«come la scopa»

 

Il tempo trascorso a Villena, appare decisivo nella vita della nostra Madre che attraverso la contemplazione della croce, in mezzo a grandi difficoltà comunitarie, ha il coraggio di riconfermare la sua opzione fondamentale: quella di «servire», come lo farebbe una scopa, in un cammino d'amore che la porta a superare l'inevitabile limite umano. La vedremo adoperarsi, con umiltà e disponibilità operosa per l'unione delle Figlie del Calvario, ormai in via di estinzione, con le Missionarie Claretiane.

 

«...da quel momento da scopa ho servito sempre»

Come abbiamo visto, soprattutto nei suoi primi anni di vita religiosa, la Madre fu chiamata a sperimentare la fatica di un cammino e lo scontro con una realtà tanto lontana dai suoi grandi ideali. Fu a causa di ciò che giunse a mettere in discussione la sua scelta. Ella stessa racconta della tentazione di andarsene perchè, a causa della poca unione dei membri dell'Istituto, a suo avviso, lì non si santificava.

Con estrema sincerità, si confidò con il Vescovo di Murcia, rimettendosi al suo consiglio (1). Certamente la fragilità e l'infermità influirono notevolmente nella vita di unione dei membri della comunità, rendendo il cammino ancora più difficile, così da convertire la sequela in un cammino verso il Golgota più che verso il Tabor (2). Ma sentiamo come la stessa Madre ce lo racconta:

«Dopo tre anni il Vescovo di Murcia, che conoscevo molto bene, venne a trovarmi e mi disse: "Madre, che fa?". "Ecc.za - gli risposi - io sono venuta per santificarmi, ma siccome vedo che qui non mi è possibile, non mi sembra di poter fare i Voti Perpetui". "Perché?", mi disse. Io gli manifestai ciò che sentivo e lui mi rispose: "Madre non pensi più di essere una persona, immagini di essere una scopa. Per prima arriva una suora fine e ordinata, dalle maniere delicate, pulisce la sala o ciò che è necessario e poi la ripone con attenzione, ben messa al suo posto. Poi giunge un'altra inquieta, dai modi bruschi, disordinata e poco educata, la usa e poi la getta in un angolo. La scopa non si lamenta, non protesta e silenziosa lascia che la usino sia per una cosa che per l'altra e che la trattino con maggiore o minore delicatezza. Allo stesso modo anche tu devi pensare di essere una scopa, così non ti darà più fastidio se questa ti dice, l'altra ti fa'... no, anzi, sarai sempre disposta a tutto come una scopa, che non si lamenta» (3).

Bastarono questa esortazione e questo paterno invito del Vescovo, uniti alla forza della Grazia per far entrare la nostra Madre in un cammino nuovo e vivo (4). Da allora, la stessa Madre può dire di sè di non aver avuto altro anelito che quello di essere una scopa e di compiere in tutto la volontà del suo Signore:

«Vi dico che da quel momento ho servito sempre da scopa, e che ogni giorno chiedo al Signore che mi conceda un grande amore, un forte e costante desiderio di santificarmi e che, come una scopa, per me sia la stessa cosa essere gettata qui o là, che mi trattino in un modo o in un altro e che io sia sempre la scopa che non ha altra utlità oltre quella di pulire e di raccogliere la spazzatura. Tutti i giorni dico così: Signore, fai di me quello che vuoi, però fa' che io non giunga mai a darti un dispiacere, che il mio cuore sia sempre fisso in te e che tutti i miei figli e tutte le mie figlie arrivino a darti sempre quello che chiedi loro» (5).

Questo passaggio, nella vita della Madre, deve essere stato determinante, segnando sicuramente una svolta decisiva (6). Da ora in poi, la vita religiosa per lei assumerà un volto nuovo, sarà vita di vittima e di olocausto che nulla pretende, disposta a tutto: «da allora, figlie mie, posso dire che ho servito sempre da scopa».

Le sue scelte concrete saranno espressione della profonda convinzione di essere uno strumento nelle mani del Signore: si considererà come una «scopa» che è fatta solo per servire (7). La Madre, lungo la sua vita, si definì anche «l'asino di Balaam» (8), la «flauta» (9), il «paño de lagrimas» (10), la «patata» (11), la «portinaia» (12).

