S.E. Lucio Decio Grandoni

OMELIA PER LA CONCELEBRAZIONE DI APERTURA DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE SULLA "DIVES IN MISERICORDIA"

COLLEVALENZA - 24 AGOSTO 1982

Cari fratelli sacerdoti. Fratelli e sorelle.

Il 15 luglio, giorno della memoria liturgica del vescovo e dottore della Chiesa san Bonaventura di Bagnoregio, l'ufficio delle letture ci proponeva un brano dell'opuscolo "Itinerario della mente a Dio". Il santo stesso, in quel brano, ci parlava e ci diceva: "Cristo è la via e la porta, Cristo è la scala e il veicolo. Chi si rivolge... (a Lui) fa con Lui la Pasqua, cioè il passaggio... Ma perché questo passaggio sia perfetto è necessario che, sospesa l'attività intellettuale, ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio, è questo un fatto mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo... Se poi vuoi sapere come avvenga tutto ciò interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l'intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l'uomo, la caligine non la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l'essere e lo inabissa in Dio ".

Il filosofo e il teologo Bonaventura non intendeva negare (e come avrebbe potuto?) l'importanza e il valore della ricerca scientifica, filosofica e teologica, ma voleva ricordarci che la Fede è virtù teologale, e quindi dono gratuito di Dio, che l'intelligenza umana può illuminare, ma non dare all'uomo.

Poiché siamo convinti di questo, apriamo il secondo Convegno internazionale sulla enciclica di Papa Giovanni Paolo II "Dives in misericordia" nella concelebrazione eucaristica e nella preghiera. Seguirà la riflessione teologica, che i nomi dei relatori ci garantisce ricca ed illuminante.

Gesù, Amore Misericordioso, nello stemma delle famiglie fondate da Madre Speranza, è rappresentato crocifisso; sullo sfondo domina una grande ostia bianca. La Croce e l'Eucaristia sono i segni più grandi ed evidenti della Misericordia divina e, nella Santa Messa, diventano segni infinitamente efficaci.

Questo secondo Convegno, per il quale siamo grati alle Ancelle ed ai Figli dell'Amore Misericordioso, ci introdurrà con la preghiera, la riflessione e la presentazione di valide testimonianze, nel mistero del Padre, ricco di Misericordia.

Apriamo dunque la mente, ma anche il cuore, all'ascolto della Parola, che dona non soltanto conoscenza ma vita.

Al Santo Padre Giovanni Paolo II, qui spiritualmente presente, rinnoviamo l'espressione della nostra vivissima riconoscenza per il dono dell'enciclica "Dives in misericordia" e anche per la sottolineatura che paternamente ha voluto dare a questo documento col Suo pellegrinaggio apostolico a Collevalenza ed a Todi del 22 novembre scorso.

Ciò che Egli fece e disse in quel giorno benedetto era già un adeguato commento all'enciclica stessa, che si rivelava così, più chiaramente, una manifestazione della Misericordia di Dio.

L'apertura di questo convegno coincide con la celebrazione della festa liturgica di San Bartolomeo Apostolo, che è quasi certamente il Natanaele della lettura evangelica.

La Parola di Dio ci ha presentato, nella prima lettura, la grande visione dell'Apostolo Giovanni (cfr. Ap. 9b-14), con la quale egli vede e presenta la realtà della Chiesa, sempre attuale, anche se tesa verso le cose ultime e definitive.

Quella grande città - che era stata già intravista dal profeta Ezechiele (cfr. Ez. 41) "scende dal cielo da parte di Dio" nell'Apocalisse essa è perfetta, come "pietra preziosa e gemma cristallina", è l'immagine della "Sposa dell'Agnello", cioè della Chiesa.

Le dodici porte, nel rispetto del collegamento tra la Chiesa e il popolo di Israele scelto da Dio, sono coronate dai nomi delle dodici tribù; ma nei riguardi della visione di Ezechiele, necessariamente tutta veterotestamentaria, c'è nell'Apocalisse una novità essenziale: "le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i nomi dei dodici apostoli dell'Agnello" (Ap. 21, 14). Una città perfetta nelle sue simboliche dimensioni e proporzioni, segno della perfezione del Popolo nuovo, che succede a quello antico; una città che è fondamentalmente apostolica.

La Gerusalemme messianica discendente dal cielo, ma si radica sulla terra; essa è già la Gerusalemme celeste, che attende il suo pieno sviluppo escatologico per il quale noi, con i figli di Dio di tutti i tempi, siamo chiamati ad operare, insieme al Signore, sotto la Sua guida e con la Sua grazia.

L'esercizio dei carismi (doni dello Spirito Santo) si attua nella Chiesa come un'opera che Dio compie per mezzo degli uomini; anche la divina Misericordia viene attuata nella Chiesa; in forma fraterna innanzi tutto, ma (come ci ricorda la ricorrenza della festa dell'Apostolo Bartolomeo) anche paterna.

