Agostino e Maria Cristina  Moscatelli

la spiritualitÀ matrimoniale nell’attuale situazione culturale

 

Alcune premesse

       Parlare oggi di spiritualità e, in particolare, di spiritualità matrimoniale non é facile: si ha l’impressione di fare un discorso controcorrente, un po' fuori tempo.

       Il momento più ricco riguardo a questo tema é stato probabilmente quello del Concilio e dell’immediato dopo Concilio, quando alcuni passaggi della Lumen Gentium hanno aperto ai laici in generale e agli sposi in particolare prospettive spirituali nuove, che precedentemente sembravano riservate ai soli consacrati.

       In particolare per l’ambito che qui ci interessa, il Concilio ha promosso nei confronti del matrimonio un’attenzione che ha finalmente portato a superare quella di ordine quasi esclusivamenteetico-giuridica che aveva caratterizzato i tempi precedenti.

       Tale attenzione si è riaccesa in Italia nel 1975 e negli anni immediatamente successivi, grazie al documento dell’Episcopato italiano «Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio», e al clima connotato da una forte attenzione allo spirito del Vangelo, promosso dal piano pastorale «Evangelizzazione e Sacramenti».

       Oggi, l’attenzione alle tematiche spirituali proprie della vita matrimoniale può essere attenuata da due tendenze:

―    da un lato lo spostamento di interesse teologico e spirituale dal matrimonio alla famiglia, provocato soprattutto da una prassi pastorale e da una ricerca teologica ancora abbastanza restie ad osservare una distinzione tra i due piani (quello coniugale e quello familiare) e ad approfondire separatamente il loro rispettivo significato, per poter meglio valorizzare e porre in sequenza le due realtà, per progettare, cioè, un cammino spirituale corretto che tenga conto delle priorità sacramentali e teologiche;

―    dall’altro lato la concentrazione su tematiche e urgenze di natura «missionaria» rischia a torto di far considerare obsoleto il tema della spiritualità, quando la «missionarie» viene ridotta ad attivismo e quindi separata di fatto dallo stile di vita.

 

Il clima culturale

       La società tecnologica, la preponderanza dell’uso dei media audiovisivi che hanno efficacia più rapida e ampia rispetto a quelli cartacei, la frettolosità dei tempi e dei rapporti, il bisogno spasmodico di creare e di consumare, sono altrettante situazioni che connotano la cultura contemporanea dell’area cosiddetta occidentale.

       Tutto ciò non crea un clima favorevole e incentivante per la riflessone, per gli approfondimenti, per le ricerche di tipo filosofico, per rapporti fondati su interessi di tipo contemplativo, non immediatamente monetizzabili e fruibili sul piano materiale. Questo clima é respirato da tutti, anche dai cristiani, e può rendere facilmente ragione del più o meno esplicito atteggiamento di diffidenza nei confronti della ricerca puramente spirituale, specie quando si vuole applicarla ad ambiti di vita come quello coniugale, completamente immerso nelle situazioni del quotidiano, senza ripari e senza sconti.

       Anche il sistema organizzato nel quale ci troviamo a vivere, caratterizzato dallo scorrere sempre più frenetico delle ore e delle giornate, rende difficile nelle stesse comu­nità cristiane e nelle famiglie dei cristiani il reperimento di tempi di riflessione, di osservazione sul proprio vissuto, di approfondimento dei valori fondanti la realtà quoti­diana che scorre troppo velocemente per essere valorizzata nei suoi aspetti meno imme­diatamente appariscenti e produttivi.

 

Gli equivoci sulla spiritualità

       Il concetto di spiritualità, così come viene percepito oggi da una gran parte dei credenti anche impegnati, é spesso sottoposto, in assoluta buona fede, a operazioni ridut­tivistiche e a letture ambigue, che contribuiscono a rendere diffidenti rispetto a queste attenzioni.

       Il termine richiama infatti erroneamente, forse per il permanere nella memoria collettiva degli adulti di prassi spirituali e pastorali proprie dei tempi preconciliari, attività caratterizzate da atteggiamenti di tipo devozionistico, dalla tendenza alla chiusura nel privato, dall’adesione a piccoli gruppi elitari (qualche volta anche socialmente e cultural­mente), mentre ai giovani esso sembra riguardare attenzioni considerate proprie della vita consacrata e del tutto inadeguate rispetto alla qualità e quantità dei doveri e degli impegni in cui immette la vita coniugale.

