LA VITA RELIGIOSA NELLA CONCEZIONE PROFETICA DI MADRE SPERANZA

Pier Giordano Cabra f.n.

 

Buona giornata a tutti, un benvenuto anche a chi è arrivato questa mattina e non ha partecipato ai lavori di ieri. Come ieri, desidero aprire i lavori partendo da un testo della Madre che ha uno spiccato sapore agostiniano. «Che cosa dobbiamo fare per incontrarci con Dio? Per incontrarci con Dio - Ella risponde - non è necessario che ci affatichiamo molto andando di qua e di là, Egli si trova molto vicino a noi ed anche dentro di noi. Si trova molto vicino a noi perché è presente in tutte le creature che ci circondano si trova dentro di noi perché la nostra persona può diventare un tabernacolo vivente se invitiamo il Signore a rimanere con noi con la certezza che Egli vi resterà e prenderà dimora nel nostro povero cuore». E' un testo che credo ci aiuti a disporci in un atteggiamento di ascolto e di partecipazione e che contribuisce a collegare tra loro le riflessioni proposte e svolte nella giornata di ieri con quelle che verranno proposte e sviluppate oggi durante questa giornata.

Ieri, in fondo, le riflessioni che ci sono state presentate ci hanno aiutato a calarci nella profondità del cammino ascetico e mistico della Madre e a cogliere all'interno di questa profondità la sua intuizione profetica.

Quest'oggi, in un certo senso, compiremo il cammino inverso: cercheremo di partire da quelle intuizioni profonde della Madre per tentare di coglierne i frutti nella sua interpretazione.

A guidarci nella prima relazione, che ha come tema "La vita religiosa nella concezione profetica di Madre Speranza", sarà padre Pier Giordano Cabra che appartiene alla Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth dove ha maturato una grande esperienza spirituale e pastorale; molti di voi già lo conoscono come presidente della Conferenza Europea dei Superiori Maggiori e quindi della Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori. Molti dei suoi contributi si possono leggere su la rivista "Vita religiosa oggi". A padre Cabra la Famiglia dell'Amore Misericordioso ha chiesto un'interpretazione della vita religiosa nella concezione profetica di Madre Speranza. Lo ringraziamo per aver accolto questo invito e siamo pronti con grande attenzione ad ascoltarlo.

 

Una riflessione iniziale

Solo qualche anno fa un convegno come quello che si sta celebrando qui in questi giorni sarebbe sembrato all'opinione pubblica un poco o molto anacronistico o per lo meno avrebbe suscitato scarso interesse.

Erano gli anni dei grandi progetti riformatori, più o meno radicali dell'esaltazione dell'impegno nel politico e nel sociale della concentrazione sui problemi della nuova società da cambiare o da migliorare.

Ci si impegnava, o si combatteva, con diverse motivazioni per un "mondo più giusto e più umano" e tale impegno sembrava essere il vertice della presenza e dell'amore cristiano.

Non era stato detto, e autorevolmente, che "la politica è una forma esigente dell'amore cristiano"? La verifica dell'amore cristiano, il luogo della sua autenticazione stava nell'impegno per la causa della promozione umana. Tutto bene: da questo punto di vista è stata una grande stagione, ricca di slanci e di dedizioni ammirevoli. Ma per qualcuno questo era tutto o quasi dell'essere cristiani e perfino dell'essere religiosi. Non è che si giungesse a tanto presso le famiglie religiose, ma il clima generale era tale che chi avesse avuto un diverso sentire, provava un senso di emarginazione e di esclusione dal coro generale di ammirazione per chi era impegnato nella trasformazione del mondo e della società. Tanto è vero che chi si fosse "attardato" a parlare di "Amore Misericordioso" sarebbe stato gentilmente rispettato per le sue buone intenzioni, ma sarebbe stato inevitabilmente classificato un poco "datato", comunque fuori dal corso della storia, appartenente cioè alla categoria delle "anime belle", pulite, ma non sufficientemente avvertite del nuovo corso degli eventi che richiedevano ben altri interessi e ben altra cultura per affrontare le nuove sfide che si presentavano alla nuova società, prodotto di una "svolta epocale".

