Kiko Argüello*
IL SERVO DI JAVÉ NELL’ESPERIENZA NEOCATECUMENALE
"Signore, Padre Santo, Dio nostro Re Eterno, ti ringraziamo, perché ci doni la vita, perché sei infinitamente misericordioso.
Abbi pietà di noi e concedici il tuo Santo Spirito, che aiuti me e questi fratelli, affinché risplenda in mezzo a noi la Tua gloria, e possiamo gioire nel tuo amore. Te lo chiediamo nel nome del Tuo Figlio diletto che con Te vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen"
Mi presento brevemente. Mi chiamo Kiko Argüello, sono laico. Sono pittore, e mi trovo adesso in qualcosa che non avrei potuto mai immaginare quando facevo le Belle Arti a Madrid.
Ma il Signore aveva per me un altro progetto.
Sono nato a León, in una famiglia normale, cattolica, che viveva a Madrid.
Anche Carmen è di Navarra.
Parliamo "itaniolo".
P. Mario è un sacerdote di Brescia, missionario comboniano, che adesso si dedica al neocatecumenato e forma parte della nostra équipe itinerante, composta da Carmen, P. Mario ed io, che portiamo un po’ avanti il cammino neocatecumenale.
Dicevo che sono figlio di una famiglia di Madrid, nato a León, ma vissuto quasi sempre a Madrid. Ad un certo momento ho avuto una crisi, molto esistenziale, quando sono entrato all’università che era quasi tutta di tipo atea; l’ambiente era molto laicizzato, secolarizzato e lì ho avuto una crisi molto forte.
Non vorrei stancarvi con la mia vita, ma vorrei parlare, non di me, ma di Gesù Cristo.
Come pittore parlo in una forma, così un po’ a pennellate, come fosse un quadro impressionista. Lontano da me voler fare una conferenza o una cosa del genere… Dio ha voluto che io fossi un catechista, che è una cosa molto concreta.
Catechista viene da "catecheo" che è risonanza della fede.
Sono qualcuno, se volete, chiamato a "far risuonare" la fede; qualcuno che Dio chiama per fare risuonare le fibre più profonde della fede.
Spesso la nostra fede si addormenta. La nostra vita diventa un po’ fiacca, e sopraggiunge immediatamente la tiepidezza che è una malattia dello spirito.
Ecco, la catechesi ha il potere di risvegliare, di far suonare la fede, qualcosa di importante oggi nella nostra epoca, nella quale manca molto questo aspetto Kerigmatico.
Per farlo capire meglio vi dirò che nella Chiesa primitiva, quando un adulto voleva farsi cristiano, percorreva per così dire, tre fasi. La prima fase era l’introduzione alla fede. Il primo periodo si chiamava pre-catecumenato, ma la fase era quella kerigmatica, nella quale si proclamava il Kerigma; Kerigma significa proclamazione, annuncio del mistero della salvezza; catechista è uno che, soprattutto, in questa prima fase, non fa mai una conferenza, ma una cosa forte, qualcosa dove mette la sua vita, mette tutto se stesso; per questo Gesù Cristo invia gli Apostoli, senza borsa, senza bisaccia, senza niente, come gli ultimi, dando la vita.
Dopo questa fase kerigmatica, che suscita la fede, che mette l’uomo di fronte all’evento, ad un evento importantissimo quale è l’avvento della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, viene la seconda fase quella Didascalica o Catechetica, che è diversa, più profonda, più lunga.
La terza fase è quella Omiletica.
Oggi si fanno molte omelie ma manca molto questa fase kerigmatica, questa dimensione catechetica di gente che rischia la vita, e che dice che Dio ti ama, perché io sono qua e il Signore risorto mi fa mettere a disposizione la vita per te.
Io sto perdendo la mia vita per te.
Suppongo che alcuni conoscerete il Cammino neocatecumenale.
Nel programma si parla del "Servo di Jahvè". Nella Scrittura ci sono due figure misteriose che i teologi conoscono molto bene; il Servo di Jahvè e il Figlio dell’Uomo. Gesù Cristo prendeva la seconda figura. Nei Vangeli, quando gli domandavano chi era, diceva che era il Figlio dell’Uomo. Ma nei vangeli si dice anche che Lui è il Servo di Jahvè.
Questo servo appare soprattutto nel libro del profeta Isaia, nei Canti del Servo, al cap. 53, che suppongo tutti conoscerete, dove si parla di un Servo che soffre, disprezzato, rifiuto degli uomini, Uomo dei dolori, di un uomo al quale la gente volta la faccia, tanto è lo schifo che fa. Come quando Pilato presenta: "Ecco l’Uomo", la gente non voleva guardarlo, perché era tutto torturato, pieno di sangue, e diceva "TogliLo, TogliLo". Era stato profetato quest’uomo dinanzi al quale ci si copre il volto.
Questo canto del servo dice che i nostri peccati sono caduti su di Lui, che Lui portava i nostri peccati.
Una pennellata per far capire cosa significa questo servo sofferente: figura misteriosa, che i rabbini dell’epoca non sapevano a chi si riferiva. Chi era questo servo? Era il popolo di Israele? Era un profeta? A chi si riferiva?