«Potrò negarti nulla?»

Abbiamo già avuto modo di constatare come la Madre, nei primi anni della sua vita religiosa, si venisse formando, tra le Figlie del Calvario, alla contemplazione della Passione. Di fatto, ciò ha portato, come conseguenza, alla maturazione di uno stile di vita orientata verso l'imitazione di Gesù che, per amore si è fatto servo di tutti (13), si è consegnato alla morte, offrendo se stesso al Padre non senza vincere le sue resistenze umane (14). La Madre infatti, come ella racconta, trovava nella vita quotidiana le occasioni che l'aiutavano a crescere in questo atteggiamento:

«Ringrazio il Signore che mi ha fatto entrare in una Congregazione in Spagna, che contava poche religiose. Però il Signore sa, ed anch'io, quanto ho sofferto lì a causa del cibo, non perché fossi abituata a qualcosa di meglio, no; però accadeva che quando al macello c'era del sangue cotto non so da quanto tempo, tanto da emanare cattivo odore, questo andava a finire in quella Casa del Calvario e là, bene o male, veniva lavato, tagliato e servito in un modo che non so descrivere. Mi sembrava un pasto da servire agli animali; a volte si trovava un verme, a volte delle mosche...; era una cosa tremenda! Il Signore mi fece passare per tutto ciò perché partii da casa mia con il fine di santificarmi ed avevo gusti molto particolari riguardo ai cibi, molto particolari! "Sì, Signore, - dissi - quello che tu vuoi". Però solamente io so l'angoscia che mi provocava il fatto di andare a mangiare in quel refettorio. Ne conserverò il ricordo per tutta la vita» (15).

Nella Madre cresceva, progressivamente, la coscienza di essere sposa di un Dio che, fattosi uomo «non ha dove posare il capo» (Mt 8, 20), di un Dio rinnegato, calunniato che giunge, per amore, a farsi inchiodare ad una croce. Alcuni anni più tardi scrive:

«Tu per me hai sofferto tanto, fino al punto di morire nudo su di una croce, calunniato, disprezzato, abbattuto tra i più grandi insulti, ed io potrò negarti qualcosa? Non cercherò la tua gloria, costi quel che costi? Non sarò tutta per Te, come Tu sei tutto per me?» (16).

La vita ordinaria di Gesù è stata caratterizzata quindi, dall'amore che ha pervaso la sua interiorità ed il suo agire fino a renderlo strumento nelle mani del Padre, che si è servito di Lui per realizzare il suo disegno salvifico. Così la nostra Madre, partendo dalla contemplazione della croce, a Villena ha mosso dei passi decisivi alla sequela di Gesù, superando con coraggio le difficoltà provenienti da una vita comune molto difficile. E' interessante notare come la prova, oltre che un'intima unione con Dio, abbia fatto sviluppare in lei veri sentimenti di misericordia, uniti ad una profonda umiltà e disponibilità.

La radicale scelta della Madre di abbandonarsi al Signore e di servire come una «scopa», se da una parte ci invita ad uno stile di vita umile e disponibile, dall'altra ci suggerisce anche di riconsiderare il nostro modo di intendere e vivere la comunità, elemento costitutivo della vita religiosa.

 

L'umiltà della scopa

Un figlio, ripensando alla Madre, afferma:

«Credo che la Madre non ha avuto complessi di superiorità, né tentazioni di questo genere: sapeva ed accettava di non essere persona colta, di studio, anzi lo diceva apertamente che (...) tutto quello che aveva e sapeva era dono di Dio. (...) La sua umiltà era la verità».

