Introduzione

S.E. Mons. Lorenzo Chiarinelli, Vescovo di Acquino, Sora e Pontecorvo

Il perdono: è forza o debolezza? E’ sconfitta o vittoria? E’ rinunzia o speranza?

Gli studi che seguono ci diranno quali risposte sono possibili, sia attraverso il contributo di esperti e competenti, sia attraverso testimonianze vive.

Vorrei introdurre l’argomento con alcune fuggevoli «memorie», scolpite nel vivo della nostra storia più recente.

 

Una preghiera

«Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre labbra ci sia sempre il perdono, e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri» (Giovanni Bachelet).

Un gesto

Maria Fida Moro, la primogenita dello statista assassinato, entra nel carcere romano di Rebibbia e incontra i brigatisti che hanno ucciso il padre, Aldo Moro: loro stessi hanno chiesto di ricevere il perdono dalla sua viva voce.

Una testimonianza

Ha detto Gabriella Taliercio, moglie dell’Ing. Giuseppe Taliercio, assassinato il 5 luglio 1981: «Quando qualcuno si meraviglia per il perdono, che abbiamo concesso agli assassini di Pino, nonostante tutta la crudeltà, tutto l’odio che hanno mostrato contro di lui e contro di noi, io e i miei figli rispondiamo in maniera semplice e chiara: la strada del perdono, dell’amore, della bontà è l’unica che Pino chi ha insegnato. Sempre».

Questa preghiera, questo gesto, questa testimonianza trova sintesi nella preghiera, nel gesto, nella testimonianza di Colui che è «padre dei credenti», Giovanni Paolo II, che a Collevalenza, disse di essere venuto per confermare la «Dives in misericordia» e che, successivamente, nella sua vicenda personale, ha come esemplato il messaggio del Vangelo.

Sì, perché il messaggio della misericordia e del perdono costituisce il cuore del Vangelo.

«Ada e Zilla, ascoltate la mia voce;

mogli di Lamech, porgete l’orecchio al mio dire:

ho ucciso un uomo per la mia scalfittura

e un ragazzo per un mio livido

Sette volte sarà vendicato Caino

ma Lamech settantasette».

Questo è il canto dell’uomo guidato dalla cieca istintualità.

E quest’altro è il canto dell’uomo nuovo, annunciato e voluto da Cristo: «Avete udito che fu detto: «Occhio per occhio e dente per dente»; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia, tu porgi anche l’altra» (Mt, 5,38-39). «Avete udito che fu detto: «Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico»; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5, 43-45).

E questo stesso messaggio, nel momento stesso in cui veniva proclamato, si faceva testimonianza.

Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a desta e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre perdonali». (Lc 23,33)

E la testimonianza, a partire da quel luogo, il Calvario, divenne subito contagiosa.

«E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e grido forte: «Signore, non imputar loro questo peccato» (At 7,59-60).

Da allora questa parola, il perdono, tinta di sangue, ha attraversato e attraversa le coscienze e le istituzioni, i popoli e gli stati e ha segnato e segna i progetti di umanità della nostra vicenda storica.

Eppure, nonostante la sublimità dei questo messaggio, nonostante il fascino di questi orizzonti, noi siamo qui per interrogarci ancora sul perdono; anzi per porci una domanda radicale: oggi la parola «perdono» ha senso? e quale?

Molti e complessi dati ci interpellano; mentalità e ideologie diverse si scontrano sul campo; enunciazioni di principi e situazioni storiche confliggono tragicamente.

Fermiamoci ad una prima, rapida elencazione:

- cultura dell’innocenza;

- inconscio senza colpa;

- emergenza etico-sociale del pentimento;

- culto reclamato della giustizia e gioia liberante del perdono;

- esaltazione dell’autonomia individuale e bisogno di prossimità pacificata;

- voglia di trasgressione e richiesta di accettazione sociale.

In questo contesto «misericordia» e «perdono» sono parole che non sembrano godere buona letteratura e, soprattutto, diventano impegno difficile. Proprio per questo vanno gridate con forza e testimoniate con la vita: e i credenti in Cristo lo sanno bene.

Ha detto Giovanni Paolo II: «Occorre che la Chiesa nel nostro tempo prenda più profonda e particolare coscienza della necessità i rendere testimonianza alla misericordia di Dio in tutta la sua missione, sulle orme della tradizione dell’antica e della nuova Alleanza, e soprattutto, dello stesso Gesù Cristo e dei suoi Apostoli.

La Chiesa deve rendere testimonianza alla misericordia di Dio rivelata in Cristo, nell’intera sua missione di Messia, professandola in primo luogo come verità salvifica di fede e necessaria ad una vita coerente con la fede, poi cercando di introdurla e di incanalarla nella vita dei suoi fedeli e, per quanto possibile, in quella di tutti gli uomini di buona volontà» (Dives in misericordia», 12).

Ed ecco la Enciclica «Dives in misericordia» (30 novembre 1980); ecco, nel 1983, il Sinodo dei Vescovi su «Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa»; l’Esortazione Apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II «Reconciliatio et paenitentia» (2 dicembre 1984).

Ed ecco per la Chiesa italiana, il Convegno di Loreto (9-13 aprile 1985) sul tema «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini».

La cordialità ecclesiale del suo messaggio (magistero pontificio, magistero episcopale, ruolo profetico del popolo di Dio) fanno appello a tutte le risorse della comunità dei credenti a tutte le volontà di collaborazione presenti nel paese per una nuova stagione.

Un ideale troppo alto? Una meta troppo ambiziosa? Una grande speranza ci sostiene e guardiamo con fede al futuro. In spem contra spem.

E’ in questo «aeropago» della mentalità, della cultura, della società contemporanea che siamo chiamati a cogliere gemiti e attese, rifiuti e invocazioni per ripetere ancora la «buona notizia» della misericordia e del perdono, perché il Dio in cui crediamo proclama ancora oggi: «Misericordia io voglio».