Dopo c’era la figura del Figlio dell’Uomo. Il profeta Daniele parla di un Figlio d’Uomo che appare sulle nubi del cielo, su un carro tra i Cherubini, alla presenza di Dio. Appare una figura come Figlio dell’uomo, una figura escatologica.
Queste due figure racchiudono il mistero pasquale di nostro Signore Gesù Cristo.
Ecco, io dovrei parlare un momento del servo sofferente nel cammino neocatecumenale. Vorrei dire che il cammino neocatecumenale però non avvia una spiritualità tutta particolare, come per i Focolarini o l’Opus Dei, o un altro movimento, o Comunione e Liberazione. Ciascun movimento ha una sua spiritualità, come una grande qualità di carismi che sono nella Chiesa, che è una cosa buona. Non è esattamente così per il cammino neocatecumenale. Perché? Perché quello a cui il Signore oggi ha chiamato me, Mario, Carmen e tantissimi catechisti, itineranti, non è tanto formare un movimento, quanto risvegliare la fede della Chiesa, risvegliare la fede del battesimo.
Quella del cammino neocatecumenale e anche con riferimento al servo di Jahvè, non è una spiritualità particolare o qualcosa che altri gruppi non hanno. In tutti i cristiani che hanno ricevuto il battesimo della Chiesa si sta attuando il mistero di Cristo, morto per i nostri peccati e risuscitato per la nostra glorificazione.
Parlare del Servo di Jahvè significa parlare della Croce di Cristo, significa parlare della misericordia del Padre mostrata nella Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, parlare del Dio ricco di misericordia per il grande amore con il quale ci ha amati…
Noi siamo contenti di dover andare alle fonti del Cristianesimo per scoprire le radici del nostro battesimo. Scoprire il bagliore impressionante di bellezza, cosa sia il Cristianesimo.
Ciò che il Signore ci fa scoprire, studiare, non è una novità o una cosa che noi inventiamo, è qualcosa che forma parte della Chiesa, sostiene la Chiesa, forma parte del tuo battesimo del mio battesimo, che abbiamo ricevuto dalla Chiesa.
Sembra una novità impressionante perché siamo stati poco catechizzati; c’è bisogno di scoprire la catechizzazione cristiana, di scoprire l’iniziazione cristiana.
Tanto è così che, quando in un certo momento del cammino noi andiamo (un po’ come i testimoni di Geova) di due in due a predicare per le case la misericordia, l’amore che Dio ha per la gente, a dire che Dio ti ama, una cosa che ci sorprende, raccogliendo le testimonianze di tantissima gente, è l’idea che la gente ha del cristianesimo, ciò che comprendono del cristianesimo. Lo capiscono un po’ alla rovescia. Le persone credono che Dio ti ama se sei buono. Se io mi comporto bene Dio mi ama, se mi comporto male Dio non mi ama.
Allora molta gente crede che deve lasciare il peccato per farsi amare da Dio, ma siccome non ce la fa, chiude il discorso con Dio. Perché pensa: se ho fatto questi peccati, se sono stato così cattivo, allora Dio non mi può amare.
Cioè, come se non conoscessero la buona novella.
L’amore che Dio ha mostrato in Cristo è veramente uno scandalo.
Perché dice S. Paolo: Dio ha amato noi, quando eravamo cattivi. E dice anche: A stento si trova uno che dia la vita per uno buono, forse si trova, forse nella guerra un soldato dà la vita per il suo capitano che ama moltissimo, ma dare la vita per un malvagio, per un assassino, per un lussurioso, un codardo, un mentitore, uno che sta nella mafia, che fa delle cose orribili, dare la vita per un malvagio! E dice S. Paolo che Cristo ha dato la vita per noi quando eravamo malvagi e peccatori.
Quando noi parliamo del Servo di Jahvé parliamo in questo senso, che è una cosa molto profonda.
Infatti è difficile per un uomo accettarsi, è difficile accettare noi stessi. Per molta gente è difficile accettarsi perché non si conosce, perché vive in un tran, tran: si alza, va al lavoro ecc…
Amare noi stessi. Non si può amare l’altro se non si ama se stessi. Ad esempio a scuola, se non studi, vieni bocciato. A casa se non sei buono, sei punito; insomma colui che non si comporta bene, nessuno gli vuol bene. Se l’amico riceve uno sgarbo da te, egli non ti guarda più. Normalmente noi scegliamo gli amici perché sono belli, intelligenti, simpatici o anche perché sono pieni di soldi. Invece se è antipatico, o brutto, o non ricco, noioso e petulante, non gli vogliamo bene.
Tale esperienza è stata fatta da tutti noi nella nostra vita. Tutti noi portiamo una maschera, dietro la quale nascondiamo la realtà perché temiamo che si scopra come siamo e perciò temiamo di essere rifiutati.
Senza l’amore degli altri non si può vivere perché noi siamo quanto gli altri ci amano e perciò durante la nostra vita non facciamo altro che costruirci dei certificati di buona condotta. Se tu dici a qualcuno che è un’egoista, egli risponderà "no, non lo sono".
