L’anima sui passi di Madre Speranza

(Suor Rifugio Lanese eam)

 

CAMMINARE PER MEZZO DELL’AMORE

Tutto il cammino di formazione che Gesù ha fatto fare a Madre Speranza è stato un perfezionamento nell’amore verso Dio e verso il prossimo. Il comandamento dell’amore Gesù l’ha voluto ai piedi del crocifisso che lo rappresenta Amore Misericordioso donato per noi.

Era il 5 aprile 1928. Dopo aver sperimentato i dolori della passione e aver visto Gesù che soffriva dolori indicibili senza tradire il benché minimo risentimento la Madre riferisce al suo padre spirituale: "Non so se mi inganno, ma sento di amare il buon Gesù più di prima. Ci sono momenti nei quali mi sembra che la mia anima venga attirata da Lui, staccata dalle cose che non sono Lui e con un ardente desiderio di soffrire con Lui. Con ansia attendo il momento nel quale mi chiederà quel lavoro particolare che, aiutata da Lui, vuole da me".

Man mano che la Madre andava perfezionandosi nell’amore, Gesù le notificava il progetto che aveva su di lei.

8 dicembre 1930. "Il giorno dell’Immacolata ci recammo a casa di Gomez Herrero per ascoltare la santa messa Nella cappella di Gomez Herrero, Gesù mi fece vedere come voleva l’immagine dell’Amore Misericordioso e i suoi vari simboli. Mi recai immediatamente dallo scultore Cullot Valera, mio parente, per ordinarla. Questi capì la mia idea e per realizzarla mi chiese 15.000 pesetas. Convinta dell’aiuto del buon Gesù, l’ordinai subito e gli dissi di realizzarla quanto prima, senza preoccuparsi dei soldi, anche se non avevo uno spicciolo. Egli mi rispose che desiderava, per maggior sicurezza, che gli stessi accanto dandogli dei suggerimenti; così feci.

24 dicembre 1930 il 24 dicembre 1930, ci riunimmo in un appartamento che la signora contessa di Fuensalida ci aveva affittato in via Velasquez 97. Eravamo m. Pilar, Ascensione, Soledad ed io. P.Postius venne verso sera, ci radunò ed emettemmo i voti privati, costituendo il primo consiglio; mi nominarono responsabile delle consorelle e come vicaria e segretaria generale fu scelta m. Pilar, seconda consigliera Aurora e m. Ascensione economa".

11 Giugno 1931: l’11 giugno, vigilia del Sacro Cuore, mi portarono l’immagine dell’Amore Misericordioso mentre due giorni prima don Stefano Ecay mi aveva consegnato 12.500 pesetas per questa immagine. Lo scultore, nonostante avessimo pattuito la somma di 15.000 pesetas, si accontentò solo di 12.500. L’immagine fu benedetta dal parroco di san Marco che ci fece una fervorosa esortazione.

Ormai la Madre aveva anche un’immagine plastica che esprimeva l’amore che Dio ha per le sue creature e, anche contemplandola andava perfezionandosi nell’amore e nella capacità di perdono.

 

L’EGOISMO, MALATTIA DELL’AMORE

Amare è una profonda esigenza dell’uomo ma l’uomo è malato di egoismo e non sa farsi amare perché non sa rinunziare a se stesso. Perché non ci si capisce in famiglia? Perché c’è una lotta tra egoismi: il mio parere è migliore del tuo, quindi deve prevalere nella scelta, ma io, neanche per evitare un grande scontro sono capace di rinunciare al particolare: "Sono stanca, non posso intraprendere un viaggio di un’ora" e intanto lo scontro che ne segue richiederà un dispendio di energia molto maggiore di quello che avrebbe richiesto un’ora di viaggio. Sintesi: Non sappiamo coltivare la pace.

Quella piccola rinuncia poteva diventare un atto d’amore, ostinandomi a contrastare l’altrui egoismo ho esaltato il mio ed è diventato un momento d’inferno per la mia famiglia.

