«le mediazioni nel discernimento»

Proviamo a calarci in un periodo storico tanto decisivo per la Madre e per quanto il Signore le chiederà, poiché determina gli albori delle due Congregazioni da lei fondate, quale fu quello di Calle del Pinar. Sebbene consci di non poter essere esaurienti nella trattazione data la portata degli eventi, attraverso questi desideriamo cogliere il modo in cui la Madre seppe vivere e rapportarsi con le diverse mediazioni che il Signore, concretamente, le mise accanto per svelarle, con gradualità, il suo nuovo progetto.

«Il buon Gesù mi ha detto...»

Una delle cose che più fa impressione leggendo il Diario di Madre Speranza, scritto in obbedienza al suo Padre spirituale, è la consapevolezza di un intervento chiaro e preciso di Dio nella sua vita. Moltissime volte troviamo nei suoi scritti l'espressione «il buon Gesù mi ha detto», «mi ha ripetuto» (1), a testimonianza di un rapporto veramente unico e personale.

Questo, indubbiamente, è un fatto straordinario; non entra, cioè, nelle normali vie con cui il Signore suole manifestare la sua volontà alla maggior parte degli uomini, sebbene nella vita della Madre trovi una spiegazione, come afferma Padre Roberto Moretti nel suo studio sulla vita mistica di lei:

«Quanto ai fenomeni che ho chiamati direttamente mistici, consistenti nell'infusione di grazie dirette all'unione con Dio, Madre Speranza li ha molto apprezzati, e possiamo dire che li ha anche desiderati, non guardando alla modalità dello straordinario e del soprannaturale, ma come canali dell'amore di Gesù e della grazia di unione: di quella unione intima e profonda di amore che è il sogno e l'ideale dei veri amanti di Cristo. Quanto agli altri carismi mi sembra di capire dagli scritti che la Madre Speranza li abbia apprezzati in quanto le erano di aiuto per compiere la sua missione» (2).

Al di là di queste particolari esperienze, va però aggiunto che anche nella Madre questa volontà di Dio, che le si è manifestata in fasi successive, ha dovuto fare i conti con quelle mediazioni comuni a tutti noi. E' lo stesso Padre Moretti a sottolineare l'atteggiamento di fede ed obbedienza che ha caratterizzato la vita di lei sia nelle sue decisioni che in quei doni soprannaturali di cui il Signore sembrò arricchirla:

«Quanto poi al rapporto con il suo Direttore e l'autorità della Chiesa, nella Madre Speranza è evidentissima e costante una inconcussa fedeltà e obbedienza, non solo quanto ai carismi, ma anche quanto alle sue iniziative.

Si potrebbe obiettare che alcune volte Madre Speranza abbia parlato di questi carismi anche pubblicamente, come si dimostra da alcune sue conversazioni o conferenze alle sue Figlie, o anche ad altre persone. [...] Posso rispondere che v'erano motivi plausibili per farlo. Quando ha parlato con qualche autorità della Chiesa, ella doveva qualche volta giustificare le sue iniziative, le quali non incontravano sempre l'approvazione di tali autorità. Oppure doveva difendersi da accuse e sospetti» (3).

Possiamo dire che la Madre, conscia della povertà dello strumento che il Signore aveva scelto per una così grande missione, desiderò e si lasciò guidare da ciò che Lui le ispirava o le diceva, sebbene anche lei vivesse la piena subordinazione alle mediazioni umane.

Il tema del discernimento attraverso le mediazioni umane è indubbiamente tra i più delicati ed anche difficili da trattare nella peculiare esperienza vissuta dalla Madre proprio in questo periodo storico. Ci avviciniamo ad esso, seppure con trepidazione, certi che può illuminare anche il cammino di ciascuno di noi, soprattutto nella comprensione ed assimilazione di quel particolare spirito che sempre mosse la Madre e che sempre ribadì nei suoi preziosi insegnamenti.

Per capirne il profondo significato è necessario, innanzitutto, conoscere la concretezza del momento storico nei suoi diversi risvolti ed anche il comportamento della nostra Madre nelle situazioni nelle quali si è trovata a vivere, come pure le persone che il Signore stesso ha messo sul suo cammino. Per ogni religioso, tutte queste realtà sono illuminate da uno spirito particolare, che è quello delle Costituzioni, delle Regole di vita scelte ed abbracciate liberamente. A loro volta esse stesse hanno bisogno, per essere vissute, di essere incarnate nella storia di ogni giorno, negli avvenimenti, di essere mediate dall'autorità costituita, quali sono i Superiori religiosi od ecclesiastici, di essere il punto di riferimento di una vera guida spirituale.

Sembra bene sottolineare, fin da questo momento, la peculiarità che, in alcuni aspetti, assume l'esperienza della nostra Madre. Per lei, per esempio, le Costituzioni stesse rimarranno vincolanti e norma di vita, fin quando non le sarà proposto di apportare delle modifiche e, successivamente, il Signore non le chiederà di scriverne delle altre in vista di una nuova famiglia religiosa. E a questo, certamente, noi non tutti sono chiamati.

Proviamo, ora, a ripercorrere, seppure molto brevemente, il sentiero percorso dalla nostra Madre, cercando di cogliere il movente delle sue scelte, spesso davvero coraggiose.

 

La mediazione degli avvenimenti

La volontà di Dio non cammina mai fuori della storia, ma dentro di essa, anche se tende a dirigerla secondo i suoi disegni. La Madre ha dovuto discernere ciò che Dio le andava chiedendo in tutte le circostanze che le è toccato di vivere, in particolare dopo la sua entrata nella vita religiosa, nell'esperienza di Villena, nella fusione con le Claretiane, nel nuovo stile di vita religiosa che lei comprende di dover vivere per meglio servire i poveri, ecc.

La collaborazione con il P. Arintero è ancora un esempio di questa mediazione «storica» che Gesù stesso le chiede. Non è lei, infatti, a «inventare» né a propagandare per prima questa «nuova spiritualità» dell'Amore Misericordioso. Non inventa né l'immagine del Crocifisso dell'Amore Misericordioso né quella di Maria Mediatrice, anche se le modifica in alcuni particolari. Lo Spirito la inserisce in una corrente che Lui stesso ha fatto partire da lontano e nella quale lei, attraverso l'unione intima con il buon Gesù, si rende strumento docile per realizzare il piano di Dio.

Anche i «benefattori» furono per la Madre dei potenti mediatori che le permisero di realizzare e di portare a compimento la volontà del Signore, nel suo graduale manifestarsi. Di questo periodo storico si ricorderà, per esempio, che quando le suore furono mandate via da Calle Toledo due giorni prima della data pattuita (31 dicembre), solo per vederle costrette in mezzo alla strada o a tornare a Vicálvaro (4), fu decisivo l'intervento ed il sostegno dei benefattori, infatti, le suore dovettero lasciare Calle Toledo il 29.12.1928 (5) e, nel pomeriggio dello stesso giorno, grazie al generoso aiuto del Marchese di Zahara, della Contessa de Fuensalida e al contributo di tanti altri benefattori, presero possesso della casa di Calle del Pinar (6).

La stessa Madre Patrocinio, Superiora generale delle RMI, espresse la sua meraviglia per come, in pochissimi giorni, fu realizzata questa fondazione:

«L'altro giorno, credo che Padre Antonio Naval disse che le avrebbe scritto raccontandole quanto è accaduto riguardo ad una casa che comprano due o tre persone, cedendola alla nostra Congregazione, con la sola condizione di accogliere in essa bambine povere e, sia per il mantenimento di queste che della Comunità, alcune signore hanno già iniziato a destinare una certa somma di denaro.

Per tutto questo, Dio si è servito della nostra M. Speranza che, consigliata dal M. Rev.do Padre Antonio Naval, in tre giorni ha trasformato in realtà ciò che, a quanto ella afferma, Gesù le disse essere Suo desiderio» (7).

Così quando si trattò di decidere del destino di questa nuova casa, l'Asilo di Nostra Signora della Speranza, fu determinante la risoluzione presa dai benefattori. Il Marchese di Zahara, per esempio, non si disse affatto disposto a trasformare l'Asilo in collegio misto, a pagamento e gratuito, perché questo sarebbe stato contro l'idea originaria che aveva portato alla fondazione: un collegio gratuito per bambine povere (8).

