Edouard Gagnon

maria, sposa e madre

 

       Il nostro grande Papa non lascia mai passare l’occasione di proclamare l’avvenire dell’umanità, l’avvenire dell’evangelizzazione, l’avvenire della Chiesa, passano attraverso la famiglia. E difatti, l’Enciclica Dives in Misericordia, non solo ha una grande rilevanza per la famiglia, ma si presenta con un linguaggio e delle illustrazioni che ci riportano sempre alla realtà della famiglia. Avevo cominciato a scrivere un articolo per mostrare il carattere familiare dell’Enciclica ma non ho avuto il tempo di completarlo...

       Una decina di anni fa, in un periodo nel quale la famiglia era vittima di una specie di campagna d’attacchi e di disprezzo ― (la rivista d’un istituto di formazione catechetica aveva invitato i Padri del Sinodo del 1974 sull’Evangelizzazione a non perdere il loro tempo per difendere la famiglia, istituzione destinata a sparire presto!) ― Paolo VI diceva (al Cogecal il 20 ottobre 1975): «La famiglia è al centro delle crisi e delle contestazioni che scuotono la società moderna, precisamente è l’istituzione fondamentale della società e la garanzia della sua stabilità e del suo carattere umano. Di fronte a ideologie che vorrebbero manipolare la società cambiando l’immagine della famiglia e delle sue funzioni sociali, la Chiesa desidera che in ogni campo un’attenzione speciale sia data alla famiglia, perché crede fermamente nella sua missione... Se Dio si è rivelato come Padre, se Cristo ama la sua Chiesa come un marito ama la sua moglie, come possiamo perdere la certezza che la famiglia esisterà fino alla fine del tempo per offrire al mondo una testimonianza di amore?».

       Avrebbe potuto aggiungere: «Come, senza l’esperienza della famiglia, potremmo capire il ruolo di Maria, sposa e madre, il suo amore misericordioso?».

       Madre Speranza, per invitare anche i più disperati ad accettare la misericordia divina parlava sempre di un Dio come Padre: «Pensiamo frequentemente che il nostro Dio si è abbassato fino a noi come il più amorevole Padre verso il proprio figlio»[1]. Non esita a paragonare Gesù ad un Padre pieno di bontà che aspetta il peccatore pentito con vera ansia ed affetto. «Poniamo un interesse speciale per far comprendere ai nostri fratelli che Gesù è per tutti un Padre pieno di bontà»[2].

       Trova anche in Gesù un amore di madre: «L’uomo, il più perverso... il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù, che è per lui un Padre e una tenera Madre»[3].

       La parte forse più impressionante, la più pedagogica dell’Enciclica «Dives in Misericordia», è quella che ci presenta, in una esegesi straordinaria, il dramma del figliol prodigo. L’avrete, senza dubbio, meditata, notando i tratti psicologici del Padre e dei due figli. E’ un dramma tipicamente familiare, il dramma di tante famiglie di oggi, con il conflitto delle generazioni, lo spirito d’indipendenza, le rivalità e gelosie fra fratelli, ma anche quella capacità che ha la famiglia, come lo ripete il Papa, di superare le proprie crisi, attraverso l’amore che sa accettare le divergenze di vista e soprattutto sa perdonare, lascia che vinca l’amore.

       Imitando l’analisi del Papa che va al di là della sobria narrazione biblica, possiamo pensare ad un altro personaggio di quel dramma familiare, personaggio non menzionato ma essenziale, quello della Madre. Dalla storia sacra sappiamo che la mamma aveva un ruolo insostituibile nella vita della famiglia. Pensiamo alla madre del figliol prodigo, moglie del padre misericordioso: che influsso avrà avuto nella formazione del figlio, nello sviluppo della sete di sapere che l’incita a lasciare il nido? Quanto avrà sofferto nella decisione del figlio ingrato? Che cosa avrà fatto affinché il padre non lo lasciasse andare? Quante lacrime e quante preghiere avrà sparso per ottenere da Dio il ritorno del figlio? Che influsso avrà avuto sul padre, giustamente offeso, perché finisca per correre con tanta spontaneità ad abbracciare il figlio? Una cosa è certa: nella preparazione del banchetto del perdono e nella finale riconciliazione del fratello maggiore, sarà lei ad avere il ruolo più concreto e determinante.