E’ certo che anche l’altro/a poteva rinunciare, ma anche lui/lei ha preferito il suo punto di vista e magari l’ha reclamato con un’energia distruttiva che ha leso l’armonia familiare. Se avesse fatto una richiesta invece di imporre una decisione forse si sarebbe potuto arrivare ad un accordo condiviso, ma siccome siamo tutti superbi e pretenziosi, in famiglia si instaura un clima di sospetto reciproco, di reciproca diffidenza, di incomunicabilità, di rinuncia all’intesa: uno vuole correggere l’altro, l’altro, magari debole di argomentazioni convincenti, urla, pensando così di imporre la sua autorità… Perché urla? Stanno vicini, potrebbero parlare piano… sono discordi: i cuori sono lontani.

La stessa cosa avviene nelle comunità, magari in maniera più diplomatica, più falsa, meno aggressiva, ma le persone vengono incasellate e sigillate a vita in base al loro difetto vero o presunto e da lì difficilmente se ne esce, è un ergastolo!

Tutti ci facciamo le caselle mentali dove rinchiudere i nostri "nemici", perché non sappiamo amare, perché il fratello, la sorella ci crea ombra, magari mettendo in evidenza con la sua condotta, il mio difetto dominante.

Come è difficile amare! Amare sempre, amare tutti, amare nonostante tutto. Che importa se la ragione mi giustifica? L’amore non conosce regole e respinge con energia la regola commerciale del dare e avere. La regola dell’amore è amare e basta: il merito o il demerito non sono importanti, importante è non perdere i fratelli; se sono difettosi è un motivo in più per amarli, per aiutarli, per pregare per loro.

 

NECESSITA’ DI RIFORMARE NOI STESSI

Madre Speranza usa pochi preamboli, va diritta al problema, lo chiama con il suo nome, propone i rimedi:

"Ci sono molte anime, che si spaventano al solo nome di perfezione, credendosi senza forza per arrivare ad essa; queste anime si vede che non sanno che la perfezione non consiste in altra cosa che nell’amore e nel sacrificio. E quale anima non potrà porre in opera queste due cose con la grazia di Dio?

Niente di straordinario c’è in ciò che ci si chiede, poiché ci si domanda solo che ci diamo totalmente a Dio e soprattutto la conformità con la sua divina volontà.

  • Volere amare è amare,

  • osservare fedelmente i nostri impegni per amore di Dio è amare,

  • pregare è amare,

  • esercitare la carità con il nostro prossimo è amare,

  • collaborare con il Buon Gesù per il bene delle anime è amare,

  • compiere fedelmente i nostri doveri vocazionali per piacere a Dio è amare;

come si vede non c’è cosa più facile che amare, più leggera e soave che camminare nella perfezione per mezzo dell’amore.

L’arrivare ad amare Dio è certo molto più facile che unirsi al sacrificio, perché questo è molto più costoso, ma dobbiamo ricordare che Dio non ci domanda di abbracciare il dolore in quanto tale, basta che lo accogliamo per amore di Dio o con la convinzione che mentre viviamo in questa terra non potremo amare mai Dio senza rinunciare a tutto quello che si oppone al suo amore. Così il sacrificio ci si fa lieve ed anche desiderabile, sapendo che con esso diamo piacere a Dio. (Madre Speranza – El pan 16, 100-103)

La Madre lo chiama sacrificio, si può chiamare anche rinuncia al proprio punto di vista, si può chiamare amore di comprensione, amore umile.

"Teniamo ben presente che l’orgoglio è una depravazione profonda: l’uomo abbandonato a se stesso nell’eccesso del suo amor proprio arriva a considerarsi quasi come Dio, dimenticando che Dio è il suo primo principio e il suo ultimo fine; non stima altro che se stesso e le proprie doti, vere o immaginarie, arrivando a non sentire la necessità dell’orazione, a poco a poco arriva a crearsi uno spirito di indipendenza e di autorità che lo spinge a sottrarsi all’autorità di Dio o dei suoi rappresentanti. La superbia va sempre unita alla vanità e ci spinge a procurare disordinatamente la buona stima degli uomini, la loro approvazioni e le loro lodi.

Altro alleato della superbia è l’egoismo e ci stimola alla vana compiacenza come se Dio non fosse l’autore del bene che noi facciamo, non riconosce che Egli è l’autore di ogni bene e che si compiace delle buone opere come effetto dell’azione divina in noi.