In una espressione che troviamo nel diario, si coglie come fu lo stesso Gesù a condurre la Madre lungo i sentieri dell'umiltà. Non le nasconde la sua «nulidad» della quale anzi desidera avvalersi per compiere in lei e con lei «grandes cosas»:

«Il Buon Gesù mi ha detto che egli desidera servirsi di me per fare grandi cose. Io, Padre mio, gli ho risposto che, mediante la sua grazia ed il suo aiuto, sono disposta a tutto ciò che Egli dispone, che io mi sento però molto inutile ed incapace di fare qualcosa di buono. Egli mi ha risposto che è così, però Lui vuole servirsi del mio niente perché in questo modo si possa vedere meglio che è Lui a fare una cosa tanto grande» (17).

Anche parlando a noi suoi figli si scherniva di quanto il Signore aveva compiuto ed andava compiendo per mezzo suo. Ha cercato sempre di far risaltare la sua povertà umana per esaltare le meraviglie del Signore:

«Vorrei supplicarvi di non prestare attenzione a quelle grandezze o sciocchezze che questa mattina il Padre ha detto durante la Messa circa a questa vostra Madre, poiché solo nostro Signore sa quello che in realtà sono, invece gli uomini non mi conoscono. Egli è un santo sacerdote (18) (...)

Io non ho fatto altro che servire da ostacolo al Signore e ricorderò sempre quella scena alla quale assistetti quando appartenevo ancora all'altra Congregazione, dove mi hanno insegnato ad amare Gesù e fu una scena che mi restò tanto impressa. Un giorno venne una signora con una bambina di cinque o sei anni per iscriverla alla scuola. Questa signora portava un cesto pieno di acquisti fatti al mercato; la bambina si appendeva al cesto e dondolandosi diceva: "Mamma, ti aiuto io" e la mamma doveva trattenere il cesto con le due mani perché il dondolio della bambina aumentava il peso. Che tipo di aiuto le dava? E' quanto è accaduto a me in questi cinquanta anni, dico al Signore. Faccio come quella bambina: "Gesù, ti dico che voglio fare la tua volontà, che voglio fare ciò che tu mi chiedi, però non ti aiuto affatto, perché non ne sono capace; come quella bambina per Te sono solo un peso"» (19).

La consapevolezza del suo limite, il conoscere se stessa, per la Madre non era un motivo per perdersi d'animo ma anzi diventava l'occasione per un vero e concreto cammino di santità, era occasione per crescere nella riconoscenza per l'infinita misericordia che Dio le usava.

Questo suo realismo personale, unito alla accettazione di sé, la rese sensibile e capace di accogliere anche il limite altrui e la precarietà del vivere quotidiano. Ci riferiamo, in particolare, alla difficile situazione in cui la Madre si trovò a vivere ma che, lungi dallo scoraggiarla, fu per lei motivo di mettersi all'opera col fine di trovare una soluzione alla ormai precaria situazione della comunità di Villena.

 

L'unione con le RMI: una disponibilità operosa

Di fronte alle incerte prospettive dell'Istituto, le religiose di Villena cominciarono a pensare di unirsi alle «Religiose di Maria Immacolata per l'insegnamento» o «Missionarie Claretiane», come già stavano facendo altri piccoli Istituti, destinati ad estinguersi. Questa aggregazione fu promossa e portata avanti da Padre Felipe Maroto molto stimato dall'allora superiora generale delle RMI, Madre Mª Luisa Lloret de S. Juan.

Dato che il Vescovo Antonio María Claret aveva appoggiato e promosso la fondazione delle Figlie del Calvario, alla comunità di Villena piacque la prospettiva dell'unione con un Istituto da lui fondato e incaricarono per le trattative Madre Mercedes Vilar Prat e la Madre. Queste, il 2 novembre 1920, accompagnate dal Padre Juan Oteo, si rivolsero al Vescovo di Cartagena-Murcia, Mons. Vicente Alonso Salgado, per chiedere che potesse avere luogo tale fusione con le Claretiane (20).

Il vescovo diede il suo consenso alla fusione dei due Istituti, ponendo la condizione che non fosse soppressa la casa di Villena, che avrebbe dovuto continuare ad accogliere e ad istruire gratuitamente bambine povere. Non è fuori luogo pensare che la Madre, spinta dal suo ideale e in fedeltà al carisma delle Figlie del Calvario, abbia promosso e sostenuto, insieme alla Superiora incaricata con lei delle trattative, questa clausola posta dal Vescovo (21).