Facciamo un esempio: se vogliamo vedere la differenza tra un cristiano e uno che non lo è: tu vai in un bar dove un credente e un non credente prendono il caffè. Al non credente dici che è un superbo: egli sicuramente si arrabbierà in quanto l’uomo non accetta che un’altra persona gli dica un suo difetto, si sentirà giudicato ecc. Adesso lo domandiamo ad un cristiano. Sta là San Francesco d’Assisi prendendosi un caffettino e gli diciamo (questo lo sappiamo perché sta nella vita di tutti i santi): "Tu sei un superbo!" Sapete la risposta di San Francesco? Come risponderà San Francesco? "Hai visto benissimo. Guarda e non hai visto del tutto bene, di più, di più ecc…". Allora possiamo domandarci: San Francesco sta mentendo? Allora San Francesco non è un santo o sta dicendo la verità? Allora è un superbo. Sì. È un superbo. Ma, allora, come fa San Francesco ad essere santo? Ha scoperto una cosa immensa: Dio è capace d’amare un superbo come lui e questo gli basta per ritornare a Lui. Resta nel suo amore misericordioso, infinito, crocifisso, immenso, che lo rigenera. Dio è capace di amarlo radicalmente, fino in fondo; anche se capace di uccidere Dio stesso, in Cristo si sente amato e perdonato. Questo amore di Dio donato a noi totalmente, crocifisso per noi malvagi, che lo uccidiamo.
Questa è la fede!
Se tu credi fino in fondo che Dio è capace di amarti così! Questo è quello che si fa nel Battesimo, quando un adulto si immerge nell’acqua, che significa immergersi nella croce di Cristo. Per questo tu vedrai nella tua vita che se tu commetti un peccato, il demonio tenterà di mostrarti che nessuno può amarti, neppure Dio perché sei uno schifo. Per questo i cristiani hanno una croce che mostra Cristo morto per te, per i peccatori. Ha voluto prendere su di sé tutti i peccati per avere di tutti misericordia.
Per questo i cristiani hanno la croce: la mettiamo in tutte le parti, per ricordarci che c’è un ponte, un sacerdozio che Cristo sta facendo costantemente per noi. La croce ci dice, mediante lo Spirito, che Cristo è l’avvocato: coraggio, ti ama, sta dando la vita per te! Ma questo, in molti, non lo crediamo fino in fondo, profondamente.
Andando nelle case scopriamo che questa Notizia molta gente non la sa o non la capisce: dicono o pensano che non si può amare un malvagio.
E quando annunziamo questo amore, che Dio ha mostrato in Cristo, è difficile capirlo e comprenderlo. Ma quando lo si capisce si diventa cristiani, la vita si trasforma.
Cristo ha preso su di sé i nostri peccati. Non ha resistito alla malvagità nostra. Gli stanno facendo del male, e sta offrendo il male di tutti, il rifiuto del popolo, l’orgoglio dei farisei, il menefreghismo di Pilato…
I peccati che sono un po’ il quadro di tutta la società, in questo dramma universale. I peccati son caduti su di Lui, l’hanno crocifisso, Lui ha offerto il sacrificio, la sofferenza, il dolore e persino la morte l’ha offerta per te e per me, non resistendo al nostro male. Di modo che se in questa sala si trovano dei peccatori… No, non guardo nessun peccatore: tutti siamo peccatori, io, tu. Io per primo sono un grande peccatore. Santa Teresa d’Avila comincia il racconto della sua vita dicendo: "Io sono una grande peccatrice". Santa Caterina da Siena diceva: "Io sono niente più che il peccato: Dio è, io non sono. Io sono niente, non sono niente più che il peccato".
Per capire questo S. Teresa di Gesù, (sono Spagnolo, per questo parlo di S. Teresa) diceva: "Quando una stanza è buia non si vede la porcheria. Ma se entra una luce fortissima si vede perfino la polvere del tavolo". Quando gli uomini che sono stati vicino a Dio sono stati inondati dallo Spirito Santo provano sofferenza mistica, profondissima: il nostro niente e l’amore grandissimo di Dio. E questo amore che ama questo niente, ci ricrea, ci rigenera, in ogni istante, in una generazione costante, che è, allo stesso tempo, dolce e sofferente.
Andiamo a vedere che significa questo amore. Questo amore, che ha mostrato Dio in Cristo, è una novità enorme, mai si era visto sulla terra. È una Buona Novella, l’amore di Dio mostrato in Cristo.
Cristo per averci amato così, Dio l’ha risuscitato e lo ha costituito Kirios. Lo ha elevato al di sopra di ogni potere. Kirios significa il Signore. Gli ha dato il nome più alto che esista sulla terra. La parola più alta che esiste sulla terra è Dio, e questo Cristo è Dio. Allora questo amore è la verità.
Qui abbiamo una croce, lasciamoci giudicare da questa Croce e vediamo: chi ama così? Sì, questa forma d’amore è la verità; oggi io stesso ti posso chiamare a convertirti a questo amore: oggi tu ami così? Oggi tu ami il malvagio?
Perché amare i buoni, lo fanno anche i pagani. Anche le prostitute, amano i loro amici, ma "voi amate i vostri nemici". Questo è nel Vangelo. Adesso si capisce meglio il Vangelo.
