 15,22).

All'essenza del regno, nato dall'Eterno Amore, appartiene la Vita e non la morte.

La morte è entrata nella storia dell'uomo insieme con il peccato.

All'essenza del regno, nato dall'eterno Amore, appartiene la Grazia, non il peccato.

II peccato e la morte sono nemici del regno perché in essi si sintetizza, in un certo senso, la somma del male che è nel mondo, penetrato nel cuore dell'uomo e nella sua storia.

L'Amore misericordioso tende alla pienezza del bene. II regno "preparato fin dalla fondazione del mondo" è regno della verità e della grazia, del bene e della vita. Tendendo alla pienezza del bene, l'Amore misericordioso entra nel mondo segnato col marchio della morte e della distruzione. L'Amore misericordioso penetra nel cuore dell'uomo, aggravato dal peccato e dalla concupiscenza, che è "dal mondo". L'Amore misericordioso instaura un incontro con il male; affronta il peccato e la morte. E proprio in ciò si manifesta e riconferma il fatto che questo Amore è più grande di ogni male.

San Paolo, tuttavia, ci rende consapevoli di quanto sia lunga la via che questo Amore deve percorrere, la via che conduce al compimento del Regno "preparato fin dalla fondazione del mondo". Egli, scrivendo sul Cristo Re, si esprime cosi: "Bisogna... che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte" (1 Cor 15,25

La morte è stata già annientata, per la prima volta, nella risurrezione di Cristo, che in tale vittoria si è manifestato Signore e Re.

Tuttavia, nel mondo continua a dominare la morte: "tutti muoiono in Adamo", perché sul cuore dell'uomo e sulla sua storia grava il peccato. Esso sembra pesare in modo particolare sulla nostra epoca.

Quanto grande è la potenza dell'Amore misericordioso, che aspettiamo fino a quando Cristo non avrà messo tutti i nemici sotto i suoi piedi, vincendo fino in fondo il peccato ed annientando, come ultimo nemico, la morte!

II regno di Cristo è una tensione verso la vittoria definitiva dell'Amore misericordioso, verso la pienezza escatologica del bene e della grazia, della salvezza e della vita.

Questa pienezza ha il suo inizio visibile sulla terra nella croce e nella resurrezione. Cristo, crocifisso e risorto, è fino in fondo autentica rivelazione dell'Amore misericordioso. Egli è re dei nostri cuori.

4. "Bisogna infatti che egli regni" nella sua croce e risurrezione, bisogna che regni fino a quando "consegnerà il regno a Dio Padre..." (1 Cor 15,24). Quando infatti ridurrà "al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza", che tengono il cuore umano nella schiavitù del peccato, e il mondo nella sottomissione alla morte; quando "tutto gli sarà sottomesso", allora anche il Figlio farà atto di sottomissione a Colui che gli ha sottoposto ogni cosa, "perché Dio sia tutto in tutti" (1 Cor 15,28).

Ecco la definizione del regno, preparato "fin dalla fondazione del mondo".

Ecco il definitivo compimento dell'Amore misericordioso: Dio: tutto in tutti! Quanti nel mondo ripetono ogni giorno le parole "venga il tuo regno", pregano in definitiva "perché Dio sia tutto in tutti". Tuttavia, "a causa di un uomo venne la morte" (1 Cor 15,21), la morte, la cui dimensione interna nello spirito umano è il peccato.

Ed ecco, l'uomo, permanendo in questa dimensione di morte e di peccato, l'uomo tentato fin dall'inizio con le parole: "diventerete come Dio" (cfr. Gen 3,5), mentre prega "venga il tuo regno", purtroppo si oppone alla sua venuta, la respinge addirittura. Sembra dire: se in definitiva Dio sarà "tutto in tutti", che cosa rimarrà per me uomo? Questo regno escatologico non assorbirà forse l'uomo stesso, non lo annienterà?

Se Dio è tutto, l'uomo è niente; egli non esiste. Così proclamano gli autori delle ideologie e dei programmi, che esortano l'uomo a voltare le spalle a Dio, ad opporsi al Suo regno con assoluta fermezza e determinazione, perché solo così può costruire il proprio regno; cioè il regno dell'uomo nel mondo, il regno indivisibile dell'uomo.

5. Così ritengono, così proclamano, e per questo si battono. Impegnandosi in tale battaglia, sembrano non avvertire che l'uomo non può regnare finché in lui continua a dominare il peccato; che egli non è veramente re quando su di lui domina la morte... Che tipo di regno è mai questo, se non libera l'uomo da quel "principato, potestà e potenza", che trascinano al male la sua coscienza ed il suo cuore, e fanno scaturire dalle opere del genio umano orribili minacce di distruzione?

Tale è la verità sul mondo in cui viviamo. La verità sul mondo in cui l'uomo, con tutta la sua fermezza e determinazione, respinge il regno di Dio, per fare di questo mondo il proprio regno indivisibile. E, nello stesso tempo, sappiamo che nel mondo già esiste il regno di Dio. Esiste in modo irreversibile. Esso è nel mondo: è in noi!