La grande storia non passava più dalle sacrestie, ma si decideva nelle università, nelle piazze, nelle fabbriche, nelle aggregazioni di base. L'epoca delle devozioni, pur care alla tradizione, come quelle del Sacro Cuore o, quella più recente, dell'Amore Misericordioso, era ormai passata, come era passata l'epoca nobile ma sterile, si diceva, di un cristianesimo affettivo e ripiegato sui problemi individuali.

In questo contesto, se la Vita Religiosa veniva accolta e stimata lo era per le sue opere, le quali dicevano interesse fattivo per l'uomo, specie quelle che si rivolgevano agli ultimi. Anche la vita religiosa poteva dare il suo contributo ad una società più umana, non tanto per le sue idee, o per le sue intenzioni, quanto per la sua concreta attività nel campo della promozione umana. Ma anche su queste attività cadeva la scure del giudizio storico inappellabile di essere cioè espressione dell'assistenzialismo, residuo di un passato, ormai in via di superamento. Presto sarebbe intervenuto il "pubblico" ad assorbire i diversi bisogni e quindi non ci sarebbe stato molto spazio per la presenza dei religiosi, i quali, dunque, erano accolti momentaneamente per essere presto rimpiazzati da forme ben più moderne ed efficienti di intervento.

In questo ambiente si parlava naturalmente anche di profetismo. Anzi, forse mai come in questo clima, fervido di progetti orientati verso il futuro, si è parlato con tanto fervore di profetismo. Ma tale categoria era riservata prevalentemente al campo dell'efficienza storica. Non erano forse stati i profeti a denunciare le ingiustizie, a difendere la causa dei poveri e degli oppressi, a dare speranza alle masse diseredate? Non erano stati proprio i profeti dell'Antico Testamento a interessarsi della miseria del popolo? Profeti erano dunque coloro che, con lo stesso coraggio e la stessa lungimiranza, si dedicavano agli stessi problemi, con la denuncia, con l'impegno sociale, e questo in nome della superiore speranza cristiana, capace di mobilitare le energie migliori dell'uomo, per metterle al servizio della grande causa del riscatto dei poveri.

Anche qui, profetica era quella Vita Religiosa che si schierava dalla parte degli ultimi, che si poneva a servizio degli emarginati e degli sfruttati e, più tardi, dei drogati, degli handicappati, quella impegnata cioè sui cammini più difficili della carità.

Nel terzo mondo poi, là dove le ingiustizie erano particolarmente dolorose e oppressive, tale profezia era considerata come urgente e assorbente. Sono stati quelli i luoghi ove religiosi e religiose hanno scritto pagine di dedizione, di eroismo, perfino di martirio. E questa Vita Religiosa, nel nostro mondo come nel terzo mondo, profetica lo è stata davvero e profetica resta e resterà ogni volta che si china sul sofferente e sull'abbandonato per compiere, con amore e con dimenticanza di sé, il gesto del Buon Samaritano.

Ma il problema non è questo, il problema è un altro: è questa la sola profezia del cristiano e, soprattutto della Vita Religiosa? Il clima sociale e culturale, che ha riservato la profezia a queste nobilissime manifestazioni dell'amore cristiano, ha reso giustizia alla realtà del cristianesimo, a tutta la realtà cristiana, soprattutto alla misteriosa e vertiginosa realtà dell'amore cristiano? Bello e grande e degno d'ammirazione è questo amore, ma è tutto l'amore?

Poi improvvisamente il quadro sociale e culturale è cambiato. I grandi progetti di trasformazione della società sono sembrati utopici, o per lo meno da perseguire per ben altre vie, quelle ad esempio della razionalità economica, come aveva sostenuto già due secoli fa A. Smith, il padre sia della scienza economica che del libero mercato.

Così i grandi progetti degli anni 60 e 70 dovevano essere considerati come le ultime tra le "grandi narrazioni della modernità", per lasciare posto agli orizzonti ben più limitati e alle ambizioni ben più "deboli" della nuova epoca postmoderna. L'uomo europeo è così invitato a coltivare il suo "particulare" con accanimento, perché da questo impegno sarebbe derivata alla fine una società in grado di garantire il benessere per tutti.

