Sandro Maggiolini

SINTESI DEL CONVEGNO

Più che riprendere i singoli interventi, e nell'ordine in cui sono stati tenuti, sembra utile raccogliere con un certo ordine quelle che sono apparse le affermazioni più rilevanti dell'Enciclica segnalate lungo il Convegno. Integrandone qualcuna, anche in modo assai stringato. Con la consapevolezza di qualche rischio di omissione e/o di opinabilità. Orientando la sintesi non solo all'apprendimento di una dottrina, ma anche all'incidenza che questa dottrina ha sull'impegno di conversione.

1 - Perché la D.M.

a) Giovanni Paolo II nella R.H. ha indicato l'uomo come "la prima e fondamentale via della Chiesa": l'uomo nella sua concretezza storica di "immagine e somiglianza di Dio"; l'uomo salvato da e finalizzato a Cristo nel quale trova la propria piena verità e il "luogo" della propria totale attuazione. (Cristo, la "via principale della Chiesa", si incontra così con la "via dell'uomo"). La D.M. - sulla scia della Parola di Dio riproposta dal Concilio - prosegue la prima Enciclica identificando appunto nella misericordia uno dei tratti più decisivi della figura del Redentore e dunque della persona umana sia nel suo aspetto di singolarità che nel suo aspetto di comunitarietà/socialità. b) Il Papa non nega certo la possibilità della regione di giungere alla conoscenza di Dio a partire dalle realtà create. Su un piano storico, tuttavia, sottolinea il fatto che la dimensione creaturale non esiste come un "ordine" a sé stante a cui si aggiungerebbe quasi dall'esterno o si sovrapporrebbe in modo estrinseco l'"ordine soprannaturale". La creazione è già inclusa nel disegno di grazia che trova in Cristo il suo senso e il suo fine. Perciò l'uomo trova la propria densità ontologica nel Signore Gesù morto e risorto. La riflessione umana trova nella fede non una mortificazione, ma una tutela ed uno stimolo ad essere sempre più se stessa nella ricerca della verità. La libertà umana trova nella vita di grazia non una diminuzione o un soffocamento, ma la piena espressione di sé.

La conoscenza e l'esperienza del Dio della sola creazione appare così come insufficiente ed incapace ad motivare ed a promuovere la vita dell'uomo: storicamente parlando, l'uomo limitato, peccatore e aperto all'infinito, esige di accogliere il Dio della Rivelazione - il Dio della misericordia - perché si senta non solo perdonato - come deve essere -, ma anche capace, per grazia, di autosuperarsi, di raggiungere la perfezione a cui è chiamato nella vittoria sul male, sul dolore e sulla morte, e nella condivisione della vita stessa di Dio. c) La cultura - o forse meglio l'ideologia - oggi prevalente a cui la D.M. pur si rivolge è quasi una riprova degli esiti a cui conduce una "logica" che ha rifiutato non solo la Chiesa ma anche Cristo quale manifestazione del "Dio ricco di misericordia". Ne risulta quasi un'opposizione - l'"antimisericordia" - e quindi una incapacità a cogliere l'iniziativa divina di salvezza. E tutta ne risulta una tacita attesa, una viva e spesso nascosta invocazione al Dio che manifesta la propria potenza nel perdono e nell'amore. Per il senso di sfiducia - la "gigantesca minaccia" - e di paura - la "grande paura" - che emerge dal cuore dell'uomo dopo il tentativo di autosufficienza. Per l'azione segreta dello Spirito che agisce nell'animo dell'uomo il quale - almeno nella forma della sua mentalità diffusa - ha rifiutato Dio e tuttavia permane nella dignità e nella chiamata in cui Dio l'ha costituito.

2 - Che cos'è la misericordia

Senza pretendere una definizione esaustiva, si può almeno abbozzare qualche tratto di un'analisi dell'atteggiamento di misericordia. a) Si è inclini a descrivere la misericordia unicamente come una risposta di perdono di fronte al peccato.