Oh! di quanta potenza d'Amore hanno bisogno l’uomo odierno e il mondo! Di quanta potenza dell'Amore misericordioso!

Perché quel regno, che già esiste nel mondo, possa ridurre a nulla il regno del "principato, potestà e potenza", che inducono il cuore dell'uomo al peccato, e sul mondo stendono l'orribile minaccia della distruzione.

Oh! quanta potenza dell'Amore misericordioso si deve manifestare nella croce e nella risurrezione di Cristo!

"Bisogna che egli regni...".

6. Cristo regna per il fatto che tutti e tutto conduce al Padre, regna per consegnare "il regno a Dio Padre" (1 Cor 15,24), per sottomettere se stesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa" (1 Cor 15,28).

Egli regna come Pastore, come il Buon Pastore. Pastore è colui che ama le pecore e ne ha cura, le protegge dalla dispersione, le raduna "da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine" (Ez 34,12).

L'odierna liturgia contiene un commovente dialogo del Pastore con l'ovile.

Dice il Pastore: "Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare... Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia" (Ez. 34,15-16).

Dice l'Ovile:

"II Signore è il mio Pastore:

non manco di nulla;

su pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce.

Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino per amore del suo nome...

Felicità e grazia mi saranno compagne

tutti i giorni della mia vita,

e abiterò nella casa del Signore

per lunghissimi anni" (Sal 22/23, 1-3.6).

Questo è il parlare quotidiano della Chiesa: il dialogo che si svolge tra il Pastore e l'Ovile ed in tale dialogo matura il regno "preparato fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,24).

Cristo Re, come Buon Pastore, prepara in diversi modi il suo Ovile, cioè tutti coloro che Egli deve consegnare al Padre "perché Dio sia tutto in tutti" (1 Cor 15,28).

7. Quanto desidera egli dire a tutti un giorno: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno" (Mt 25,34)! Quanto desidera egli incontrare, nel compiersi della storia del mondo, coloro ai quali potrà dire: "...io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,35-36)!

Quanto desidera egli riconoscere le sue pecore dalle opere di carità, anche solo una di esse, anche dal bicchiere di acqua dato nel suo nome (cfr Mc 9,41)!

Quanto egli desidera riunire le sue pecore in un solo ovile definitivo, per porle "alla sua destra" e dire: "ricevete... il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo"!

E tuttavia, nella stessa parabola, Cristo parla dei capri che si troveranno "alla sinistra". Sono coloro che hanno rifiutato il regno. Hanno rifiutato non soltanto Dio, considerando e proclamando che suo regno annienta l'indiviso regno dell'uomo nel mondo, ma hanno rifiutato anche l'uomo: non l'hanno ospitato, non l'hanno visitato, non gli hanno dato da mangiare né da bere.

II regno di Cristo, infatti, si conferma, nelle parole dell'ultimo giudizio, come regno dell'amore verso l'uomo. L'ultima base della condanna sarà proprio quella motivazione: "ogni volta che non avete fatto queste cose ad uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me" (Mt 25,45).

Questo è dunque il regno dell'amore verso l'uomo, dell'amore nella verità; ed è perciò il regno dell'Amore misericordioso. Questo regno è il dono "preparato... fin dalla fondazione del mondo", dono dell'Amore. E anche frutto dell'Amore, che nel corso della storia e del mondo si fa costantemente strada attraverso le barriere dell'indifferenza, dell'egoismo, della non curanza e dell'odio; attraverso le barriere della concupiscenza della carne, degli occhi e della superbia della vita (cfr Gv 2, 16); attraverso il fomite del peccato che ogni uomo porta in sé, attraverso la storia dei peccati umani e dei crimini, come ad esempio quelli che gravano sul nostro secolo e sulla nostra generazione... attraverso tutto ciò!

Amore misericordioso, Ti preghiamo, non venire meno!

Amore misericordioso, sii infaticabile!

Sii costantemente più grande di ogni male, che è nell'uomo e nel mondo. Sii più grande di quel male, che è cresciuto nel nostro secolo e nella nostra generazione!

Sii più potente con la forza del Re crocifisso!

"Beato il suo Regno che viene".


La parola del Papa all'Angelus

"Fin dall'inizio del mio ministero nella sede di San Pietro a Roma, ritenevo questo messaggio come mio particolare compito"

1. "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1, 30- 33).

Ricordiamo oggi queste parole che la Vergine di Nazareth ha ascoltato nell'annunciazione. Le ricordiamo, recitando l'Angelus nella festa di Cristo Re.

Colui, che era stato concepito nel grembo della Vergine, è il Re.

E benché, accusato davanti a Pilato di affermare di essere re, abbia risposto: "il mio regno non è di questo mondo" (Gv 18, 36), benché non abbia ereditato il trono terrestre di Davide, tuttavia Egli regna "per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".

Proprio perché tale regno "non è di questo mondo" e va misurato con un metro diverso da quello di tutti gli altri regni terrestri e delle dominazioni temporali.

