Parabola dei vignaioli omicidi (Mt. 21, 33-44)

(P. Antonio Garofalo, fam)

Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?

 

La Parabola dei Vignaioli è inserita anche all’interno del Vangelo di Marco e di Luca; in particolare, qui in Matteo, si trova all'incirca verso la fine della vita di Gesù, quasi a significare il preannuncio di ciò che sta per accadere. In linea generale, il racconto si può suddividere in tre momenti:

  1. Il proprietario che prepara la vigna e la dona in prestito ai vignaioli.

  2. Al momento della vendemmia, il proprietario manda i servi per ritirare i frutti, ma tutti vengono bastonati o uccisi.

  3. Infine, manda il figlio, ma la cattiveria dei vignaioli, è tale da desiderare l’eredità e decidere di ucciderlo.

L’immagine della vigna è molto frequente nelle Scritture, con questa icona i vari autori sacri hanno sempre voluto far comprendere al popolo d'Israele che Dio si è preso cura di loro, gli ha riservato un amore speciale, si è preoccupato della sua crescita e, tuttavia, il popolo non ha corrisposto a tale amore.

Israele non è stato fedele all’alleanza. Su un primo piano, il racconto della vigna, è l'espressione poetica dell'amara esperienza di un laborioso vignaiolo, che ha lavorato la terra, ha piantato scelte viti, le ha innaffiate, ma le viti hanno dato uva amara.

Cosa aspettava il vignaiolo della vigna? La risposta è sicuramente quella di "produrre frutti". L'amore del vignaiolo verso la vigna non è soltanto un amore "sentimentale", è un amore concreto, di opere: Lui ha lavorato per la vigna, ha fatto tutto quanto poteva perché la vigna producesse frutti buoni, ma la vigna ha prodotto uve amare. La vigna non ha prodotto i frutti che il vignaiolo aspettava. Ma quali frutti vuole il Signore dalla sua Vigna? Avrebbe potuto il Signore fare ancora qualche altra cosa perché noi producessimo frutti buoni?

La parabola, tuttavia, pur rispecchiando una situazione reale, ben nota agli ascoltatori, ha un significato molto più profondo, essa, infatti, vuol richiamare l'attenzione sul rifiuto che l'uomo oppone alla salvezza offerta da Dio, in Cristo, in quel figlio, l'erede, riguardo al quale i vignaioli dicono: "venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità".

Essa vuole rappresentare un uomo che ha una vigna e la dà in affitto a uomini incaricati di farla fruttare: la vigna dunque è del padrone, non degli uomini. Ad una prima riflessione, sembra che la descrizione di questi fatti ricalchi il racconto della vita di Gesù e, da un punto di vista storico, i latifondisti del tempo affittavano i loro poderi ad agricoltori del luogo. Gli uomini sono affittuari. I servi del padrone sono i profeti: lungi dall’ascoltarli, i contadini li sopprimono. E sopprimono anche il figlio, pur riconoscendolo. I contadini quindi sono coscienti dell’identità di quell’uomo. Ma il loro schema mentale è quello del sostituirsi al padrone: l’uomo prende il posto di Dio, vuole la titolarità della vigna ("avremo noi l’eredità").

Ma quali sono i passaggi più importanti della Parabola?

Principalmente bisogna mettere in evidenza le azioni del padrone della vigna, tale attenzione e cura viene descritta da Matteo con cinque verbi: piantò... circondò... scavò... costruì... affidò. Il padrone, dopo aver piantato la vigna, l’affida a dei vignaioli e parte lontano. Tutta l’azione di Dio è azione aperta, è un agire però che può andare deluso. Pensiamo al canto della vigna: mentre aspettavo che producesse uva buona, essa fece uva selvatica. Qui non c’è semplicemente l’atteggiamento di delusione, quanto piuttosto l’atteggiamento di chi si vede deluso da un rapporto di amore. Proviamo a trasferire tutto questo nel cuore di Dio, nel cuore di Colui che si vede deluso da un rapporto che è venuto meno a causa dell’infedeltà del suo popolo.

