Amata Frontali*

GESÚ ABBANDONATO NELLA SPIRITUALITÁ DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

 

Occorre inquadrare l’esperienza del Movimento dei Focolari – o Opera di Maria – nel contesto del mondo contemporaneo che, come loro sanno, nonostante tutti i vari tipi di tensione che si trovano sotto ogni latitudine, tende all’Unità.

È questo un segno dei tempi.

Lo dice, per es. nel mondo cristiano il fatto che lo Spirito Santo spinge le diverse Chiese all’unificazione, dopo secoli di lotta e di indifferentismo.

Lo dicono i Papi: dopo Paolo VI, Giovanni Paolo II con i suoi viaggi in tutto il mondo e l’abbraccio universale di tanti popoli impersona questo concetto.

Lo ha detto il Concilio, i cui documenti tornano ripetutamente su quest’idea.

Lo dice l’apertura verso il dialogo con le altre Religioni ed anche con gli uomini di buona volontà, da qualsiasi parte vengano.

Dicono ancora questa tensione degli uomini all’Unità persino ideologie che noi non condividiamo, ma che pure tendono alla soluzione dei problemi del mondo in maniera globale.

"Unità": è la parola sintesi di tutta la Spiritualità del Movimento. E come le varie Spiritualità nella Chiesa, semplificando un po’, si possono esprimere con una parola sola, così basterebbe esprimere questa Spiritualità con la parla "Unità", per dire ciò che Dio vuole – anche attraverso questo Movimento – oggi nel mondo.

La Spiritualità dell’Opera di Maria poggia su alcuni punti cardini che la caratterizzano come un "modo di vivere il cristianesimo". Per individuarli, possiamo ripercorrere i primordi della storia del Movimento. Del resto la Chiesa invita spesso a ritornare ai tempi in cui un Ordine o Movimento è sorto, per poter cogliere meglio le prime ispirazioni di Dio.

Una fede "nuova" nell’Amore, in Dio che è Amore: è ciò che ha caratterizzato fortemente all’inizio la vita di Chiara Lubich e delle sue prime compagne a Trento.

Tra i furori della guerra – siamo nel 43/44 – Dio aveva fatto un’irruzione di Luce nel loro animo, svelando in maniera nuova la Sua realtà: Egli è l’Amore che ama immensamente ognuno di noi e tutti gli uomini, Egli è Amore e Amore reciproco.

Capiscono che hanno una vita sola e che, per i pericoli della guerra, può essere breve. E decidono di spenderla bene.

Ma come rispondere all’Amore infinito di Dio per loro? Non era questione di sentimentalismo, né di pietismo – ciò è subito molto chiaro – occorreva fare la Sua volontà.

Ma quale volontà di Dio per eccellenza? Ritennero di scoprirla nel "comandamento nuovo" che, vissuto nella disposizione continua e sempre nuova d’essere pronte a "dare la vita" l’una per l’altra, porta con sé la presenza stessa di Gesù fra gli uomini, di Lui che ha detto "Dove due o tre sono uniti nel mio nome, ivi Io sono in mezzo ad essi" (Mt. 18, 20). E ciò è stata un’esperienza nuovissima e fortissima.

Un giorno, durante un bombardamento, leggendo il Vangelo in una cantina al lume di candela, sono affascinate dalla bellezza della preghiera sacerdotale di Gesù al Padre: e quelle parole, difficili per delle ragazze, si illuminano una ad una.

Capiscono che l’Unità, anche nel mondo cristiano, era molto compromessa – e non solo dalla guerra – e che soltanto ricomponendola sarebbe stato possibile risanare le molte piaghe da cui l’umanità era afflitta.

Chiedono, perciò, a Gesù (sempre sotto l’azione di una grazia speciale), unite nel Suo nome, di insegnar loro a realizzare l’unità, quella Unità per cui Lui aveva pregato il Padre prima di morire.

In risposta a questa preghiera – lo capirono dopo – c’è stato un fatto che sembrava non avesse nulla a che fare con ciò che maggiormente le interessava e che poi è risultato molto collegato.

