Film: «UNA DONNA DI NOME SPERANZA»

Regista Eugenio Bicocchi

 

Buona sera, dieci minuti di presentazione. Questa mattina durante il dibattito è stato chiesto a padre Taddei quale atteggiamento tenere per vivere i mass media in modo positivo. Questa sera io vorrei tentare di riuscire a costituire, a mo' di esempio, una di quelle isole auspicate da padre Taddei, nelle quali i mass media sono vissuti in una maniera positiva. Adesso vi dico qual è stato il mio lavoro, poi vi dirò quale sarà il vostro lavoro questa sera.

Il mio lavoro è stato quello di fare un filmato, secondo una determinata concezione. Io sono allievo di padre Taddei e ho fatto questo film su Madre Speranza tentando di applicare la mentalità nuova prospettata dalla metodologia Taddei. La mentalità nuova riguarda il concetto di immagine.

L'immagine non riproduce soltanto l'aspetto visibile delle forme, le cose, i contorni; questa mattina padre Taddei ha parlato appunto di linguaggio contornuale. Potremmo anche parlare di immagine come linguaggio figurale. Il modo di vedere le cose che il regista o il fotografo ha, esprime anche un'idea. Un esempio: pensate agli opuscoli, che ci sono stati consegnati nella cartellina di questo Convegno. Si tratta di cinque o sei volumetti di forma verticale su Madre Speranza. Tutti hanno in copertina una fotografia di Madre Speranza. Dunque la fotografia riproduce Madre Speranza, e il discorso sembrerebbe finire a questo punto. Invece non è così. Padre Taddei dice che si può andare oltre il riconoscimento di Madre Speranza e raggiungere l'idea di coloro che hanno fatto queste fotografie e di coloro che hanno deciso di collocare queste fotografie in copertina ai volumetti.

Occorre leggere. Tutte le fotografie delle copertine di questi cinque o sei volumetti mostrano Madre Speranza ripresa a primo piano o a mezzo primo piano. Mostrano, cioè, il volto o al massimo il busto quando ella tiene in braccio un bambino. Nessuna di queste fotografie ci mostra Madre Speranza dalla testa ai piedi. E allora noi, destinatari dei libretti, dobbiamo dire: Bene! vediamo e riconosciamo come era Madre Speranza quando era viva, quando parlava, quando sorrideva, ma notiamo anche che il fotografo, che ha guardato Madre Speranza, ha puntato il suo sguardo sullo sguardo di lei, sull'espressione del suo volto; ha osservato questa persona nella parte più spirituale del corpo umano che è il volto. Il volto, si dice, è la faccia del cuore, la manifestazione delle idee, dei sentimenti. In queste foto degli opuscoli non si mostra allora solo le sembianze di Madre Speranza, ma si esprime anche l'idea che si tratta di una donna di grande spiritualità.

Guardiamo, per esempio, le fotografie di un atleta o di un'indossatrice: ci accorgeremo che tante volte il fotografo ha osservato un corpo senza cercare un'anima. Perchè? Perchè fotografa l'atleta oppure la fotomodella dalla testa ai piedi. Fotografa tutto il corpo da una certa distanza, le espressioni del volto non si vedono, ma perché? Perchè non interessa il volto, non interessa l'interiorità, interessa la fisicità. Dunque l'immagine ha dentro di sè sia la comunicazione della realtà che riproduce e ripresenta, sia la esplicitazione del pensiero che chi ha fatto la fotografia ha avuto circa la realtà da riprendere. D'accordo?

Torno al discorso su Madre Speranza. A questo punto io ho tentato di impostare questo film alla luce di ciò che è il mio pensiero su Madre Speranza. Per farlo ho dovuto studiare questa donna, il suo pensiero, il suo carisma.