 

La mediazione dei superiori religiosi

Abbiamo già incontrato la Madre nel suo cammino di semplice religiosa, dapprima tra le Figlie del Calvario e più tardi fra le Claretiane, vivendo l'atteggiamento di totale sottomissione alle sue superiore, considerate come canali della volontà del Signore.

Ancora una volta va però sottolineata la peculiarità della sua esperienza a proposito di questa mediazione della volontà di Dio, ordinaria nella vita religiosa, che è costituita dai Superiori legittimamente preposti. La peculiarità dell'esperienza è data dal fatto di essere chiamata a divenire una Fondatrice che dà vita e porta a compimento un progetto nuovo. In questo caso, si coglie chiaramente come volontà di Dio la porterà, in alcuni casi, anche a dissentire dalle sue legittime superiore nella Congregazione delle RMI, ma sempre con l'assoluta sottomissione alle loro direttive, fin quando appartiene alla Congregazione. Leggendo la storia, non si sa se apprezzare di più nella Madre la sua decisa collaborazione e disponibilità al piano di Dio su di lei, oppure la sua sincerità estrema, la sua rettitudine nell'agire e il suo rispetto verso le Madri di Vicálvaro e le superiore locali, unito al dialogo per chiarire ciò che lei avverte come volontà dall'alto.

Un esempio eloquente lo troviamo in quanto avvenne in un periodo assai delicato e determinante nella vita della nostra Madre, quale fu quello che portò alla chiusura dell'Asilo di Calle del Pinar. Compresa ormai la volontà del Signore, con l'approvazione dello stesso Vescovo, la Comunità di Calle del Pinar inviò al Santo Padre la domanda di separazione dalle RMI (9). E' comprensibile come in questo frangente siano sorte le maggiori difficoltà, dal momento che da ogni parte si cercava di scongiurare la frattura. Alcune Madri del Governo si recarono a Calle del Pinar, dove furono ricevute molto bene ed ebbero modo di parlare di tale problema. Anche l'incontro fissato per il giorno seguente, a Vicálvaro, fra il Governo generale, la Madre e Madre Pilar Antín, si svolse in un clima sereno (10).

Madre Speranza, in uno spirito filiale ed affatto servile, spiegò alle Madri del Consiglio di aver esposto allo stesso Vescovo, su richiesta di lui, l'incompatibilità delle Costituzioni Claretiane con le attività dell'asilo e l'impreparazione delle novizie allo specifico spirito dell'asilo. Il Consiglio generale, apprezzando le alte aspirazioni, pur di salvare l'unità, si disse disponibile, previo consiglio di Padre Maroto, a chiedere alla Santa Sede le modifiche necessarie, sempre in linea con lo spirito del Fondatore. Anche la Madre espresse tutto il suo filiale attaccamento a Padre Claret ed acconsentì a sospendere momentaneamente l'istanza di separazione, in attesa di parlare con il Vescovo e con Padre Antonio Naval, purché ci si fosse adoperati per introdurre le modifiche ritenute necessarie per poter assistere i poveri, i malati ed i più bisognosi (11).

La Madre, quindi, nonostante fosse già a conoscenza del nuovo progetto (12), in conformità alla volontà delle mediazioni umane, si disse disponibile a trovare un punto d'accordo attraverso la modifica di qualche articolo (13).

Vi fu poi l'increscioso episodio della riconsegna di otto esemplari delle Costituzioni (14) da parte della Comunità del Pinar al Governo generale; il gesto venne erroneamente interpretato da quest'ultimo come apostasia (15) e fu motivo di tanta sofferenza (16). La Madre poté chiarire la cosa, presentando i dodici esemplari ancora in possesso delle suore della comunità del Pinar (17), e spiegando che gli otto esemplari delle Costituzioni riconsegnati erano in più e che la riconsegna voleva significare solo l'occasione per dire alle Madri del Governo generale che era volontà di Dio non proseguire nel tentativo di una riforma ma di prepararsi ad una fondazione nuova, come le aveva anche confermato il suo padre spirituale (18).

Madre Speranza comprende che è chiamata a crescere nella misericordia in rapporto a queste mediazioni nonostante i limiti che esse possono avere. Lei non si lasciò condizionare dal limite umano e, nell'unico desiderio di compiere la volontà di Dio, accettò questi contrasti e queste sofferenze causatele proprio dalle persone a lei più vicine:

«Qui iniziarono le lotte che, nonostante provenissero da persone buonissime come sono le mie sorelle in religione, i Sacerdoti, i Religiosi e le persone della più alta dignità ecclesiastica, l'inferno intero mise il suo impegno per accecarle, e questo per la sofferenza loro e mia» (19).

La Madre non si stancò di chiedere incessantemente alle Madri del Governo quanto riteneva giusto e necessario per una adesione sempre più piena e più vera al progetto del Signore. In questo periodo che potremmo definire di transizione, in cui cioè si attendeva una risposta da Roma, in Calle del Pinar, si venne a creare una situazione insostenibile. La Madre, fortemente provata dalla malattia che la costrinse molte volte a letto, manifestò alla Madre Generale la necessità di essere sostituita da un'altra suora o da una secolare nel lavoro della cucina (20).

Proprio in questo periodo, le vicende assunsero, all'interno e fuori degli Istituti Claretiani, una notevole dimensione e risonanza difficili da contenere (21). Anche altri avvenimenti resero sempre più tesi e problematici i rapporti tra il Governo generale e la comunità di Calle del Pinar. Si andò accentuando il diverso modo di operare (22) e sorsero preoccupazioni di ordine materiale ed economico riguardanti la gestione e la proprietà dell'Asilo. E' la stessa Madre Speranza ad elevare nuovamente una accorata supplica alla Madre generale:

«Da quando lei mi ha confermato nell'incarico di Consultrice e Procuratrice di questa casa, non ho cessato di sforzarmi per compierlo nel miglior modo possibile ed ho manifestato alla M. Priora le difficoltà esistenti ed i mezzi che io credevo necessari per superarle. Siccome la Madre Priora mi ha risposto a varie cose negativamente o in modo evasivo, ho creduto che, riguardo alle bambine accolte, al numero, al mangiare, all'ordine ed altro, operasse dietro indicazioni superiori. Io declino a questo riguardo ogni responsabilità, senza più il coraggio di molestare la Madre e neppure di mancare nei riguardi di V. R. Ciò non toglie che io ripeta per la quarta o quinta volta che mi sento senza forze per portare avanti il lavoro necessario del cucito, della cucina, del controllo dell'Asilo, ecc. e, in nome della carità, la supplico di disporre qualche aiuto per questa opera che, con insistenza poco riconoscente e negando la verità, si considera come una mia opera personale, mentre io sono una figlia dell'obbedienza come le altre.

Madre, spero che si degnerà di provvedere a così grandi necessità perché non si ripetano le scene spiacevoli delle scorse settimane le quali non onorano per niente la nostra Congregazione. Così lo credo e lo dico per l'amore che verso di essa nutro» (23).

Il 15 giugno 1930, Madre Speranza decise di inviare al Santo Padre una relazione chiarificatrice di quanto avvenuto da quando presentò l'istanza fino a quel momento (24).

La Madre lottò molto per salvare quell'opera che era di tanto profitto per le bambine e le ragazze bisognose. Ma avvenne che una loro insubordinazione verso la nuova superiora e le Madri di Vicálvaro, portarono queste ultime e il Vescovo di Madrid alla decisione di chiudere definitivamente l'Asilo, mandando a casa tutte le assistite. Al rifiuto di queste (25), fu chiamata la polizia (26). Anche il Vescovo prese dei precisi provvedimenti verso coloro che avessero continuato ad occupare la casa (27). La Madre, qualche giorno dopo, in una lettera a Padre Postíus, commentò tali avvenimenti:

«¡Padre mio, i fatti accaduti sono stati tanto gravi e seri! Che giorni tanto amari, Padre! E quelli che ancora dovranno venire! Non per questo perdo il coraggio, sebbene le lacrime mi tradiscono. Non si deve lasciare di compiere la volontà di Dio anche quando giunge il momento nel quale sembra tutto perduto» (28).