       E’ perciò che Giovanni Paolo II, se non parla esplicitamente della sposa e madre nella spiegazione della parabola non manca di consacrare a Maria una parte importante della sua Enciclica. E si potrebbe citare centinaia di discorsi, scritti e preghiere dove ci fa volgere verso Maria mediatrice e madre della misericordia.

       Il programma indica che il tema della misericordia materna di Maria è stato e sarà ancora oggetto di varie e ricche presentazioni.

       Mi sembra che si aspetti da me qualche semplice parola per mostrare che Maria è stata sposa e madre nel senso pieno del termine, non un essere fuori del tempo, un’astrazione, un modello inattingibile.

 

Maria sposa

       La preghiera della Chiesa, gli scrittori ed oratori sacri hanno, già dai primi secoli, messo in onore il titolo di Maria come sposa, ma non tanto come sposa di Giuseppe quanto come «sposa di Dio, sposa del Padre, sposa del Verbo, sposa dell’Agnello, sposa dello Spirito Santo». Sono titoli che hanno bisogno di sottili spiegazioni da parte dei teologi, perché non è facile capire questo straordinario mistero che fa entrare in rapporto con la stessa Trinità Divina, nell’intimità più profonda, l’umile Vergine di Nazareth, scelta dal Padre per essere la madre del suo Figlio Incarnato.

       La teologia ci dice che le azioni divine, quando non si tratta di rapporti personali all’interno della SS. Trinità stessa, sono opere delle tre persone insieme, del Dio Trino. Ma per aiutarci a capire meglio la ricchezza infinita delle perfezioni divine, certi rapporti con l’esterno, con gli uomini concretamente, vengono attribuite ad una od ad altra Persona. Così, per semplificare le cose, la creazione al Padre, la redenzione al Figlio, la santificazione allo Spirito Santo.

       Chi dice che Maria è la sposa del Padre, vuol sottolineare che il Padre dal quale solo viene Cristo come persona divina, ha voluto associarsi Maria perché Cristo nascesse da Lei come vero e perfetto uomo. «Così, come l’ha scritto qualcuno, l’unico Cristo è Figlio del Padre, consostanziale a Lui, secondo la divinità e consostanziale a noi, mediante Maria la Teotokos, secondo l’umanità» (H. M. Manteau-Bonamy).

       Chi dice che Maria è la sposa del Verbo, pensa soprattutto al fatto, che diventando la madre di Cristo e collaborando con Lui alla nostra redenzione, dà con Lui vita alla Chiesa ed ai credenti e riceve da Lui ciò che le dà diritto ad essere chiamata madre nostra e madre della Chiesa. E’ «la sposa dell’Agnello» perché con Lui si è immortalata per noi, ed è per questo che la Liturgia estende a Lei i testi che parlano delle nozze fra la Chiesa e l’Agnello.

       Chi chiama Maria «sposa dello Spirito Santo» ricorda le parole dell’Angelo che, nel giorno dell’Annunziazione, le disse: «Lo Spirito Santo verrà sopra di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà della sua ombra, per questo il bambino che nascerà, sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Questo titolo ci fa anche pensare che lo Spirito non è apparso nella vita della Vergine soltanto al momento dell’Incarnazione, ma che ha preparato il suo cuore e la sua intelligenza a capire e ad accettare la sua vocazione e che è rimasto con Lei per far crescere sempre il suo amore, in altre parole per continuare l’opera i santificazione già iniziata con la sua Immacolata Concezione nel seno della madre Anna.