Concordati i termini della fusione, in data 30.6.1921, la comunità di Villena rivolse l'istanza alla Congregazione dei Religiosi, adducendo i seguenti motivi: che l'Istituto di Villena si trovava in una situazione precaria; che riconosceva come fondatore Padre Claret, lo stesso delle RMI; che entrambi gli Istituti avevano la stessa finalità, cioè, l'educazione cristiana delle bambine; che la comunità di Villena era piccola ed alcune religiose ormai molto anziane (22).

In data 30 luglio 1921, la Congregazione dei Religiosi accettò l'istanza nella quale le religiose di Villena chiedevano l'unione con le religiose dei Maria Immacolata, affidando l'esecuzione della suddetta unione «al parere prudente e alla coscienza del Rev.mo Vescovo di Cartagena-Murcia» (23).

Delle otto religiose che formavano la comunità e che chiesero di essere aggregate alle RMI, furono ammesse alla professione soltanto cinque: Madre Mercedes Villar Prat, Suor Consuelo Andúgar García, Suor Carmen Estenaga Albero, Suor Dolores Burguillos Escudero e la Madre, Suor Esperanza Alhama Valera.

Queste cinque religiose, dopo aver fatto, dall'11 al 18 novembre, gli esercizi spirituali, il giorno seguente vestirono il nuovo abito e il 21 novembre, emisero la professione perpetua nelle mani di Madre Mª Luisa Lloret de S. Juan, priora generale delle religiose di Maria Immacolata, alla presenza di Padre Juan Oteo, delegato del Vescovo (24).

La Madre, divenuta Claretiana, prese il nome di Suor María Esperanza de Santiago. Purtroppo, non si conserva l'atto di professione di queste religiose, che probabilmente andò distrutto durante la guerra civile spagnola (25). Si conserva però una immaginetta scritta nel retro di proprio pugno dalla Madre:

«21 Novembre 1921. Ricordo della Professione dei Voti Perpetui di Madre Maria Speranza di San Giacomo, celebrata il giorno 21 Novembre 1921 nel Convento di M.Immacolata nel Calvario di Villena. M. Maria Speranza di San Giacomo». (26).

 

domande per la riflessione e il dialogo

  1. Possiamo dire con verità: sono ciò che il Signore desidera?
    Quanti ci sono vicino so renderli partecipi dell'amore e della misericordia che ricevo gratuitamente dal Padre?
    So cedere i miei diritti per amore di chi mi vive accanto?
    Abbiamo cercato sempre Dio nelle nostre azioni?

  2. Cosa significa per noi, concretamente, trovare Gesù nella povertà e nell'umiltà?

  3. Serbiamo in noi l'amore verso chi ci offende e ci fa soffrire?
    Aiutiamo i fratelli che si rivolgono a noi ad essere angeli dell'amore misericordioso o li aiutiamo a smarrirsi? (cfr. Exh. 17/7/1965).

  4. A volte ci sentiamo così perfetti che, quando andiamo vicino a Lui accanto al Tabernacolo, non facciamo che riempirci la testa con: "...che accadrà..., cosa ci succederà..., perché a noi…, proprio a me…, guarda quello…". Può essere contento Gesù con me, con la mia famiglia? (cfr. Exh. 22/7/1964).

 

traccia per la riflessione personale e la condivisione

La Madre sembra esortarci, «più con i fatti che con le parole», a crescere in un atteggiamento di umiltà e di disponibilità, che si concretizza in un servizio fraterno. Ci invita anche a lasciarci plasmare dal Signore nelle piccole occcasioni della vita quotidiana.
Chiediamo a Lui di aiutarci a crescere nell'amore fraterno, a scoprire la ricchezza della nostra vita in comune, di famiglia, e a cercarlo in chi ci vive accanto: «Siamo stati creati gli uni per gli altri e viviamo gli uni negli altri, essendoci in noi qualcosa degli altri e negli altri qualcosa di nostro. Questo qualcosa degli altri che c'è in noi è la loro vita, e quel qualcosa di nostro che c'è in loro è la nostra vita; le nostre esistenze si compenetrano mutuamente e si identificano più o meno, secondo quel che si riceve e che si dà...! Dio mio! Ti ringraziamo perché ci hai uniti in questo modo per l'eternità e perché fin da ora ci fai vivere gli uni negli altri e tutti uniti a Te» (El Pan 8, 160-178).