       Si sente ripetere frequentemente che l’uomo di oggi ha sete di spiritualità, ed é vero, ma spesso questa sete viene saziata con risposte esaltanti, con l’offerta di esperienze fuori del comune con la promessa di interventi miracolosi e apparizioni celesti: é un altro modo di diffondere equivoci sulla spiritualità, almeno su quella che si può desumere dal disegno salvifico che emerge dalla Parola di Dio e dalla storia della Chiesa.

 

Che cosa si intende per spiritualità

       Probabilmente, specie nella cultura pluralistica contemporanea, tra i credenti in Cristo sarebbe necessario aggiungere sempre, al vocabolo «spiritualità», l’aggettivo che la con­nota: «cristiana». La spiritualità cristiana, quella che qui si vuole applicare agli sposi, é appunto connotata dall’attenzione e dall’adesione a Cristo.

       In termini più generali, infatti, essa potrebbe essere confusa con gli innumerevoli, ammirevoli e generosi sforzi di cui l’umanità ha sempre dato testimonianza, per trascen­dere il dato materiale, e sviluppare le potenzialità dello spirito umano. Non mancano neppure oggi impegni in tal senso, quando si pongono in atto energie per la pace, per la realizzazione di una fratellanza universale, quando si coordinano interventi del tutto gratuiti in favore di chi soffre, quando si valorizzano in ogni modo le facoltà superiori delle persone e dei popoli, mediante l’arte, la musica, la cultura in genere.

       Ma la spiritualità cristiana ha alcune caratteristiche peculiari e proprie, che consentono di non confonderla con questo pur meraviglioso e diffuso impegno.

       La spiritualità cristiana é vita secondo lo Spirito, é spiritualità di risposta e non di iniziativa: non é l’uomo che si sforza di andare a Dio, ma é Dio che si piega sull’uomo mettendogli a disposizione lo Spirito di Cristo: «Venite e prendete senza denaro e senza spesa, vino e latte», dice il Signore.

       Forse molta parte del rifiuto implicito o esplicito che la spiritualità cristiana subisce anche nelle comunità più vive, dipende da questo equivoco di fondo, dalla pretesa, cioè, che la spiritualità cristiana si realizzi quando l’uomo compie sforzi sovrumani per raggiungere il trascendente ed entrare in contatto con esso: no; in Cristo Dio ha preso l’iniziativa di colmare l’abisso di divisione tra Lui e l’uomo e di mettersi alla sua portata.

       In fondo questo é lo scandalo cristiano, quello che ha causato a Gesù l’accusa di essere blasfemo: la possibilità di chiamare Dio con il nome di Padre.

 

Il primato della Parola

       Il cristiano non deve fare sforzi e non deve inventare la propria spiritualità, neppure deve cercarla lontano o in esperienze particolari, perché é tutta presente nella Bibbia, che gli narra una storia, incarnata prima in un popolo e poi, nella pienezza dei tempi, in una persona: Gesù. E’ una storia d’amore che insegna quali siano le strade e le dinamiche attraverso le quali porre la propria vita in relazione con il trascendente: sono le strade dell’ascolto e della risposta alla chiamata.

       Allora il cristiano che vuole vivere secondo un disegno spirituale, si pone in ascolto e allo studio della Parola, per essere in grado di interpretarne le logiche, al di là della veste culturale attraverso la quale giunge a lui da secoli: in questo modo eviterà le applicazioni ingenue e affrettate, le letture riduttive o fondamentaliste, saprà trarre da essa le linee basilari del proprio impegno e le logiche sulle quali impostare la propria vita.

 

Cristo e il suo corpo

       La Parola di Dio non giunge al cristiano solo attraverso le parole scritte nella Bibbia, ma anche, e in modo conseguente e privilegiato, attraverso la vita di Gesù di Nazareth, che é insieme figlio di Dio e figlio dell’uomo: questa sorprendente incarnazione rende estremamente più vicino Dio all’uomo ma anche più comprensibile, più attuabile la Parola. In Cristo, Dio rivela se stesso all’uomo e l’uomo a se stesso: da Cristo si può desumere la pienezza della sapienza e della spiritualità umana.

       Ma Cristo non é un personaggio storico del passato, da venerare e da ricordare, é una presenza attuale e efficace nella chiesa, la comunità raccolta nel suo nome e resa viva dal suo Spirito.