In Calle del Pinar la situazione e le relazioni con le Madri di Vicálvaro e con il Vescovo divennero sempre più tese, tanto che questi suggerì alla Superiora generale delle rmi, Madre Patrocinio, le misure da adottare (29). Padre Francisco Naval, in una lettera inviata a Padre Maroto, non mancò di manifestare la sua opinione circa il procedere del Vescovo e delle Superiore delle rmi, ribadendo la ferma disponibilità di Madre Speranza ad una obbedienza cieca alla volontà di Dio manifestatale dalle Madri. Espresse anche le sue perplessità sull'eventualità di un trasferimento di Madre Speranza perché, a suo avviso, difficilmente qualcun altro sarebbe stato in grado di portare avanti l'apostolato di Calle del Pinar e di riscuotere la stessa stima e fiducia dei benefattori (30).

Di lì a poco fu ingiunto alla Madre di inviare alle loro case le bambine e le ragazze accolte nel Collegio. Lei, con grande sofferenza e preoccupazione per l'avvenire di queste, in obbedienza ai superiori che le manifestavano una volontà di Dio, in quel momento incomprensibile e crocifigggente, cominciò così a «disfare» l'Opera per la quale tanto si era spesa insieme alle sue consorelle. Nonostante questo, nell'anima di Madre Speranza continuava a regnare una profonda pace (31).

La Madre, sia pure con spirito di sottomissione, non mancò di compiere, però, quei passi che riteneva più opportuni perché la verità trionfasse. Appellandosi al Superiore supremo, in data 17 e 19 luglio, inviò al Santo Padre due relazioni descrivendo gli avvenimenti di Calle del Pinar, l'atteggiamento della Superiora della casa, del Governo generale e del Vescovo.

«Ho dichiarato tutto affinché si degni decretare una informazione vera che lasci le cose così come lo richiedono la verità, la carità e la giustizia. Sono disposta a dimostrare tutto oppure, qualora non lo dimostrassi, a pagare la pena che merito.

Ho reso partecipe della presente lettera l'Ecc.mo Nunzio Apostolico, l'Ecc.mo Cardinale Arcivescovo di Toledo per vedere se possono scongiurare in tempo il pericolo di esproprio della casa e dei suoi beni, giacché è difficile che arriveranno in tempo le disposizioni di Sua Santità per impedire tutto ciò» (32).

La Madre così concluse la sua seconda relazione:

«Così pure desidero far presente la profondissima pena che mi ha causato il dover accusare i miei legittimi Superiori e Sorelle, con il permesso e l'approvazione dei quali avevo realizzato tutte le trattative necessarie per inoltrare la pratica dell'Asilo» (33).

 

La mediazione della gerarchia ecclesiastica

Anche per il rapporto con la gerarchia ecclesiastica in questi anni delicati del discernimento sulla nuova fondazione, vale in buona parte quanto si è detto per la mediazione con i superiori religiosi. Conosciamo i conflitti e la drammaticità di questi rapporti soprattutto con il Vescovo di Madrid.

Va aggiunto a questo proposito che la Madre, ben cosciente che i Pastori della Chiesa, a livello di mediazioni umane, restano gli ultimi garanti della volontà di Dio, quando avverte un accecamento e una presa di posizione immotivata di fronte a ciò che le viene chiesto, per esempio dal Vescovo di Madrid, ricorre a Superiori maggiori della stessa Gerarchia Ecclesiastica: al Cardinale di Toledo perché era primate di Spagna (34), o al Nunzio, o ai Dicasteri Romani o al Santo Padre.

Si conserva una lettera che la Madre scrisse al Vescovo di Madrid, in data 9 luglio, pur conoscendo l'aperta opposizione di lui, per ribadire la sua volontà di compiere le più piccole indicazioni che le avesse dato (35).

Padre Naval, il 7 marzo, informò la Madre del dissenso del Vescovo verso il progetto di una nuova fondazione, benché fino a questo momento aveva incoraggiato una riforma all'interno dell'Istituto. Le ribadì, però, la sua ferma convinzione che tale fondazione fosse volontà di Dio, assicurandole il suo appoggio. Il 9 marzo, Padre Naval fece presente a Madre Speranza che, perseverando nel suo proposito, doveva considerarsi separata dall'Istituto e la esortò a scrivere sia al Governo generale che al Vescovo chiedendo perdono. La Madre gli disse che in coscienza non si sentiva di rispondere in questa forma e che avrebbe pensato davanti a Dio quello che era più opportuno. Subito dopo telefonò in Episcopio chiedendo un'udienza con il Vescovo, che però non ottenne (36).

Fu in questo stesso giorno che il Vescovo proibì a Padre Antonio Naval di continuare a dirigere la Madre invitandolo a comunicarle che se avesse portato avanti la fondazione sarebbe stata scomunicata insieme alle religiose che l'avrebbero seguita. La Madre, con il permesso dello stesso Padre Antonio Naval, si recò da lui per poter ricevere i suoi ultimi consigli. Poco prima di uscire da casa, le fu notificata per iscritto dal Vescovo la scomunica. Padre Naval, in vista delle tante sofferenze che avrebbe dovuto affrontare, cercò di dissuadere dal progetto Madre Speranza, ribadendo però la sua ferma convinzione che fosse un progetto voluto da Dio (37). Rassicurata di ciò, ella si disse disposta ad attraversare tutto ciò che il Signore avrebbe permesso (38).

Nello stesso pomeriggio di domenica 9 marzo, la Madre cercò di chiamare la Curia per chiedere un'udienza con il Vescovo, ma le risposero che, per il momento, non le poteva essere concessa e che, fino a venerdì, era inutile che avesse riprovato. Da questo momento la Madre cercherà in ogni modo di parlare con il Vescovo per chiarire l'accaduto ma questi le negherà sempre l'udienza giudicando il suo modo di procedere una vera pazzia (39).

La Madre, con la pena e la preoccupazione di non poter ricevere la Comunione, chiese udienza al Nunzio che gliela negò, invitandola a ricorrrere al Padre Naval, cosa che non era disposta a fare per non «lasciare di compiere la Volontà del Buon Gesù» (40). In questa angoscia, Madre Speranza, ottenuto il permesso dalla Madre generale, chiese di essere ricevuta dal Cardinale di Toledo, Pedro Segura, il quale fissò l'incontro per il giorno seguente.

Il giorno seguente, accompagnata da Madre Pilar Antín, la Madre si recò dal Cardinale che la rassicurò circa la scomunica, non sussistendone i motivi, la esortò ad accostarsi insieme alle altre all'Eucaristia e le offrì il suo appoggio.

Nel pomeriggio la Comunità del Pinar ricevette la visita di Padre Francisco Naval, confessore straordinario, che era andato inviato dal Vescovo per dissuadere le suore dal loro progetto. Ma, ascoltata la confessione della Madre, fu il primo ad incoraggiare la loro iniziativa.

Ricevettero poi la visita dello stesso Prelato che, oltre a ritirare la lettera nella quale Padre Antonio Naval le notificava la scomunica da lui impartita, insistette perché si portasse a compimento la riforma delle Claretiane più che una nuova Congregazione. Ma, vista la risoluzione di andare avanti con la nuova Opera, da questo momento Mons. Eijo y Garay interromperà ogni rapporto con la Madre, accetterà la nomina di Padre Juan Postíus come suo direttore spirituale (41), pur esortandolo vivamente ad ascoltarla fuori del confessionale (42) e proibendo a Padre Francisco Naval di ingerirsi nella questione (43).

L'influenza di Mons. Eijo y Garay condizionò anche l'operare del Cardinale di Toledo che ritirò alla Madre l'appoggio promesso per la realizzazione del nuovo progetto: «Figlia, non posso aiutarti come ti promisi, poiché questo è quanto mi chiede il Vescovo e non posso fare diversamente poiché non appartieni alla mia Diocesi» (44).

Di fatto, in data 25 aprile, la Madre deve aver inviato di nuovo al Vescovo di Madrid la domanda di fondazione delle «Hermanas Esclavas de Jesús» (45), presentando anche le relative Costituzioni (46). In obbedienza al padre spirituale, redasse la domanda a nome proprio, senza coinvolgere nessun'altra religiosa (47).