La realizzazione di questo film è durata dieci mesi, otto dei quali mi sono serviti per imparare. Non ho preso in mano subito la cinepresa; l'ho presa dopo otto mesi perché se l'immagine riproduce anche le idee di chi fa l'immagine bisogna che il realizzatore dell'immagine abbia le idee chiare. E faticosamente, con l'aiuto degli amici di Collevalenza che mi hanno dato lezioni private e mi hanno raccontato le testimonianze della loro vita con la Madre, mi sono formato alcune idee.

Una di queste idee è per me la seguente: in Madre Speranza è avvenuto un processo speculare a ciò che si legge nelle sacre Scritture: «Il Verbo si fece carne». Il processo speculare è: «La carne si è fatta verbo», cioè la donna Madre Speranza è diventata parola. Per esprimere questa idea voi noterete che il film utilizza all'inizio il volto di Madre Speranza, direi addirittura quasi solo gli occhi, neppure la parte superiore della testa. Solo gli occhi. All'inizio del film: occhi di Madre Speranza e voce di Madre Speranza che recita una preghiera. Alla fine del film: la stessa preghiera ma non c'è più la stessa immagine del volto di Madre Speranza, ci sono le parole «Todo por amor». Anche la fisicità di Madre Speranza, quella più spirituale, cioè lo sguardo, è diventato parola: «Todo por amor».

E ora qual è il lavoro dello spettatore? Il lavoro dello spettatore è quello di guardare il film memorizzando via via ogni immagine e comparandola nei momenti in cui ci sono immagini di richiamo. Questo lavoro è già un lavoro opposto a quello negativamente denunciato questa mattina da padre Taddei.

I mass media sono quantitativistici e cioè, non ogni immagine si collega alla successiva e alla precedente, ma ogni immagine annulla la precedente, la quantità, la novità, sempre nuove immagini. Non bisogna pensare e collegare. Lo spettatore deve vedere le novità, un programma dietro l'altro, un numero dietro l'altro. Questo è un atteggiamento passivo; l'atteggiamento attivo è invece quello che vuole lo spettatore osservare un'immagine che tiene costantemente presente e paragonarla alle successive immagini ai fini di capire un certo significato.

Per il film in versione tedesca io mi sono posto il problema della traduzione di questa preghiera di Madre Speranza. Madre Speranza parla in un italiano misto a spagnolo. Praticamente dice: «Signore, Ti ringrazio perché in questo anno il mio amore il mio cuore, la mia mente è stato "todo en Ti"». Anche un italiano capisce cosa vuol dire «è stato tutto in Te», quindi in italiano non ho tradotto nulla. Ma il tedesco è molto diverso dall'italiano e dallo spagnolo mescolato insieme. Occorreva la traduzione.

Un caso del genere è stato risolto dalla RAI alcuni mesi fa quando hanno trasmesso le preghiere di Madre Teresa di Calcutta. La scelta fatta dal regista della RAI è stata questa: volto di Madre Teresa di Calcutta, voce di Madre Teresa di Calcutta bassa, bassa in sottofondo, incomprensibile e speaker donna, un'attrice che recita la preghiera di Madre Teresa. Io come spettatore italiano non ho capito il tono, la partecipazione di Madre Teresa di Calcutta quando prega. Perchè? Perchè mi hanno fatto sentire la voce bellissima di un'attrice italiana che recitava una preghiera non una vera preghiera, ma la recita di una preghiera e per me questo come spettatore ha reso impossibile «ascoltare» Madre Teresa di Calcutta.

Nel caso di Madre Speranza ho voluto lasciare agli spettatori di lingua tedesca la possibilità di sentire il suono delle parole di Madre Speranza, ma ho voluto dare la possibilità di, contemporaneamente, far sentire e far capire il contenuto delle parole. Così, l'orecchio ascolta a pieno volume la voce di Madre Speranza e nell'immagine compare come sottotitolo la traduzione. Perchè la RAI non ha fatto questa scelta? Perchè sa che molti spettatori non fanno lo sforzo di leggere con gli occhi la traduzione e ascoltare con l'orecchio (l'intonazione della preghiera). E' per evitare allo spettatore questa fatica che la RAI ha dunque usato la doppiatrice dalla voce molto bella.