Stiamo anche molto attenti perché non entri in noi la vanagloria, la tendenza ad esagerare le proprie doti arrivando ad attribuirci ciò che non possediamo. Fuggiamo dalle lodi degli uomini, giacché tutto è vanità. Non ricusiamo mai di ascoltare i buoni consigli, anzi, ascoltiamoli con umiltà, desiderosi di metterli in pratica. Non ci inquietiamo quando ci rimproverano, non dimentichiamo che il colmo dell’orgoglio è ribellarsi contro la verità. Se operiamo in questo modo ci troveremo più forti per la lotta contro il mondo, che è il secondo dei nostri nemici spirituali.

E’ doloroso vedere che anime consacrate al Buon Gesù, molte volte si preoccupano più della buona stima degli uomini che della stessa virtù e soffrono molto più vergogna di un errore pubblico che di un peccato segreto.

Stiamo bene attenti, preghiamo e domandiamo al buon Gesù che ci aiuti ad essere umili di cuore, per non lasciarci trascinare dalla iattanza che ci porta a parlare continuamente di noi stessi e delle nostre buone riuscite, dall’ostentazione che ci spinge a procurare ed amare l’attenzione degli altri e dall’ipocrisia che ci fa fingere virtù che non abbiamo e che neppure ci preoccupiamo di acquistare.

Non dimentichiamo neppure che la superbia è il più terribile nemico della perfezione perché diminuisce la gloria di Dio e con questo ci priva di molte grazie e meriti, giacché Dio non può in alcun modo adattarsi ad essere complice della nostra superbia.

E’ certo che camminare nella santità è una continua lotta, però a mano a mano che con sforzi costanti otteniamo vittorie, il nemico si scoraggia e le nostre passioni si calmano, eccettuati alcuni momenti di prova permessi da Dio per elevarci a più alta perfezione; così a poco a poco arriveremo a godere di una calma relativa, presagio della vittoria finale. (Madre Speranza – El pan 15, 28-33)

La Madre diceva che la superbia muore tre giorni dopo di noi e sa travestirsi in tanti modi fino a rendersi irriconoscibile, magari pensi che devi educare il tuo coniuge e i tuoi figli e invece stai distruggendo la loro psiche. Certamente il dominio di sé implica sacrificio, rinuncia e questo non piace alla natura, ma è necessaria per progredire nell’amore.

Teniamo presente che la mortificazione va sempre contro il piacere, non perché il piacere in sé sia un male, ma perché non è subordinato al fine per il quale Dio lo volle; Egli volle unire una certa soddisfazione al compimento del dovere, in modo che questo diventasse più facile: Per questo proviamo un certo gusto nel mangiare, nel dormire, nel lavorare ed in altri doveri di questo genere. Nel piano di Dio il piacere non è un fine, ma un mezzo.

Gioire del piacere per meglio compiere i nostri obblighi non ci è proibito, poiché questo è l’ordine stabilito da Dio; però amare il piacere per se stesso come fine senza relazione col dovere è pericoloso perché ci esponiamo a passare dai piaceri proibiti a quelli peccaminosi.

La mortificazione consiste nel privarsi dei piaceri cattivi, contrari alla legge di Dio e della S. Madre Chiesa; consiste anche nel rinunciare ai piaceri pericolosi per non esporci al peccato. Dobbiamo anche privarci di qualche piacere lecito per assicurare maggiormente il dominio della nostra volontà e dei nostri sensi; con questo stesso fine ci castigheremo con mortificazioni e penitenze, essendo il mezzo più efficace per superare l’inclinazione al piacere; ma dobbiamo praticare la mortificazione con prudenza e discrezione, tenendo sempre conto delle forze fisiche e morali di ciascuno.

E’ di somma importanza per avanzare nella perfezione il calcolare le forze morali, ossia di non imporci al principio privazioni eccessive che poi non possiamo continuare per molto tempo e che, una volta lasciate, ci siano causa di cadere nella tiepidezza, essendo sommamente importante che le penitenze siano sempre in armonia con i doveri del nostro stato. (Madre Speranza – El pan 15, 170-173)

Il sacrificio è richiesto per la nostra natura decaduta e malata, altrimenti soddisfare la persona amata sarebbe un piacere. Gesù però accetta la gradualità. Man mano che Dio crescerà nell’anima e l’anima acquisterà il dominio di sé, il sacrificio diventerà irrilevante, perché verrà largamente compensato dalla gioia di soddisfare Dio e la persona amata.