Lo stesso Padre Postíus spiegò a Padre Larraona la difficile ed insostenibile situazione che era venuta a crearsi tra le Madri di Vicálvaro e Madre Speranza.

Le mancanze di carità e le ingiustizie andavano crescendo sempre più, sia all'interno dell'Istituto che fuori. Da parte sua, Padre Postíus, con senso di responsabilità e rettitudine, cercava di rimanere al di sopra delle parti, disponibile a lasciarsi interpellare dagli eventi nell'unico desiderio di discernere la volontà del Signore (48).

Nella decisione di dar corso alla istanza per la separazione della Madre dalle Claretiane, Padre Postíus si vedrà molto presto confortato da due lettere dello stesso Padre Maroto, una del 4 e l'altra del 17 maggio 1930, con le quali gli conferma il suo pensiero. Nella prima dice che, pur avendo preoccupanti dubbi sul comportamento di Madre Speranza e di Madre Pilar Antín, per quanto esternamente si può apprezzare, non si sente in grado di emettere giudizi sulla responsabilità di coscienza e personale di queste Madri (49). Nella seconda, non solo non si oppone al progetto di separazione delle religiose del Pinar, ma afferma che «la cosa più logica sarebbe stata, innanzitutto, che si fossero separate personalmente dall’Istituto per mezzo della dispensa dai voti e, dopo, avessero portato avanti i progetti che fossero sembrati loro migliori» (50). Questo è quanto realmente faranno qualche mese dopo, costrette dalle circostanze e dopo aver fatto il possibile per salvare una situazione divenuta ormai insostenibile.

 

La mediazione del Padre spirituale

E', come ben sappiamo, la più documenta e quella che meglio ci manifesta l'itinerario vitale della Madre, quanto passa per il suo spirito. Il suo diario intimo, scritto «por solo la obediencia prometida a mi Padre espirtual», è il materiale più abbondante dove possiamo leggere la difficoltà, le esperienze mistiche, la intimità del cuore, i dubbi, le lacrime e le gioie che ha comportato la fedeltà al piano di Dio nella sua vita.

La graduale esperienza e la fiduciosa certezza che la volontà di Dio su di lei è una volontà d'amore, seppure crocifiggente, la spingerà a rinunciare progressivamente a se stessa per crescere nella verità e nella libertà dei figli di Dio. Lei non si sente costretta ad aderire ad un progetto e tanto meno se ne sente l'artefice. Ma con tutti i suoi mezzi cerca di scoprirlo e per questo chiede umilmente aiuto al suo padre spirituale:

«"Cosa vuole dirmi il Buon Gesù con questo, Padre mio?"...; "Che vorrà il Buon Gesù da me, Padre mio?...; "Cosa vuol dire il Buon Gesù, Padre mio? Quale lavoro vorrà affidarmi?"...» (51).

Ancora una volta siamo di fronte alla peculiarità dell'esperienza che il Signore ha fatto fare alla Madre. Peculiarità evidente soprattutto nel momento in cui si trovò a dover decidere l'abbandono dell'Istituto delle Claretiane per iniziare una nuova fondazione. Proprio per questa «peculiarità» dobbiamo essere attenti a trasporre a noi, "sic et simpliciter", il modo con cui la Madre ha vissuto queste mediazioni. Non a tutti Dio chiede lo stesso né con le stesse modalità.

La Madre nella sua vita farà sempre riferimento a questa importante e decisiva figura, senza però prescindere dalle altre mediazioni di cui già si è ampliamente parlato. Anzi, potremmo dire che i suoi diversi direttori si sono sempre mossi in conformità alle direttive dei superiori maggiori ed ecclesiastici. Al Padre spirituale la Madre farà riferimento nel momento in cui tutti sembrano ritornare sui propri passi, sebbene dapprima ci fosse stata una adesione entusiasta e decisa.

Ci fu anche un momento, che potremmo definire drammatico e misterioso, in cui la Madre si vide sospesa quasi nel buio, al mancarle momentaneamente anche questa ultima mediazione e fu quando il Vescovo di Madrid proibì a Padre Naval di continuare a dirigerla. Lui che tanto l'aveva incoraggiata, assicurandole che il progetto era realmente volontà di Dio, le consigliò di aspettare tempi migliori per la nuova fondazione, ma la Madre, sola e «abbandonata da tutti», decise di andare avanti per compiere la volontà di Dio, proprio forte della assicurazione di lui (52).

Ed è grandemente significativo il fatto che la Madre, a seguito delle proibizioni del Vescovo ai Padri Antonio e Francisco Naval di seguitare a dirigerla (53), scrisse al Superiore generale dei Padri Claretiani dicendo di aver chiesto al Vescovo che le indicasse un direttore spirituale. Questi, pur avendole già di fatto proibito la direzione con il P.Antonio Naval, le aveva risposto che la scelta del direttore «era completamente libera e secondo il gusto di ciascuno» (54). Madre Speranza, quindi, vedendosi «oggi più che mai, di aver bisogno di un Direttore», chiese a Padre García che potesse essere P. Juan Postius a dirigerla, sacerdote che riscuoteva la piena fiducia del Vescovo, benché apertamente non fosse molto favorevole a quanto si diceva allora della Serva di Dio. Ella lo richiedeva «per essere in questo momento colui che mi ispira più fiducia e perché, allo stesso tempo, risconosco che è dotato di grandissime qualità di discrezione, prudenza e riservatezza, doti molto necessiarie per tutto quello a cui il Signore mi sta sottoponendo» (55). Accettò che il nuovo direttore spirituale la ascoltasse fuori del confessionale, come aveva indicato il Vescovo di Madrid (56).

C'é da dire che Padre Antonio Naval era tenuto in grande stima anche dalla Madre generale delle Claretiane, tanto che questa scrisse a Padre Maroto: «Rispetto a quanto mi dice riguardo a Madre Speranza, mi sembrerebbe molto bene se il M. R. P. Antonio Naval volesse accettare» (57).

Qualche mese dopo ribadiva:

«La ringrazio per l’indicazione che mi diede di chiedere che fosse il M. R. P. Antonio Naval a dirigere Madre Speranza, perché ne deriveranno grandi vantaggi sia per lei stessa che per tutto l’Istituto» (58).

Ricordando con un pizzico di umorismo quando il suo padre spirituale le ordinò di andare, in pieno sole, con un grande ombrellone per le vie di Madrid (59), la Madre dice quanto in lei fosse vivo l'anelito di la santità, accompagnato da una profonda conoscenza di sé e da un vero senso di graditudine:

«Ringrazio Dio per aver messo sul mio cammino questo santo Sacerdote che mi ha chiesto cose molto strane, è vero, che però hanno fatto tanto bene alla mia anima, poiché da giovane ero molto ribelle ed egli, che mi conosceva, mi ha fatto camminare per un sentiero difficile ma sicuro» (60).

La Madre ha sempre esigito per sé e per i suoi figli una guida sicura, forte anche delle esperienze negative e dolorose che ella fece nella sua lunga vita a causa di sacerdoti che si ingerirono arbitrariamente nelle cose della Congregazione e soprattutto nella direzione delle sue figlie.

Incisivi e fermi i suoi insegnamenti e le decisioni concrete prese in tal senso dalla Madre, nella certezza che nella genuinità o meno di tale rapporto si giochi un autentico cammino di santità. Esorta dunque i suoi figli a stare attenti a non cercare nel Padre spirituale quello che piace alla natura, ma quello che veramente aiuta a camminare nella perfezione, senza cambiare con frequenza, alla ricerca di colui che ci dia ragione (61). Mossi dal desiderio di vedere con chiarezza il cammino da fare, di conoscere sempre meglio noi stessi e la volontà del Signore, esorta ad una sincerità estrema perchè il padre spirituale possa «curare», orientare e guidare nel modo migliore.

Alla luce di quanto siamo venuti dicendo fino a questo momento, ci sembra di poter affermare che nella vita della Madre il discernimento della volontà di Dio è passato attraverso un abbandono fiducioso nelle mediazioni, ma ha richiesto anche un suo impegno personale, la fatica di un cammino per scoprire la volontà del Buon Gesù.