2. Esso si misura col metro dell'Amore, col metro dell'Amore misericordioso. Un anno fa ho pubblicato l'enciclica "Dives in misericordia". Questa circostanza mi ha fatto venire oggi al santuario dell'Amore misericordioso. Con questa presenza desidero riconfermare, in qualche modo, il messaggio di quella enciclica. Desidero leggerlo di nuovo e di nuovo pronunciarlo.

Fin dall'inizio del mio ministero nella sede di San Pietro a Roma, ritenevo questo messaggio come mio particolare compito. La Provvidenza me l'ha assegnato nella situazione contemporanea dell'uomo, della Chiesa e del mondo. Si potrebbe anche dire che appunto questa situazione mi ha assegnato come compito quel messaggio dinanzi a Dio, che è Provvidenza, che è mistero imperscrutabile, mistero dell'Amore e della Verità, della Verità e dell'Amore. E le mie esperienze personali di quest'anno, collegate con gli avvenimenti del 13 maggio, da parte loro mi ordinano di gridare: "misericordiæ Domini, quia non sumus consumpti (Lam 3, 22). Perciò oggi prego qui insieme con voi, cari Fratelli e Sorelle. Prego per professare che l'Amore misericordioso è più potente di ogni male, che si accavalla sull'uomo e sul mondo. Prego insieme con voi per implorare quell'Amore misericordioso per l'uomo e per il mondo della nostra difficile epoca.

3. "Cristo a risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti" (1 Cor 15, 20).

Oggi, mentre cerchiamo di abbracciare con il cuore e con la preghiera il mistero del Regno di Cristo, ritroviamo in esso in modo particolare coloro, che ci hanno lasciato, "quelli che sono morti". Tutto il mese di novembre è dedicato al ricordo di questi: vicini e lontani, di tutti!

Soltanto in questo Regno, che Dio ha stabilito in Gesù Cristo, questi nostri morti permangono nell'unione con noi. E noi con loro. "... come tutti muoiono in Adamo, cosi tutti riceveranno la vita in Cristo" (1 Cor 15, 22). Professiamo la fede nella comunione dei santi e nella vita eterna!

II Regno che "non è di questo mondo" (Gv 18, 36) non tiene conto dei limiti della morte e del sepolcro, ai quali, in ogni luogo della terra, è sottomesso "questo mondo" e l'uomo che in esso vive.

Quando professiamo questo Regno, riconfermiamo la presenza nel mondo di Colui, per il quale tutto esiste: Deum, cui omnia vivunt, venite adoremus!

4. Proprio nella solennità di Cristo Re dello scorso anno un violento terremoto si abbatteva sulle Regioni della Basilicata e della Campania, provocando morte, dolore, distruzione. In questo momento, qui presso il santuario dell'Amore Misericordioso, ricordiamo nella fervida preghiera ed affidiamo all'infinito amore di Dio Padre le anime dei fratelli e delle sorelle che in quella terribile circostanza perdettero la vita. Ma dobbiamo ricordare e pregare anche per i superstiti, per coloro che in quel triste avvenimento perdettero tutto: la casa, i beni, i campi, il posto di lavoro, le chiese, i paesi. Ad un anno di distanza tanti gravi problemi di carattere sociale sono ancora irrisolti. Per questo oggi, mentre rivolgo al fratelli ed alle sorelle delle zone colpite dal sisma il mio affettuoso saluto di incoraggiamento, sento il bisogno di indirizzare un caldo invito ed un pressante appello a tutti, perché ognuno, secondo le sue possibilità e il suo campo di competenza, dia un generoso, fattivo contributo perché le legittime aspettative di quelle care popolazioni non siano ulteriormente deluse.


II saluto del Superiore generale Padre Gino Capponi al Santo Padre a nome delle nostre due Congregazioni

Benedetto colui che viene nel nome dell'Amore Misericordioso

Beatissimo Padre,

Questo giorno radioso, che ha fatto il Signore, dono inestimabile di grazia per la nostra Famiglia, evoca dal profondo del nostri cuori la più gioiosa gratitudine verso la Santità Vostra. La Madre Fondatrice, tutte le Ancelle ed i Figli, salutando il Vicario di Cristo, benvenuto e benedetto nel nome dell'Amore Misericordioso, chiedono la luce ed il conforto della Sua parola e del Suo magistero.

II carisma della nostra vocazione è imperniato sulla divina realtà e sulla lieta testimonianza dell'Amore Misericordioso, stupendamente riproposto alla presente età dalla Enciclica "Dives in Misericordia", pubblicata esattamente un anno fa; e la Sua presenza evangelizzatrice, oggi qui, Padre Santo, sottolinea ed annunzia, da questo Santuario, ai fedeli e soprattutto agli indifferenti ed ai lontani, il mistero messianico del Cristo Re di Amore.

Da parte nostra, consapevoli dei limiti, ma anche dei religiosi doveri di Famiglia dell'Amore Misericordioso di fronte alla Chiesa, abbiamo voluto organizzare un primo simposio sul tema dell'Enciclica, di cui la venuta tra noi di Vostra Santità costituisce la più ambita ed autorevole prolusione.

