Vincenzo Fagiolo
la madre della misericordia
Sarebbe stata la S. Vergine Maria a chiamarsi «mater misericordiae» quando apparve intorno all’anno 950 ad un monaco di Cluny, secondo il racconto che ne fa il biografo il Odone di Cluny (1042), il quale aveva l’abitudine di chiamare la Madonna con lo stesso titolo che passò poi nelle litanie lauretane e modificò il testo primitivo della Salve Regina misericordiae, che divenne Salve Regina mater misericordiae[1].
In quel secolo chiamato pessimum risplende per contrapposizione una grande devozione alla Virgo splendidissima, alla quale il peccatore consapevole di meritare l’eterno supplizio si rivolge con la fiducia di ottenere perdono e misericordia da Dio, perché convinto che, essendo Maria madre di Cristo, uomo-Dio, da Lei scaturisce la salvezza.
Maria é riconosciuta madre di misericordia fin d’allora, perché fin dall’ora era chiara la verità dell’intima connessione della maternità divina ed ecclesiale della Vergine. La misericordia é una qualità dell’amore materno. Il figlio era stato da lei generato perché fosse la misericordia dell’umanità; e Maria diffonde questa misericordia con l’amore di Madre estendendola di generazione in generazione, secondo il disegno del Padre che l’aveva associata intimamente al mistero del Cristo e della Chiesa[2]. Da qui l’origine di tante raffigurazioni di Maria che evocano con profondo senso religioso la materna protezione di Lei, proprio come madre di misericordia; la Madonna raffigurata con il manto sotto il quale si rifugia il popolo cristiano: Sub tuum praesidium confugimus sancta Dei genetrix. «Qui il senso della maternità si estende a Cristo totale. La prima funzione della madre é infatti proteggere. A tale tipo si riferiscono tutte le Madonne invocate sotto il titolo di Mater spei, refugium peccatorum, consolatrix afflictorum, ecc.»[3].
Dalla stessa verità é scaturita lungo i secoli una sempre più crescente devozione mariana, che si é espressa nella liturgia soprattutto orientale, negli scritti teologici, nelle arti figurative, nella letteratura, nella pietà popolare dove più altrove ritroviamo le suppliche a Maria «come madre di misericordia per la salvezza personale e per il benessere pubblico»[4]. In questa prospettiva salvifica, fondata sulla fede nella Theotókos, che porta alla relazione, unica e irripetibile, che la Vergine ha con la persona del Verbo, fatto carne per salvarci, la maternità divina viene sempre meglio compresa e spiegata come fonte di grazie e di misericordia.
Oggi lo Spirito di Dio chiama la Chiesa ad evangelizzare l’uomo, perché l’uomo sia persona e si senta redento nella sua dignità ad opera di Cristo (Giovanni Paolo II, Enc. Redemtor hominis 1979). Questo Spirito che é il Signore e da la vita indefettibile all’uomo (Dominum et vivificantem, Enc. di Giovanni Paolo II 1980) è anche, anzi essenzialmente, misericordia di Dio (Dives in misericordia, Enc. del 1980).
E’ lo stesso Papa in queste tre Encicliche che evoca e pone Maria a modello della Chiesa nel rinnovamento della società. «Abbiamo ogni diritto di credere - scrive Giovanni Paolo II nella Dives in Misericordia - che anche la nostra generazione é stata compresa nelle parole della Madre di Dio, quando glorificava quella misericordia di cui di generazione in generazione sono partecipi coloro che si lasciano guidare dal timore di Dio. Le parole del Magnificat mariano hanno un contenuto profetico, che riguarda non soltanto il passato di Israele, ma anche l’intero avvenire del popolo di Dio sulla terra. Siamo infatti noi tutti, che viviamo al presente sulla terra, la generazione, che é consapevole dell’approssimarsi del terzo millennio e che sente profondamente la svolta che si sta verificando nella storia»[5].