 

Lettura : dalla lettera di San Paolo ai Filippesi 2, 1-11 - Mantenere l'unità nell'umiltà

«Se c'è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c'è conforto derivante dalla carità, se c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre».

 

Papa Francesco, 4.10.2013. Incontro con i poveri assistiti dalla Caritas, nella sala della spoliazione

Ha detto il mio fratello Vescovo che è la prima volta, in 800 anni, che un Papa viene qui. In questi giorni, sui giornali, sui mezzi di comunicazione, si facevano fantasie. "Il Papa andrà a spogliare la Chiesa, lì!". "Di che cosa spoglierà la Chiesa?". "Spoglierà gli abiti dei Vescovi, dei Cardinali; spoglierà se stesso". Questa è una buona occasione per fare un invito alla Chiesa a spogliarsi. Ma la Chiesa siamo tutti! Tutti! Dal primo battezzato, tutti siamo Chiesa, e tutti dobbiamo andare per la strada di Gesù, che ha percorso una strada di spogliazione, Lui stesso. E’ diventato servo, servitore; ha voluto essere umiliato fino alla Croce. E se noi vogliamo essere cristiani, non c’è un’altra strada. Ma non possiamo fare un cristianesimo un po’ più umano – dicono – senza croce, senza Gesù, senza spogliazione? In questo modo diventeremo cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose dolci! Bellissimo, ma non cristiani davvero! Qualcuno dirà: "Ma di che cosa deve spogliarsi la Chiesa?". Deve spogliarsi oggi di un pericolo gravissimo, che minaccia ogni persona nella Chiesa, tutti: il pericolo della mondanità. Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo. La mondanità che ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. E questo è un idolo, non è Dio. E’ un idolo! E l’idolatria è il peccato più forte!

Quando nei media si parla della Chiesa, credono che la Chiesa siano i preti, le suore, i Vescovi, i Cardinali e il Papa. Ma la Chiesa siamo tutti noi, come ho detto. E tutti noi dobbiamo spogliarci di questa mondanità: lo spirito contrario allo spirito delle beatitudini, lo spirito contrario allo spirito di Gesù. La mondanità ci fa male. È tanto triste trovare un cristiano mondano, sicuro – secondo lui – di quella sicurezza che gli dà la fede e sicuro della sicurezza che gli dà il mondo.  Non si può lavorare nelle due parti. La Chiesa - tutti noi - deve spogliarsi della mondanità, che la porta alla vanità, all’orgoglio, che è l’idolatria. 

Gesù stesso ci diceva: "Non si può servire a due padroni: o servi Dio o servi il denaro" (cfr Mt 6,24). Nel denaro c’era tutto questo spirito mondano; denaro, vanità, orgoglio, quella strada… noi non possiamo… è triste cancellare con una mano quello che scriviamo con l’altra. Il Vangelo è il Vangelo! Dio è unico! E Gesù si è fatto servitore per noi e lo spirito del mondo non c’entra qui. Oggi sono qui con voi. Tanti di voi sono stati spogliati da questo mondo selvaggio, che non dà lavoro, che non aiuta; a cui non importa se ci sono bambini che muoiono di fame nel mondo; non importa se tante famiglie non hanno da mangiare, non hanno la dignità di portare pane a casa; non importa che tanta gente debba fuggire dalla schiavitù, dalla fame e fuggire cercando la libertà. Con quanto dolore, tante volte, vediamo che trovano la morte, come è successo ieri a Lampedusa: oggi è un giorno di pianto! Queste cose le fa lo spirito del mondo. È proprio ridicolo che un cristiano - un cristiano vero - che un prete, che una suora, che un Vescovo, che un Cardinale, che un Papa vogliano andare sulla strada di questa mondanità, che è un atteggiamento omicida. La mondanità spirituale uccide! Uccide l’anima! Uccide le persone! Uccide la Chiesa!  