 

domande per la riflessione e il dialogo

  1. Quale misura di fede e di amore e quale grado di rettitudine interiore riscontriamo nel nostro modo di vedere, valutare, e trarre profitto dalle mediazioni concrete che il Signore ha posto sul nostro cammino? (Chiesa, Madre Speranza, Costituzioni, Superiori religiosi, Guide spirituali, la famiglia, i fratelli e sorelle, avvenimenti vari... cf. Eb 12,1)

  2. Quali esigenze richiede, secondo te, una fedeltà allo spirito della Madre nel suo modo di intendere e di rapportarsi con le mediazioni?

  3. «Che vorrà il buon Gesù da me, Padre mio?»: quanto faccio mia questa disposizione docile che contraddistinse tutta la vita della Madre, tesa alla ricerca della volontà di Dio attraverso le mediazioni umane?
    Quanto la facciamo nostra come famiglia, come gruppo, come comunità?

 

traccia per la riflessione personale e la condivisione

Il tema del discernimento, su cui siamo stati invitati a riflettere, alla luce della vita e degli insegnamenti di Madre Speranza, è sicuramente affascinante ed impegnativo. Come abbiamo visto, infatti, l'accoglienza e l'apertura alle diverse mediazioni richiede un atteggiamento di fede viva, di filiale obbedienza, di libertà interiore e soprattutto, non ci esonera dall'assumerci, ciascuno in prima persona, le nostre personali responsabilità, dal faticoso cammino per comprendere la volontà di Dio. In questo tempo di riflessione chiediamo al Signore che ci renda docili e disponibili alla voce dello Spirito che parla attraverso la Parola di Dio, le Costituzioni, gli avvenimenti, le mediazioni umane, ecc.

 

Lettura dagli Atti degli Apostoli 9, 1-19

«Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina del Cristo, che avesse trovati. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perchè mi perseguiti?". Rispose: "Chi sei, o Signore?". E la voce: "Io sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare". Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno. Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.

Ora c'era a Damasco un discepolo di nome Ananìa e il Signore in una visione gli disse: "Ananìa!". Rispose: "Eccomi, Signore!". E il Signore a lui: "Su, va' sulla strada chiamata Diritta, e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco sta pregando, e ha visto in visione un uomo, di nome Ananìa, venire e imporgli le mani perché ricuperi la vista". Rispose Ananìa: "Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti tutto il male che ha fatto ai tuoi fedeli in Gerusalemme. Inoltre ha l'autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome". Ma il Signore disse: "Va', perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli d'Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome". Allora Ananìa andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: "Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo". E improvvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono».

 

Papa Francesco, Meditazione mattutina nella cappella di Santa Marta, 11 aprile 2013

Dio non può essere oggetto di negoziato. E la fede non prevede la possibilità di essere «tiepidi», «né cattivi né buoni», cercando con «una doppia vita» di arrivare a un compromesso per «uno status vivendi» con il mondo. Lo ha detto Papa Francesco all’omelia della messa, celebrata la mattina di giovedì 11 aprile, nella cappella della Domus Sanctae Marthae, alla quale hanno partecipato la direzione e la redazione dell’Osservatore Romano. Oltre ai giornalisti del quotidiano erano presenti quelli delle edizioni periodiche e personale della direzione generale.

Tra i concelebranti il cardinale indiano Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi, l’arcivescovo Mario Aurelio Poli, successore di Bergoglio alla guida dell’arcidiocesi di Buenos Aires, don Indunil Janakaratne Kodithuwakku Kankanamalage, sotto-segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, monsignor Robinson Edward Wijesinghe, capo ufficio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, don Sergio Pellini, direttore generale della Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano, i gesuiti Władisław Gryzło, incaricato dell’edizione mensile in lingua polacca del nostro giornale, e Konrad Grech, e il francescano conventuale Giuseppe Samid. Fra gli altri presenti, il presidente e il segretario generale della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, Domingo Sugranyes Bickel e Massimo Gattamelata.

Nelle letture, ha spiegato il Papa all’omelia, «appare per tre volte la parola "obbedire": si parla dell’obbedienza. La prima volta, quando Pietro risponde "bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini"» davanti al sinedrio, come narrano gli Atti degli apostoli (5, 27-33).

Cosa significa — si è chiesto il Pontefice — «obbedire a Dio? Significa che noi dobbiamo essere come schiavi, tutti legati? No, perché proprio chi obbedisce a Dio è libero, non è schiavo! E come si fa questo? Io obbedisco, non faccio la mia volontà e sono libero? Sembra una contraddizione. E non è una contraddizione». Infatti «obbedire viene dal latino, e significa ascoltare, sentire l’altro. Obbedire a Dio è ascoltare Dio, avere il cuore aperto per andare sulla strada che Dio ci indica. L’obbedienza a Dio è ascoltare Dio. E questo ci fa liberi».

Proprio commentando il passo degli Atti degli apostoli, il Pontefice ha ricordato che Pietro «davanti a questi scribi, sacerdoti, anche il sommo sacerdote, ai farisei», era chiamato a «prendere una decisione». Pietro «sentiva quello che dicevano i farisei e i sacerdoti, e sentiva quello che Gesù diceva nel suo cuore: "cosa faccio?". Lui dice: "Io faccio quello che mi dice Gesù, non quello che voi volete che io faccia". E lui è andato avanti così».

«Nella nostra vita — ha detto Papa Francesco — sentiamo anche proposte che non vengono da Gesù, che non vengono da Dio. Si capisce, le nostre debolezze a volte ci portano su quella strada. O anche su quell’altra che è più pericolosa ancora: facciamo un accordo, un po’ di Dio e un po’ di voi. Facciamo un accordo e così andiamo nella vita con una doppia vita: un po’ la vita di quello che sentiamo che ci dice Gesù, e un po’ la vita di quello che sentiamo che ci dice il mondo, i poteri del mondo e tanto altro». Ma è un sistema che «non va». Infatti «nel libro dell’Apocalisse, il Signore dice: questo non va, perché così non siete né cattivi né buoni: siete tiepidi. Io vi condanno».

Il Pontefice ha messo in guardia proprio da questa tentazione. «Se Pietro avesse detto a questi sacerdoti: "parliamo da amici e stabiliamo uno status vivendi", forse la cosa sarebbe andata bene». Ma non sarebbe stata una scelta propria «dell’amore che viene quando sentiamo Gesù». Una scelta che porta conseguenze. «Cosa succede — ha proseguito il Santo Padre — quando sentiamo Gesù? A volte quelli che fanno l’altra proposta si infuriano e la strada finisce nella persecuzione. In questo momento, l’ho detto, abbiamo tante sorelle e tanti fratelli che per obbedire, sentire, ascoltare quello che Gesù chiede loro sono sotto la persecuzione. Ricordiamo sempre questi fratelli e queste sorelle che hanno messo la carne al fuoco e ci dicono con la loro vita: "Io voglio obbedire, andare per la strada che Gesù mi dice"».

Con la liturgia odierna «la Chiesa ci invita» ad «andare per la strada di Gesù» e a «non sentire quelle proposte che ci fa il mondo, quelle proposte di peccato o quelle proposte così così, metà e metà»: si tratta, ha ribadito, di un modo di vivere che «non va» e «non ci farà felici».

In questa scelta di obbedienza a Dio e non al mondo, senza cedere al compromesso, il cristiano non è solo. «Dove abbiamo — si è domandato il Papa — l’aiuto per andare per la strada di sentire Gesù? Nello Spirito Santo. Di questi fatti siamo testimoni noi: è lo Spirito Santo che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Dunque, ha detto, «è proprio lo Spirito Santo dentro di noi che ci dà forza per andare». Il vangelo di Giovanni (3, 31-36), proclamato nella celebrazione, con una bella espressione assicura: «"Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito". Nostro Padre ci dà lo Spirito, senza misura, per ascoltare Gesù, sentire Gesù e andare per la strada di Gesù».