La Sua odierna presenza lascerà nei nostri cuori, e nello sviluppo delle nostre Congregazioni, segni incancellabili, che matureranno in vigorosi stimoli, per una risposta sempre più responsabile e fiduciosa alle esigenze della nostra vita consacrata. Molti saranno anche i ricordi esterni ad evocare in futuro questo giorno di grazia per noi, non ultima la Sala di riunione ove siamo raccolti, che d'ora innanzi si chiamerà "Sala Giovanni Paolo II".

Padre Santo,

Tenui espressioni sono queste della nostra affettuosa venerazione verso il Capo visibile della Chiesa, ma sono animate da una Fede sincera ed umile, e che auspichiamo sempre più operante, quale ci è stata continuamente trasfusa dall'opera formativa della Madre Fondatrice. Tale fede ci fa arditi nell'offrire a Vostra Santità il fermo proposito di voler corrispondere sempre più fedelmente agli orientamenti del Suo governo pastorale.

Nel ripetere il nostro grazie profondissimo, invochiamo sulla Madre, e su ciascuno di noi, il conforto e la gioia di una particolare Benedizione Apostolica.


La parola del Papa alla nostra famiglia religiosa di Ancelle e di Figli dell'Amore Misericordioso

La vostra vocazione riveste un carattere di viva attualità

Carissimi Fratelli e Sorelle,

All'inizio di questo desiderato incontro con voi, Ancelle e Figli dell'Amore Misericordioso, amo rivolgervi le parole di San Paolo ai Corinzi: "Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre Misericordioso e Die di ogni consolazione" (2 Cor 1,3).

La consolazione, che procura al mio cuore questo pellegrinaggio, è certamente anche la vostra, derivante dalla certezza di essere fedelmente accolti dalla bontà divina, anche "in ogni nostra tribolazione". Se Dio ed il suo Amore sono per noi la consolazione che nessuno può sottrarci "nessuno vi potrà togliere la vostra gioia" (Gv 16,22) - siamo chiamati al tempo stesso ad alimentare in noi la sollecitudine insopprimibile di partecipare a tutti un tale amore.

1. Per liberare l'uomo dai propri timori esistenziali, da quelle paure e minacce che sente incombenti da parte di individui e Nazioni, per rimarginare le tante lacerazioni personali e sociali, è necessario che alla presente generazione alla quale pure si estende la Misericordia del Signore cantata dalla Vergine Santissima (cfr. Lc 1,50) sia rivelato "il mistero del Padre e del suo amore". L'uomo ha intimamente bisogno di aprirsi alla misericordia divina, per sentirsi radicalmente compreso nella debolezza della sua natura ferita; egli necessita di essere fermamente convinto di quelle parole a voi care e che formano spesso l'oggetto della vostra riflessione, cioè che Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue con amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro. L'uomo, il più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto, è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un padre ed una tenera madre.

2. Da questi brevi cenni risulta che la vostra vocazione sembra rivestire un carattere di viva attualità. È vero che la Chiesa, durante i secoli, mediante anche l'opera dei vari Ordini e Congregazioni Religiose, ha sempre proclamato e professato la misericordia divina, essendone amministratrice sollecita in campo sacramentale ed in quello dei rapporti fraterni, ma vorrei rilevare soltanto che la vostra speciale professione attinge direttamente il nucleo di una tale missione, e vi abilita istituzionalmente ad esercitarla.

Lo spirito del vostro Istituto, il quale reca con sé il fervore degli inizi, si esprime in una pietà solida, in una disinteressata dedizione ed in un ardente impegno apostolico, come ne fanno fede le grandiose costruzioni sorte in pochi decenni attorno a questo Santuario, e le folle che qui accorrono per rinnovare ed accrescere la propria vita cristiana.

Desidero esprimere il mio compiacimento per quanto viene compiuto nel campo dell'assistenza e della santificazione del clero diocesano. Tale compito rientra nel fine specifico della Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso, per la cui realizzazione le Ancelle prestano la loro delicate collaborazione. Si legge infatti, nel Libro delle Usanze che traduce in pratica le Costituzioni: "aiuteranno i Sacerdoti in tutto, più con i fatti che con le parole", e tutto ciò con spirito di lieta e generosa dedizione. Un particolare impegno viene esercitato per incoraggiare tra i Sacerdoti diverse e progressive forme di una certa vita comune (cfr. Dec, Presb. Ord. 8).

Le Ancelle, d'altra parte, svolgono nelle loro Case tutta una serie di provvide assistenze che testimoniano una generosa elasticità nell'adattamento alle esigenze caritative dei luoghi ed alle domande dell'Autorità ecclesiastica.

3. Ed ora, cari Fratelli e Sorelle, vorrei rivolgervi una viva esortazione ad essere saggiamente fedeli alla vostra vocazione.