Quando Francesco, qui, ha fatto quel gesto di spogliarsi era un ragazzo giovane, non aveva forza per questo. E’ stata la forza di Dio che lo ha spinto a fare questo, la forza di Dio che voleva ricordarci quello che Gesù ci diceva sullo spirito del mondo, quello che Gesù ha pregato al Padre, perché il Padre ci salvasse dallo spirito del mondo.  

Oggi, qui, chiediamo la grazia per tutti i cristiani. Che il Signore dia a tutti noi il coraggio di spogliarci, ma non di 20 lire, spogliarci dello spirito del mondo, che è la lebbra, è il cancro della società! È il cancro della rivelazione di Dio! Lo spirito del mondo è il nemico di Gesù! Chiedo al Signore che, a tutti noi, dia questa grazia di spogliarci. Grazie!

 

Letture di nostra Madre

Da El pan 2, 93.94)

«Teniamo presente che un'Ancella dell'Amore Misericordioso deve avere pochissime esigenze e che le uniche più necessarie sono la carità, il sacrificio e la rinuncia del cuore. Alla vera religiosa invece, l'"io" avanza sempre. La vera Ancella dell'Amore Misericordioso, la vera povera, non crede mai di essere offesa, anzi, al contrario, crede di essere trattata molto meglio di ciò che merita e così gioisce umilmente dei servizi che le prestano, e pensa che, le sue sorelle, glieli facciano vedendo in lei la figura di Gesù e che da Lui riceveranno la ricompensa che lei implora in loro favore. La vera religiosa nelle sue relazioni con la sua Madre si sforza di essere schietta e semplice. Questa anima è felice, possiede la pace, è il sollievo di sua Madre, la gioia delle sue sorelle e la consolazione dei poveri. In quest'anima, figlie mie, si compie ciò che spesso dice Gesù: "Io guardo l'umile e l'umile guarda me"; e tenete presente che fin quando l'anima non è umile e dimentica di se stessa, Gesù non può dimorare pienamente in lei e che in tale modo la comunione è quasi impossibile».

 

Dalla «Exhortación» (16.1.1965) (El Pan 21, 300-314)

«L'importanza della vita di comunità... ma non la vita di comunità per riunirsi, lavorare, parlare, godere o patire con le compagne. La vita di comunità ha una grandissima importanza e per questo ricordo quello che mi disse una volta il S. Padre Pio XII: "Madre, se un Superiore o una Superiora mi dice: Questo religioso o questa religiosa è vissuta molti anni in comunità compiendo scrupolosamente gli atti di comunità e i suoi voti, da quando è entrata fino alla morte, io la canonizzo senza aver bisogno di altro. Non mi occorre sapere di più, questo mi basta per canonizzarla". Però, figlie mie, viviamo nella vita di comunità con uno spirito che io non comprendo; non con spirito di fede, di rinnegamento di sé, con il desiderio di santificarsi, ma con il desiderio di fare ciò che ci piace (...)

Poi, quando dovetti fondare le figlie, dissi: Signore, aiutami, perché mai mortifichi qualche figlio o figlia, bambino o bambina, con il cibo. Fa che in cucina abbia lo sguardo rivolto a Te e che anche se poveramente, cucini con delicatezza ed igiene, prepari le cose che devo cucinare in modo tale che, se Tu venissi a chiedermi un piatto di minestra, io ti dica: "Signore, aspetta un momento che ti servo subito". Fa che mai debba dirti: "Ah! Gesù, aspetta che la sistemi perché non so se il sale è sufficiente, non so se c'è questa cosa o l'altra, non so se ha sufficiente...". No, no! Da allora in poi cucino sempre come se stessi preparando per Lui. (...)