Ciò è indubitabile dal momento che si dà in concreto nell'uomo che si pone in rapporto con Dio il peccato da perdonare: questo rifiuto del Dio che ama e dei fratelli da parte di una libertà che si vuole autodistruggere. La misericordia, tuttavia, va considerata anche in una prospettiva più ampia. b) Sembra si sia più vicini al vero se si concepisce la misericordia come un amore che chiede di uscire da sé per offrirsi all'altro o addirittura, nel caso di Dio, per far esistere a far riesistere in modo più mirabile l'altro. Uscire da sé non per un proprio interesse, ma per un'attenzione assolutamente gratuita all'altro: per volere il bene dell'altro. O più in esplicito per trarre all'essere e accogliere l'altro così come si pone, senza condannarlo; per leggere nell'altro le virtualità che egli ha ricevuto, che cela in cuore e che spesso sono ignote a lui stesso; per rivelare all'altro tali capacità, ma con l'atteggiamento di chi attende che l'altro, sotto lo stimolo di una fiducia incondizionata, si attui nella piena libertà e così si conosca in un rapporto che è comunione. "Misericordia significa una speciale potenza dell'amore". "Il modo e l'ambito in cui si manifesta l'amore viene chiamato misericordia".

Come si nota, misericordia dice oblatività creativa nei confronti dell'altro e invoca la reciprocità da parte dell'altro.

Come si nota ancora, misericordia, in presenza del peccato, non dice soltanto un perdono che sia un puro "dimenticare" il male passato: assai più, implica un rinnovamento interiore e un'esigenza di divenire secondo le attese di cui ci si avverte termine e secondo le capacità che si possiedono e si raggiungono e si ricevono. c) In questo senso si riesce meglio ad intuire il rapporto tra misericordia e giustizia. La misericordia non inizia là dove termina la giustizia: si pone all'origine della giustizia stessa, la spiega, la include, la trasfigura fin all'inizio. Il perdono della colpa non significa fingere che la colpa non sia avvenuta: significa piuttosto un amore che rivela all'altro il suo peccato nella più profonda verità e dunque stimola l'altro a richiedere il perdono e ad assumere la propria responsabilità di riparare: di riparare a misura dell'amore che incontra immeritatamente.

E ancora, la misericordia, più in generale, non significa tolleranza o disinteresse nei confronti dell'altro che viene lasciato nella condizione in cui si trova: significa piuttosto fiduciosa sollecitazione dell'altro perché divenga, si attui secondo le potenzialità che reca in se stesso. Si è all'opposto della costrizione come del "rispetto" inteso in senso individualistico. d) La misericordia ricevuta da Dio origina, poi, e stabilisce lo stile di misericordia che deve instaurarsi nei rapporti interumani.

3 - La Rivelazione della misericordia

Intesa come si è precisato, la misericordia va identificata in Dio come nella sua genesi ultima. a) È misericordia la progettazione e l'attuazione del "disegno di salvezza" in tutta la sua estensione e profondità: non solo perché Dio decide di perdonare, ma ancor prima perché decide di creare e assai più perché decide di "ricapitolare" in Cristo tutte le cose e tutti gli uomini che rispondono liberamente alla sua chiamata. b) Cristo e, dunque, la vera, ultima, inseparabile, irrivedibile rivelazione del Dio della misericordia. Non solo perché predica e pratica il perdono, l'amore ai nemici, ecc. Ma ancor prima perché egli è il Verbo che, incarnandosi in Gesù di Nazareth, "unisce a sé in qualche modo tutti gli uomini" e la stessa realtà cosmica. E ancor più perché, morendo sulla croce e risorgendo, come uomo esprime a Dio l'amore più grande possibile a nome dei suoi fratelli peccatori e chiamati a partecipare alla sua vita divina, i quali possono così diventare "fili in Filio". Cristo, in tal modo, si pone come il centro ed il sunto della storia umana e cosmica: l'"universale concreto" in cui la misericordia di Dio in qualche modo assume e trasfigura ogni uomo e ogni cosa, tutto introducendo nel mistero trinitario e facendone condividere la pienezza di vita e la beatitudine. c) La Chiesa, poi, si colloca non come un'appendice superflua o come un ostacolo nei confronti di Cristo, ma misteriosamente come Cristo stesso che continua la sua vita e attende che gli uomini compiano "ciò che manca alla sua passione" per la gloria del Padre.

In una simile visione divino-umana (misterica), si comprende come la Chiesa debba "proclamare", con la parola e con i sacramenti, la misericordia, rendendola così presente ed efficace nel Signore Gesù; debba "cercare di attuare" la misericordia nei suoi figli che ricevono il perdono e si protendono incessantemente ad una conversione sempre più piena; debba ancora "invocare" la misericordia non solo per i credenti che sempre ne hanno bisogno, ma pure a nome di tutti gli uomini che essa è chiamata a rappresentare.