Nasce così un nuovo ideale di uomo, tutto dedito alle sue cose, impegnato a produrre e a fare soldi e a goderseli, un uomo più preoccupato di installarsi in questa società, che di trasformarla, un uomo che è stato ben definito "narcisista". Narcisista, cioè egoista. Ed una società di egoisti non può pretendere di essere giusta, di essere abitabile per tutti, di offrire delle mete ai giovani, di dare un senso alla loro vita.

Una società di egoisti, tesi a raggiungere il massimo di benessere e di piacere, non può tenere in gran conto la differenza tra il bene e il male, tra il giusto e l'ingiusto. Non può cioè dare molto spazio all'etica. E così ci troviamo oggi a invocare più etica, più correttezza, più pulizia, ma non si sa da che parte iniziare, perché l'etica esige capacità di sacrificarsi per quello che è giusto, per il bene dell'altro, anche se questo bene va contro il mio interesse. Chi è disposto a fare ciò?

La Vita Religiosa deve qui spostare i suoi obiettivi apostolici: deve passare dalla società alla persona. E' questo un suo campo tradizionale di azione, in quanto essa ha sempre considerato il bene della società quale frutto della conversione dell'uomo e ha sempre visto possibile tale conversione se messa a contatto con il mistero di Cristo che tocca le radici del cuore dell'uomo, di ogni uomo che viene in questo mondo.

E l'essenza di questo mistero è proprio l'Amore di Dio, l'Amore Misericordioso che si china sull'uomo, lo insegue sulle strade delle sue illusioni e delusioni, lo chiama a sé, gli tocca il cuore, lo rende un essere nuovo, capace di amare il suo fratello e lavorare disinteressatamente per creare un mondo più fraterno.

Per questo oggi è più facile parlare del Carisma dell'Amore Misericordioso. Non perché il messaggio venga recepito automaticamente, ma perché l'attenzione all'uomo e ai suoi problemi è più puntuale e personale.

Dopo questa carrellata sugli anni appena vissuti, affronteremo il nostro tema con cinque affermazioni.

In principio l'amore

1. E' necessario affermare subito che la grande vera totale profezia della Chiesa e della Vita Religiosa, in particolare, è la profezia dell'amore di Dio. L'annuncio cristiano trova qui il suo nucleo e la Vita Religiosa è nel mondo una testimonianza particolarmente forte di questo amore, perché unicamente a questo amore si affida e a partire da questo amore costruisce nuovi stili di vita che lo rendono particolarmente percepibile e credibile. Quando i profeti dell'Antico Testamento denunciavano le ingiustizie, in primo luogo rivelavano il volto di Dio, che è un Dio che si prende cura del povero e del debole. Affermava il teologo-vescovo Kasper: «L'amore non può essere dimostrato ma si rende esso stesso credibile. E l'amore di Dio, apparso in Gesù Cristo, convince l'uomo e gli dona una certezza tutta particolare. Concretamente Gesù ci è mediato dalla Chiesa, che in primo luogo non sono i rappresentanti ministeriali, ma i santi. E' in loro che si riflettono la luce e l'amore di Dio nel mondo. Sono loro che infondono vigore all'annuncio della fede e che convincono, perché il senso dell'essere è l'amore».

Non è stata questa la missione di Madre Speranza? Essere testimone dolce e forte dell'Amore di Dio? Non è questa la prima profezia necessaria per la Chiesa e per la Società? Non è questa la profezia che deve essere curata dalla Vita Religiosa, di ogni tipo, in primo luogo, a fondamento di tutte le altre profezie di cui sono portatori i diversi carismi delle varie famiglie religiose?

L'aver sottolineato con vigore, con la vita e con le opere, con le parole e con gli scritti (quanta freschezza umana e quanta autenticità evangelica in quelle pagine della Madre!) non è stato un servizio reso a tutte le forme di Vita Religiosa perché non dimenticassero questa realtà fondante ogni altra realtà, questa profezia fondante tutte le altre legittime e necessarie profezie?