Nel mondo la gente ama soltanto i buoni e rifiuta i cattivi; non così voi, dice Cristo ai suoi discepoli: "voi amate i vostri nemici". E chi sono i "nemici"? non so se voi avete qua dei nemici. I nemici non sono i nemici politici. Il nemico è chi ti vuole uccidere, ma il nemico ti può uccidere in molte forme. Uno pensa in un modo, l’altro (il tuo compagno, il tuo superiore etc.) pensa esattamente il contrario, ti sta uccidendo e sta togliendo lo spazio alle tue idee. Tante volte il nemico è il tuo prossimo. Perfino tua moglie è tuo nemico, quando non ti permette di fare quello che tu vuoi e ti obbliga a morire a te stesso. O tuo marito, ti impone una cosa, ti fa una violenza, ti sta uccidendo in quel momento, in quel momento forse tuo marito è tuo nemico.
Questa moglie, di fronte a un atteggiamento d’alterigia del marito che la sta uccidendo in un certo senso, questa moglie se è cristiana, dovrebbe amare suo marito, così in questo si distinguerebbe che è cristiana, che ama suo marito. "Come io vi ho amato". Lei ama suo marito non quando è buono soltanto, ma anche quando le è nemico, quando il marito è nemico.
Ci sono due atteggiamenti: uno quello di Barabba, l’altro quello di Gesù Cristo.
Scegliete chi volete.
La gente sceglie Barabba. Anche tu ieri, oggi, domani, e dopo domani, noi scegliamo Barabba.
Barabba era uno Zelota, una specie di Brigatista, uno che voleva fare giustizia e togliere di mezzo l’Impero Romano. Uno che voleva con la violenza togliere l’ingiustizia; era sedizioso contro Roma ed era stato messo in prigione.
Senza dubbio ci sono due atteggiamenti nella vita che si possono trasportare a tutte le realtà. Di fronte a una ingiustizia che ricevi nella tua casa, rispondi come Barabba, cioè con la violenza.
A tuo marito metti il muso per cinque giorni, fino a che crolli? Ti ha parlato male, ti ha ferito. Gli metti il muso e gli devi dimostrare che ti ha ferito. Non gli parli più quando mangi, sai che lo fa soffrire. Forse sai che a tuo marito gli è passato, è un tipo violento, ma gli è passato. A te no! Di notte a letto non ti tocchi! Anzi non dormi con lui. E domani anche lo devi castigare. Gli devi insegnare, lo devi correggere, insegnarli che a te non ti si parla così. Perché a te non ti si può crocifiggere, perché tu non ti lasci crocifiggere da nessuno!
E c’è l’atteggiamento di Gesù Cristo. L’atteggiamento di questa donna sarebbe prendere il peccato del marito e lasciarsi uccidere dal peccato. Questa violenza ti mette in croce. E tu ami, in questa dimensione, nella dimensione della croce.
Chi fa questo? Lo fai tu? Lo hai visto fare dalla gente? Il parroco si prende il peccato del suo cappellano? Il cappellano si prende i peccati del suo parroco?. Ci lasciamo crocifiggere e ci offriamo in un sacrifico, in un sacerdozio santo? Ti offri come ostia viva, il cui altare è la croce gradita a Dio, portando nel tuo corpo quello che manca alla passione di Cristo? A tutti ci manca tanto.
Questa non è una spiritualità, carina, bellissima, ma è l’a b c del cristianesimo. Soltanto che se ne parla poco. Perché si suppone la fede dato che siamo battezzati.
Se noi capiamo questo, allora stiamo dentro il sermone della montagna: Il sermone della montagna era lo schema di catechesi che seguivano gli adulti che dovevano essere battezzati.
Guardate lo scandalo che deve esserci stato quando lo stesso Gesù Cristo dice: "Beati quelli che non si scandalizzano di me".
Possiamo dire che ancora oggi ci continuiamo a scandalizzare anche perché non capiamo, perché ci sembra esagerato. E invece è come se il vangelo attendesse una generazione capace di attuarlo.
Per esempio se guardiamo il Sermone della Montagna, si vede bene che quando nel Vangelo una cosa non si capisce, c’è una spiegazione, perché si possa capire, perché si possa attuare.
Per esempio: "Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente, ma io vi dico di non opporvi al malvagio" Così è la traduzione della C.E.I. della Bibbia di Gerusalemme. Non opponete resistenza "al malvagio", concretizza un pochino di più. Nella Bibbia spagnola viene tradotto "il male" in generale. Al malvagio, al male è lo tesso.
Ma questo significa che quando un malvagio viene verso di me, significa lasciargli che ti faccia del male? È troppo vago, non si capisce, è assurdo. Ecco che allora c’è una glossa, con degli esempi concreti nei quali stanno tutti i casi, di modo che nessuno possa dare un’altra interpretazione.
E comincia a dire: "Se qualcuno ti percuote sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra". Se Cristo dice "Non opponete resistenza a chi vi fa il male", allora tu puoi domandare a Cristo: Ma a che male ti riferisci?". Cristo risponde: "Il male più grande che possono fare a te è l’offesa nell’onore; al di sopra di tutto c’è l’onore".
C’è una esegeta che spiega molto bene questo. Jeremías dice che nell’epoca semitica offendere nell’onore veniva chiamato colpire la guancia destra. Perché se ti voglio dare un pugno, o uno schiaffo normalmente colpisco con la mano destra e ti colpisco nella guancia sinistra. Per colpirlo con la mano destra mia nella guancia destra devo fare un altro gesto, un manrovescio.