Consapevoli della necessità che l'uomo moderno ha di incontrarsi con l'amore del "Padre delle misericordie", e lieti di essere consacrati alla diffusione di un tale amore, offrite, anzitutto, nell'ambito della vostra grande Famiglia, una testimonianza serena e convincente di carità fraterna. "Congregavit vos in unum Christi amor": è Cristo Signore che si è interessato a ciascuno di voi e vi ha riuniti in Congregazioni distinte; ed in un'unica Famiglia, per compiere, con differenti modalità, lo stesso cammino di perfezione, nello svolgimento della missione evangelizzatrice. II compito di proclamare la misericordia del Salvatore richiede una testimonianza probante di unione, di scambievole amore misericordioso come Gesù stesso ha esortato con la forza tragica della sua ultima ora: "Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Gv 15,12). Tale amore fraterno è in se stesso una prova ed una evangelizzazione della misericordia: "Siano anch'essi una sola cosa in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21).

Per costruire l'anima, prima ancora che le strutture di una Congregazione, è necessario realizzare un amore che richiede spesso sacrificio e rinuncia personale, in sintonia con quanto testimoniato da Cristo, soprattutto col suggello della sua estrema donazione.

Tale richiamo suggerisce l'invito ad approfondire sempre di più le radici del vostro spirito di Famiglia, mediante una immedesimazione intensa nei sentimenti di Cristo Crocifisso e di Cristo Eucarestia, le cui immagini recate nel vostro emblema: abbiate in voi gli stessi sentimenti che erano in Gesù Cristo... che umilio se stesso... fino alla morte di croce" (Fil 2, 5-8).

Non è possibile essere Araldi della Misericordia senza l'assimilazione intensa del senso e del valore delle estreme donazioni di un amore divino infinitamente più potente della morte: il Crocifisso e l'Eucarestia; di un amore inesauribile, "in virtù del quale il Signore desidera sempre unirsi ed immedesimarsi con noi, andando incontro a tutti i cuori umani", come scrivevo un anno fa nella lettera Enciclica "Dives in Misericordia" (n. 13), che voi vi proponete di ricordare tra pochi giorni con un solenne convegno internazionale.

Nella contemplazione di un tale amore, è meno difficile resistere ad un'aura secolarizzante che, sotto il pretesto di un certo tipo di presenza nel mondo, potrebbe aver impoverito la fede e reso meno viva la fiducia e meno soprannaturale la carità; è più facile alimentare il buono spirito trasmessovi, per realizzare in voi la beatitudine dei "misericordiosi", al fine non solo di ottenere, ma anche di irradiare misericordia.

Questo Santuario voluto per esaltare e continuamente celebrare i tratti più squisiti dell'Amore Misericordioso, consideratelo come costante punto di riferimento, culla della vostra vocazione, centro e segno della vostra particolare spiritualità. In esso sia sempre proclamato il lieto annunzio dell'Amore Misericordioso, mediante la Parola, la Riconciliazione e l'Eucarestia. È parola evangelica quella che voi pronunciate per confortare e convincere i fratelli circa l'inesauribile benevolenza del Padre celeste. È rendere possibile l'esperienza di un amore divino più potente del peccato, l'accogliere i fedeli nel Sacramento della Penitenza o Riconciliazione, che so qui amministrato con costante impegno. È rinvigorire tante anime affaticate e stanche, alla ricerca di un risorto che rechi dolcezza e robustezza nel cammino, offrire loro il Pane Eucaristico.

Tale sublime ministero della Misericordia, come pure ogni vostra aspirazione ed attività, affido a Maria Santissima, da voi venerata sotto il titolo di Mediatrice, invocandola con fervore, affinché voglia maternamente propiziare ed affrettare per voi il dono del suo Figlio Gesù e, d'altra parte, la vostra piena apertura verso di Lui.

La mia esortazione ed il mio saluto raggiungano ugualmente quanti, Ancelle e Figli delle varie Comunità d'Italia, di Spagna e di Germania, non sono qui presenti, con particolare pensiero di conforto e di incoraggiamento per le due giovani Comunità missionarie del Brasile. Auspico alla vostra cara Madre Fondatrice, che è qui in mezzo a voi, di vedervi tutti decisamente incamminati verso la santità, secondo le sue aspirazioni materne. Rivolgo poi un particolare saluto, beneaugurante letizia e prosperità cristiane, ai vostri amici ed a quanti sostengono le vostre iniziative apostoliche, mentre imparto a tutti ed a ciascuno la mia affettuosa Benedizione Apostolica.


Il Santo Padre al Clero secolare e regolare della Diocesi di Todi e di Orvieto

La Misericordia divina sia il vostro programma sacerdotale

Carissimi Sacerdoti,

Ho desiderato di incontrarmi con voi, appartenenti al clero secolare e regolare della diocesi di Todi e di Orvieto, unite nella persona del Vescovo, per manifestarvi la mia profonda affezione e il mio incoraggiamento nella vostra vita e nel vostro ministero sacerdotale.