Nella Redemptor Hominis il Papa aveva già introdotto questo elemento mariologico inteso e proposto per far comprendere a noi tutti la misericordia che Dio ci usa, per mezzo del suo Figlio nato da Maria che è perciò fonte di misericordia, ci riunisce con lo stesso Dio e tra noi. «Se... in questa difficile e responsabile fase della Chiesa e della umanità avvertiamo uno speciale bisogno di rivolgerci a Cristo, che é Signore della sua Chiesa e della storia dell’uomo in forza del mistero della redenzione, noi crediamo che nessun altro - scrive Giovanni Paolo II nella Redemptor hominis - sappia introdurci come Maria, nella dimensione divina e umana di questo mistero. Nessuno, come Maria é stato introdotto in esso da Dio stesso. Questo mistero si é formato possiamo dire, sotto il nome della Vergine di Nazaret quando, ha pronunciato il suo fiat. Da quel momento questo nome verginale e insieme materno, sotto la particolare azione dello Spirito Santo, segue sempre l’opera del suo figlio e va verso tutti coloro che Cristo ha abbracciato e abbraccia continuamente nel suo inesorabile amore»[6]. La presenza di Maria é varia ma non settoriale. La Vergine beata dice ancora il Papa nella Dives in misericordia é presente in tutte le comunità ecclesiali, come lo fu nella primitiva comunità[7], quale madre di misericordia; di quella misericordia da essa proclamata e destinata ad operare di generazione in generazione[8]. Questa unione - dice il Papa nell’Enc. Dominum et vivificantem - con la Madre di Cristo fa parte del mistero della Chiesa fin dall’inizio: noi la vediamo presente in questo mistero, come é presente in quello di suo Figlio»[9].
Il Papa ci fa subito comprendere con il suo insegnamento che la presenza di Maria nella Chiesa e la sua materna intercessione presso Dio misericordioso hanno una valenza escatologica, perché la Chiesa «perseveri nella speranza: in quella speranza, nella quale siamo stati salvati (cf. Rm. 8,24). E’ la speranza escatologica, la speranza del definitivo compimento di Dio, la speranza del Regno eterno che si attua nella partecipazione della vita trinitaria[10]. Quindi é del tutto opportuna ed attuale - oltre all’esattezza teologica - l’osservazione che troviamo nell’Istruzione su libertà cristiana e liberazione della Congregazione per la dottrina della fede, là dove si rivela «che il senso della fede dei poveri, come porta ad una acuta percezione del mistero della Croce redentrice, così porta ad un amore e ad una fiducia indefettibile nella Madre del Figlio di Dio venerata in numerosi santuari». Soggiungendo subito «ma sarebbe una grave perversione appropriarsi delle energie della religiosità popolare per dirottarle verso un progetto di liberazione puramente terrena, che si rivelerebbe ben presto come una illusione ed una causa di nuova schiavitù. Coloro che così cedono alle ideologie del mondo e alla presunta necessità della violenza non sono più fedeli alla speranza, al suo ardimento e al suo coraggio, come li esalta quell’inno al Dio della misericordia che la Vergine ci insegna»[11].
Ed é forse, proprio in questa speranza escatologica che più si radica e si sublima la devozione a Maria e la misericordia di Lei ci si rivela come consolante e fiducioso porto di salvezza. A tal proposito Pinkus ricorda che la teologia orientale giunge a proporre che in questo essere figura della Paternità di Dio, Maria Teotókos rappresenta la più salda ragione della nostra speranza sulla profonda umanità e misericordia del giudizio finale: ella infatti é la soglia attraverso la quale il credente si presenta a colui che giudicherà il mondo come Figlio della donna di Nazaret e come fratello di quanti nella sua maternità cosmica sono divenuti suoi figli ai piedi della Croce[12]. La certezza di essere aiutati dall’intercessione di Maria soprattutto nel momento della morte in vista dell’imminente giudizio divino dal quale si spera misericordia e perdono, si traduce ormai da secoli nella preghiera più comune, più popolare, più ripetuta con la quale l’intero popolo cristiano supplica la Santa Maria Madre di Dio di pregare per «noi peccatori, ora e nell’ora della nostra morte». Lo stesso motivo é nel fondo - anche se non espresso direttamente - della «più antica preghiera della Vergine», del Sub tuum praesidium, che «esprime con rara efficacia la fiducia dell’intercessione della Vergine: essa, la genitrice di Dio, la sola pura e la sola benedetta, é per la comunità cristiana un rifugio di misericordia. In esso la comunità si sente sicura e, quindi, esprime la sua accorata convinzione che la Vergine non respingerà le suppliche di quanti la invocano nell’ora della necessità e del pericolo»[13].