In tutte le culture semitiche questo gesto è un disprezzo. È disprezzare un uomo, offenderlo nel profondo, nell’onore.
Questo è entrato anche nel medioevo. Per sfidare a duello si faceva la stessa cosa. Anzi, per dimostrare che c’era un’offesa nell’onore da lavare con il sangue, si dava un manrovescio col guanto, per dire: "Mi fai così tanto schifo che non mi voglio macchiare" e col guanto si schiaffeggiava la guancia destra. Questo vuol dire che tu mi hai offeso nell’onore, adesso ti offendo io nell’onore e tu devi batterti per questo. Fino ai principi di questo secolo ci sono stati duelli.
L’onore si lava col sangue. Diceva già Lope de Vega: "Al re darai i soldi e la vita, ma l’onore è patrimonio dell’anima e l’anima è solo di Dio".
Allora Gesù Cristo dice: "Non opponete resistenza al male, al malvagio; se qualcuno ti percuote sulla guancia destra (ecco una forma di male grandissimo, nell’onore), tu offrigli anche l’altra". Cioè proibisce ai suoi discepoli di lavare il proprio onore. Ciò vuol dire che se mi offendono nell’onore, non posso fare un giudizio o andare a picchiarlo.
Se vogliamo essere cristiani, fratelli, non possiamo difendere il nostro onore, in una società di tipo socialista come la nostra, che è basata sulla contestazione, non difendersi è assurdo, è uno scandalo.
Ai bambini si insegna a protestare già nella scuola, contro i maestri.
La seconda forma di male è anche gravissima. Dice il Signore: "Se qualcuno ti fa causa anche quello che è tuo (mettiamo un esempio di tutti i giorni: sia ripartita l’eredità, e tuo cognato o tua sorella dice che quella cosa non è tua, e ti fa causa per togliertela; ti fa causa, cioè usa le leggi civili per toglierti quello che è tuo), secondo quanto dice il Vangelo: "Se qualcuno ti chiama in giudizio per toglierti la tunica, dagli anche il mantello".
Il mantello era l’unica cosa che avevano i poveri per dormire (per questo dice la Scrittura, nei proverbi: "Se tu hai preso il mantello a qualcuno come pegno, tu glielo darai per la notte").
Allora, se qualcuno viene per toglierti la tunica non gli farai causa, ma dovrai dargli la tunica e anche il mantello: È come se dicesse che se qualcuno ti vuol togliere la casa che hai al mare, gli darai questa e anche quella di città.
Sto dicendo il vangelo. Solo il Vangelo.
La terza forma di male. Non è già quello che ti vuol togliere e rubare con le leggi civili, ma quando ti rubano l’appartamento, vai a casa tua e ti trovi che ti hanno rubato tutto. Ti hanno portato via tutto e non ti hanno lasciato niente.
Ho letto l’altro giorno che una signora che tornava dalle vacanze, ha dovuto andare a dormire in albergo perché non le avevano lasciato niente. Ecco che ti rubano, e sai forse chi ti ha rubato. "A chi prende del tuo, non richiederlo". Sai chi è stato, se vai a casa sua trovi la tua roba, "No richiederla, non reclamare".
Posso continuare o vi siete scandalizzati sufficientemente?
Andiamo avanti: "E se qualcuno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui, due".
La legge di allora, proibiva di far andare uno schiavo carico, più di un miglio perché lo potevi uccidere. Non si può, è un’ingiustizia far marciare un uomo carico più di un miglio.
Se qualcuno a voi facesse un’ingiustizia sociale nel lavoro, dove state, vi opprimesse, vi facesse un’ingiustizia, lasciatelo fare, anzi "fa due miglia con lui".
"Da a chi domanda", a chiunque ti chieda. Anche se sono quelli che ti fanno del male, anche se è quello che viene a chiederti… ecc.
Vi credete che questa è una cosa assurda. Questo che dice il vangelo è il servo di Jahvè, è l’amore misericordioso mostrato in Gesù Cristo.
Perché siamo stati noi, tu ed io, che abbiamo fatto questo con Dio. Perché tu ed io abbiamo tolto a Dio l’onore. Non Gli abbiamo dato l’onore che si meritava come Dio. A Dio si deve l’onore, l’amore e l’obbedienza e noi lo abbiamo percosso nella guancia destra, e anche nella sinistra, le spalle, la fronte, messo in Croce. E come Dio in Cristo ha fatto come me? Come mi ha risposto? Mi ha offerto l’altra guancia, si è lasciato uccidere. Noi abbiamo fatto causa a Dio.
Io ero un tempo ateo. Vedevo un bambino handicappato, e dicevo: "Tu sei Dio e permetti questo? Tu sei una schifezza?" L’ho giudicato, e ho detto che Lui non era Dio, che era un mostro. Ho anche rubato, ho preso la sessualità, l’ho usata come a me è parso, per peccare, per fornicare.
Così ho agito io nella mia storia, e Dio non a resistito a me malvagio, non ha resistito al male; ma ha risposto al male che gli ho fatto col bene, col perdono, resuscitando suo Figlio per me.
Il cammino neocatecumenale pretende che tu sperimenti questo amore non con le parole, ma in un cammino lungo, esistenziale di anni.