Sono lieto di vedervi raccolti in questa insigne Cattedrale tudertina, la quale, insieme a quella ancor più nota di Orvieto, riassume mirabilmente la fede, l’arte e la storia di questa terra. Mi fa anche piacere di sapervi desiderosi di vivere con me un momento di fraterna gioiosa comunione ecclesiale. Vi saluto con viva cordialità: tutti desidero abbracciare, confortare e ringraziare per la vostra calorosa accoglienza.

Saluto, in particolare, il vostro Vescovo, Monsignor Decio Lucio Grandoni, e i due Vicari Generali.

1. Avrei tante cose da dirvi e tante da ascoltare da voi, ma il tempo breve non me lo consente; mi limiterò perciò ad esporvi alcuni pensieri che mi vengono suggeriti dalle circostanze dell’odierna visita al Santuario dell’Amore Misericordioso a Collevalenza.

Parlando a Sacerdoti, in cura d’anime, che sono segni viventi ed efficaci della misericordia di Dio, non trovo considerazioni più stimolanti di quelle che discendono da questa virtù, che è al centro della Chiesa, come fontana zampillante, a cui tutti si accostano per dissetarsi. Mi come in questo tempo, l’uomo ha avuto tanto bisogno di questa virtù, che è necessaria e per il progresso spirituale di ogni anima e per quello umano, civile e sociale. Essa infatti, se è vissuta in pienezza, potrà rinnovare il tessuto dei rapporti all’interno dei vostri presbiteri e darà alle vostre comunità diocesane maggiore consistenza e afflato d’amicizia, di bontà, di concordia, di mutua stima e fiducia, e di volenterosa collaborazione. Vivendo questa spiritualità, vi potranno essere tra voi disparità di vedute, diversità di libere opinioni, molteplicità di iniziative pastorali, ma non vi mancherà mai l’unità di fede, di carità e di disciplina; non vi sarà mai difetto il senso della comprensione e dell’indulgenza verso le manchevolezze altrui. In particolare voi, Sacerdoti anziani, troverete il modo di comprendere i vostri confratelli più giovani; e voi giovani saprete stabilire con i vostri Superiori relazioni di sincerità e di fiducia, senza togliere a chi dirige il dovere della responsabilità e a voi stessi il merito dell’obbedienza. È in questo studio di reciproca misericordia che si compie e si celebra il mistero della redenzione nella Chiesa. Fate di essa, sia nel suo interiore carisma di perdono e di amore, sia nel suo esteriore esercizio di servizio ad ogni necessità dei confratelli, il vostro programma sacerdotale, per vivere in pienezza di fede e di letizia il mistero del Cristo morto e risorto.

2. Ma la carità pastorale esige che voi sappiate usare tale misericordia a sollievo delle anime affidate alle vostre sollecitudini. Si può dire che i Sacerdoti sono i primi e diretti promotori delle opere di misericordia corporale e spirituale. È proprio vero! Ma che cosa comporta tutto questo? Tutto ciò importa un nuovo concetto della funzione del pastore, il quale deve saper "compatire" (Fil 2,1), deve avere in cuore una buona compassione (Ef 4,32), non deve chiudersi dinanzi ad un fratello che si trova nella necessità; in una parola, deve farsi buon samaritano (cf. Lc 10,30-37). È fuori dubbio che la funzione pastorale esige l'esercizio di una autorità: il pastore è capo, guida, e maestro; ma subito subentra una seconda esigenza ed è quella del servizio. L'autorità nel pensiero di Cristo non è a beneficio di chi la esercita, ma a vantaggio di coloro ai quali si rivolge. L'autorità è un dovere e soprattutto un ministero verso gli altri, per condurli alla vita eterna.

Questa funzione pastorale, se compiuta con tale spirito, porta alla sua espressione più piena, cioè al dono totale di sé, al sacrificio; proprio come Gesù ha detto e ha fatto di sé: "il buon pastore da la vita per il suo gregge" (Gv 10,11). In questa visione è racchiusa una somma di qualità pastorali: l’umiltà, il disinteresse, la tenerezza (ricordate il discorso di Paolo ai cristiani di Mileto, cf. At 20,17-38); ma anche una somma di esigenze dell'arte pastorale, come lo studio della teologia pastorale, della psicologia, della sociologia per evitare faciloneria nei rapporti con le singole anime e con le comunità.

In particolare, questo amore misericordioso voi lo attuate nell'amministrazione dei Sacramenti, luogo privilegiato di misericordia e di perdono. Come è noto, il Padre che ci ha resi figli nel Battesimo resta fedele al suo amore anche quando, per propria colpa, l'uomo si separa da lui. La sua misericordia è più forte del peccato, e il sacramento della Confessione ne è il segno più espressivo, quasi un secondo Battesimo, come lo chiamano i Padri della Chiesa. Nella Confessione, la stessa grazia del Battesimo si rinnova infatti per un nuovo e più ricco inserimento nel mistero di Cristo e della Chiesa. Anche la fragilità e l'infermità fisica dell'uomo sono, per la misericordia di Cristo, occasione di grazia; come avviene anche nell'Unzione degli infermi che riesprime e rinnova l'inserimento totale del cristiano malato nel mistero pasquale, quale segno efficace di sollievo e di perdono. Infatti in questo sacramento il Cristo fa sua la fragilità dell'uomo e la riscatta, perché nella debolezza della creatura si manifesti pienamente la potenza di Dio (cfr. 2 Cor 12, 9-10).