Tenete presente che quanto più date al corpo, più vi chiede e arriverà il momento trascinerete i piedi per la debolezza... perché con una minestra...: io non ne posso più, non resisto più, non posso cucire, non posso compiere il mio dovere, non posso fare niente... concedendo al corpo tutto ciò che chiede spontaneamente, non posso fare niente, perché sto concedendogli quello che non dovrei dargli. Figlie mie, svegliatevi, ragionate, guardate che non sapete quando vi chiamerà il Signore. Santificatevi, figlie mie, rinunciate a voi stesse. Non dico di fare grandi penitenze, perché con la vita di comunità osservata bene non c'è bisogno di nessuna penitenza speciale per santificarsi. La vita di comunità è lo scalpello che va modellando l'anima perché si santifichi. In ogni modo, figlie mie, non pensate se quello o l'altro vi causa acidità... no, figlie mie!

Inoltre, figlie mie, abbiate un po' di pazienza e siate più riservate. Voglio dire "più riservate" perché, se una ha avuto la disgrazia di sfogarsi con un'altra (cosa che non si deve fare, perché la religiosa si deve sfogare con il Signore, il Confessore e con la Superiora per ciò che riguarda la casa, - poiché le cose interiori nessuno ci chiede di dirle a lei -), non fate pettegolezzi; alcune religiose sembrano "postini", non fanno altro che mettere il fuoco tra una e l'altra. Perché, figlie mie? Perché questo disordine? Siete venute per questo alla Casa Religiosa? No, siete venute a santificarvi, perché la Casa Religiosa è il luogo dove si fabbricano i santi. (...)

Io desidero donne forti per l'umanità e giovani forti perché se un giorno desiderano essere religiose sappiano santificarsi, sappiano sacrificarsi; giovani che sappiano vincere questa natura ribelle che possediamo, la quale, se le concediamo un centimetro, ci chiede mezzo metro. (...)

Così anche le critiche. Vi sono suore che perdono molto tempo, che offendono il Signore e cercano l'una all'altra girando come farfalle dalla mattina alla sera, ed hanno in bocca parole pronte e pensieri da trasmettere ad altre religiose, seminando così la zizzania. State attente, figlie mie, perché il Signore tratterà come merita di essere trattata la religiosa che semina la zizzania tra i Superiori e le Sorelle. E' tanto Padre, però non sopporta questo! Certe volte parlano del Superiore, altre volte della cucina, alle volte di una cosa, a volte di un'altra; vi dico che state perdendo tanto tempo e lo fate perdere alle altre. Attente, figlie mie, attente! (...)

Non smettete per nessuna cosa al mondo di ricevere Colui che è la Forza, a quel Dio che vi sostiene e vi da la forza per camminare verso la perfezione; anche per andare al martirio se lo si crede opportuno. Egli ci aiuta giorno dopo giorno a vivere nella Casa Religiosa, in comunità, dove tutto si fa per amore di Lui e per Lui. Stando così le cose, non possiamo tralasciare di ricevere Colui che ci da le forze. Fatelo così, figlie mie, vi supplico!».

 

Dal Testamento (22.3.1955) El pan 25, 44

«Raccomandazioni che faccio ai miei amati figli e alle mie amate figlie: siate umili, amatevi mutuamente, allontanate da voi i giudizi temerari, non ambite mai ad incarichi o posti elevati, abbandonatevi nelle mani dell'obbedienza come bambini piccoli; non discutete, né altercate; non preoccupatevi di cose di cui non siete stati incaricati; siate molto caritatevoli e amanti dell'orazione, poiché il mezzo principale per ottenere la grazia e la gloria è l'orazione; camminate sempre per la via stretta della mortificazione; lavorate per conseguire il distacco ed il disprezzo di voi stessi, che otterrete attraverso la conoscenza del nostro Dio, del suo amore e la conoscenza del nostro nulla e delle nostre miserie; sforzatevi di fare sempre e in tutto la volontà del nostro Dio e cercate solo la sua gloria e mai la vostra».