Adesso ti posso fare una profezia, perché ogni predicazione è una parola profetica. Se tu entri in questa parola, tu vedrai ciò che sto dicendo è profondamente vero. Tu vedrai che continui a offendere Dio nell’onore col peccato, che tu continui a rubare a Dio la gloria, che non lo amiamo; e Lui non resiste al male.
Ha preso si di sé i miei peccati, lo hanno ucciso, e ha risposto al mio male con il bene. Se io sperimento questo amore, cioè che Dio continua ad amare me che l’ho offeso, l’ho ucciso, gli ho tolto l’onore, gli ho fatto causa, e Lui continua ad amarmi, e mi ama infinitamente, che continua ad amarmi, mi genera nel suo amore continuamente, scopro che questo amore mi ha dato la vita, al punto che il suo amore mi vince.
Lascio le armi e mi converto a Lui, e piangendo dico: questo amore è la verità.
Allora si capisce il sermone della montagna di Luca: "Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro". Hai sperimentato questo amore? Hai visto che questo amore è la vita? Va’ e fa’ tu lo stesso. Gente che comincia a fare un cammino di conversione in una comunità sperimenta che cade molte volte per debolezza, per quello che sia. Coraggio, che continua ad amarti, che Dio mi ama così. La fa Lui una conversione, una nuova forma d’amore. Allora capisce che lui deve amare così sua moglie. Succede come è successo agli Apostoli che Lo avevano abbandonato, e Lui, risorto, li va a cercare.
Adesso l’ultima cosa che vi posso dire è: Amatevi come io ho amato voi". In questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, in questa forma d’amore. Perché così non può amare un marxista. Così con può amare un ateo.
Attenzione che qui sta il punto: chi ama così è discepolo di Cristo; in questo amore conosceranno che siete mie discepoli.
Il problema della secolarizzazione è molto semplice. Gli atei, i pagani, la gente che si è allontanata dalla Chiesa, se noi cominciamo a dare questo segno, vedendo questo amore che non vede da nessuna parte, rimarrà a bocca aperta.
Vi pongo un esempio vero. Quando al funerale di Bachelet, il figlio ha pregato per gli assassini di suo padre mostrando amore per i suoi nemici, ha sorpreso tutti. Vi dico che questo ragazzo, che ha partecipato alle catechesi nostre, ha scritto al parroco di S. Eugenio una lettera, dicendo che poteva fare questa preghiera grazie alle nostre catechesi. E un programma della Tv, una tavola rotonda dove si parlava di Dio, ecco che uno scrittore ateo, dice: "a me il problema Dio non interessa e tutti questi discorsi mi danno ai nervi. Solo vi dico una cosa. L’altro giorno alla Tv, quando ho visto quel ragazzo che ha pregato con quell’amore per gli assassini di suo padre sono rimasto sorpreso e ho detto: questo da dove viene? Viene da un altro pianeta; ma questo mi interessa… A me interessa quello, il resto, il problema, di Dio, non mi interessa affatto".
Non so se avete letto gli scritti dei brigatisti convertiti che parlano dell’amore al nemico, come l’unica realtà che li può convincere, l’amore al nemico è l’unica verità, è la libertà totale.
Questo che sto dicendo non è sufficiente, manca una cosa importante, perché Cristo dice: "Amatevi come io vi ho amato".
Non è sufficiente, perché se adesso vi dico "Ama il tuo nemico", se io stasera vi dicessi solo questo, sarebbe una legge morale altissima, ma irraggiungibile. Lo può fare Cristo perché è Dio. Mi risponderesti: "Figurati a me quando uno mi insulta io gli spacco la testa. È superiore a me".
Ma ti manca una cosa molto importante: che Cristo è risorto. Che significa questo? Tu sai perché non puoi amare il nemico (supponendo che questo amore che ti ha dato Cristo non è possibile)?
Perché tu non hai vinto la morte.
Il nemico ti uccide, ti toglie la vita. Allora chi di voi non ha vinto la morte, anche se porta il nome di cristiano, anche se va a Messa tutti i giorni, se gli appare la morte, nel figlio che non studia, nella ragazza che va via di casa, in qualunque cosa, in situazioni, che ti fanno morire, non puoi fare a meno che lottare contro quello, perché devi difendere la sua vita. Non puoi mostrare la sublimità di questo amore perché tu hai vinto la morte. Ma Cristo è venuto a vincere la morte. Dice la Lettera agli Ebrei (2,14): Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere e per paura della morte erano soggetti alla schiavitù del demonio per tutta la vita. Lui mediante la morte e la risurrezione ha distrutto la morte, liberando gli uomini dalla schiavitù, per la paura che abbiamo durante tutta la vita della morte. Questa sintesi la utilizzano i Padri, in particolare S. Cirillo.
La morte è la conseguenza del peccato. La morte mi ha chiuso nel suo cerchio, mi schiavizza e il peccato sta dentro di me e fuori di me e io sono condannato alla morte.
Ma Cristo con la sua morte ha distrutto il peccato, e mi fa partecipare mediante lo Spirito Santo della sua vittoria sulla morte, dicendo che io sono risorto con Cristo. Appartengo non più a questo mondo. Sono cittadino celeste. Sono risorto con Cristo. Dove si dimostrerà, in che cosa si vedrà che ho vinto la morte? Che la morte non ha più potere su di me? Se io amo, amo al di là della morte.