L'amore di Dio, si nasconde, dunque, dietro questa immagine di un vignaiolo, esperto, attento, che non si risparmia nel suo lavoro, e perciò, giustamente, ne attende il frutto, un frutto che, purtroppo, non verrà, l'uomo, infatti, nel suo agire, spesso delude le attese di Dio.

Il popolo che egli ha scelto, tra gli altri popoli, come depositario della rivelazione, e primo destinatario della salvezza, si è allontanato dal suo Dio, ha deluso le sue aspettative, a somiglianza di quella vigna amata, che ha prodotto uva selvatica; tali sono, appunto, le opere dell'uomo, quando si allontana da Dio. L'amore di Dio però non viene meno nei confronti dell'uomo, suo capolavoro, e da lui attende una risposta che sia segno di altrettanto amore.

Tuttavia, anche se l'uomo delude le attese di Dio, il suo amore non viene meno, ed ecco che la parabola parla di un successivo invio di servi, incaricati di raccogliere i frutti, ma, ancora una volta, accolti dalla violenza di quei vignaioli, finché, non fu mandato loro il figlio, che, però, sarà ucciso.

Il racconto a questo punto si rende sempre più drammatico, bisogna salvare a tutti i costi la vigna, ed il padrone non esita a mandare il suo unico figlio. E’ l’annuncio dell' imminente passione e morte di Gesù; infatti, questa parabola viene narrata mentre Gesù si trova a Gerusalemme, dove è entrato, acclamato da quella folla, che di lì a poco, gli urlerà contro, perché sia crocifisso, e ciò accadrà, ad opera di coloro, ai quali Cristo si rivolge con questa parabola. Durante l'ultimo, lungo discorso ai discepoli, nell'imminenza della morte, Gesù, riprendendo l'immagine della vigna, ne darà una interpretazione ben più alta con quelle parole: "Io sono la vera vite, e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio, in me, che non porta frutto, lo recide, e ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto.... Io sono la vite e voi i tralci, chi rimane in me ed io in lui, questi in me, fa molto frutto..." (21).

Vuoi sapere quali sono i frutti buoni che il Signore aspetta da te, da ognuno di noi? Vuole l'amore a Dio e al prossimo: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente ... amerai il tuo prossimo come te stesso" (22), perché questo modo di amare attira su di noi la benedizione e la misericordia del Signore.

L’invio del Figlio è espressione dell'incarnazione del Verbo. È l'espressione di un Padre che ha dato fondo a tutta la sua capacità di alleanza, che non si è risparmiato, per il quale conta questa reciprocità di amore di coloro nei confronti dei quali ha avuto una grande cura.

Il figlio sicuramente rappresenta l’estremo ed ultimo tentativo del proprietario per avere i frutti del podere e la sua uccisione è il pensiero dell’uomo nel ricercare, con il proprio egoismo, di bastare a se stesso, mettendosi al centro di tutto. Gesù è l’inviato di Dio, è mandato come possibilità di salvezza, solo Lui ci può aiutare ad uscire dalla nostra ottica di considerare che "tutto arriva dalla mia bravura", ma che invece la liberazione viene da un’intenzione di Dio, dal dono del suo amore per ogni uomo.

Il Regno di Dio non è offerto in dono, ma il regno di Dio è il dono. Dio non si offre in dono, Dio è il dono, e i vignaioli pagano un affitto, pagano un prezzo, non per accogliere il dono si paga un prezzo, ma per entrare nel dono, per avere parte a Colui che è il dono, che è il donarsi. E il prezzo da pagare è diventare simili al dono, diventare come il donare, accogliere la salvezza che Dio ci offre, ci dona totalmente. Nella relazione tra me e Dio, non rimane niente di me, perché sono tutto in Dio, e non rimane niente di Dio, perché è tutto in me; ma ognuno rimane se stesso.