Madre Speranza ricorda, con il suo linguaggio concreto, che l'amore di Dio per l'uomo è totale, perché è misericordioso, perché lo accoglie cioè nella sua realtà, qualunque essa sia, perché non si ritrae mai di fronte a qualsiasi bruttura. Ma nello stesso tempo è pure totale e totalizzante anche per l'uomo che ne è toccato, perché lo immerge nella sua infinità, perché lo introduce nella sua intimità, che lo realizza in maniera unica e totale. Nel mondo dell'oblio di Dio, come nel mondo della povertà e della miseria, l'unica salvezza dell'uomo è il Dio misericordioso, che in Gesù si china su ogni uomo che viene a questo mondo, per strapparlo alla sua solitudine e per dargli la certezza della positività della vicenda umana, di ogni vicenda umana, della tua vicenda umana. Questa è la profezia radicale e di questa profezia radicale, che sorregge tutte le altre, è stata testimone privilegiata Madre Speranza. E la Vita Religiosa esiste per questo. Al suo principio c'è l'Amore che chiama e che sorregge e invia a convincere il mondo che non esiste altra salvezza all'infuori dell'Amore, dell'accettazione dell'Amore Misericordioso, della risposta d'amore a questo Amore.

Né fuga verticale né dissolvimento orizzontale

2. L'aver posto l'Amore Misericordioso del Signore (come si è manifestato nel Signore Gesù, soprattutto nel momento culminante e irraggiungibile della Croce) a fondamento di tutto e ciò in forma esplicita e sottolineata, non costituisce una fuga o, peggio, una alienazione, dalle responsabilità storiche, ma anzi è possedere le premesse di un serio e continuato impegno a favore dell'uomo. Ma di un uomo che è amato e che quindi è chiamato a riamare. L'amore di Dio è quanto di più solido ci possa essere, sia per evitare fughe nei regni non sempre verificabili della mistica, sia per non ridurre il cristianesimo a puro impegno orizzontale, incapace cioè di aprire alla speranza cristiana che fonda i motivi ultimi dell'esistere nella certezza di un Amore che va oltre il troppo limitato spazio della fugacissima vicenda umana, stretta tra i due infiniti silenzi dell'inizio e della fine di ogni apparire in questo mondo.

S. Agostino, commentando il primo capitolo del Vangelo di Giovanni, porta immediatamente alla contemplazione del Verbo presso Dio, avvolto nella sua luce inaccessibile, beatamente proteso verso il Padre in uno slancio di eterno amore sopra di noi. Ma poi, continua, se proseguiamo nella lettura del sacro testo, che cosa vediamo? Troviamo scritto che "il Verbo si fece carne e abitò in mezzo a noi". Il Verbo per amore si fece servo e si mise alla ricerca dell'uomo.

Ecco il necessario momento mistico - diciamo noi - ma che rimanda subito alla storia e all'uomo da servire. Chi contempla il mistero del Dio di Gesù Cristo lo trova un mistero d'amore, perché è un Dio che scende (e che descensus!) per inseguire l'uomo. Una contemplazione per sostenere l'azione dunque? No, perché, continua il santo dottore, il Verbo scende alla ricerca della pecora perduta per porla sulle spalle e riportarla nella patria dell'Amore del Padre. Anzi, dirà s. Gregorio Magno, "tanto più potrai innalzarti alle altezze di questo Amore, quanto più tu scenderai sulle umili e spesso aride strade del servizio e della ricerca del fratello". Così il cerchio si chiude: un cerchio che ha inizio nel mistero dolcissimo e luminosissimo dell'Amore Misericordioso e che si chiude con l'arrivo presso questo amore, dopo il lungo e faticoso peregrinare al servizio di questo Amore.

La Vita Religiosa è fondata su questo dinamismo, tipicamente cristiano. E quando essa fosse tentata di dimenticarlo o di sostituirlo con altro dinamismo, il Signore manda i suoi profeti a ricordare la grande via regale, smarrita la quale non hanno più senso coloro che devono essere i profeti dell'Assoluto, meglio dell'assoluto Amore Misericordioso di Dio.