Colui nel quale non abita Cristo risorto non può amare al di là della morte. Non può assolutamente perché lui non ha vinto la morte.
Allora la novità è questa, la buona novella che è stata annunciata a tutti: Cristo è risuscitato dalla morte, tu puoi risuscitare a una nuova vita, gratis.
La fede è un dono gratuito, non è che tu devi cambiare, non è che tu devi fare degli sforzi. Convertirsi significa credere a questo: credere alla buona novella.
Se tu credi che Cristo risorto è nei cieli e che intercede per te, sarai salvo, avrai il perdono e la pace.
Perché Dio sa che il peccato non è una cosa buona, ma proibita per te, sa che il peccato è morte, ti sta distruggendo, ti fa soffrire… La tua vita è miserabile. Sai perché ti fa soffrire il peccato? Perché nel tuo cuore è seminato l’amore. Tutti gli uomini sanno che l’amore è la verità. Cioè tutti sappiamo che l’amore è la verità. Cioè è seminato nel tuo cuore che tu come persona ti realizzi negli altri; che significa amare se non darsi? Che significa egoismo, se non ego, io, io per primo, tu dopo. Io lo si scrive con una i, e tu con una croce.
Per amare questo fratello, supponendo che ha molti difetti, io devo uccidere il mio "io". Ma risulta che io non posso uccidere il mio "io" perché ho paura della morte, il peccato regna nel mio corpo, e mi schiavizza alla legge della morte e del peccato.
Come potrei amare? Non posso amare. Amare in dimensione soprannaturale, si capisce non lo posso fare se Cristo non mi aiuta, no viene da me. Dice S. Paolo che noi abbiamo un’insoddisfazione grandissima, perché conosciamo il bene intellettualmente ma sperimentiamo con le nostra membra l’altra legge, che è fare ciò che non vogliamo.
Questo che in fondo è un non essere quello che vorrei, produce in me una grande insoddisfazione, che non mi lascia essere felice. Noi siamo creati per essere felici. Non tutti possiamo essere felici. Ma la felicità non è stare con la pancia all’aria, ma la capacità di donare se stessi, di amare gli altri. Amare gli altri dà più felicità che l’essere amati.
Donarsi agli altri, questo è il nostro destino.
E Cristo risorto, oggi, mi dona la possibilità di offrirmi a te, anche se non ti conosco; di spezzarmi, come l’eucaristia; questo è il mio corpo offerto in sacrificio, spezzato per voi.
Cristo nell’eucaristia continua a far presente il Mistero Pasquale per noi. Si fa dono, si spezza per noi.
Cristo si rompe per noi (anche in italiano quando uno scoccia ti dice: tu mi rompi, tu mi spezzi, tu mi distruggi): Cristo si spezza per noi.
Fratelli io vi annunzio questa buona notizia: Dio ha inviato il suo Figlio perché noi possiamo vivere una vita nuova! Perché tu possa amare. Amare veramente. E come si giunge a questo? Convertendosi a questo amore. È chiaro che vogliamo far nascere nelle parrocchie comunità che servano da specchio, questo amore non è una cosa magica, la conversione non è una cosa facile. Si deve imparare piano, piano. C’è molta gente che inizia un cammino e si crede già cristiana, dopo comincia a vivere in una piccola comunità e vede che c’è un fratello che è nevrotico, un altro che dice sempre le stesse scemenze, quell’altra signora grossa che è insopportabile… E cominciano a capire che convivere è molto bello in teoria, ma mese dopo mese, anno dopo anno… E non puoi scappare, perché c’è una comunità di tanti fratelli, che ti spinge ad amarli perché non puoi essere ipocrita. E tu ti domandi: ma perché debbo amare questa sorella? Se mi uccide? Allora non ho fede! Questa è una riflessione necessaria che ci fa progredire nella fede.
Ma come posso avere la fede? Ascoltando la Parola di Dio, con l’ascolto umile della parola. Avvicinandoti ai Sacramenti. C’è bisogno di un convertitore, diciamo noi, che è la Chiesa, che è il catecumenato. Un tempo con una comunità che ti aiuti, dei catechisti che ti insegnino a convertirti, occorre pazienza, c’è una gradualità.
Devi imparare ad essere umile.
C’è questa esperienza per diventare cristiano, il neocatecumenato, un tempo di passaggio per diventare un cristiano adulto che mostra al mondo questa novità: che noi non moriamo.
Io spero di morire presto, fratelli. Perché morire è meglio che vivere. Morire e stare con Cristo. Spero che quando vado a casa una macchina mi prenda e moriamo. Io voglio morire, perché morire è un guadagno.
La "Dives in Misericordia" mi è piaciuta tanto e l’ho letta con tanto interesse. Io penso che non abbiamo ancora capito cosa è la parola misericordia. (Non scandalizzatevi della mia pretenziosità). La cosa più difficile per Gesù Cristo era convincere tutti di peccato, sotto il peccato, anche S. Pietro, che si sentiva così bravo, che non lo avrebbe rinnegato mai.