       La spiritualità cristiana é quindi biblica, perché si ispira alla Parola e si nutre di essa, cristologica, perché non si accontenta della Parola scritta, ma fa riferimento alla Parola vivente, al Verbo che «si é fatto carne ed é venuto ad abitare in mezzo a noi» (cfr. Gv 1), ecclesiale, perché lo Spirito presente nella Chiesa la abilita a compiere gesti che rinnovano, fanno memoria, rendono presente e attuale il sacrificio pasquale di Cristo: i sacramenti.

 

La vita quotidiana

       E infine come per Cristo, così per ogni cristiano la spiritualità non é evasione: é al contrario compromissione totale con la propria chiamata e con il destino dell’umanità. In questo senso la spiritualità é sempre nuova e sempre creativa, perché chiede di incarnare le logiche che hanno guidato la vita di Cristo nell’attualità, nelle situazioni concrete della vita, secondo le esigenze della cultura, del territorio in cui l’uomo vive.

       E si può parlare di spiritualità matrimoniale, perché la condizione del matrimonio é condizione che connota in modo radicale la vita di una persona avendo proprie logiche e proprie esigenze. E si può parlare di spiritualità matrimoniale nelle attuali condizioni culturali, perché il matrimonio é realtà fortemente condizionata dalla cultura: il modo di abitare, la condizione femminile, le modalità in cui si esprime l’educazione, la concezione del lavoro, le risorse economiche, le strutture sociali, i regimi politici condizionano fortemente il modo di vivere il matrimonio non solo dal punto di vista materiale, ma anche da quello spirituale, perché le due dimensioni, quella materiale-sociale e quella spirituale, non sono due capitoli diversi di una stessa vita, ma costituiscono la vita stessa delle persone.

 

La spiritualità matrimoniale

       La spiritualità matrimoniale é l’esperienza cristiana dei due sposi fondata sul sacramento del matrimonio. «Mediante il Battesimo l’uomo e la donna sono definitiva­mente inseriti nella nuova ed eterna alleanza, nell’alleanza di Cristo con la Chiesa» (FC 13). Due battezzati che si sposano si uniscono tra loro in Cristo e diventano segni dell’amo­re di Dio per gli uomini, di Cristo per la Chiesa; i due sposi non solo simboleggiano l’amore di Cristo per la Chiesa ma lo riproducono e lo rendono veramente presente nel mondo. «Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che é avvenuto sulla croce: sono l’uno per l’altro e per i figli testimoni della salvezza» (FC13).

       Anche gli sposi allora possono concepire la loro vita come risposta ad una vocazione, consacrata/originata da un sacramento che é permanente come segno e come grazia, animata dallo Spirito Santo in tutti i suoi aspetti, vissuta insieme nella Fede, Speranza e Carità, santificata dalla presenza di Cristo che continuamente arricchisce, purifica e sostiene il loro amore. E sanno di formare con il loro figli una «chiesa domestica», una realizzazione in piccolo della chiesa, non autosufficiente certo ma responsabile anch’essa dell’annuncio del Vangelo, della vita di comunione, della crescita del Regno.

       Nell’ambito del matrimonio cristiano spiritualità coniugale e spiritualità familiare sono aspetti distinti e inseparabili: la spiritualità coniugale si realizza nel rapporto tra uomo e donna ed é caratterizzata dall’amore e dal Sacramento del matrimonio; la spiritualità familiare si riallaccia alla prima ma si estende al rapporto tra genitori e figli definito dalla dimensione affettiva ed arricchito dalle varie età. La spiritualità matrimo­niale si manifesta, in questa prospettiva, come il cammino attraverso il quale la vocazione alla santità, comune a tutti i fedeli, si attua nella specifica condizione di vita del matrimo­nio e della famiglia, cioè in tutto il complesso della realtà umana che costituisce la sostanza della vita coniugale e familiare (la sessualità, i rapporti con il coniuge e con i figli, il lavoro, l’impegno socio-politico). Ed é una spiritualità di comunione: comunione uomo-donna, comunione fra tutti i membri della famiglia, comunione che a partire dalla famiglia e dall’esercizio di comunione che in essa si vive, si diffonde non solo come testimonianza ma anche come grazia moltiplicatrice, nella comunità.