Per la missione

3. La missione oggi presenta particolari difficoltà, perché il mondo attuale occidentale crede di sapere già che cosa sia il cristianesimo e volutamente ne sta prendendo congedo perché lo considera nemico della sua felicità. Troppi divieti e troppe norme "antiquate", che guastano la gioia del vivere. Meglio scegliersi qualche cosa di più accomodante e meno severo.

Si può vedere qui tutta l'attualità della visione di Dio, tipica di Madre Speranza: la sua intuizione-rivelazione non è quella di presentare un Dio crucciato e severo, un Dio "offeso per le ingratitudini", ma un Dio Padre, pieno di bontà, che cerca con tutti i mezzi di aiutare i suoi figli e di renderli felici. Un Padre che sempre e comunque vuole la felicità dell'uomo. Un Amore Misericordioso, cioè tenerezza paterna e materna insieme, gratuita, liberante e fedele.

E' da questa esperienza profonda che nasce oggi la possibilità stessa della missione e di quella che il Santo Padre chiama la "seconda evangelizzazione", l'evangelizzazione cioè di questo mondo che, non infrequentemente e per certi aspetti, si considera post-cristiano.

Come scalfire la fitta coltre della diffidenza dell'uomo "incurvatus in seipso"? Chi lo potrà toccare nel profondo, se non persone che sono state già toccate nelle profondità del loro essere e sedotte e affascinate da questo Amore? Chi anzi oserà mettersi nel mondo rischioso e arduo dell'annuncio se non chi vive di questa realtà? Di essere, cioè, frutto di un amore, di essere inebriati di questo amore.

E che cos' è la Vita Religiosa se non il luogo dell'esperienza unica di un Amore fedele che riempie il cuore e la vita e, pur nelle tribolazioni, la rende felice? Non è la Vita Religiosa la confessione, la professione esclusiva di questo Amore? Forse è perché non si è tenuta sufficientemente ferma tale comprensione della vita consacrata, che il rinnovamento di questi anni non ha dato i frutti sperati. L'attenzione ai pur necessari cambiamenti strutturali e all'adeguamento alle mutate situazioni può aver allentata la vigilanza sull'unico necessario, senza il quale l'esistenza della persona, che gioca tutto su Dio, si inaridisce e perde ogni slancio missionario. Se Dio non è la mia gioia, come posso farlo sentire come gioia? Se Dio non è la mia passione quale risposta alla sua "passione", frutto delle sue "viscere di misericordia", come posso convincere il mondo che la sua vera povertà, anzi la sua miseria, e il suo non sapere da dove viene e dove va, e la sua solitudine nel mistero immenso di questo mondo, è la sua lontananza da Dio, è il suo non lasciarsi amare da Colui che gli ha creato il cuore?

Se la mia attenzione invece è posta, di fatto, prevalentemente nell'organizzazione, pur necessaria, se la mia preoccupazione è posta nei mezzi che mi distolgono abitualmente dal riferimento unico all'unico vero interesse della mia vita, come posso convincere l'uomo bisognoso d'amore, che c'è una risposta e tale risposta è più vicina di quanto egli possa pensare?

La dimensione ecclesiale

4. Colpisce aprire il libro delle usanze dei Figli dell'Amore Misericordioso e leggere le prime parole: «Il fine principale di questa Congregazione è l'unione tra il clero secolare e i religiosi Figli dell'Amore Misericordioso; questi metteranno tutto il loro impegno nel fomentare tale unione, saranno per loro veri fratelli, li aiuteranno in tutto, più con i fatti che con le parole».

In un momento in cui si parla molto di "Mutuae Relationes" e molto ci si lamenta per la loro scarsa attuazione e molto si incolpa l'"altera pars", è un sollievo leggere un simile programma ecclesiale. L'ecclesialità è prima di tutto fraternità e fraternità con "i fratelli nella fede", con "coloro che hanno speso la vita per il Vangelo", e fraternità fra i religiosi e clero diocesano, fra religiosi e laici, fra tutti coloro che sono impegnati a combattere la "buona battaglia".