Anche per Madre Speranza il cuore dell’annuncio del vangelo è la figura di Cristo che è la manifestazione dell’Amore Misericordioso del Padre; da qui nasce la gioia per l’amore di questo Padre che cerca instancabilmente ogni uomo, che vuole confortare, aiutare, far felici i propri figli. Il Signore non finisce mai di pensare a noi, il suo amore veglia continuamente sulla nostra vita, Egli non si arrende non si stanca neanche quando siamo lontani da Lui, è sempre pronto a tendere la mano e rialzarci.

Le Costituzioni delle Ancelle dell’Amore Misericordioso all’art.1 manifestano subito il nome del nostro carisma, di questo immenso dono di cui stiamo parlando: "Dio Amore Misericordioso, il quale nel Signore Gesù si è manifestato meravigliosamente ricco di misericordia con ogni uomo specialmente con chi è povero, misero e peccatore".

Dio nell’amarci non si comporta come gli uomini che pongono condizioni, il Signore invece ama tutti con la stessa intensità e senza alcuna distinzione al punto che anche l’uomo più perverso, il più perduto, il più miserabile, è amato da Lui con tenerezza immensa. La ragione di questo amore è veramente inspiegabile, il Signore ci ama non perché noi meritiamo qualcosa, ma perché Lui è buono, ci ama perché lui è fedele, perché è l’Amore infinito. Il perdono, che Gesù assicura agli uomini, trova il compimento nella sua morte in croce, la croce è la manifestazione più chiara del perdono. Ancora ci vuole comunicare nel profondo del nostro cuore che Dio è il Dio che perdona e che non esiste peccato, che egli non possa perdonare. Se capissimo veramente quanto siamo preziosi agli occhi di Dio!

Lui Gesù, che muore così per me, Lui che mi ha fatto il dono della gioia di vivere, che mi ha invitato a buttarmi, a rischiare il meglio di me, Lui che si è offerto come cibo di senso, nutrimento alla mia fame di esistenza; Lui che ha illuminato le zone più oscure della mia storia e le ha trasformate in occasione di vita; Lui che mi ha fatto dono del futuro (la vita eterna) anticipata nella speranza; Lui ora, si rivela a me, attraverso il compimento della sua vita, come sorgente di Amore.

Il massimo dell’Amore, è il "MORIRE", e Dio ha permesso, ha voluto, che suo Figlio "desse la vita" e morisse di quella morte di croce, per svelare se stesso, e a che punto è arrivato il suo Amore per l’uomo. Ma in quelle condizioni, dopo quegli avvenimenti, davanti a quegli uomini colpevoli di averne chiesto la condanna e di avere tanto infierito contro di lui, chi avrebbe mai immaginato che Gesù avrebbe ancora una volta pronunciato, dall’alto di un patibolo, la parola misericordia?

Ammiriamo quale grande cuore viene qui rivelato! E quale se non quello dell’Amore Misericordioso!

Solo la tenerezza compassionevole (rehamim) poteva spingere Gesù a soffrire così sulla croce! Quale mirabile amore, quale incredibile misericordia! Chi, nel pieno dell'agonia, avrebbe saputo elevare la prima delle sue suppliche a favore di altri, anziché di sé stesso? La sua supplica non è stata elevata genericamente "per gli altri", ma addirittura per i suoi nemici più crudeli. Eppure il Vangelo ci dà questa certezza: dall'alto della croce è risuonata la parola "misericordia"!

Gesù non solo perdona, ma chiede il perdono del Padre per coloro che lo hanno messo a morte, e quindi anche per noi tutti. E’ il segno della sincerità totale del perdono di Cristo e dell'amore da cui deriva: Dio "vuole misericordia" (23).

Questo perdono dalla croce è l'immagine del Padre che mandandoci il Figlio, viene Egli stesso come Padre e ci perdona, ci guarisce, ci abbraccia, ci fascia le ferite, ci raggiunge là dove ci siamo cacciati lontani da Lui, dove lo abbiamo rifiutato. Forse nessun peccatore sfugge del tutto al raggio di quella implorazione di perdono che proviene dal cuore del Cristo morente sulla croce. Persone che, ben lontane dall'esserne degne, erano totalmente immeritevoli anche solo di un pensiero da parte del cuore di Gesù, "…anche l’uomo più perverso è amato da Dio con tenerezza infinita…" scriveva la Madre Speranza. La Parola di Dio non dice: "Se qualcuno è giusto", bensì: "...Se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il Giusto" (24). Ecco l’Amore Misericordioso! "Basta uno sguardo alla tua Croce per capire quale è il linguaggio, è il linguaggio dell’Amore".

