ESPERIENZE
 

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P. Silvano Giordano

M.d.G.B. - XCVI-3

 

Edith Stein Compatrona d’Europa

 

La carmelitana scalza Edith Stein, ad un anno di distanza dalla sua canonizzazione è stata scelta da Giovanni Paolo II insieme a S. Brigida e S. Caterina da Siena patrona d’Europa. Tre santi del 2° millennio che vanno ad affiancare i tre santi patroni del 1° millennio: Benedetto, Cirillo e Metodio.

 

Per edificare su solide basi la nuova Europa non basta certo fare appello ai soli interessi economici che, se talora aggregano, altre volte dividono; ma è necessario far leva piuttosto sui valori autentici, che hanno il loro fondamento nella legge morale universale” (Giovanni Paolo 11, Spes aedificandi, n. 10).
Il processo in atto di costruzione dell’Europa, iniziato negli anni successivi alla conclusione della seconda guerra mondiale, allo scopo di porre le condizioni per evitare il ripetersi di quelle tragedie, con il passare degli anni continua a dare i suoi frutti, creando ed approfondendo uno spazio di comunicazione che permette conoscenza e scambio reciproci. Se i mezzi di comunicazione enfatizzano piuttosto gli eventi legati al mondo economico, le radici comuni europee affondano in quella cultura greco-romana che, dopo essersi formata sulle rive del Mediterraneo, penetrò in vaste regioni del continente europeo e costituì, volta assimilata e veicolata dal cristianesimo, la base sulla quale le popolazioni mediterranee, germaniche e slave diedero vita, attraverso i lunghi secoli del Medioevo, ad uno spazio condiviso di idee, di ricchezze e di cultura. Un ambiente che percepiva se stesso come Christianitas, il paese dei cristiani, coscientemente differenziato da altri mondi che traevano da fonti diverse i principi della convivenza e che solo nel secolo XVII, ispirandosi a una figura della mitologia classica, cominciò a denominarsi Europa.
L’evoluzione europea dell’ultimo cinquantennio è stata seguita con interesse dai papi; anche se, almeno superficialmente, le motivazioni del processo di convergenza sembrano rispondere ad altre sollecitazioni, è indispensabile riconoscere che la base dell’integrazione viene offerta da oltre quindici secoli di civiltà comune. Ciò fu percepito ed evidenziato da Pio Xll, quando proclamò Benedetto patrono d’Europa: Benedetto, che la tradizione vuole originario di Norcia, al quale è attribuita una regola per monaci, fiorente ancor oggi, che ebbe il merito di unificare in gran parte le osservanze monastiche dell’impero carolingio nel IX secolo e di costituire la base per il rifiorire della vita religiosa nei due secoli successivi; un movimento che, nel suo complesso, ebbe un ruolo determinante nella trasmissione della cultura antica ai secoli del Medioevo più maturo.
Giovanni Paolo II, con la sensibilità che gli viene dalle sue origini geografiche, il 31 dicembre 1980 affiancò a Benedetto i fratelli Cirillo e Metodio, di origini greche, che nel IX secolo evangelizzarono la Grande Moravia, corrispondente all’incirca ai territori attorno all’attuale Repubblica Ceca. Anche se la loro predicazione, in una regione contesa tra oriente e occidente, non diede al momento i frutti che si sarebbero potuti attendere, tuttavia è indice del travaglio cui erano sottoposte quelle popolazioni che prospettavano nell’integrazione nel mondo cristiano un motivo di promozione e di identità riaffermata.
Con la lettera Spes aedificandi, pubblicata il 1° ottobre 1999, in occasione dell’apertura della Seconda Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei vescovi, destinata ad analizzare le prospettive del cattolicesimo europeo nell’ora presente, Giovanni Paolo 1I ha affiancato a questi tre uomini vissuti nel primo millennio cristiano tre donne del secondo millennio: Brigida di Svezia (1303-1373), Caterina da Siena (1347-1380), Edith Stein (1891- 1942), che da carmelitana scalza prese il nome di Teresa Benedetta della Croce. Le unisce un asse ideale che corre dal nord scandinavo alla Toscana mediterranea, passando per la Slesia, terra di confine tra il mondo tedesco e il mondo slavo.
Diverse sono le esperienze di cui esse furono protagoniste: Brigida sposa, madre, fondatrice di un ordine religioso dopo la morte del marito, pellegrina in Terra Santa e a Roma; Caterina, giovane terziaria domenicana, che si adoperò attivamente per risolvere i molteplici conflitti presenti nella Società del suo tempo e per richiamare laici ed ecclesiastici ad una maggior coerenza di vita; Edith, donna di frontiera non solo per i suoi natali, ma anche per l’itinerario personale che la condusse dalle origini ebraiche all’appartenenza al popolo cristiano e dal disinteresse per la pratica religiosa alla consacrazione nel monastero carmelitano.
Edith Stein in particolare, nel suo percorso di ricerca della verità che si snodò dalla rigorosa riflessione filosofica alla fede cristiana e al Carmelo attraverso l’incontro con gli scritti di Teresa d’Avila, riflette l’ambiente tipico del nostro secolo nel quale, a differenza degli anni di Brigida e di Caterina, la fede non necessariamente è il normale orizzonte di vita. La sua morte, avvenuta nel campo di Auschwitz-Birkenau, dovuta alla mai rinnegata appartenenza al popolo ebraico, invita a riflettere sulle conseguenze della cosciente rinuncia ai valori cristiani.
Attraverso la proposizione di queste tre donne, “che in epoche diverse hanno dato un contributo così significativo alla crescita non solo della Chiesa ma della stessa società”, il Papa indica una prospettiva all’edificio europeo in costruzione: “Gli europei sono chiamati a lasciarsi definitivamente alle spalle le storiche rivalità che hanno fatto spesso del loro continente il teatro di guerre devastanti. Al tempo stesso essi devono impegnarsi a creare le condizioni di una maggiore coesione e collaborazione tra i popoli. Davanti a loro sta la grande sfida di costruire una cultura e un’etica dell’unità, in mancanza delle quali qualunque politica dell’unità è destinata prima o poi a naufragare”.