Papa Francesco ha concluso l’omelia con l’invito a essere coraggiosi nelle diverse situazioni della vita. «Chiediamo la grazia del coraggio. Sempre avremo peccati: siamo peccatori tutti». Ma serve «il coraggio di dire: "Signore, sono peccatore, alle volte obbedisco a cose mondane ma voglio obbedire a te, voglio andare per la tua strada". Chiediamo questa grazia, di andare sempre per la strada di Gesù, e quando non lo facciamo, di chiedere perdono: il Signore ci perdona, perché Lui è tanto buono».

 

Papa Francesco, alle famiglie in pellegrinaggio a roma nell' anno della fede, 26 ottobre 2013,

Care famiglie!        

Buonasera e benvenute a Roma!

Siete venute pellegrine da tante parti del mondo per professare la vostra fede davanti al sepolcro di San Pietro. Questa piazza vi accoglie e vi abbraccia: siamo un solo popolo, con un’anima sola, convocati dal Signore che ci ama e ci sostiene. Saluto anche tutte le famiglie che sono collegate mediante la televisione e internet: una piazza che si allarga senza confini!

Avete voluto chiamare questo momento "Famiglia, vivi la gioia della fede!". Mi piace, questo titolo. Ho ascoltato le vostre esperienze, le storie che avete raccontato. Ho visto tanti bambini, tanti nonni… Ho sentito il dolore delle famiglie che vivono in situazione di povertà e di guerra. Ho ascoltato i giovani che vogliono sposarsi seppure tra mille difficoltà. E allora ci domandiamo: come è possibile vivere la gioia della fede, oggi, in famiglia? Ma io vi domando anche: E’ possibile vivere questa gioia o non è possibile?

1. C’è una parola di Gesù, nel Vangelo di Matteo, che ci viene incontro: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). La vita spesso è faticosa, tante volte anche tragica! Abbiamo sentito recentemente… Lavorare è fatica; cercare lavoro è fatica. E trovare lavoro oggi chiede tanta fatica! Ma quello che pesa di più nella vita non è questo: quello che pesa di più di tutte queste cose è la mancanza di amore. Pesa non ricevere un sorriso, non essere accolti. Pesano certi silenzi, a volte anche in famiglia, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli. Senza amore la fatica diventa più pesante, intollerabile. Penso agli anziani soli, alle famiglie che fanno fatica perché non sono aiutate a sostenere chi in casa ha bisogno di attenzioni speciali e di cure. «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi», dice Gesù.

Care famiglie, il Signore conosce le nostre fatiche: le conosce! E conosce i pesi della nostra vita. Ma il Signore conosce anche il nostro profondo desiderio di trovare la gioia del ristoro! Ricordate? Gesù ha detto: «La vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Gesù vuole che la nostra gioia sia piena! Lo ha detto agli Apostoli e lo ripete oggi a noi. Allora questa è la prima cosa che stasera voglio condividere con voi, ed è una parola di Gesù: Venite a me, famiglie di tutto il mondo - dice Gesù -  e io vi darò ristoro, affinché la vostra gioia sia piena. E questa Parola di Gesù portatela a casa, portatela nel cuore, condividetela in famiglia. Ci invita ad andare da Lui per darci, per dare a tutti la gioia.

2. La seconda parola la prendo dal rito del Matrimonio. Chi si sposa nel Sacramento dice: «Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita». Gli sposi in quel momento non sanno cosa accadrà, non sanno quali gioie e quali dolori li attendono. Partono, come Abramo, si mettono in cammino insieme. E questo è il matrimonio! Partire e camminare insieme, mano nella mano, affidandosi alla grande mano del Signore. Mano nella mano, sempre e per tutta la vita! E non fare caso a questa cultura del provvisorio, che ci taglia la vita a pezzi!

Con questa fiducia nella fedeltà di Dio si affronta tutto, senza paura, con responsabilità. Gli sposi cristiani non sono ingenui, conoscono i problemi e i pericoli della vita. Ma non hanno paura di assumersi la loro responsabilità, davanti a Dio e alla società. Senza scappare, senza isolarsi, senza rinunciare alla missione di formare una famiglia e di mettere al mondo dei figli. - Ma oggi, Padre, è difficile… -. Certo, è difficile. Per questo ci vuole la grazia, la grazia che ci dà il Sacramento! I Sacramenti non servono a decorare la vita - ma che bel matrimonio, che bella cerimonia, che bella festa!… - Ma quello non è il Sacramento, quella non è la grazia del Sacramento. Quella è una decorazione! E la grazia non è per decorare la vita, è per farci forti nella vita, per farci coraggiosi, per poter andare avanti! Senza isolarsi, sempre insieme. I cristiani si sposano nel Sacramento perché sono consapevoli di averne bisogno! Ne hanno bisogno per essere uniti tra loro e per compiere la missione di genitori. "Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia". Così dicono gli sposi nel Sacramento e nel loro Matrimonio pregano insieme e con la comunità. Perché? Perché si usa fare così? No! Lo fanno perché ne hanno bisogno, per il lungo viaggio che devono fare insieme: un lungo viaggio che non è a pezzi, dura tutta la vita! E hanno bisogno dell’aiuto di Gesù, per camminare insieme con fiducia, per accogliersi l’un l’altro ogni giorno, e perdonarsi ogni giorno! E questo è importante! Nelle famiglie sapersi perdonare, perché tutti noi abbiamo difetti, tutti! Talvolta facciamo cose che non sono buone e fanno male agli altri. Avere il coraggio di chiedere scusa, quando in famiglia sbagliamo…

Alcune settimane fa, in questa piazza, ho detto che per portare avanti una famiglia è necessario usare tre parole. Voglio ripeterlo. Tre parole: permesso, grazie, scusa. Tre parole chiave! Chiediamo permesso per non essere invadenti in famiglia. "Posso fare questo? Ti piace che faccia questo?". Col linguaggio del chiedere permesso. Diciamo grazie, grazie per l’amore! Ma dimmi, quante volte al giorno tu dici grazie a tua moglie, e tu a tuo marito? Quanti giorni passano senza dire questa parola, grazie! E l’ultima: scusa. Tutti sbagliamo e alle volte qualcuno si offende nella famiglia e nel matrimonio, e alcune volte - io dico - volano i piatti, si dicono parole forti, ma sentite questo consiglio: non finire la giornata senza fare la pace. La pace si rifà ogni giorno in famiglia! "Scusatemi", ecco, e si rincomincia di nuovo. Permesso, grazie, scusa! Lo diciamo insieme? (rispondono: "Sì!") Permesso, grazie e scusa! Facciamo queste tre parole in famiglia! Perdonarsi ogni giorno!

Nella vita la famiglia sperimenta tanti momenti belli: il riposo, il pranzo insieme, l’uscita nel parco o in campagna, la visita ai nonni, la visita a una persona malata… Ma se manca l’amore manca la gioia, manca la festa, e l’amore ce lo dona sempre Gesù: Lui è la fonte inesauribile. Lì Lui, nel Sacramento, ci dà la sua Parola e ci dà il Pane della vita, perché la nostra gioia sia piena.

3. E per finire, qui davanti a noi, questa icona della Presentazione di Gesù al Tempio. È un’icona davvero bella e importante. Contempliamola e facciamoci aiutare da questa immagine. Come tutti voi, anche i protagonisti della scena hanno il loro cammino: Maria e Giuseppe si sono mesi in marcia, pellegrini a Gerusalemme, in obbedienza alla Legge del Signore; anche il vecchio Simeone e la profetessa Anna, pure molto anziana, giungono al Tempio spinti dallo Spirito Santo. La scena ci mostra questo intreccio di tre generazioni, l’intreccio di tre generazioni: Simeone tiene in braccio il bambino Gesù, nel quale riconosce il Messia, e Anna è ritratta nel gesto di lodare Dio e annunciare la salvezza a chi aspettava la redenzione d’Israele. Questi due anziani rappresentano la fede come memoria. Ma vi domando: "Voi ascoltate i nonni? Voi aprite il vostro cuore alla memoria che ci danno i nonni? I nonni sono la saggezza della famiglia, sono la saggezza di un popolo. E un popolo che non ascolta i nonni, è un popolo che muore! Ascoltare i nonni! Maria e Giuseppe sono la Famiglia santificata dalla presenza di Gesù, che è il compimento di tutte le promesse. Ogni famiglia, come quella di Nazareth, è inserita nella storia di un popolo e non può esistere senza le generazioni precedenti. E perciò oggi abbiamo qui i nonni e i bambini. I bambini imparano dai nonni, dalla generazione precedente.