Perché la vera Madre di Dio, quindi la sola e la sola benedetta Maria é invocata nel Su tuum praesidium come colei che é mediatrice di misericordia, rifugio di misericordia; in grado perciò di liberarci dal pericolo e dalla necessità. «Nel rifugiarci sotto la sua misericordia noi riconosciamo che Maria può anche salvarci dai peccati (il messale Ambrosiano aveva conservato la forma arcaica di misericordia rispetto al testo romano)»[14].
Il Vaticano II ci ha ricordato queste verità quando nella Lumen gentium, ponendo Maria al vertice della Chiesa e pienamente inserita nel mistero di Cristo e della sua sposa, dichiara, «...(Maria) assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci grazie della salute eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni fino a che non siano condotti nella patria beata. Per questo la Beata Vergine é invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice»[15].
Il Concilio, ricalcando la visione patristica con i testi dedicati a Maria nella Lumen gentium (cf. n. 63-65) ha rimesso in luce e in amore l’intimo compenetrante nesso tra mariologia, ecclesiologia e pneumatologia, saldamente ancorate al dogma cristologico e attraverso di esso all’intera storia della salvezza»[16].
La glorificazione di Maria é culminata nella regalità divina. Lei é la vera regina, che dal suo trono situato accanto a quello del Figlio domina sugli Angeli, sugli uomini e sul mondo intero. Il suo é regno di misericordia. Trovandosi tra Cristo e i fedeli. Lei che é la Madre dell’uno e degli altri, esercita un comando di riconciliazione al fine di costruire il regno pacifico di Dio. Spiegando questa verità teologica gli etiopi - che hanno una devozione sconfinata in Maria - dicono, non senza un fondamento teologico anche se storicamente non ne abbiamo riprove, che c’é stato un patto di misericordia tra Gesù e la Madre per cui Gesù avrebbe promesso alla Madonna «che libererebbe per sempre da ogni prova coloro che invocassero il suo nome e celebrassero la sua memoria»[17]. Lo hanno sperimentato in maniera singolare e con frutti copiosissimi già qui in terra tutti coloro che si sono affidati con fede e amore a Maria, invocandola Regina e Madre di misericordia. Sentiamo fra tutti il grande poverello di Assisi. «Nella Chiesa della Vergine Madre di Dio dimorava il suo servo Francesco e supplicava insistentemente con gemiti continui Colei che concepì il Verbo pieno di Grazia e di verità (Gv. 1.14), perché si degnasse di farsi sua avvocata. E la Madre della misericordia - narra la Leggenda maggiore - ottenne con i suoi meriti che Lui stesso concepisse e partorisse lo Spirito della verità evangelica»[18].
La stessa Leggenda ci spiega da dove proveniva la grande devozione mariana di San Francesco dicendoci che «circondava di indicibile amore la Madre del Signore Gesù per il fatto che ha reso nostro fratello il Signore della maestà e ci ha ottenuto misericordia»[19].
Ed é per noi sommamente consolante ed edificante la conclusione cui il biografo perviene: «in Lei, principalmente, dopo Cristo (Francesco) riponeva la sua fiducia, e, perciò, la costituì avvocata sua e dei suoi, in suo amore digiunava, con grande devozione, dalla festa degli Apostoli Pietro e Paolo fino alla festa dell’Assunzione»[20].