       Sarebbe un errore pensare che l’attenzione alle dimensioni spirituali del matrimonio debba scattare dopo la celebrazione del sacramento: é necessario parlare di spiritualità matrimoniale fin dall’adolescenza, perché la spiritualità non s’improvvisa: «l’uomo naturale non comprende le cose dello Spirito, per lui sono follia e scandalo», avverte S. Paolo. Fin dal suo formarsi, la coppia può e deve essere orientata verso un’impostazione del proprio rapporto che non tenga conto soltanto dei «bisogni» affettivi e sessuali, delle convenienze e dei sentimenti, ma orienti tutte queste realtà dentro una logica, secondo un progetto, verso una meta.

       Dentro la novità radicale costituita da Cristo, possiamo individuare almeno tre dimensioni che la coppia é chiamata a scoprire e a vivere lungo la sua storia, già prima della celebrazione del matrimonio, quando si rende attenta allo Spirito di Gesù e si impegna ad incarnarlo nella propria vita: il dono di sé, la speranza e la fecondità.

 

Il dono di sé

       L’uomo e la donna di oggi, che si trovano a vivere spesso in situazione di estrema solitudine, nell’affollamento della grande città e nella frammentazione dei molti ambiti di lavoro e di impegno, sono portati facilmente, anche a causa delle illusorie e sollecitazioni dei mass-media, a credere che la situazione di coppia possa garantire comunque la possi­bilità di salvarsi dalla solitudine che sembra essere una delle condizioni più pesanti e più diffuse nella cultura di oggi.

       Nasce così la tendenza ad esaltare la situazione di coppia, a ricercarla talvolta con affanno, accumulando spesso delusione su delusione, perché l’immagine mistificata di coppia felice promessa dai mass-media appare molto lontana dalle esperienze che si riescono a realizzare, per cui si é portati ad eliminare tutto ciò che sembra attentare al diritto alla felicità, sulla base di scelte soggettive svincolate da norme permanenti e signi­ficative per tutti.

       Il cammino della spiritualità matrimoniale presenta invece altre e più realistiche dimensioni: non é la coppia che sottrae alla solitudine, ma l’amore, la disponibilità agli altri, la capacità di donarsi e di coinvolgersi, e ciò si può realizzare sia nella coniugalità che nella verginità: questo insegna il vangelo di Cristo, la «buona novella» di cui Egli é stato portatore a prezzo della morte.

       Questo richiede agli sposi di realizzare prima di tutto una comunità di fede che deve tendere alla piena comunione dell’amore-carità. I coniugi devono, infatti, porre in comunione tutte le loro aspirazioni, disegni, speranze, ma innanzitutto devono mettere in comunione la loro fede per giudicare alla sua luce tutta la vita, per tradurla «insieme» nelle opere e nell’impegno di solidarietà verso tutti, per crescere «insieme». La coppia cristiana scopre così di essere non per sé, ma per gli altri, non solo gli altri più diretti e vicini (figli, il coniuge), ma tutti gli uomini.

       In tale maniera si può costruire una storia di coppia autentica sempre bisognosa di crescere, sempre proiettata oltre se stessa, nella convinzione che lo sposo o la sposa con cui si condivide la vita é solo un’immagine, una promessa, un mezzo, un anticipo dello Sposo celeste.

 

La speranza

       Il cammino matrimoniale é segnato da momenti felici e da momenti tristi, da vittorie e da sconfitte, da realizzazioni e fallimenti. Mentre gli aspetti positivi rischiano di passare spesso inosservati, i secondi lasciano qualche volta tracce negative profonde nella storia della coppia, portano l’esperienza bruciante della frustrazione e del fallimento, inducono la tentazione della rottura definitiva.

       A tutto questo dà risposta la dimensione della speranza, che é dimensione impre­scindibile della spiritualità cristiana. Non si tratta solo e semplicemente della speranza che le cose potranno andar meglio in futuro, ma si tratta della speranza, alimentata dalla fede, che Dio é un Padre che non dà pietre a chi gli chiede pane, e che quindi concederà il superamento delle difficoltà a chi non confida solo in se stesso ma si affida a Lui e accoglie le sue logiche nella propria vita di coppia. La spiritualità cristiana insegna che la speranza é inseparabile dalla croce: anzi é la croce che apre alla speranza perché pone sulle orme di Cristo.