La risurrezione del Signore si presenta gratuita. Non l’ha guadagnata nessuno con belle opere, né con la fedeltà a Gesù Cristo, perché tutti sono spariti, sono scomparsi.
É la risurrezione del Signore che viene a cercare ognuno di loro, e farà con ciascuno di loro una trasformazione perfetta che sarà la Pentecoste.
Dio si è manifestato agli uomini. Non a una persona sola, a Mosè o a Elia, ma a un popolo intero. Un popolo che ancora oggi è testimone che Dio ha parlato con gli uomini. Mosè scese con questa rivelazione fatta visibile, Dio gli ha detto una sola parola: "Io sono", che si divide in dieci parole, quelle che noi chiamiamo i dieci comandamenti, con la nostra mentalità occidentale giuridica. Ma per loro sono dieci parole, deca-logos.
Queste dieci parole, sono come un aprire una strada in mezzo alla morte, in mezzo al deserto, la possibilità dell’autostrada della felicità che porta ad una terra promessa. Si è aperto davanti a loro la realizzazione dell’uomo alla felicità di una terra promessa. Dieci parole di vita che stanno scritte nel cuore dell’uomo.
Ma questa società fa i comandamenti alla rovescia. Il popolo è diventato idolatra.
Mosè ha rotto le tavole. Queste tavole furono distrutte. E anche Dio è stato sul punto di distruggere il popolo e fare un’alleanza con un altro popolo. Ma è stata un’esperienza fantastica: Dio ha perdonato il peccato del popolo.
È fantastico questo passo della Scrittura, in cui Dio ha salvato il popolo con il perdono.
Il perdono appare già in tutta le rivelazione, è il Dio unico, perché Gesù Cristo è il Dio unico rivelato nel Sinai, è esplicitato nella nostra Pentecoste, si mostra, ricreando, perdonando il popolo.
La parola misericordia è un termine latino. È il cuore che dimentica, che fa come se non fosse offeso. Sono traduzioni molto deboli. In ebraico ha la radice stessa della parola "matrice", dove gesta la vita la donna.
Dire che Dio è misericordioso è dire che Dio rigenera il popolo di nuovo dentro le sue stesse viscere. La matrice di Dio rigenera il popolo. È quello che Gesù dice a Nicodemo che bisogna "rinascere di nuovo", ritornare a nascere.
Questo è entrare nell’esperienza della risurrezione, della conversione. In ebraico la conversione non è solo una metanoia, un cambio di mentalità, magari superficiale; è un cambio radicale, molecolare della persona umana. È un cambio che si fa nella Risurrezione, di esperienza della vita, è un’esperienza eterna.
Adesso Kiko canterà il cantico del popolo di Israele nel Sinai. Dio mostra le sue spalle, come fa Cristo nella croce, caricandosi i peccati di tutti e trasformando tutto in una nuova creazione.
È un inno alla Vergine Maria che noi abbiamo composto e che ha relazione con la misericordia.
Mosè è molto furbo e, sapendo che Dio è misericordioso, per strappargli il perdono gli dice: mostrami la tua gloria, passa e mostrami la tua gloria. Dio gli fa sapere che lui non può vedere la sua gloria, perché nessuno può vedere il volto di Dio e vivere, ma c’è un luogo vicino dove può vedere la sua gloria. Lo mette nella fessura di una roccia, Dio lo copre con la Sua mano, là potrà vedere le Sue spalle.
Infatti un targum diceva che le spalle di Dio sono la Sua misericordia, il volto, la Sua giustizia. Passano i cherubini, la gloria di Dio, e quando passa la sua misericordia Mosè gliela strappa dicendo: "Venga il Signore con noi, è vero che siamo peccatori, ma perdonaci e saremo la tua eredità…".
Io dico alla Vergine Maria: "Tu sei il luogo vicino a Dio, questa fessura nella roccia, che ha relazione con la matrice. Tu sei la Chiesa, questo luogo vicino a Dio. La Vergine Maria, immagine della Chiesa".
Sia come una preghiera alla Vergine Maria. Maria, piccola Maria, tu sei la brezza soave d’Elia. Sapete che in questa stessa roccia di Mosè, Dio apparve ad Elia in un vento leggero.
Allora cantiamo:
Maria, piccola Maria.
Tu sei la brezza soave d’Elia.
Il sussurro dello Spirito di Dio.
Tu sei il roveto ardente di Mosè,
che porta il Signore e non si consuma.
Tu sei quel luogo vicino a me
che mostrò il Signore a Mosè.
Tu sei la cavità della rupe
che Dio copre con la Sua mano, mentre
passa la Sua gloria.
Venga il Signore con noi
se abbiamo trovato grazia ai Suoi occhi,
è vero che siamo peccatori
ma prega tu per noi
e saremo la Tua eredità.
Maria piccola Maria
Fanciulla di Gerusalemme
Madre di tutti i popoli,
Vergine di Nazareth.
Tu sei la nube che protegge Israele
la Tenda della riunione
l’Arca che porta l’Alleanza,
il luogo della dimora del Signore
Santuario della Sua Shekinà.
Venga il Signore con noi
se abbiamo trovato grazia ai Tuoi occhi
è vero che siamo peccatori
ma prega Tu per noi
e saremo la Sua eredità.
* Argüello, iniziatore della Comunità Neo-catecumenali.