"La mortificazione, nonostante tutte le privazioni e sacrifici che ci impone, è anche qui in terra, la fonte dei maggiori benefici e per questo le anime veramente sacrificate sono molto più felici delle anime che si danno a tutti i piaceri; l’anima che veramente si sa sacrificare di Dio è felice e gode la vera pace, quella pace che supera ogni consolazione: il sacrificio accende l’amore e l’amore non si trova senza sofferenza, perché l’anima che veramente ama Dio, ama anche la Croce e senza di essa non può vivere.

Persuadiamoci che l’amore di Dio e il desiderio della salvezza delle anime fanno in modo che l’anima amante di Dio sia felice, molto felice nel patimento e nella mortificazione, arrivando non solo ad amare la croce, ma anche a desiderarla con vera ansia, perché in essa trova vere consolazioni spirituali, perché l’amore della Croce è amore al Buon Gesù fino al sacrificio di se stesso. A Questa anima niente sembra duro, perché l’amore le fa pensare con frequenza alla sofferenza e alla povertà del suo Divino Maestro.

Diamoci pienamente al sacrificio ed all’amore della Croce e persuadiamoci che le croci e le pene che Dio ci manda o permette ci serviranno per amarlo sempre più.

Regoliamo la nostra intelligenza, perchè è questa che dà luce alla volontà affinché si orienti verso il bene.

Per camminare nella perfezione ed arrivare alla vera unione con Dio ci è estremamente necessario dominare bene le nostre passioni e per questo dobbiamo, prima di tutto, contare sulla grazia di Dio e di conseguenza ricorrere continuamente all’orazione e lì chiedere al Buon Gesù che ci conceda la grazia che il nostro cuore arda sempre nell’amore di Dio e del sacrificio, così non ci spaventerà il penoso esercizio della mortificazione". (Madre Speranza – El pan 15, 175-179)

Ovviamente, come dice la Madre, questa disponibilità interiore all’Amore non si può ottenere senza il lavoro parallelo di identificazione a Cristo, mediante la preghiera.

Tornando all’argomento iniziale: Lotta tra egoismi, in questa lotta non c’è un vincitore?

In questa lotta vince chi prima cede all’amore, rinunciando al proprio punto di vista, sempre che non sia in gioco un grande valore. Ma anche in questo caso non si ottiene niente con la violenza e l’imposizione: l’amore può essere solo dono gratuito e se una persona non è disposta a darlo e vuole fare l’esperienza del figlio prodigo, non si può che lasciarlo andare, sperando nel suo ritorno, seguendolo con la preghiera e, se questo avviene, fare festa perché la solitudine del cuore è finita e può rifiorire l’amore, anche dopo lunga attesa, sull’humus fecondo del perdono.

Qui la ragione, la giustizia non ci aiuta, l’amore ha un’altra logica che sembra perdente ma è vittoriosa sul nostro egoismo, sul nostro falso senso di giustizia, su un falso senso dell’amore basato sulla legge del dare e dell’avere, che è la legge del commercio, non è la logica dell’amore.

L’amore va oltre le frontiere della morte, le supera e risorge più vivo, forte e bello di prima. E’ la logica della Croce, "noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini". (1Corinzi 1,23-25)

Il perdono permette alle storie d’amore di continuare e di arrivare al traguardo.

Gesù, la Vittima Innocente, porta l’offerta di sé a perfezione e, inchiodato al patibolo infame, ha ancora sentimenti di compassione e misericordia per chi lo ha condannato, frustato, sputacchiato, coronato di spine, deriso, caricato della croce, inchiodato e innalzato sul Golgota. Per noi sono le parole di mediazione presso il Padre: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". Hanno inchiodato le sue membra ma non hanno potuto inchiodare il suo Cuore.

La storia d’amore di Dio con l’uomo può continuare, perché Gesù ripara per noi e il Padre ci perdona.

Gesù sulla croce ci fa i doni più grandi:

  1. offre il perdono,

  2. ci assicura che ci condurrà nel suo regno,

  3. ci dona sua Madre, ci affida a Lei,

  4. c’insegna a resistere al dolore,

  5. c’insegna a pregare nell’ora della prova,

  6. dopo averci insegnato a vivere ci insegna a morire, trasformando la morte in un atto di abbandono fiducioso nelle mani del Padre.

E Lui, essendo Dio, fuori del tempo, eterno, è sempre lì, con le braccia aperte di fronte al Padre, per ottenerci perdono e misericordia, pagando per noi.