       La legittimità ed il valore pedagogico di questi nomi di Maria non debbono farci dimenticare che Maria è di fatto «sposa di Dio», «perché è Dio e Figlio e Spirito Santo, che viene in Lei, nella sua vita di donna, capace di maternità, come Padre, come Figlio e come Amore increato e materno. Dire allora che lo Spirito Santo è nella Vergine Maria Amore fecondante, non è né incarnare lo Spirito, né divinizzare la persona di Maria. E’ semplicemente affermare che il Padre inviò lo Spirito comunicandogli la potenza concepiente del suo Amore infinito»[4].

       Non deve dunque sorprenderci il fatto che la Chiesa soprattutto nella sua Liturgia, applichi a Maria i testi dell’Antico Testamento che parlano della saggezza eterna, dell’«amata» del Cantico dei Cantici, della Gerusalemme nuova dove rinascerà il popolo di Dio, popolo nuovo dei fratelli del Primogenito Gesù. Così la liturgia applica a Maria il bel testo di Is 61,10: «Io gioisco pienamente nel Signore, l’anima mia esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come una sposa che si adorna di gioielli»; come pure la liturgia applica alla Vergine il Sal 86, che presenta Sion come la «madre di tutti i popoli», la madre universale: «Tutti là sono nati. Si dirà di Sion (= di Maria): “L’uno e l’altro è nato in essa e l’Altissimo la tiene salda”».

       Ma tutte queste considerazioni ci mostrano che Maria è scelta da Dio come sposa perché destinata ad essere Madre. E Madre lo sarà in un focolare dove lo sposo sarà Giuseppe.

       Non deve dunque essere dimenticato né sottovalutato il fatto che, secondo il piano divino, per essere sposa di Dio per dire il Fiat, condizione previa dell’Incarnazione, Maria ha dovuto essere prima la sposa di Giuseppe.

       La devozione alla Sacra Famiglia rende conto del caso che fa la Tradizione del matrimonio, virginale, ma non per tanto meno genuino, di Giuseppe e di Maria.

       Giovanni Paolo II termina la sua «Esortazione apostolica Familiaris Consortio circa i compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi», con una invocazione significativa alla Sacra Famiglia: «Concludendo questo messaggio pastorale, che intende sollecitare l’attenzione di tutti sui compiti gravosi ma affascinanti della famiglia cristiana, desidero invocare la protezione della santa Famiglia di Nazareth».

       «Per misterioso disegno di Dio, in essa è vissuto nascosto per lunghi anni il Figlio di Dio: essa è dunque prototipo ed esempio di tutte le famiglie cristiane. E quella Famiglia, unica al mondo, che ha trascorso un’esistenza anonima e silenziosa in un piccolo borgo della Palestina; che è stata provata dalla povertà, dalla persecuzione, dall’esilio; che ha glorificato Dio in modo incomparabile alto e puro, non mancherà di assistere le famiglie cristiane, anzi tutte le famiglie del mondo, nella fedeltà ai loro doveri quotidiani, nel sopportare le ansie e le tribolazioni della vita, nella generosa apertura verso le necessità degli altri, nell’adempimento gioioso del piano di Dio nei loro riguardi».

       «Che San Giuseppe, ‘uomo giusto’, lavoratore instancabile, custode integerrimo dei pegni a Lui affidati, le custodisca, le protegga, le illumini sempre».

       «Che la Vergine Maria, come è Madre della Chiesa così sia la Madre della “Chiesa domestica” e, grazie al suo aiuto materno, ogni famiglia cristiana possa diventare veramente una “piccola Chiesa”, nella quale si rispecchi e riviva il mistero della Chiesa di Cristo. Sia Lei, l’Ancella del Signore, l’esempio di accoglienza umile e generosa della volontà di Dio; sia Lei, Madre Addolorata ai piedi della Croce, a confortare le sofferenze e ad asciugare le lacrime di quanti soffrono per le difficoltà delle famiglie».