Ascoltarono un giorno da un sacerdote che il dolore più grande vissuto da Gesù era stato quando aveva gridato sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché anche Tu mi hai abbandonato?" (Mt. 27, 46).

Cedettero a quelle parole e subito Chiara disse alle sue prime compagne: "Se Gesù ha sofferto di più in questo momento per amare noi, noi che vogliamo amare Dio a fatti scegliamolo crocifisso ed abbandonato, come Ideale della nostra vita!".

È mio compito parlare particolarmente di questo punto cardine della nostra Spiritualità: di Gesù Crocifisso, che si è rivelato chiave dell’unione con Dio e dell’unità con i fratelli

La scelta fatta dalle prime focolarine è diventata la scelta fondamentale di tutti i membri del Movimento dei Focolari nel mondo: scelta che significa un amore di preferenza.

Nel Movimento, infatti, anche quando c’è la gioia, ci si ricorda di non perdere mai di vista Gesù abbandonato, perché è nel dolore che si esprime l’amore più vero. E, siccome è facile nella vita accettare le gioie, ecco che nel Movimento ognuno di noi si mette nella tensione di essere pronto ad accettare il dolore, ogni dolore, appena arriva.

E a proposito di questo "preferire il dolore", c’è un episodio dei primi tempi che ricordiamo fondamentale per noi. Erano le prime settimane di questa vita quando nel primo focolare, per ricordarsi che Gesù crocifisso andava messo prima di tutto nel loro cuore, le prime focolarine hanno tolto tutti i mobili dalle stanze ed hanno messo sette piccoli materassi in terra ed appeso alla parete di fronte un grande quadro che portava il volto di Gesù Abbandonato: al mattino, svegliandosi potevano così ricordarsi che per Lui solo vivevano, per Lui solo iniziavano quella giornata.

E la prima preghiera che usciva dal loro cuore era: "Perché sei Abbandonato Gesù", come dire "IO vivo perché Tu sei abbandonato".

Sì, Egli era l’unico libro nel quale esse volevano leggere.

E trovavano moltissime realtà in Gesù Crocifisso: vi scoprivano come prima cosa tutto l’amore di un Dio. Gesù in croce, dopo aver donato il perdono ai carnefici, il paradiso al ladrone e Sua Madre a noi, stava versando il Suo Sangue e ci donava la vita. Ebbene, vuole donarci ancora ciò che aveva di più prezioso, e provò la sensazione di perdere – almeno come uomo – la sua unione con Dio. Ecco l’abbandono.

Chiara trovava ancora in Lui la misura di come di deve amare: una misura senza misura, perché è essere pronti a spostare tutto per amore del fratello, è non riservare niente per sé, ma sapersi fare uno con ogni prossimo e per questi spostare anche le ricchezze spirituali, come ha fatto Gesù in quel grido.

In Lui ancora contemplarono il segreto della santità che ogni cristiano è chiamato a raggiungere.

Sulla Croce, particolarmente in quel grido, scoprirono tutte le virtù, praticate in maniera eroica. Si ammirava fino a qual limite può arrivare la Carità, fino a che prezzo la povertà, fino a che vertice l’obbedienza. Si ammirava ancora la Sua umiltà abissale, la pazienza infinita, la misericordia smisurata, la perseveranza fino alla fine, la fortezza… insomma tutte le virtù.

Egli, Gesù, che aveva affascinato e convertito gli uomini con l’esempio e con la parola, ma li aveva trasformati con la croce, illuminava Chiara e le prime focolarine sul posto che il dolore ha nell’economia divina e le spingeva a dare il massimo valore ad ogni sofferenza.

In Lui, infine, contemplarono Colui che è reciso dalla terra – perché il mondo non Lo vuole – e in certo modo tagliato dal cielo. Gli uomini lo avevano abbandonato, il cielo (almeno così a loro sembrava) lo aveva abbandonato. Gesù appariva nell’abbandono "il grande potato", ma proprio per questa infinita potatura, per quel grido, aveva fruttato la più favolosa e divina opera: la riunificazione degli uomini con Dio e fra loro. Gesù abbandonato: la riunificazione. Gesù abbandonato: l’Unità.