“Edith Stein ci porta nel vivo di questo nostro secolo tormentato, additando le speranze che esso ha acceso, ma anche le contraddizioni e i fallimenti che lo hanno segnato”

 

 

Giovanni Paolo II, lettera apostolica Spes aedificandi,
1° ottobre 1999, nn. 8-9

Edith Stein, santa Teresa Benedetta della Croce, ci porta nel vivo di questo nostro secolo tormentato, additando le speranze che esso ha acceso, ma anche le contraddizioni e i fallimenti che lo hanno segnato. Edith non viene, come Brigida e Caterina, da una famiglia cristiana. Tutto in lei esprime il tormento della ricerca e la fatica del “pellegrinaggio” esistenziale. Anche dopo essere approdata alla verità nella pace della vita contemplativa, ella dovette vivere fino in fondo il mistero della Croce.
Era nata nel 1891 in una famiglia ebraica di Breslau, allora territorio tedesco. L’interesse da lei sviluppato per la filosofia, abbandonando la pratica religiosa cui pur era stata iniziata dalla madre, avrebbe fatto presagire, più che un cammino di santità, una vita condotta all’insegna del puro “razionalismo”.Ma la grazia la aspettava proprio nei meandri del pensiero filosofico: avviatasi sulla strada della corrente fenomenologica, ella seppe cogliervi l’istanza di una realtà oggettiva che, lungi dal risolversi nel soggetto, ne precede e misura la conoscenza, e va dunque esaminata con un rigoroso sforzo di obiettività. Occorre mettersi in ascolto di essa, cogliendola soprattutto nell’essere umano, in forza di quella capacità di “empatia” - parola a lei cara - che consente in certa misura di far proprio il vissuto altrui.
Fu in questa tensione di ascolto che ella si incontrò, da una parte con le testimonianze dell’esperienza spirituale cristiana offerte da santa Teresa d’Avila e da altri grandi mistici, dei quali divenne discepola ed emula, dall’altra con l’antica tradizione del pensiero cristiano consolidata nel tomismo. Su questa strada ella giunse dapprima al battesimo e poi alla scelta della vita contemplativa nell’ordine carmelitano. Tutto si svolse nel quadro di un itinerario esistenziale piuttosto movimentato, scandito, oltre che dalla ricerca interiore, anche da impegni di studio e di insegnamento, che ella svolse con ammirevole dedizione. Particolarmente apprezzabile, per i suoi tempi, fu la sua militanza a favore della promozione sociale della donna e davvero penetranti sono le pagine in cui ha esplorato la ricchezza della femminilità e la missione della donna sotto il profilo umano e religioso.
L’incontro col cristianesimo non la portò a ripudiare le sue radici ebraiche, ma piuttosto gliele fece riscoprire in pienezza. Questo tuttavia non le risparmiò l’incomprensione da parte dei suoi familiari. Soprattutto le procurò un dolore indicibile il dissenso della madre. In realtà, tutto il suo cammino di perfezione cristiana si svolse all’insegna non solo della solidarietà umana con il suo popolo d’origine, ma anche di una vera condivisione spirituale con la vocazione dei figli di Abramo, segnati dal mistero della chiamata e dei “doni irrevocabili” di Dio (cfr. Rm 11, 29).
In particolare, ella fece propria la sofferenza del popolo ebraico, a mano a mano che questa si acuì in quella feroce persecuzione nazista che resta, accanto ad altre gravi espressioni del totalitarismo, una delle macchie più oscure e vergognose dell’Europa del nostro secolo. Sentì allora che, nello sterminio sistematico degli ebrei, la croce di Cristo veniva addossata al suo popolo e visse come personale partecipazione ad essa la sua deportazione ed esecuzione nel tristemente famoso campo di Auschwitz-Birkenau. Il suo grido si fonde con quello di tutte le vittime di quella immane tragedia, unito però al grido di Cristo, che assicura alla sofferenza umana una misteriosa e perenne fecondità. La sua immagine di santità resta per sempre legata al dramma della sua morte violenta, accanto ai tanti che la subirono con lei. E resta come annuncio del vangelo della Croce, con cui ella si volle immedesimare nel suo stesso nome di religiosa.
Noi guardiamo oggi a Teresa Benedetta della Croce riconoscendo nella sua testimonianza di vittima innocente, da una parte, l’imitazione dell’Agnello Immolato e la protesta levata contro tutte le violazioni dei diritti fondamentali della persona, dall’altra, il pegno di quel rinnovato incontro di ebrei e cristiani, che nella linea auspicata dal Concilio Vaticano II, sta conoscendo una promettente stagione di reciproca apertura. Dichiarare oggi Edith Stein compatrona d’Europa significa porre sull’orizzonte del vecchio continente un vessillo di rispetto, di tolleranza, di accoglienza, che invita uomini e donne a comprendersi e ad accettarsi al di là delle diversità etniche, culturali e religiose, per formare una società veramente fraterna”.


“Edith Stein invita uomini e donne a comprendersi e ad accettarsi al di là delle diversità etniche, culturali e religiose, per formare una società veramente moderna”

 

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ultimo aggionamento 13 giugno, 2009