       Allora le difficoltà anche gravi della vita a due si possono superare non con la logica del compromesso né tanto meno con l’evasione, ma con la logica di Cristo che «ci ha amati per primo quando eravamo ancora peccatori», come ricorda S. Paolo «Amare per primi», nella coppia, significa imparare a perdonare e a chiedere perdono, ponendosi l’uno per l’altra come segni concreti di speranza che le difficoltà sono sempre momentanee e sempre superabili, solo che si riesca a perdonare. E coltivando la speranza nelle difficoltà, ci si apre insieme alla realistica constatazione non dei limiti dell’altro, semplicemente, ma del pro­prio limite insuperabile di coppia, che é il segni della comune condizione di peccato, e alla speranza che solo in cieli nuovi e terre nuove, quando Dio sarà «tutto in tutti», la comu­nione perfetta sarà possibile.

 

La fecondità

       Anche questo é elemento particolarmente delicato nella vita della coppia. Non si tratta evidentemente della sola fertilità, ma di tutti gli aspetti della fecondità che nascono nell’amore di due persone. Anzitutto l’arricchimento e la crescita reciproca, provocata in ciascuno dal desiderio di piacere e di far piacere all’altro, di dargli benessere, di metterlo in condizione di essere grato per la vita che conduce.

       Ma poi questa ricchezza trabocca dalla copia alla famiglia, ha riflessi sul mondo circo­stante, provoca nuove vite, diventando paternità-maternità per la regolazione della quale, la coppia non si affida in modo indiscriminato alle tecniche manipolatorie e nemmeno al caso, ma impara a leggere in se stessa le leggi che ne consentono la gestione.

       Fecondità che si esprime anche e soprattutto nell’educazione, nella dei piccoli e di tutti gli indifesi, che supera le leggi della carne e del sangue e si rende disponibile ad accogliere come propri i bambini che non hanno famiglia. Fecondità che é testimonianza, personale e sociale, che la vita matrimoniale può essere vissuta secondo logiche e direttive diverse da quelle proprie del consumismo, e che in questa testimonianza si fa missionaria.

       Questo richiede un’educazione continua, fin dall’adolescenza, ai valori umani e mo­rali, specialmente per l’esperienza dell’amore sessuale e coniugale, oggi particolarmente ambigua e difficile. E’ educazione ai significati della sessualità, cioè educazione dell’istinto e dei sentimenti, é educazione a sposarsi ma é anche educazione alla castità. Termine non più usuale e usato , la castità, ma insieme virtù importante dell’amore. Castità é amore fedele ai propri sentimenti, é istinto vissuto come capace di veicolare un amore personale e il dono di sé. Castità é anche capacità di esprimersi l’amore personale attraverso i segni corporei, le manifestazioni fisiche dell’affetto, ma adeguandole al cammino della persona e della coppia.

 

Nell’attuale situazione culturale

       Il discorso fatto in quest’ultima parte può essere accusato di anacronismo e di astrattezza: sono pensieri e direttrici che apparentemente portano fuori dalla logica dei pensieri che quotidianamente assilla una coppia, che la inducono ad attenzioni che si possono considerare da un lato «raffinate», e dall’altro ininfluenti rispetto al quotidiano. Questa é la sfida che l’attuale situazione culturale pone alla coppia che voglia impegnarsi in un cammino spirituale: come conciliare l’esigenza di farsi discepoli del Signore restando insieme ben radicati nella realtà circostante, senza evadere e senza rinchiudersi?

       L’impegno può apparire contraddittorio, se non si riesce a cogliere il significato profondo dell’incarnazione e della radicale storicità della persona di Gesù che, pur essendo tutto rivolto verso il Padre, si é totalmente compromesso con la realtà del suo tempo, condividendone, fino alla morte, le contraddizioni. Non si tratta quindi di utilizzare la Parola, la comunità cristiana, i sacramenti per sfuggire agli impegni che la realtà circostante propone, ma di lasciarsi inviare da quella Parola, da quella chiesa, da quei sacramenti, con occhi e disponibilità nuovi, rinnovati e resi consapevoli che le realtà materiali nascondono una realtà spirituale da far emergere e valorizzare con le nostre scelte.

 

La valorizzazione del quotidiano

       Probabilmente il cammino della spiritualità matrimoniale deve partire da qui, oggi: la frettolosità dei rapporti rende distratti rispetto al valore delle piccole occasioni, dei momenti di confidenza, di intimità profonda, di autenticità totale. Si rischia di incontrarsi sempre e solo sulle cose da fare e da programmare, su progetti materiali da realizzare, senza mai chiederci chi siamo l’uno per l’altra, che cosa vogliamo, che cosa ci aspettiamo l’uno dall’altra, che senso ha ciò che stiamo facendo. E’ in un clima dove si trova spazio per queste attenzioni che cresce anche la capacità dei piccoli gesti di affetto, di confidenza, di gentilezza.