A questa Madre di misericordia guarda la Chiesa per esserne fedele imitatrice e per comportarsi come Lei verso tutti, soprattutto oggi, che con il Concilio la Chiesa ha intrapreso un cammino di più umile e amoroso servizio agli uomini.
Aprendo il Vaticano II Giovanni XXIII dichiarava che: «Sempre la Chiesa si é opposta a questi errori (contro la verità della fede); spesso li ha anche condannati con la massima severità. Ora tuttavia la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità... La Chiesa cattolica, innalzando per mezzo di questo Concilio Ecumenico, la fiaccola della verità religiosa, vuole mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà, anche verso i figli da lei separati»[21]. Attraverso Paolo VI il Concilio si presentava al mondo, ai fratelli separati, agli uomini bisognosi di giustizia e di pace, come il luogo e lo strumento dello Spirito Santo per conseguire quella divina misericordia di cui tutti abbiamo bisogno e di cui la Chiesa, seguendo Maria e con la fiducia nella sua assistenza deve esse dispensatrice materna[22]. E a Lei si rivolgerà con la preghiera accorata Paolo VI, chiudendo il terzo periodo conciliare il 21 novembre 1964, esclamando: «O tempio di luce senza ombra e senza macchia, intercedi presso il tuo Figlio Unigenito, Mediatore della nostra riconciliazione con il Padre, affinché conceda misericordia alle nostre mancanze e allontani ogni dissidio da noi, dando agli animi nostri la gioia di amare[23].
Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno preparato e attualizzato con i loro scritti mariani e le loro encicliche (soprattutto gli ultimi due) quanto il Concilio Vaticano II ha evidenziato circa il rapporto tra Maria e la Chiesa, nonché circa la funzione che l’una e l’altra esercitano sotto l’azione dell’unico Spirito e con la stessa carità materna per la salvezza dei fratelli. «Infatti, nel mistero della Chiesa, la quale pure, é giustamente chiamata Madre e Vergine, la Beata Vergine Maria é andata, innanzi, presentandosi in modo eminente e singolare, quale Vergine e Madre[24]. La Chiesa ricopia e segue gli esempi e la stessa funzione di Maria: «...completa l’arcana santità di Lei e ne imita la carità e adempie fedelmente la volontà del Padre per mezzo della Parola di Dio accolta con fedeltà, diventa essa pure Madre, perché con la predicazione e il battesimo genera a vita nuova e immortale i figlioli concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio»[25]. L’espressione massima della misericordia di Dio sta proprio in questa rigenerazione dell’uomo, che, in virtù dei meriti della passione e morte di Cristo, ad opera dello Spirito Santo che da la vita, diviene con il battesimo persona e membro della Chiesa. La Vergine che con Cristo coopera a questa rigenerazione della creatura umana, si mostra ed opera quale Madre di misericordia. E la Chiesa seguendola porta con il suo ministero ad effetto la misericordia di Dio. Dio é la fonte primaria ed assoluta di questa misericordia. Gesù Cristo é la causa efficiente o sacramento primordiale che ce la merita. La Vergine SS.ma e la Chiesa ce la impetrano con la fede e la carità sotto l’impulso dello Spirito.
Da S. Agostino il parallelismo tra Maria e la Chiesa é visto principalmente nel fatto che entrambe partoriscono Cristo: l’una partorisce il corpo e l’altra le membra di Cristo totale[26]. Sia Maria sia la Chiesa sono Madri e come tali avvolgono di misericordia sconfinata con il loro manto materno i figli rinati a vita nuova mentre sperano e pregano che tutti gli uomini ottengano la stessa rinascita.
Questa verità tanto consolante é stata lungo i secoli vissuta da tutta la Chiesa: i teologi l’hanno illustrata, il magistero l’ha predicata, scrittori e poeti l’hanno cantata.