Care famiglie, anche voi siete parte del popolo di Dio. Camminate con gioia insieme a questo popolo. Rimanete sempre unite a Gesù e portatelo a tutti con la vostra testimonianza. Vi ringrazio di essere venute. Insieme, facciamo nostre le parole di san Pietro, che ci danno forza e ci daranno forza nei momenti difficili: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). Con la grazia di Cristo, vivete la gioia della fede! Il Signore vi benedica e Maria, nostra Madre, vi custodisca e vi accompagni. Grazie!

 

Lettura di nostra Madre:

da Consigli pratici El pan 4, 87-92

«Care figlie: teniamo presente che è molto facile ingannarci ed immaginare lo stato religioso rivestito di falsi colori. Queste persone, amiche della orazione e del raccoglimento, immaginano che la vita religiosa consista nel trascorrere tutto il giorno nella santa quiete della preghiera e a loro sembrano perse quelle ore che non si dedicano alla orazione.

Altre, soprattutto quelle con un carattere attivo e laborioso, si figurano che la vita religiosa deve esaurire le forze ed energie nelle opere di zelo, e facilmente credono sia più proficuo lavorare che pregare.

Altre, amiche delle penitenze, non sognano altro che vigilie, digiuni, discipline e cilizi, e non comprendono che possono essere delle buonissime religiose senza tutto ciò. Altre camminano sempre scontente della propria situazione e per santificarsi ambiscono il chiostro e il ritiro. Infine altre trascorrono la vita prese dal pensiero che i Superiori non hanno compreso le loro attitudini e quindi non si trovano nel luogo dove la divina provvidenza le vuole, così sospirano il cambiamento, progettandosi il piano di vita che esse credono più perfetto. Che orrore, figlie mie! Ascoltate ciò che dice un santo: "La vera religiosa è colei che non possiede volontà"».

 

Preghiera della Madre:

«Gesù mio, dà alla mia volontà la forza e la costanza di cui ha continuamente bisogno per non volere né desiderare alcuna cosa fuori di Te; che mai io desideri un'altra cosa che non sia fare la tua volontà e che questa si compia in me per molto che mi faccia soffrire, per quanto io non la comprenda, sebbene io non la veda» (El pan 2, 79-80).

Preghiera per ottenere grazie per intercessione della nostra Madre: domandiamo la santificazione di ognuno di noi.

 

Recita del Magnificat


(1) Diario, 18.12.1927, El pan 18, 3; Diario 2.1.1928, El pan 15, 5; ecc. doc. 140; 23.1.1928, doc. 142; 7.2.1928, doc. 143; 26.2.1928, doc. 145; 30.3.1929, doc. 149; ecc.

(2) moretti p. roberto, ocd, «Madre Speranza di Gesù, Carismi e Spiritualità, attraverso gli scritti».

(3) Ibid.

(4) Cf. lettera del Governo Generale delle RMI a Padre Francisco Naval, Vicario generale dei CMF, 8.1.1929, doc. 2478 57-58 .

(5) Cf. estratto dal «Diario Historia del Asilo de Ntra Sra de la Esperanza, Pinar n° 7 - Madrid, Fundado por la Rvda M. Esperanza Alhama de Jesús, el 23 de febrero de 1929» scritto da Madre Aurora Samaniego rmi, 29.12.1928, doc. 4709.

(6) Cf. Exhortación, 15.8.1966, El pan 21, 912-929.

(7) Lettera di Madre Patrocinio Pérez de Sto. Tomás rmi a Padre Felipe Maroto cmf, 13.12.1928, doc. 2476.

(8) Cf. lettera del Marchese di Zahara a Padre Juan Postíus, 9.10.1930, doc. 2632.

(9) Domanda di separazione dalle rmi inviata dalla Comunità di Calle del Pinar al Santo Padre, 4.3.1930, doc. 2491.Infra, doc. 2491E' riportato quasi per intero

(10) Cf. lettera di Madre Patrocinio Pérez de Sto. Tomás rmi a Padre Felipe Maroto cmf, 5.3.1930, doc. 2492.

(11) Cf. lettera di Madre Dolores Odío de San Pedro rmi a Padre Felipe Maroto cmf, 6.3.1930, doc. 7277 80-82 .

(12) «Il 28 marzo del 1929 mi vennero dettate delle Costituzioni e mi fu detto che sarebbero servite per le Ancelle dell'Amore Misericordioso e per i Figli del suo Amore Misericordioso» (...). «Ieri notte mi sono distratta ed il Buon Gesù, tanto Padre come sempre, con una pazienza inesauribile, mi ha detto che smetta di soffrire perché non debbo fare altro che scrivere ciò che Lui mi detterà, senza preoccuparmi del risultato; poi dovrò estrapolare da questo quanto è necessario per la prossima fondazione delle Ancelle dell'Amore Misericordioso» (Diario, 30.3.1929, El pan 18, 34).

(13) Cf. lettera di Madre Dolores Odío de San Pedro rmi a Padre Felipe Maroto, 6.3.1930, doc. 7277.

(14) Due esemplari delle Costituzioni appartenevano rispettivamente a Madre Leticia Molina de San Andrés e Suor Encarnación Colina. La prima era uscita dalla Congregazione il 23 luglio 1929 (cf. Diario Historia del Asilo de Ntra Sra de la Esperanza, 23.7.1929, doc. 8301). Della seconda non si conoscono ulteriori particolari. Sei esemplari erano quelli che la stessa Madre generale aveva lasciato nella casa del Pinar per darli a quei Padri di fiducia che si fossero mostrati desiderosi di conoscere di più l'Opera. Tale provvedimento fu poi ritirato dalla stessa Generale che autorizzò invece la distribuzione di foglietti volanti (cf. lettera della Madre a Padre Felipe Maroto cmf, 8.9.1930, doc. 690.

(15) Cf. Lettera di Madre Dolores Odío de San Pedro rmi a Padre Felipe Maroto, 6.3.1930, doc. 7277; lettera di Madre Patrocinio Pérez de Sto. Tomás rmi a Mons. Eijo y Garay, 8.3.1930, doc. 2493; 16.3.1930, doc. 2497; lettera di Madre Dolores Odío rmi a Mons. Eijo y Garay, 16.3.1930, doc. 2498. Cf. anche docc. del 16.3.1930, nn. 2496, 2495, 2499, 2500 e 2501.

(16) «Il progetto che avevano le Suore Pilar e Speranza è stato interpretato, da parte della Superiora generale, come una apostasia; quest'ultima ha calunniato (sic) dette Suore davanti a tutto l'Istituto, dichiarandole fuori di esso (a giudicare da un suo documento), e senza diritto alcuno. Queste mai hanno pensato di apostatare, né sono incorse nella scomunica o in pena canonica (a quanto mi consta), né hanno firmato a tutti i costi il documento di separazione, né hanno presentato le Costituzioni alla Superiora Generale rinunciando a queste (come ingiustamente le hanno accusate); se volevano formare una specie di sotto-congregazione era solo con il beneplacito della Santa Sede tanto che, quando da questa hanno ricevuto risposta negativa, si sono conformate a tale decisione come se non fosse accaduto nulla. Se fin dal principio avessero risposto loro in questo modo, tutto si sarebbe risolto e non si sarebbero verificate tali conseguenze.

(17) Cf. lettera della Madre a Padre Felipe Maroto cmf, 8.9.1930, doc. 690.

(18) E' una lunga relazione della Madre scritta, seppure con ripugnanza, in obbedienza al suo nuovo direttore spirituale, Padre Juan Postíus cmf, dove ripercorre gli avvenimenti successivi alla consegna delle Costituzioni. Tra l'altro si dice: «Prendi le Costituzioni e con esse fra le mani esponi che determinati punti sono incompatibili con l'andamento dell'Asilo e che, inoltre, Io non ti chiedo una riforma ma una cosa nuova».

(19) Diario, El pan 18, 195; dicembre 1930, El pan 18, 227 sgg..
Cf. lettera di Madre Aurora Samaniego a Madre Patrocinio Pérez de Sto. Tomás, 6.5.1930, doc. 7245.