       «E Cristo Signore, Re dell’universo, Re delle famiglie, sia presente, come a Cana, in ogni focolare cristiano a donare luce, gioia, serenità, fortezza. A Lui, nel giorno solenne dedicato alla sua Regalità, chiedo che ogni famiglia sappia generosamente portare il suo originale contributo all’avvento nel mondo del suo Regno. “Regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace”, verso il quale è in cammino la storia».

       «A Lui, a Maria, a Giuseppe affido ogni famiglia. Alle loro mani e al loro cuore presento questa esortazione; siano Essi a porgerla a Voi, venerati Fratelli e diletti figli, e ad aprire i vostri cuori alla luce che il Vangelo irradia su ogni famiglia»

       «Lo stile di vita all’interno della Famiglia di Nazareth, deve essere il modello dell’ambiente che deve esistere nella Chiesa, famiglia di Dio, dei nostri rapporti con il Padre e con i nostri fratelli.

       Il modo con il quale Maria è sposa di Giuseppe, è il segno visibile del suo nodo di essere sposa di Dio.

       Essere sposi implica unità nell’amore, unione di volontà per apprezzare le gioie ed affrontare i lavori e le difficoltà di ogni giorno, dedizione comune ad una grande missione, compassione quando uno soffre, preoccupazione comune per i figli e tutte le persone che Dio reca nell’ambito della famiglia.

       Una Congregazione religiosa esprime la sua devozione a Maria Sposa, per mezzo della preghiera ai «santi sposi, Giuseppe e Maria» vedendo in essi «il modello dell’intimità con Cristo e l’esempio di una disponibilità fiduciosa e generosa».

       Per figurarmi Maria come sposa, sposa di Giuseppe e sposa di Dio, penso a mia madre. Ritrovo nei miei ricordi tante realtà e degli ideali dei quali parla la Familiaris Consortio quando descrive la famiglia come comunità di amore, scuola di umanità, prima depositaria del compito dell’educazione. Non si distinguono facilmente i ricordi della madre e della sposa, ma la vedo ancora seduta, con inquietudine, quando mio padre tardava a ritornare dal suo lavoro pericoloso, preoccupata di darci rispetto e fiducia verso nostro padre e di coinvolgerlo quotidianamente nella nostra formazione culturale e spirituale. La rivedo vicino a lui, inquieti del futuro, al tempo della grande depressione economica prima della guerra, ma unita a lui nella preghiera fiduciosa.

       La ricordo nei loro ultimi anni di vita, quando i figli avevano lasciato la casa, e mi sembra che così dovevano guardarsi in silenzio Giuseppe e Maria, in un atteggiamento di gratitudine e di ammirazione; che così doveva guardare Maria verso Dio quando meditava nel suo cuore tutte le meraviglie realizzate in Lei e attraverso Lei per l’azione dello Spirito Santo, - che così stia passando la sua eternità di sposa assunta in Cielo.

       Quando leggo nella preghiera delle Ore, il consiglio di San Paolo ai primi Romani, non posso non pensare che tale fu la norma che fece dei miei genitori degli sposi felici benedetti dal Signore come si è certamente verificato nella vita degli sposi Giuseppe e Maria.

       «La carità sia senza finzione; odiate il male, aderite fermamente al bene. Amatevi cordialmente con amor fraterno; nell’onore prevenitevi a vicenda. Nello non  zelo, non siate pigri, ma servite il Signore con fervore di spirito. Gioite nella speranza, siate pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera.

       Prendete parte alle necessità dei santi; praticate l’ospitalità. Benedite chi vi perseguita; benedite e non vogliate maledire. Gioite con chi gioisce; piangete con chi piange. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri. Non aspirate alle grandezze, ma lasciatevi attrarre da ciò che è umile. Non vogliate essere saggi agli occhi vostri. Non rendete a nessuno male per male. Procurate di fare il bene dinanzi a tutti gli uomini.

       Se è possibile, per quanto sta in voi, vivete in pace con tutti.

 

Maria Madre

       Molto è detto della maternità di Maria quando si mostra come fu sposa. Sentiamo parlare più spesso di Lei come madre che non come sposa. E si trova la parola Madre nella formulazione dei temi di quasi tutti le relazioni di questo Convegno.