       Sono attenzioni che potrebbero essere scambiate per intimismo se non sono utilizzate come spazio per scelte comuni da realizzare in favore degli altri: c’é il rischio infatti di confondere l’unità con l’intimismo e l’apertura con la divisione, e di dimenticare che solo una coppia autenticamente e profondamente unita può realizzare un’apertura agli altri autentica e significativa, mettendo anche in comune con naturalezza la propria fatica. Quando si impara a valorizzare il quotidiano di coppia, si impara anche a valorizzare il quotidiano sociale, le esperienze piccole e significative che si conducono con gli altri, e la coppia può diventare luogo a cui far riferimento per aver consiglio, per trovare riposo, per rinnovare la propria vita, specie da parte dei giovani, di coppie in formazione, di anziani soli.

       Questa dimensione della spiritualità cristiana contesta implicitamente la ricerca di esperienze «forti», oggi tanto diffusa, induce alla sobrietà, ad un raccoglimento operoso e presente, aiuta ad evitare pretese di presenzialismo che spesso trascurano il dovere della discrezione, e questo senza tradire la radicalità della proposta, che ha caratterizzato l’esperienza di Gesù e deve caratterizzare quella dei suoi discepoli.

 

Le solite povertà

       La società opulenta nella quale viviamo, l’abitudine allo spreco che caratterizza la vita economico-sociale del mondo occidentale inducono con facilità ad ignorare l’esistenza della povertà: sembra che i milioni di cittadini che si sottopongono al rito dell’evasione estiva di massa corrispondano a tutta la popolazione italiana, ma poi i censimenti evidenziano che più di un terzo di italiani (e in genere quelli più bisognosi di cambiare aria) non si muovono affatto e qualche anziano muore per il caldo nella sua casa o in ospedale; l’opulenza delle vetrine di arredamento o di abbigliamento fanno dimenticare le famiglie sfrattate, i «bassi» sovraffollati, la penosa promiscuità delle convivenze nelle periferie cittadine; gli eccessi di nutrimenti inutili e dannosi fanno dimenticare che in tutto il mondo, anche in Italia, si muore di fame.

       Se il cammino spirituale di una coppia non è vissuto come evasione, ma come risposta alla chiamata del Signore che chiede al suo discepolo dio compromettersi con l’uomo, queste realtà non possono sfuggire ai cristiani che sono chiamati a sentire come proprie le povertà dei fratelli.

       Si tratta allora di impostare la vita con sobrietà economica, facendosi accorti degli sprechi che con indifferenza la società dei consumi ci induce a nostro malgrado a perpetrare; si tratta di mettere a disposizione ciò che si ha, in modo da realizzare, pur nella limitatezza delle piccole scelte quotidiane, una sorta di giustizia che contesti le molte ingiustizie consumate a danno dei poveri.

       Ma evidentemente se da un lato le scelte personali sono imprescindibili, dall’altro é necessario riconoscere che esse sono sufficienti: la povertà é da combattere anche a livello sociale e politico, e quindi nessuna coppia può sottrarsi a questo impegno, privilegiando i campi di azione in cui si sente più competente. Del resto nessuno come due sposi é in grado di conoscere e di far sapere quale peso negativo possa avere l’indigenza, la precarietà e la mobilità del lavoro, l’ozio indotto dalla sua sospensione forzata ( la «cassa integrazione») nella vita di una coppia e di una famiglia.

 

Le nuove povertà

       Ma accanto a queste povertà di sempre, oggi aggravate dall’opulenza esibita e dallo spreco generalizzato, i sociologi hanno evidenziato quelle che definiscono «nuove povertà», proprie dell’attuale situazione culturale. Si tratta di un’incapacità diffusa di intrattenere rapporti umani sinceri e profondi, gratificanti e arricchenti. Tale incapacità appare evidente agli occhi di tutti ed ha momenti di esasperazione negli episodi di violenza familiare e sociale (bambini picchiati, ragazze violentate, intolleranza razzista) che qualche volta, riportati dalla cronaca, colpiscono momentaneamente la fantasia suscitando reazioni di sdegno e di compassione, anche intense ma di breve durata. Essa viene attribuita dagli studiosi di scienze sociali alla diffusa dimestichezza che l’uomo post-industriale ha realizzato nei confronti delle macchine, dagli elettrodomestici al computer, dall’automobile al televisore: il convivere a lungo ed in occasioni diverse e continue con questi strumenti che soddisfano immediatamente le esigenze più diverse, che «obbedi­scono» senza ribattere, sembra che riduca in modo preoccupante, nell’uomo la sua capacità di dialogare con partners umani, di avere pazienza, di saper aspettare, di svilup­pare le doti adeguate alla realizzazione di rapporti interumani e sociali pieni, solidi e soddisfacenti.