«Salve o torrente di misericordia
fiume di pace e di grazia
splendore di purezza, rugiada delle valli.
Madre di Dio e Madre di perdono»[27]. Esclama Ildefonso di Toledo.
In un Oraziale visigotico leggiamo:
«Ancella e madre santissima del Verbo
nella profondità della tua misericordia
accogli il popolo che a te ricorre»[28].
In un anonimo del V-VI secolo la misericordia di Maria, di cui tutti abbiamo bisogno perché non possiamo rivolgerci direttamente a Cristo, viene esaltata come conseguenza della sua maternità:
«poiché non abbiamo alcuna fiducia a causa dei nostri peccati,
supplica tu colui che é nato da te,
o Vergine Madre di Dio.
Molto può la preghiera di una Madre
per ottenere la benevolenza del Maestro»[29].
In un altro anonimo dello stesso secolo veniamo proclamati tutti noi:
«Che abbiamo te come nostra difesa perché tu intercedi
notte e giorno per noi»[30].
Mirabilmente Dante, riassumendo concetti teologici, voci poetiche ed esclamazioni devozionali, eleva un grande inno alla «Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio» perché:
«in te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
qauntunque in creatura é di bontade»[31].
Ma un inno, non meno eccelso e grandioso, non meno bello ed efficace, è quello che i Figli di Madre Speranza da anni stanno cantando alla «Madre della Misericordia» con il loro ministero e la risposta fedele e generosa alla loro vocazione di figli dell’amore misericordioso.
[1] Cf. Vita Odonis Clun. II, 20; PL 133, 72.
[2] Cf. GIOVANNI PAOLO II, Dives in misericordia, 30,11.1980 n.15; Lumen Gentium, n.52ss.
[3] Cf. A. BERNARD, Simbolismo in Nuovo Dizionario di Mariologia, ed. Paoline 1985, p.1300.
[4] Cf. GOFFI, Spiritualità, in Nuovo Diz., p. 1370.
[5] n. 10.
[6] n. 22.
[7] Cf. At. 1,14.
[8] Cf. n. 15.
[9] Cf. n. 66.
[10] Cf. Ivi.
[11] Edizioni Dehoniane, Bologna, 1986, nn. 97-98, pp. 54-55.
[12] Psicologia in Nuovo Diz., cit. p. 1185.
[13] CALABUIG I., Liturgia, in Nuovo diz. cit. p.779.
[14] LODI E., Preghiera mariana, in Nuovo diz, cit. p. 1142.
[15] LG n.62 dove alle note 15 e 16 a comprova, vengono citate numerose fonti antiche e recenti.
[16] L’osservazione é di P. Cantalamessa, vedi Maria e lo Spirito Santo in l’ Oss. Rom. 14-15 luglio 1986 p. 4, dove, tra l’altro, nota: «La recente enciclica Dominum et vivificantem di Giovanni Paolo II riserva, come le precedenti, uno spazio notevole alla figura della Madonna e questo spazio non é marginale, cioè non si colloca accanto al discorso principale, ma dentro di esso».
[17] GHARIB G. Oriente cristiano, in Nuovo diz. cit. p. 1038.
[18] Fonti Francescane, Ed. Francescane 1986, n. 1051.
[19] Ivi, n.1165.
[20] Ivi.
[21] Discorso di apertura del Concilio 11 ottobre 1962, in «Il concilio Vaticano II», ed Dehoniane, 1967, nn. 57-58 della pagina tra parentesi.
[22] Ivi, nn. 237, 245, 267, 274.
[23] Ivi, n. 323.
[24] LG, n. 63.
[25] lg, n. 64.
[26] Cf. Sermo 213, pl 38, 1061, 1064. S. Abrogio, De Virg. I, 6, 31; PL 197.
[27] In Lodi alla Madonna, Ed. Paoline,1979, p. 72.
[28] Ivi, 370.
[29] Ivi, n. 44.
[30] Ivi, n. 40.
[31] DANTE - Divina Commedia, III - C. XXXIII.