       Maria è, nel piano divino e nella dottrina cattolica, essenzialmente la Madre. La definizione teologica della sua maternità divina, nel Concilio di Efeso, ha marcato un momento decisivo nella presentazione della dottrina cristologica della Chiesa.

       La maternità divina spiega tutti i privilegi e le prerogative di Maria, è la fonte di tutti i titoli con i quali la pietà cristiana l’ha onorata.

       E’ perché è la Madre del Cristo Dio, e dunque senza equivoci, madre di Dio che è stata proclamata successivamente Madre nostra, Madre dei fedeli, Madre dei sacerdoti, Madre universale e Madre della Chiesa. Paolo VI, superando tutte le esitazioni dei Padri del Concilio Vaticano II, ha voluto coronare il Concilio stesso con la proclamazione di questo ultimo titolo della SS. Vergine, gesto particolarmente importante all’inizio di un periodo dove si potevano prevedere le crisi attraverso le quali doveva passare la Chiesa e si sentiva il bisogno profondo che Essa aveva di protezione materna.

       Conosciamo il capitolo importante che il Concilio ha riservato a Maria, nella presentazione rinnovata che dà della Chiesa. E’ un capitolo senza il quale la Costituzione Lumen Gentium sarebbe rimasta incompleta.

       Rileggiamo un brano che ne riassume il pensiero fondamentale: «La beata Vergine, insieme con l’incarnazione del Verbo divino predestinata fino dall’eternità quale Madre di Dio, per disposizione della Divina Provvidenza fu su questa terra, l’alma madre del Divino Redentore, compagna generosa del tutto eccezionale e umile ancella del Signore. Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col figlio suo morente in croce, cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore coll’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo fu per noi madre nell’ordine della grazia».

       «E questa maternità di Maria nell’economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell’Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci le grazie della salute eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata. Per questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice» (LG, 41 e 42).

       Avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice, non sono dei titoli che daremo alle nostre madri quando ricordiamo con gratitudine ciò che hanno fatto per noi, ciò che hanno dato della loro propria sostanza per darci la vita del corpo e dello spirito?

       E sono state anche consolatrici, maestre d’umanità, d’amore, di santità, di apertura verso gli altri, di generosità.

       Non è, come per gioco, solo in apparenza che Dio Padre ha affidato a Maria e a Giuseppe il suo Figlio. Gesù ha preso su di sé le infermità e le debolezze della nostra natura; ha voluto, secondo la volontà del Padre, dipendere da loro, ricevere da loro non solo la protezione e le cure fisiche, ma anche la formazione umana che lo avrebbe gradualmente condotto all’età adulta, all’inizio della sua vita pubblica. Dio ha voluto che i tratti fisici ma anche le virtù sociali ed i modi di essere con i quali Gesù si distingueva dai suoi coetanei, avessero qualcosa che lo facesse rassomigliare a Sua Madre. Il mistero dell’Incarnazione implica anche questo.

       Ma noi abbiamo ancora più bisogno dell’attenzione materna di Maria, non cesseremo mai di averne bisogno. Ed è per questo che la veneriamo come la Madre della misericordia e che diciamo con tanta fiducia la preghiera semplice della Chiesa: «Concedi ai tuoi fedeli Signore Dio nostro, di godere sempre la salute del corpo e dello spirito e per la gloriosa intercessione di Maria santissima, sempre vergine, salvaci dai mali che ora ci rattristano e guidaci alla gioia senza fine» (Messa della B. V. M.).


[1]        M. SPERANZA DI GESÙ, Las Esclavas, p.331

[2]        M. SPERANZA DI GESÙ, La perfección de la vida religiosa n.53 pag.62, Ediz. L’Amore Misericordioso, Collevalenza 1967.

[3]        Cf. ibid. n.53, pag. 62.

[4]        Cf. Dizionario di Mariologia, o.c. p.1342.