       Un’altra dimensione di queste nuove povertà é rappresentata dalla solitudine: sia per l’incapacità di dialogare su temi non immediatamente funzionali, sia per la riduzione progressiva del numero dei componenti la famiglia, sia per la ristrettezza delle abitazioni che per la tendenza ad avere rapporti fugaci, occasionali, ufficiali, parziali, nei quali la persona si lascia coinvolgere solo in parte e solo momentaneamente. Restano allora nella vita e nella storia delle persone ampie aree di solitudine, spesso riempite con attività di evasione, che evidentemente non risolvono il problema.

       Tra queste solitudini, i sociologi hanno individuato quella propria della famiglia monoparentale: padri, o più frequentemente madri, separati, divorziati o vedovi, che convivono con un unico figlio in un equilibrio organizzativo sempre più precario, con una forte tendenza al possesso reciproco e alla reciproca dipendenza, con grosse difficoltà di rapporti sociali costruttivi ed educativi.

       Negli stati dell’Europa occidentale (Svizzera, Germania occidentale, Francia, Belgio, mancano dati italiani) il fenomeno sottoposto a indagine statistica nel 1987, ha rilevato la consistenza del 10% rispetto alla totalità delle famiglie esistenti. Il cammino della spiritua­lità matrimoniale, a partire da una Parola che affida il fratello al fratello, consente alla coppia di aprire progressivamente gli occhi su queste realtà e di cogliere le opportunità di interventi amicali autentici, di sostegni morali ed educativi, di sottrarre insomma alla solitudine o almeno alleviarne il peso, mettendo a disposizione con semplicità e immedia­tezza le risorse affettive che vengono da un’esperienza di coppia faticosa ma costruttiva, e le risorse materiali che vengono dall’aver a disposizione una casa dove accogliere, ospi­tare, offrire amicizia e benessere.

 

Il nutrimento della vita spirituale

       La vita matrimoniale sarà normalmente modellata dalla storia della salvezza, soltanto se i coniugi da soli o insieme ai figli alimenteranno la loro vita spirituale con l’ascolto della Parola di Dio, il rinnovamento nel reciproco perdono, l’incontro sacramentale con Cristo nell’eucarestia, la costante ricerca di un contatto vivente con Dio nella preghiera. Infatti, Parola, penitenza, eucarestia formano il tessuto della preghiera coniugale e familiare, che, in quanto comunitaria, non può radicarsi in queste realtà.

       Purtroppo la coppia e la famiglia cristiana, nel campo della preghiera, non possono contare, almeno in Italia, su una tradizione significativa da continuare e reinterpretare. Sono troppo frammentarie e periferiche le forme di vita religiosa familiare del passato e sono per lo più tramontate insieme con un certo contesto socio-religioso.

       Il problema della preghiera coniugale e familiare é, prima di tutto, un problema di fede e di senso ecclesiale, ma é anche un problema pratico: di organizzazione, di forme concrete, di ritmi giusti, adattati alle condizioni di vita di persone diverse che vivono insieme. Si pone quindi il problema per la famiglia cristiana di una nuova creatività che porti innanzitutto alla valorizzazione delle forme tradizionali di preghiera (tra cui pos­siamo porre le preghiere del mattino e della sera, le preghiere della mensa, il Rosario, l’Angelus), ma anche alla ricerca di nuove forme di preghiera comune, ad esempio con scadenza settimanale, attraverso incontri attorno alla Parola di Dio che diventino possibi­lità di riflessione, revisione di vita,. scambio di esperienze e di doni spirituali, e comune programmazione di un impegno cristiano vissuto nella molteplicità delle esperienze quotidiane.

       Dalla rinnovata consapevolezza ecclesiale di molte famiglie cristiane di vivere come «chiese domestiche»nasce l’esigenza di porre in termini nuovi il problema del rapporto famiglia-liturgia, sia nel senso di una partecipazione della famiglia, come tale, alle celebrazioni liturgiche della chiesa (spesso celebrate nella sua stessa casa), sia nel senso di un prolungamento o di una preparazione nell’ambiente domestico del culto della chiesa.