Ecclesialità è anche e, soprattutto, responsabilità per il fratello, è chiedersi prima di tutto quello che io posso fare per il fratello, è considerare la Chiesa come realtà che attende il mio contributo di amore e di servizio.

Un altro dei tratti profetici del Carisma di Madre Speranza, che rafforza la pratica della fraternità, è stato il suo volere strettamente unite le due Congregazioni; alla base c'è, senza dubbio, una visione della Chiesa intesa come la famiglia di coloro che si considerano talmente amati dallo stesso Padre da sentirsi fratelli e sorelle: più l'amore di Dio cresce nei cuori, più si rafforza il sentimento e la realtà della fraternità ecclesiale.

Tre parole per la vita religiosa

5. Dall'esperienza della Madre penso non sia arbitrario ricavare un triplice messaggio profetico per la Vita Religiosa oggi.

a. "Le vostre Comunità siano luoghi ove si coltivi la misericordia". Siano luoghi ove brilli il volto paterno e materno di Dio, ove la Chiesa manifesti il suo essere "sacramento della misericordia di Dio". Siano delle "Scholae Amoris", dove si apprende l'arte sovraeminente di lasciarsi amare da Dio, di riamare Dio, di voler bene nella quotidianità ai fratelli e alle sorelle, e si acquisti un cuore misericordioso verso le miserie degli uomini nostri fratelli. In un mondo ove si pratica la facile e spesso impietosa denuncia, siano vivai di "pietas", di comprensione verso l'uomo debole e fragile verso l'uomo amato dall'Amore Misericordioso. Siano accoglienti verso ogni miseria e debolezza, così che la Chiesa non appaia tanto come dispensatrice di messaggi etici, talvolta necessariamente esigenti, ma si presenti, prima di tutto, come il luogo della comprensione e della compassione, perché questa è già evangelizzazione.

b. "Pregate con il cuore". Mettetevi a contatto con il cuore misericordioso di Dio attraverso il vostro cuore. Il nucleo della vostra preghiera sia la fiducia e la confidenza più piena col "Buon Gesù". Lasciate che la vostra anima si innalzi con ansia amorosa verso colui che la Madre chiamava il "mio Dio". E' così che l'anima si riveste poco a poco "della bontà e della misericordia di Gesù" e diventa "capace di perdonare e annientare tutte le malvagità".

In questi anni, forse non si è sufficientemente tenuto conto di questo aspetto: la preghiera di non pochi religiosi è stata forse troppo intellettuale, poco cordiale; troppo lontana dallo slancio che esce da un cuore innamorato. Per questo talvolta manca la gioia e le difficoltà sembrano imprigionare e spaventare il povero cuore di chi deve affrontare un mondo gelido e altezzoso.

c. "Abbandonatevi al Signore". Tutta la Vita Religiosa sta attraversando un momento delicato: il suo futuro, almeno qui in Occidente, appare quanto mai incerto. Ciò porta allo smarrimento non pochi religiosi, preoccupati per l'avvenire. Ciò getta nello sconforto, ingenera tristezza, induce ad una rassegnazione malinconica e demoralizzante.

La Madre dice a tutti quello che ha detto una volta ad uno dei suoi figli: «Non sarà che non ti fidi più del Signore»? Se coloro che hanno sperimentato la dolcezza dell'Amore del Signore, non si fidano più di Lui, quando giunge la prova, che ne sarà di quelli che non l'hanno mai conosciuto? Non è la prova il momento della solidità e della verità del nostro amore?

Queste sono le parole del messaggio della Vita Religiosa che Madre Speranza può dire.