Tutti i battezzati, figli di Dio e quindi fratelli tra loro, sono chiamati ad esercitare la misericordia; "Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia" (Mt 5,7).

Tra i discepoli Gesù sceglie e chiama gli Apostoli. Abbiamo ascoltato nella lettura evangelica (Gv 1, 45-51) il racconto della chiamata di Natanaele, che Gesù riconosce come un "israelita in cui non c'è falsità" e come uno di quei "fichi primaticci", graditi al Signore, dei quali parlò il profeta Osea (cfr. Os 9, 10) e che costituiscono "la parte" del vecchio popolo di Dio, scelta per costituire il Popolo nuovo.

Dalla chiamata degli apostoli nasce nella Chiesa, per volontà di Gesù, l'Ordine sacro, che si è attuato nel triplice grado del diaconato, del presbiterato e dell'episcopato. Questo sacramento dà la grazie di esercitare la paternità, coniugata nei pastori con la fraternità che lega tutti i battezzati.

Dalla paternità deriva per i pastori l'obbligo, in proporzione ed in relazione al loro grado gerarchico, di esercitare attivamente la misericordia paterna, che mirabilmente si intreccia - per opera della grazie divina - con l'esercizio della misericordia fraterna, che è - per così dire - attiva e passiva insieme.

Espresse tanto bene la realtà della misericordiosa paternità sacerdotale il Santo Padre Giovanni Paolo II, parlando, il 22 novembre scorso, ai presbiteri di Todi e di Orvieto nella nostra basilica cattedrale. Felicemente Egli sintetizzò, in quella circostanza, le qualità pastorali del sacerdote in tre virtù "l'umiltà, il disinteresse e la tenerezza". Come avrebbe potuto il Santo Padre esprimere meglio che con l'espressione "tenerezza" l'amore misericordioso paterno e materno del sacerdote?

E ancora il Papa definì, in quella carissima circostanza, i sacerdoti "segni viventi ed efficaci della Misericordia di Dio" e mise in evidenza il bisogno che dell'opera dei sacerdoti ha l'uomo di oggi. L'uomo, infatti, disse il Santo Padre, "mai come in questo tempo... ha avuto bisogno della misericordia, che è tanto necessaria per il progresso spirituale di ogni anima e per quello umano, civile e sociale". La misericordia infatti redime le tante paure di noi, uomini di oggi, sul piano soprannaturale, ma anche su quello naturale.

E, subito dopo, il Papa distinse nei sacerdoti l'esercizio fraterno della misericordia, all'interno del presbiterio e del popolo di Dio, e quello paterno "a sollievo delle anime affidate al... (loro) ministero".

La riflessione sul mistero del padre, ricco di Misericordia, e la festa dell'Apostolo Bartolomeo ci invitano così a meditare sulla presenza nella Sacra Gerarchia della Chiesa del carisma della misericordia paterna, immagine e partecipazione gratuita della infinita Misericordia di Dio.

Non è per esaltare il ruolo del sacerdozio ministeriale nella Chiesa che suggerisco questa riflessione, ma per risolvere due esortazioni:

- invito me stesso ed i mie confratelli nel sacerdozio a prendere coscienza di questa nostra paternità misericordiosa, non dissociata dall'esercizio della fraternità;

- invito i fratelli e sorelle laici a ringraziare il Signore per questo dono del sacerdozio apostolico, ad apprezzarlo sempre più ed a pregare perché la Chiesa abbia santi sacerdoti, ricchi di tenerezza paterna e materna.

Noi abbiano fiducia che la cultura della misericordia - frutto di una attenta meditazione culturale tra vangelo e vita - potrà risolvere i problemi umani che non hanno potuto risolvere le culture della potenza, della violenza e del desiderio sfrenato. E per l'affermazione di questa cultura è chiamata ad operare la Chiesa, perché in essa è presente Dio, Amore Misericordioso.

La Chiesa (comunità perdonata e perdonante) è così in grado di instaurare, se renderà autenticamente evangelica l'attuazione della missione che ad essa è stata affidata, il Regno della misericordia voluto da Dio Padre e realizzata da Cristo, con il cuore rivolto alla Madre del Signore. Come insegna Giovanni Paolo II nell'enciclica "Dives in misericordia" e come affermò vigorosamente nell'omelia pronunciata il 22 novembre scorso sul sacrato di questa Basilica.

Chiediamo per questo la protezione e l'intercessione dell'Apostolo Bartolomeo.

Il Signore benedica i lavori di questo Convegno e ci faccia sperimentare, nella preghiera e nell'ascolto, la misericordiosa tenerezza della Sua Paternità.

E così sia!