       La partecipazione all’Eucarestia, specie a quella domenicale fatta da tutti i componenti della famiglia, la Liturgia delle Ore (presentata da Paolo VI come «vertice a cui può giungere la preghiera domestica»), l’anno liturgico, vissuto come itinerario di vita cristiana, rappresentano linee di impegno che arricchiscono e alimentano la vita spirituale degli sposi e della famiglia tutta.

       Infine le tappe dell’iniziazione cristiana dei figli (battesimo, cresima, messa di prima comunione, prima confessione) offrono a tutti i componenti della famiglia di associarsi ad un cammino di fede e di vivere un sacramento come momento di grazia della famiglia stessa. In questi «eventi» della vita cristiana si fa più manifesto il legame che necessaria­mente deve intercorrere fra la comunità famigliare, che voglia vivere come chiesa i propri rapporti interpersonali e la comunità ecclesiale in senso proprio. Tutto questo non é facile. Ci vuole fede, coraggio, creatività, continuità e capacità anche di sacrificio per «la perla preziosa» della preghiera.

 

Una conclusione aperta

       Una riflessione sulla spiritualità matrimoniale deve essere necessariamente aperta, provvisoria: l’ultima parola sarà detta alla fine dei tempi quando lo Spirito avrà portato l’umanità alla pienezza delle nozze dell’Agnello. Ora, nel cammino, resta solo alla coppia di essere attenta alla Parola del Signore e alla storia nella quale é immersa, per valorizzare entrambe a fare di sé unità tra le due realtà.

       Qui si sono solo presentati alcuni criteri di fondo e alcune situazioni-tipo, perché sugli uni e sulle altre ciascuna coppia, secondo la propria genialità, possa costruire il proprio itinerario spirituale.

       Ciò che conta é piuttosto dar credito alla dimensione spirituale della vita, anche della vita di coppia, evitando di difendersene con l’utilizzo degli alibi offerti dalla cultura, ma immergendosi criticamente in questa cultura per valorizzare tutti i suoi aspetti positivi e apportare con umiltà e pagando di persona i correttivi che lo Spirito e la situazione pos­sono suggerire. Evitando anche atteggiamenti di diffidenza o di condanna indiscriminata della realtà: non é secondo lo Spirito la fuga o la chiusura in se stessi, il giudizio rigida­mente negativo o il rifiuto di incontro e di confronto anche con le realtà problematiche, moralmente discutibili, e per questo maggiormente bisognose della nostra caritatevole e paziente presenza. Riteniamo che il modo di concepire la spiritualità matrimoniale presen­tato qui, corrisponda pienamente anche alle esigenze di missionarietà, intesa non come conquista di spazi o come interventismo prepotente, ma come testimonianza di logiche alternative possibili, a quelle dell’egoismo, della chiusura, della solitudine.

       Ci piace ricordare, a questo proposito, un passaggio del documento dell’Episcopato italiano «Comunione e comunità nella Chiesa domestica»

       «Come essere segno, oggi, della gratuità dell’amore, che si manifesta nell’accoglienza della vita, nella cura del più piccolo o del più indifeso, nell’attenzione all’altro per se stesso? Come essere segno, oggi, della fedeltà nell’amore? Come essere segno, oggi, della fecondità dell’amore nel reciproco accoglimento del coniuge, nella generosa procreazione e nel servizio educativo dei figli, nell’apertura cordiale ed operosa agli altri, nella partecipazione ai problemi della società? Sono interrogativi ai quali le famiglie cristiane, e singolarmente e insieme nel contesto della comunità ecclesiale, possono e devono cercare una risposta.

       E questa emergerà con tanta maggior chiarezza quanto più generoso sarà lo sforzo sia nel penetrare con viva fede nel «grande sacramento» del matrimonio per intravederne la straordinaria potenzialità di doni e di esigenze, sia nel discernere le istanze provenienti dalle trasformazioni in atto nella società e nella cultura.

       Ambedue questi sforzi sono animati dal medesimo Spirito che conduce i credenti alla pienezza della verità, sia che rifulga nel mistero di Dio creatore e redentore e da esso si riverberi nel mondo, sia che risuoni nelle pagine vissute della storia dell’umanità» (CCCD 15).