Ma per il malato anche l'Eucarestia è sacramento della misericordia divina, essendo viatico per l'ultimo viaggio e destinato cosi a sostenerlo nel passaggio da questa vita al Padre e a munirlo della garanzia della risurrezione, secondo le parole del Signore: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv 6,54). È un atto di vero amore confortare i malati con questo sacramento, l'ultimo, prima che essi vedano Dio al di là dei segni sacramentali e partecipino gioiosi al banchetto del Regno.

3. Carissimi Sacerdoti, nell'amministrazione di questi sacramenti della misericordia siate sempre diligenti e fervorosi, senza risparmiare energie e tempo, profondamente consapevoli che la "Chiesa vive una vita autentica, quando professa e proclama la misericordia — il più stupendo attributo del Creatore e Redentore e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore, di cui essa è depositaria e dispensatrice" (Enc. Dives in Misericordia, n. 13). Abbiate nel vostro slancio pastorale quella pazienza e quella bontà, di cui il Signore stesso ci ha lasciato l'esempio, essendo venuto non per giudicare, ma per salvare (cf. Gv 3,17). Come il Cristo, anche voi siate intransigenti con il male, ma misericordiosi verso le persona. Nelle difficoltà, che possono incontrare, i fedeli devono trovare nelle parole e nel cuore di voi pastori l'eco della voce del Redentore "mite ed umile di cuore" (Mt 11,29).

Sulla scia degli esempi a voi lasciati dalle luminose figure di sacerdoti e Vescovi tra cui ricordo il degno e zelante Presule Monsignor Alfonso De Sanctis, a cui si deve l'erezione del Santuario dell'Amore Misericordioso — continuate la vostra opera di animazione cristiana fra queste care popolazioni di Todi e di Orvieto. Curate la vita di preghiera e di bontà per essere ministri esemplari e portatori di gioia e di serenità a tutti. Coltivate l'intimità con Cristo, mediante una sincera e profonda vita interiore, ricordandovi sempre che la vostra missione è di essere testimoni del soprannaturale e annunciatori di Cristo agli uomini del nostro tempo, i quali avvertono sempre più, anche se le apparenze possono talvolta far pensare il contrario, il richiamo e il bisogno di Dio.

Affido questi voti alla Vergine Santissima, Madre della Misericordia. Ella non mancherà di proteggervi e di assicurare al vostro sacerdozio la sua materna e potente intercessione. Faccia Ella rifiorire il numero di coloro che aspirano al sacerdozio e seguono il divino Agnello dovunque Egli vada.

Con la mia Apostolica Benedizione.


Presentiamo una nostra traduzione della Bolla Papale con la quale il Santo Padre Giovanni Paolo II, in ricordo del Suo pellegrinaggio a Collevalenza il 22 novembre 1981, ha voluto insignire il nostro Santuario del titolo di BASILICA MINORE

PAPA GIOVANNI PAOLO II

A Perpetua Memoria

Tra i primi nostri viaggi Apostolici che abbiamo intrapreso non appena ristabiliti in salute, con animo sommamente grato a Dio clemente, senza dubbio quello compiuto a Todi e precisamente al Santuario dedicato a Cristo Re Signore, sotto il titolo luminoso e soave di Amore Misericordioso nel paese di Collevalenza della stessa diocesi, ci è ancora di straordinaria consolazione e di gioioso ricordo. In quel luogo con rinnovata ammirazione siamo stati colpiti da quel tempio sublime e grandioso in tutte le sue parti per la sua splendida bellezza, tale che Noi stessi l’abbiamo stimato degno di essere insignito del titolo di BASILICA MINORE; tale dignità infatti è richiesta sia all’arte sacra di quel tempio, sia soprattutto dall’attività pastorale, che in quel luogo viene svolta per rafforzare la fede dei cristiani e la pietà verso il Signore Misericordioso.

Per questo ben volentieri, vogliamo accondiscendere alle richieste e alle preghiere del Venerabile Fratello Decio Lucio Grandoni Vescovo di Todi, il quale Ci chiese a nome suo, del clero e del popolo della città di provvedere in tal modo all'onore del tempio e del sacello (Cappella del Crocifisso) con questa nuova e mirabile denominazione conferita; infatti egli ― e Noi insieme con lui ― confida che sarà di grandissimo giovamento per la salvezza degli uomini.

Per cui in base alla sentenza della Sacra Congregazione per i Sacramenti e per il Culto Divino e per la pienezza della Nostra autorità Apostolica, in forza di questa lettera e in perpetuo, il sacro tempio che abbiamo ricordato, nella città di Collevalenza, dedicato a Cristo Re Signore — Amore Misericordioso, — eleviamo al titolo e al decoro di "BASILICA MINORE", con tutti i diritti e concessioni liturgiche che le competono; osservate le norme relative secondo il decreto "sul titolo di Basilica Minore" del 6 giugno 1968. Nonostante qualunque cosa in contrario.