C’è relazione fra questi due termini: Gesù abbandonato e l’Unità.

C’è relazione come da causa ed effetto.

Lo Spirito Santo dunque aveva presentato a Chiara il modello di come vivere. Ecco la risposta alla preghiera fatta insieme attorno all’altare. Il modello da imitare per attuare l’Unità e il mezzo divino per realizzarla: Gesù crocifisso e abbandonato.

Così l’unità e Gesù abbandonato sono rimaste come le due facce di un’unica medaglia. Da una parte è scritto: Gesù crocifisso e abbandonato e dall’altra: Unità.

Chi fa di Gesù abbandonato l’ideale della propria vita e si dona a Lui totalmente, diventa elemento di unità fra gli uomini e Dio, e degli uomini fra loro. Diventa uno strumento di dialogo.

I membri del Movimento, sin dall’inizio e tuttora, hanno scoperto nella contemplazione e nell’imitazione di Gesù, nel momento culmine del Suo dolore, una via per rimediare ad ogni disunità, per rimarginare ogni divisione, per annullarne o almeno attenuarne i traumi.

Noi sappiamo come a volte il dolore entri nel nostro intimo: avvertiamo per es. nel cuore il peso della nostra umanità, dei nostri peccati; nascono dubbi, sospensioni, s’affacciano tentazioni e il buio può invadere la nostra anima: dolori che tutti conosciamo nel cammino della vita spirituale. Ebbene, ognuno di questi dolori sono stati visti fin dall’inizio come un volto, un aspetto di Gesù Abbandonato, come una viva partecipazione al Suo dolore.

Perché: non ha forse avvertito anche Lui il peso dei peccati del mondo? La Sua anima non è stata invasa, in quel grido, dal buio più nero? Se domanda: perché? non sembra forse Gesù assalito dal dubbio? Quale angoscia più grande ha mai tormentato cuore umano? E quale amarezza più amara, e quale senso più forte di lontananza?

Nel Movimento abbiamo fatto la straordinaria esperienza, da quaranta anni in qua, che non c’è sofferenza in tutti noi, specie se spirituale che non possa rispecchiarsi nella Sua.

Qual’è, allora, il nostro atteggiamento verso il dolore? É quello di volerlo preferire.

Quando arriva il dolore gli si dice in fondo all’anima: "Si, è Te che ho scelto, è Te che preferisco, è Te che voglio", e si accetta ogni dolore, con tutte le possibilità di forze che si hanno. E giacché lo Spirito Santo aveva impresso fortemente nel cuore di Chiara la verità che la vita va vissuta nel presente momento per momento, dopo aver abbracciato il dolore di quell’ora, di quell’istante, ci si butta celermente ad amare gli altri, cioè il prossimo che ci sta o che ci passa accanto, oppure a fare il lavoro che dobbiamo fare. E quali gli effetti?

Fin dai primi giorni sono stati effetti nuovi, mai sperimentati prima. Per es. se il buio o la tentazione invadono l’anima, si dice di sì a Gesù abbandonato, e poi subito si amano gli altri, ecco nell’anima ritornare la pace ed è chiaro ciò che prima era oscuro, come se ora di nuovo filtrasse la luce. Sì, è come se in tutte le prove, in tutte le intemperie, Gesù ripetesse: "Sono Io, non temete". E se Lo si riconosce e Lo si abbraccia (non certo per avere la luce e la pace, perché allora sarebbe "strumentalizzare" Gesù abbandonato), e si fa ciò solo per amore, si sperimenta veramente quella che è la Sua pace, la Sua gioia.

Si scopriva ancora, fin dai primi tempi, che esisteva una vita diversa da quella che noi conduciamo giorno per giorno: si trattava della vita soprannaturale che si vive, di quella vita che si può percepire coi sensi dell’anima.

"Ci si butta in un mare di dolore – si legge in una lettera di Chiara del ’48 – e ci si trova in un mare di amore, in un gaudio pieno".