4 - Antropologia della misericordia

La dilezione di Dio quale la si è accennata spiega una concezione originale dell'uomo: l'uomo che nella Chiesa constatabile può trovare la pienezza dei mezzi di verità e di grazia e può raggiungere la santità corrispondente nella partecipazione alla vita di Dio; l'uomo che, però, incolpevolmente al di fuori della Chiesa constatabile - e strutturalmente è "orientato" ad essa -, può pure, in modo inconsapevole, condividere la Redenzione. a) La dignità dell'uomo è data dal fatto che egli è l'esito di un gesto creatore di Dio che si pone come l'avvio dell'unico piano di salvezza il quale culmina nell'"elezione" in Cristo. Tale dignità creaturale - fonte di diritti e di doveri dell'uomo in quanto uomo e di tutti gli uomini - permane anche nel caso di peccato. Tale dignità creaturale è chiamata a "superarsi" nella libera risposta alla chiamata di grazia la quale rende presente - "inabitante" - lo Spirito che "conforma" ontologicamente a Cristo la persona e le offre così un nuova capacità di agire secondo la norma evangelica che include e sorpassa quella "naturale". b) Lungi dal costituirsi a partire da una autonomia assoluta, la dignità dell'uomo nasce proprio da questa dipendenza da Dio: una dipendenza che non giustifica nessuna passività, ma anzi fa insorgere la vera e autentica libertà che si deve protendere all'attuazione della persona e alla costruzione di una storia sempre più umana. La misericordia di Dio, in tal senso, fonda l'esatto opposto di una rassegnazione di fronte al "male" che si rinviene nel mondo: suscita una profonda responsabilità radicata in una libertà che trova nella struttura originaria della persona la propria norma. L'uomo così non è umiliato dalla misericordia: nella verità di Dio, in Cristo - nella misericordia, dunque - rinviene, piuttosto, la propria verità, il proprio essere supremo e la norma e la possibilità del proprio agire. c) L'antropologia derivata dalla misericordia di Dio non si riferisce solo all'uomo singolo - e nella sua interezza di spirito e corporeità -: si riferisce anche all'uomo nella sua dimensione comunitaria: nella Chiesa, sotto il profilo religioso; nella società, sotto il profilo civile. Pure in questi settori l'amore divino si pone come la fonte dell'essere e la legge dell'agire. d) Il peccato si colloca all'inizio di ogni uomo come condizione originale, e, come libera scelta contro Dio, rimane possibile lungo tutta la vita terrena. Esso, però, non si rivela l'ultima parola dell'esistenza.

Il perdono offerto dalla misericordia di Dio in Cristo sta come un fatto, una realtà che attende e suscita incessantemente il pentimento e la conversione dell'uomo. Il riconoscere la propria colpa è decisione forse impossibile, se non si è convinti della concretezza della misericordia sempre proposta, e capace di aprire il cuore all'invocazione di Dio, e capace di suscitare l'impegno per una vita nuova.

Tale perdono offerto da Dio non sarà da immaginare come una sorta di condono o di finta che non sia stato compiuto il male di fatto compiuto. Esso veramente rinnova l'intimo della persona. Ma proprio per questo motivo chiarisce all'uomo la gravità del suo tradimento e lo sollecita alla responsabilità della "riparazione" e dell'"espiazione". Si tratta di una responsabilità che si deve commisurare non ad una ipotetica "giustizia", ma esattamente alla misericordia di Dio che si è spinta ad amarci "sino alla fine" . Dunque si tratta di una responsabilità che non ha mai concluso il proprio sforzo tenace e fiducioso.

5 - L'impegno della misericordia

La contemplazione a cui invita l'Enciclica papale è sospinta a trasformarsi in testimonianza cristiana e in responsabilità sociale. a) La misericordia che raggiunge l'uomo impegna l'uomo stesso non solo alla conversione personale - come si è visto - ma anche alla testimonianza evangelica e alla costruzione di quella che vien spesso detta "civiltà dell'amore".

Si noterà: un simile compito nasce anche da un comando del Signore: "Andate, predicate..."; "Perdonate ai vostri nemici..."; ecc.; nasce anche dall'esigenza di aiuto che gli altri hanno; più a fondo, però, nasce dalla stessa struttura della vita cristiana ce, avendo ricevuto il dono di un amore immeritato, non può tenerlo per sé: deve necessariamente comunicarlo quasi a modo di debordanza. Non si può conservare la misericordia che ci ha raggiunto, se non la offriamo a nostra volta. b) Evangelizzare la misericordia significa proporre con la parola e con la vita la legge del perdono che "supera" e "include" l'esigenza della giustizia. Non solo: significa soprattutto proporre le motivazioni che giustificano e rendono possibile la comprensione e l'attuazione di tale legge.