Per concludere

Mi sia permesso concludere con un accenno personale. Per 12 anni sono venuto a Collevalenza con i Superiori Maggiori Italiani che tenevano - come tengono tuttora - regolarmente qui la loro assemblea annuale. Penso che l'aver frequentato questa casa, ove si respira la presenza della Madre, non sia rimasto senza conseguenze sull'intera Vita Religiosa italiana. Una vita religiosa che, nonostante le sue difficoltà, non ha mai conosciuto gli eccessi dell'esaltazione unilaterale dell'impegno né quelli dello spiritualismo isolante. Una vita che non ha mai dimenticato il primato dell'Amore di Dio su ogni altra realtà. Qui tutto parla di questo: il Santuario, i segni sacri, l'ambiente raccolto, l'accoglienza sempre gioiosa e cordiale delle Suore e dei Religiosi, la loro devozione filiale e discreta per la Madre, la presenza dei sacerdoti diocesani, il fluire dei pellegrini, un senso di grande pace..., tutto aiuta a rivolgere il cuore alla sorgente di ogni bene, tutto aiuta a ricordare che all'inizio di ogni cosa c'è stato e c'è l'Amore Misericordioso, da cui abbiamo tutti ricevuto "grazia su grazia", da cui vengono i diversi Carismi delle nostre famiglie religiose.

Di questo vi ringraziamo. Permettetemi anche di dire che se, per caso, siamo stati discepoli poco attenti a tale ricco messaggio, vorremmo ora raccogliere la raccomandazione della Madre che in un suo scritto diceva: «Ricuperiamo il tempo passato e non desideriamo nient'altro che una sola cosa: che gli anni, i mesi, le settimane, i giorni, le ore, i minuti della nostra vita siano impegnati unicamente per amare Gesù e servirlo con l'esercizio della carità». Possa questo stesso slancio sorreggere i vari Istituti ad essere nel mondo - ciascuno secondo la propria missione - profezia dell'unico e sconfinato Amore Misericordioso.

 

Siamo tutti molto grati a padre Cabra, perché in maniera brillante e penetrante ci ha aiutato a riconoscere l'originalità insostituibile della vita religiosa e consacrata all'interno della Chiesa, soprattutto oggi; e ci ha aiutato anche a capire in quale misura il Carisma di Madre Speranza costituisca un fattore di vitalizzazione della Vita Religiosa.

Abbiamo sentito nel suo discorso il tentativo, non sempre facile, di coniugare un'attenzione storica al cambiamento dei tempi con l'esigenza di verificare, rispetto a questi cambiamenti, la possibilità di vivere con autenticità e integralità la Vita Religiosa stessa.

Abbiamo sentito nella presentazione di carattere generale come negli ultimi decenni si sia passati gradualmente dagli anni dell'utopia agli anni del disincanto, dagli anni del sociale agli anni del privato; mutamenti che si riflettono sulla diversa accentuazione di alcuni aspetti della Vita Religiosa, riproponendo l'esigenza di mantenere un equilibrio sostanziale nel modo di rapportarci al mondo. Padre Cabra ha sottolineato cinque aspetti fondamentali, che richiamo brevemente: ha ricordato prima di tutto il primato e la centralità dell'Amore di Dio, di un amore che in ultima analisi consiste nell'accettare e nell'essere accettati, un amore che non può essere dimostrato ma che si rende credibile purchè noi siamo disposti a riconoscerlo.

In secondo luogo ha sottolineato la necessità di un equilibrio, che ogni epoca rende difficile, ma sempre urgente, tra l'azione e la contemplazione, tra il salire e il discendere, che rappresenta la circolarità e il respiro della testimonianza religiosa.

In terzo luogo ha messo in evidenza come solo a partire da questa centralità dell'amore di Dio, vissuta nell'equilibrio tra l'amore e la contemplazione l'annuncio missionario diventa credibile e come la comunicazione di un'esperienza che si sente appagata diventa una testimonianza insostituibile in un mondo che guarda al cristianesimo come al nemico della felicità.

Il quarto punto ha riguardato la dimensione ecclesiale; padre Cabra ha sottolineato la semplicità profetica dell'intuizione di Madre Speranza "Il Padre desidera che i figli nella Chiesa vivano da fratelli".

Il quinto punto ha messo in luce come la comunità religiosa, così come la famiglia, debbono configurarsi come un luogo in cui si coltiva la misericordia, in cui si prega con il cuore e la preghiera conosce una sua immediatezza affettiva e diffusiva. Solo così è possibile evitare ogni forma d'intellettualismo e si è pronti ad abbandonarci sempre al Signore nei momenti in cui le difficoltà salgono.

Mi pare che sia stato un contributo veramente centrale e per questo lo ringraziamo.