E non solo in quei tempi si è fatta questa esperienza, ma in questi quaranta anni, in tutto l’arco della vita del Movimento, abbiamo constatato che ogni dolore spirituale può essere annullato, perché nell’anima di chi ama così Gesù Abbandonato avviene come un ingresso trionfale di Dio come una Pasqua, manifestato pure dalla gioia frutto dello Spirito, gioia che spesso irradia anche dal volto.

Fin dall’inizio ha visto in Gesù Abbandonato la chiave dell’Unità con ogni uomo e fra tutti gli uomini. Ha scoperto il Suo volto nei fratelli che più Gli assomigliano; in chi è più solo, più angosciato, deluso, fallito, peccatore… Questi i preferiti. Condividendo con l’amore queste loro sofferenze, poi al momento opportuno si può parlare di questo "segreto" e i perché di ognuno trovano risposta in quel Suo grande "perché".

Si vivono così anche i dolori che hanno origine da qualche momento difficile della nostra vita di comunità; se l’Unità, infatti, porta con sé la pace, forza e gioia, una qualsiasi incrinatura nel rapporto fra noi, provocata dai nostri limiti e mancanze nell’amore, produce disagio e non-senso della scelta fatta. Ma ecco che il solo ricordo di Gesù Abbandonato ridà speranza, anche in questo dolore. Lo si riconosce e Lo si preferisce. Di nuovo il Suo amore senza misura, riscelto come Ideale, ci spinge a chiederci perdono vicendevolmente e a far tutto per ricomporre l’Unità.

Il nostro statuto lo dice chiaramente: "Gesù crocifisso e abbandonato è il modello per quanti desiderano cooperare all’unione degli uomini con Dio e fra loro: l’amore, l’imitazione di Lui, vertice di spogliazione esteriore, ma soprattutto interiore, è condizione necessaria per ogni sforzo d’unione animato da motivi soprannaturali" (Cf. Opera di Maria – Statuti, cap. 1 art. II – 10).

Ad un certo momento della vita del Movimento, i molti traumi delle disunità nella Chiesa ci hanno mostrato la realtà del Corpo Mistico di Cristo come un immenso Gesù Abbandonato da amare. Questo ci ha spinto a lavorare per la ricomposizione dell’Unità e ne è scaturita una molteplice ed intensa attività.

È stato per Gesù Abbandonato visto ed amato nell’assenza di rapporto con i credenti di altre religioni che il Movimento ha avviato un dialogo fruttuoso con molti fra buddisti, induisti, musulmani, ebrei.

Gesù Abbandonato ancora, riconosciuto nei problemi e nelle divisioni fra gli uomini, ci ha impegnato a concorrere all’edificazione della società di oggi nello spirito dell’unità.

Così anche per tutti i mali del nostro tempo, dagli ambienti secolarizzati e ateizzanti, al materialismo di ogni tipo, che ha così scristianizzato il mondo contemporaneo, vediamo Gesù Abbandonato da amare e si è aperto il dialogo con i molti non credenti, atei e agnostici.

I membri del Movimento cercano così di contribuire a consolidare e, dove occorre, a ricomporre l’unità nella Chiesa e nel mondo, come ci ha detto domenica 19 agosto u.s. il Santo Padre in visita al nostro Centro Mariapoli a Rocca di Papa, a conclusione del suo discorso.

"(…) come diceva San Giovanni della Croce, dove non c’è l’amore, porta l’amore e troverai l’amore. Penso che questo si possa applicare molto bene al vostro apostolato in tutti gli ambienti, non solamente in quelli della Chiesa, del suo corpo cattolico, ma anche nella sua dimensione ecumenica e nei contatti di dialogo con i non cristiani, con i non credenti. L’amore apre la strada. Auguro che questa strada, grazie a voi, sia sempre più aperta per la Chiesa" (Osservatore Romano, 20/8/84).


*     Frontali dott.ssa Amata, responsabile per l’Italia Centrale del Movimento dei Focolari