 

Preghiera della Madre:

«Gesù mio, aiutami perché ti possa dare ciò che tu mi chiedi perché in ogni momento della mia vita non faccia altro che la tua Santa Volontà. E' vero che sono molto povera, però quanto sono felice, Gesù mio, di possedere una libertà per offrirtela, un cuore per amarti, un'intelligenza per occuparmi di Te e una voce per parlare di Te ai miei fratelli; di possedere dei sensi per sacrificarli per Te, un corpo per sottometterlo a qualsiasi sofferenza che credi opportuno inviarmi e un tempo più o meno lungo per servirti con l'esercizio della carità, ed inoltre una eternità per amarti ininterrottamente!» (El Pan 2, 81)

 

Recita del Magnificat


(1) Vedremo che la Madre, in tutta la sua vita, assumerà questo atteggiamento di filiale obbedienza verso chi è chiamato a manifestarle la volontà di Dio. Si avrà modo di approfondire il suo rapporto con il Padre spirituale e con i Superiori.

(2) Cf. arana p. enrique, fam, La espiritualidad apostolica en Madre Speranza, Tesi di licenza alla Università Lateranense, 1985, p. 82.

(3) Exh. 15.10.1965. El pan 21. 720-722

(4) Cf. Eb 10, 19-25.

(5) Exh. 15.10.1965. . El pan 21. 723

(6) Cf. arana p. enrique, fam, o.c., pp. 82-84.

(7) Cf. gialletti p. mario, fam, Madre Speranza, Ed. L'Amore Misericordioso, 1991, pp. 35-36.

(8) El pan 18, 998

(9) Exh. 2.2.1965. El pan 21. 333-334

(10) El pan 5, 134.136

(11) Molti figli e figlie attestano di aver sentito la Madre chiedere al Signore di trascorrere gli ultimi dieci anni della sua vita come una patata che marcisce, disprezzata da tutti, pera dare vita a nuovi figli.

(12) Exh. 3 e 30.9.1959.El pan 21, 35 Cf. cancian domenico fam, Considerazioni sulla personalità della Madre Speranza, Ediz. A.M., p. 4.

(13) Cf. Lc. 22, 27.

(14) Cf. Mc 14, 36.

(15) Exh. 16.1.1965. El pan 21, 303

(16) Diario, 17.11.1941. El pan 18, 681-682 § **Cf. anche Diario, 8.2.1954. Cfr anche El pan 18, 1459-1463§**

(17) Diario, 2.1.1928. El pan 18, 5-6

(18) La Madre si riferisce a Padre Umberto Terenzi, fondatore delle Suore del Divino Amore.

(19) La Madre si riferisce a Padre Umberto Terenzi, fondatore delle Suore del Divino Amore.

(20) Cf. Richiesta ufficiale al Santo Padre da parte del Vescovo di Cartegana-Murcia, Vicente Alonso Salgado, per l'annessione delle Figlie del Calvario alle RMI, 25.6.1921.
Cf. anche cepeda f.a., La Sierva de Dios M. Mª Antonia París, Madrid 1928, pp. 301.
La Madre, in questa occasione, passò certamente a Santomera per salutare la famiglia (cf. p. mario gialletti, Cenni storici, p. XX).

(21) «[...] que verificada la unión, ha de continuar al frente del Colegio del Calvario de Villena el Instituto de M. Inmaculada para la Enseñanza, con la obligación de sostener en él clases gratuitas para niñas pobres [...]» (Historia de Villena, 21.11.1921, doc. 8010).

(22) Richiesta ufficiale al Santo Padre da parte delle otto religiose Figlie del Calvario per l'annessione con le RMI. 30.6.1921. Anche Il Governo generale delle RMI, in data 16.7.1921, inviò al Santo Padre la richiesta di annessione delle Figlie del Calvario.

(23) Lettera del Card. T. Valfré al Santo Padre Benedetto XV, 30.7.1921, doc. 5978.

(24) Cf. «Historia de la casa de Villena hasta que pasó a ser de nuestra Congregación», redatta dalle RMI, 21.11.1921, doc. 8010. Cf. anche Alvarez Gómez J. cmf, Historia de las RR. de María Inmaculada Misioneras Claretianas, 1980, pp. 1075-1077.

(25) Cf. «Historia de la casa de Villena...», nella quale è riportato il verbale della avvenuta professione, 21.11.1921, doc. 8010.

(26) Archivio Congregazioni Amore Misericordioso (ACAM), doc. 1260.