Nella prospettiva di uno spettatore nuovo, diverso bisogna raccogliere e non perdere nulla. E' evidente che ciò costa fatica (pensate per uno spettatore tedesco sentire una lingua,ma la fatica è ripagata da una maggiore comprensione di un testo straniero incomprensibile come vocabolario, ma comprensibile come bisbiglio, come partecipazione, come emozione, come gioia, perché dice: «Señor Te rengrazio», si capisce che ringrazia veramente e deve poi fare lo sforzo con l'occhio di seguire le parole che via, via compaiono sull'immagine).

La struttura di questo film è il risultato della mia intenzione di far capire quello che io avevo capito del pensiero di Madre Speranza. Per questo motivo il documentario è fatto diciamo così di tre parti o filoni narrativi.

Il primo di essi è costituito dalla testimonianza di Suor Amada e, voi vedrete che Suor Amada è sempre nella camera di Madre Speranza, vicino al suo letto, vicino al crocefisso presso il quale pregava, vicino alla scrivania dove scriveva, vicino a una fotografia di Madre Speranza, perché? Perchè Suor Amada è la testimone della vita quotidiana di Madre Speranza, di ciò che faceva Madre Speranza, delle sue preghiere, le sue veglie notturne.

Mi fa molto piacere che Suor Amada parli un italiano con una forte inflessione spagnola, perché almeno a me che sono italiano, questo suono spagnolo delle parole italiane mi avvicina di più a quella che deve essere stata l'intonazione di Madre Speranza la cui voce si sente all'inizio. Così quando Suor Amada pronuncia alcune frasi in spagnolo (citando fedelmente) le frasi di Madre Speranza lo spettatore sente il fascino di questo trasferimento.

La seconda parte del film è costituita da Suor Mediatrice che è sempre negli esterni. Infatti l'argomento trattato dalla testimonianza di Suor Mediatrice è rappresentato dalle opere, realizzate in Collevalenza: la casa del pellegrino, la basilica.

Il terzo filone è affidato alla professoressa Sancricca, la quale è sempre nell'archivio. Nell'archivio c'è la memoria della voce di Madre Speranza, la memoria della scrittura di Madre Speranza, la memoria di tutti i documenti di Madre Speranza e la professoressa Sancricca costituisce pertanto il testimone del pensiero.

A livello di presentazione del film voi vedrete che là a destra ci sarà una finestra dove, in un'immagine di repertorio, Madre Speranza si affaccia e sulla sinistra colorata di azzurro c'è Suor Amada e quell'immagine serve per dire allo spettatore: «spettatore stai attento perché questa donna è stata vicino a Madre Speranza e quindi la sua testimonianza è diretta».

La stessa cosa avviene per Suor Mediatrice. Dalla parte destra del fotogramma Suor Mediatrice è stata vicino a Madre Speranza invece la professoressa Sancricca è solo vicino ai documenti. Un'ultima considerazione è data dal lucido che adesso vedremo e che consiste in questo: questi tre filoni del documentario cioè la vita, le opere e il pensiero non sono uno appresso all'altro... Il documentario che voi vedrete non tratta nell'ordine prima la vita, poi l'opera, poi il pensiero perché sarebbero tre documentari, ma come un continuo alternarsi fra vita, pensiero e opere, perché l'idea che ho inteso esprimere è quella che il modo di vivere, ciò che Madre Speranza ha fatto, il suo modo di pensare, sono una unità.

Il concetto di unità nasce cinematograficamente dal montaggio alternato, dall'incastro degli elementi dei tre filoni. Mi rendo conto che per lo spettatore questo rappresenta una fatica (sarebbe infatti molto più facile vedere prima tutto con la Madre poi Suor Mediatrice e poi la professoressa Sancricca) ma il concetto del collegamento tra questi aspetti della Madre, di coerenza tra pensiero e vita nel primo tipo di struttura non emergerebbe, questo è lo sforzo che adesso chiedo a voi.

Buona visione!