La lettera enciclica Deus Caritas Est evidenzia proprio questo aspetto: Dio è amore, dice infatti così al n°12:"… Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo, amore, questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (19, 37), comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa Lettera enciclica: " Dio è amore" (1 Gv 4, 8). È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare."

Così recita ancora la Dives in Misericordia al capitolo 2 lettera b): "In tal modo, in Cristo e mediante Cristo, diventa anche particolarmente visibile Dio nella sua misericordia, cioè si mette in risalto quell'attributo della divinità che già l'Antico Testamento, valendosi di diversi concetti e termini, ha definito "misericordia"… Per chi la vede in lui,e in lui la trova, Dio diventa particolarmente "visibile" quale Padre "ricco di misericordia".

Dio non poteva "inventare" una misericordia più grande verso l'uomo. Per vincere la sua riluttanza a rispondergli, il suo rifiuto ad accoglierlo, Dio nel Figlio si fa uomo per diventare dono e risposta di misericordia. Il Verbo fatto carne, è la meraviglia suprema operata da Dio per la nostra salvezza, è il prodigio che fa esultare di gioia l'universo intero, che fa brillare le stelle, cantare gli angeli, accorrere i pastori: Dio è con noi, Dio è uno di noi, Dio è fra noi con volto d’uomo.

Fino a questa inaudita sorpresa è giunto l'amore di Dio per l'uomo! Con l’incarnazione è veramente apparsa per noi la salvezza del Signore. La nascita di Cristo nella storia segna la definitiva e perfetta parola di salvezza di Dio sull'uomo: con Gesù la storia si ferma, perché attinge al suo culmine, Egli è l’alfa e l’omega di tutta l’esistenza, è il centro del mondo.

Una visione molto chiara alla Madre Speranza che così scriveva: "Sì, Egli è il Redentore, uomo dei dolori, ma non a motivo della propria indegnità. Non sono state le sue colpe a causargli questi dolori di morte, ma l'amore per l'uomo lo ha spinto a caricarsi le nostre infermità, le nostre sofferenze, le nostre iniquità. Per noi fa penitenza, paga e soddisfa per i nostri peccati liberamente e mediante la sua Passione e la sua morte, ci ottiene la redenzione e la salvezza eterna." (25)

E ancora continuava la sua meditazione sull’Amore Misericordioso annotando: "l'amore di Dio si rivela nelle creature, però molto di più nell'uomo. Egli l' ha fatto simile a sé più che gli esseri inferiori, gli ha donato i massimi beni e per lui ha compiuto i maggiori sacrifici. Questo amore è antico ed eterno; è immenso perché si estende a tutti; sublime per i benefici concessi, e tanto profondo quanto Dio si è umiliato per l'uomo. (26)

Questa è la verità: il Figlio di Dio si è fatto uomo per fare di noi i figli di Dio! Cristo, Verbo incarnato, è il dono più prezioso che il Padre ci abbia fatto, è "il canto nuovo" che proclamiamo. Egli, luce vera che viene in questo mondo, è l’erede del Padre, l’ultima parola di salvezza che Dio ha pronunciato sull’uomo. Tutto il creato, a Lui converge, tutti gli uomini in Lui riconoscono "l’uomo nuovo", il culmine di tutta la creazione, il redentore della vigna di Dio.


(21) Gv. 15, 1-5

(22) Mt. 22,37

(23) Mt. 9,13

(24) 1 Gv. 2,1

(25) Letture per Esercizi Spirituali: La Passione (1943) (El Pan 7)

(26) Le Ancelle dell'Amore Misericordioso (1943) (El Pan 8)