Inoltre ordiniamo che questa Nostra lettera sia adempiuta puntualmente e produca i suoi effetti tanto ora che in futuro.

Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’Anello del Pescatore, il giorno 17 aprile dell’anno 1982, quarto del nostro Pontificato.

Agostino Card. Casaroli

Segretario di Stato


Alcuni pensieri estratti dagli scritti di Madre Speranza

Oggi 5 Novembre 1927

«… Io devo far sì che gli uomini lo conoscano non già come un Padre sdegnato e offeso per le ingratitudini dei suoi figli ma come un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortarli e farli felici; che li segue e li cerca con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro. Quanto mi ha fatto impressione questo, Padre mio!»

In Dio tutto è a servizio dell'amore

«Mi sembra che tutti gli attributi del buon Gesù sono al servizio dell'amore; infatti vediamo che Egli usa la sua scienza per riparare i nostri errori, la sua giustizia per correggere le nostre iniquità, la sua bontà e la sua misericordia per consolarci e per colmarci di benefici e la sua onnipotenza per sostenerci e proteggerci». (Perf. n. 12, pag. 20).

 

II suo amore dissimula le nostre mancanze, sostiene la nostra causa. Attende la nostra conversione

«Gesù mio, so che Tu chiami tutti senza eccezione, abiti negli umili, ami chi ti ama, giudichi la causa del povero, hai pietà di tutti e niente odii di quanto il tuo potere creò; dissimuli le mancanze degli uomini e li attendi a penitenza e ricevi it peccatore con amore e misericordia.
Apri anche a me, Signore, la sorgente della vita, concedimi il perdono e annienta in me tutto ciò che si oppose alla tua legge divina».

(Novena all'A.M.-7° giorno).

«Teniamo fortemente impresso nei nostri cuori che non soddisfatti di crocifiggere una volta col peccato originale il nostro Dio, lo abbiamo fatto molte volte con i nostri peccati personali; ma nonostante tanta malignità e ostinazione, Egli ancora adduce a nostro favore la scusa dell'ignoranza. Quanto è buono! E quanto è sicuro che la passione ci accieca, l'interesse ci offusca e l'ambizione ci abbaglia, tanto che non vediamo quando cadiamo in peccato; l'amore a noi stessi ci fa scordare quell'amore che dobbiamo al nostro Dio, la superbia a sua volta, ci porta contro il nostro Creatore. Adduci a nostra discolpa, Gesù mio, che siamo ciechi e non sappiamo ciò che significa offendere un Dio così grande, un Padre così buono». (Circ. n. 31, p. 61).

 

Come il cuore pulsa per tutte le membra del corpo

«Poniamo un interesse speciale per far comprendere ai nostri fratelli che Gesù è per tutti un Padre pieno di bontà, che ci ama con un amore infinito senza fare distinzioni. L'uomo il più perverso, il più miserabile e perfino il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù, che è per lui un Padre e una tenera madre. Gesù non fa distinzioni tra le anime, se non per concedere a qualcuna di queste delle grazie straordinarie o più speciali: cioè per prepararla a maggiori sofferenze diventando il parafulmine dei suoi fratelli. Io paragono l'amore di Gesù al cuore umano, che spinge il sangue fin nelle estremità del corpo, distribuendo la vita anche alle membra più umili. Nello stesso modo agiscono le pulsazioni dell'Amore Misericordioso. II cuore di Gesù batte con immenso amore per tutti gli uomini. Batte per le anime tiepide, e per i peccatori, batte per le anime sante, per le fervorose, per gli infedeli e per gli eretici; batte per i moribondi e per le anime del purgatorio; batte per le anime beate che glorifica in cielo.

Predilige chi ha più bisogno

II buon Gesù mi ha incaricato di comunicare a tutti quelli che trattano con me che Lui ama tutte le anime con la stessa intensità; che se c'è una differenza è proprio questa: ama di più quelle anime che, pur piene di difetti, si sforzano e lottano per essere come Lui le vuole; che anche l'uomo più perverso, più abbandonato e più miserabile è amato da Lui con immensa tenerezza. (Historia 19.11.1928).

«Dio si muove per primo per accogliere l'anima peccatrice pentita; abbracciandola con amore, appena viene a Lui; senza rinfacciare le mancanze commesse, la ricopre di grazie e di doni». (Las Esclav. p. 266).

 

È un Padre non un giudice severo

«... Che le anime arrivino a comprendere che hanno un Padre, il quale non tiene in conto, perdona e si dimentica. Un Padre che non è un giudice severo ma un Padre santo, pieno di sapienza e di bellezza, che sta aspettando il figlio prodigo per abbracciarlo». (Exhort 2.1.1965).

 

[ Home page | Eventi ]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 31 marzo, 2011