In questo compito si potranno incontrare difficoltà fino al martirio (un martirio non necessariamente espresso in modo tradizionale). Si potranno anche incontrare spunti di verità e di valore che lo Spirito ha suscitato nel cuore degli uomini. Il "dialogo" comunque non potrà mai segnare il ripudio o la estenuazione della propria fede, e della propria umanità, né potrà tralasciare l'aspetto di evangelizzazione. L'apprendere, il recepire da altri spunti validi che ancora non si sono esplicitati o sperimentati, non implica che questi spunti non siano già inclusi nella realtà di Cristo che si possiede per dono: tali spunti solleciteranno, piuttosto, il credente a rimettersi alla scuola di Cristo per coglierne sempre più profondamente e ampiamente il mistero insondabile: già conosciuto e sperimentato in parte, ma da conoscere e da sperimentare in modo e in misura sempre maggiore. c) La misericordia, poi, andrà annunciata anche in vista di una convivenza sempre più umana.

Si chiarisce qui il significato della "dottrina sociale della Chiesa", la quale ha il suo fondamento prossimo in Cristo, ma ha pure un valore umano universale, se è vero che in Cristo è contenuta e rivelata la piena verità sull'uomo.

Si intuisce qui, ancora, l'esigenza di operare per l'uomo mediante l'inserimento individuale e comunitario (aggregazioni "naturali" come la famiglia, e "sociali" come diverse iniziative territoriali o no) in vista della creazione di una cultura che sia sempre più rispettosa e stimolativa dei veri, irrinunciabili valori della persona.

Si parlava di inserimento anche comunitario: non solo per riaffermare l'ovvia unità dei credenti - e degli uomini di retto sentire - che vi deve essere quando sono in gioco aspetti fondamentali della persona, ma anche per prospettare presenze comunitarie "profetiche" di Chiesa, le quali, in vario modo e senza pretendere di esaurire il cristianesimo, si pongono come punti di riferimento di un nuovo stile di pensiero e di vita perfettamente umano proprio perché ispirato al Vangelo. Un aspetto decisivo da proporre sia nel momento di testimonianza che nel momento di attività di tutela e di promozione dell'uomo, sarà sempre il principio per il quale "la giustizia da sola non basta": occorre la gratuità dell'amore, se si vuole che la mentalità contemporanea si disincagli dai propri riduttivismi conoscitivi e operativi che mortificano o soffocano la persona in vari modi. Il cristianesimo, in questo senso, può davvero rivelarsi la proposta del futuro, dopo il fallimento di una concezione illuministica - declinata in chiave marxistica o individualistica, non importa - che, in nome di una presunta sola ragione e di una presunta sola giustizia, ha condotto ad una sorta di "mensuro ergo possum; volo, ergo sum"; di più, in nome dell"etsi Deus non daretur", ha condotto in qualche modo all'"etsi homo non daretur".

6 - Maria, l'"icona" della misericordia

Il richiamo a Maria non è da vedere come il frutto di un impeto devozionale non teologicamente motivato. a) Maria è "modello" realistico - "icona" - della persona singola salvata e della Chiesa in quanto umanità salvata. Esattamente nella sua dipendenza radicale dalla misericordia di Dio. b) Maria è "modello" realistico della persona singola e della Chiesa anche sotto il profilo della collaborazione mediativa e partecipativa al dono della misericordia offerto da Cristo dall'Incarnazione alla morte redentiva e alla resurrezione. c) Maria è "Madre della misericordia" in quanto è "Madre della Chiesa", avendo generato il Signore Gesù e in lui avendo "generato" e "generando" ancora tutti i salvati mediante la partecipazione al mistero pasquale che continua ad operare nella storia. d) Maria è "profezia" della misericordia nel suo esito escatologico. "Assunta in cielo", si presenta come la mèta e congiuntamente come la ragione di possibilità - una ragione femminile, verginale e materna - di raggiungere la gloria oltre il tempo, quando l'amore di Dio si rivelerà in una comunione immediata, totale e definitiva che unirà gli uomini in una fraternità indescrivibile e li attuerà pienamente anche col recupero e la trasfigurazione di tutti i "buoni frutti" della carità e con la "restaurazione" di tutte le cose nei loro aspetti di valore. Allora Dio sarà davvero colto come "ricco di misericordia" in tutto il senso disvelato dall'espressione che ora possiamo soltanto comprendere e pregustare con le fugaci, povere ma sicure anticipazioni offerteci dalla preghiera, dalla carità fraterna e dal lavoro. Nella speranza che non delude.