(20) Cf. lettera della Madre a Madre Patrocinio Pérez, 20.4.1930, doc. 670; 0670lettera di Madre Pilar Antín a Padre Juan Postíus, 10.5.1930, doc. 6958.

(21) Cf. lettera di Padre Postíus a Padre Maroto, 18.4.1930, doc. 2518; 2518lettere di Padre Andrés Gómez cmf a Padre Juan Postíus, in data 27 e 30 aprile 1930, doc. 2526 e doc. 2533; lettera di Padre Juan Postíus a Padre Felipe Maroto, 28.4.1930, doc. 2529.

(22) Padre Postíus così soffre la incresciosa situazione: «Io, Padre Felipe, le scrivo solo per informarla, spinto dalla pena per quanto sta per abbattersi sulla Congregazione e non certamente per l'atteggiamento umile delle Madri Pilar e Speranza, che fino ad oggi obbediscono ciecamente a quanto consiglio loro. Mi preoccupa l'atteggiamento delle altre Religiose se si propaga la notizia della falsità delle informazioni su dette Madri. Veda lei come respirano questi certificati redatti dalle interessate dopo aver dichiarato loro la gravità della menzogna in simili cose. Le Madri di Vicálvaro assicurano a tutti il pentimento delle religiose di Hecho e a me consta, da persone degne di fede, che non sono le religiose né di qui né di lì, che è falso quello che la Madre generale attribuisce loro. Padre mio, uno non può procedere tra religiose mal formate. Dio illumini tutti e dia loro una maggiore coscienza nelle informazioni. Già le dissi che il M. R. P. Vicedirettore la pensa allo stesso modo» (24.4.1930, doc. 2523).

Cf. lettera della Madre a Padre Juan Postíus, 31.5.1930, doc. 672.

(23) Lettera della Madre a Madre Patrocinio Pérez de Sto. Tomás, 25.5.1930, doc. 671.0671

Cf. anche la precedente lettera del 20.4.1930, doc. 670.0670

(24) Cf. Supplica della Madre al Santo Padre Pio XI, 15.6.1930, El pan 19, 68-82

(25) Cf. lettera di Madre Pilar Antín a Padre Postíus, 5.7.1930, doc. 2567.

(26) «Di fronte a questi atteggiamenti si dovette chiamare la Polizia per evitare qualche reazione da parte delle famiglie; alle sette meno un quarto giunsero due agenti segreti e successivamente il Commissario Capo. Dissero che il problema era gravissimo e che era impossibile eseguire un tale ordine, non potendo mettere sulla strada delle minorenni e tanto meno di notte. Iniziarono a telefonare ai loro Superiori Maggiori, il Direttore della Polizia, il Ministro, ecc. e nessuno poteva far nulla in una cosa tanto delicata, quindi, lo stesso Commissario Capo chiamò alle dieci il Vescovo, di cui sembra essere amico, e spiegate le circostanze ed i passi da fare, lo supplicò che prorogasse l'ordine almeno fino al giorno successivo, e questi accettò» (lettera di Madre Pilar Antín a Padre Postíus, 5.7.1930, doc. 2567).

(27) Cf. lettera di Madre Pilar Antín a Padre Postíus, 5.7.1930, doc. 2567.

(28) Lettera del 7.7.1930, El pan 19, 102-105.

(29) Cf. lettera di Mons. Eijo y Garay a Madre Patrocinio Pérez, 7.7.1930, doc. 2571.

(30) Cf. lettera di Padre Francisco Naval a Padre Maroto, 9.7.1930, doc. 7237.

(31) Ibid.

(32) Supplica della Madre al Santo Padre, 17.7.1930, El pan 19, 116-127

(33) Supplica della Madre al Santo Padre, 19.7.1930, El pan 19, 130-139.

(34) In qegli anni il Pimate godeva di grande autorità e prestigio presso la Gerarchia Ecclesiastica.

(35) Cf. lettera della Madre a Mons. Eijo y Garay, 9.7.1930, El pan 19, 109-112.

(36) Cf. Ibid 66-72 66-72 .Infra, doc. 0151.

(37) Relazione della Madre, maggio 1929 - dicembre 1930, El pan 18, 227 sgg 66-72 .

(38) Ibid 66-72. Infra, doc. 0151.

(39) Ibid 66-72 . Infra, doc. 0151.

(40) Relazione della Madre 1929, El pan 18, 195; - dicembre 1930, El pan 18, 227 sgg 66-72 .

(41) La Madre, dopo aver avuto un colloquio con Padre Postíus, il 5 aprile, gli chiese di dirigere la sua anima ( 104-105 Relazione della Madre, maggio 1929 - dicembre 1930, doc. 151 66-72 ; lettera di Padre Juan Postíus a Padre Felipe Maroto, 5.6.1930, doc. 2508); nello stesso giorno inviò ufficiale richiesta al Padre generale dei Claretiani (cf. 5.4.4930, doc. 665). La Madre, in data 12 aprile, ringraziava il Superiore generale, Padre Nicolás García, di aver accolto la sua richiesta.

(42) Cf. anche lettera del Vescovo a Padre Juan Postíus, 17.4.1930, doc. 2516.

(43) Cf. Relazione della Madre, maggio 1929 - dicembre 1930, doc. 151 66-72 .

(44) Ibid.

(45) Già nella domanda presentata il 12 marzo, il nome dell'Istituto da fondare è quello di «Esclavas de Jesús» e non «Esclavas del Amor Misericordioso», come la stessa Madre aveva scritto nel 1929. Non ci sono documenti che spieghino il perché di tale cambiamento. Una ipotesi potrebbe essere la preoccupazione che il nome «Amor Misericordioso» avrebbe potuto incontrare ancora ostacoli, come era avvenuto nel 1928 con la devozione diffusa da Padre Arintero che fu proibita dalla Chiesa.

(46) Pur non conservandosi la lettera del 25 aprile, viene fatto riferimento all'istanza della stessa Madre in una supplica al Santo Padre (cf. 15.6.1930, doc. 6810); da Padre Postíus in due lettere inviate rispettivamente a Padre Larraona e a Padre Maroto (cf. 26.4.1930, doc. 2525; 28.4.1930, doc. 2529). Cf. anche la lettera del 7 maggio con cui la Madre precisa al Vescovo una modifica agli articoli 38 e 39 già inviati (cf. 7.5.1930, doc. 6809).

(47) Non si conserva l'istanza della Madre che, come si deduce da una lettera di Padre Postíus a Padre Maroto del 28.4.1930, in una sua parte citava così: «se entienda que solamente su servidora carga con responsabilidad de la instancia, para lo cual podrá V.E.R. mandármela para rehacerla o bien rehacerla V.E.R. con mi única firma, porque deseo evitar toda molestia a mis hermanas» (cf. 28.4.1930, doc. 2529).

(48) Cf. lettera di Padre Juan Postíus, cmf, a Padre Arcadio Larraona, cmf, 26 aprile 1930, 26.4.1930, doc. 2525.

(49) Cf. 4.5.1930, doc. 7291.

(50) 17.5.1930, doc. 7295.

(51) Diario, 18.12.1927, El pan 18, 3; Diario, 2.1.1928, El pan 18, 5-8; Diario, 26.2.1928, El pan 15, 21-24.

(52) Cfr Diario, 1929, El pan 18, 216.

(53) Cf. Ibid.

(54) Lettera della Madre a Padre Nicólas García, 5.4.1930, doc. 665.

(55) Lettera della Madre a Padre Nicólas García, 5.4.1930, doc. 665.

(56) Lettera del Vescovo di Madrid, Mons. Eijo y Garay, a P. Juan Postíus, 17.4.1930, doc. 2516.

(57) Lettera di M. Patrocinio a P. Maroto, 18.5.1828, doc. 7270.

(58) Lettera di M. Patrocinio a P. Maroto, 13.12.1928, doc. 2476.

(59) Esortazione della Madre alle Ancelle dell'Amore Misericordioso arrivate a Collevalenza dalla Spagna, 16.8.1965, doc. 1435.

(60) Ibid.

(61) Cfr. Exh., 15.2.1967, El pan 21, 1030-1044.