DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE
 
Paolo Risso

Ma perché l'Immagine del Crocifisso 

Sindone.jpg (21165 byte)

E’ noto al mondo intero che nella cattedrale di Torino è conservato dal 1578 un singolare Lenzuolo che porta impressa l’immagine facciale e dorsale di un Uomo di stupenda bellezza segnato dalle piaghe dolorose della crocifissione, il supplizio più terribile che veniva inflitto nell’antichità agli schiavi malfattori.
Gli studi più seri e più approfonditi conducono a ritenere, con tutta la certezza umanamente possibile, che questo Lenzuolo – la Sindone appunto – è il medesimo che avvolse il Corpo di Gesù staccato dalla croce e deposto nel sepolcro, la sera del venerdì santo. Davvero concordiamo con quanto affermano il giornalista O. Petrosillo e la sindonologa Emanuela Marinelli nel libro “La Sindone. Un enigma alla prova della scienza” (Rizzoli, Milano, 1990) per cui l’immagine dell’Uomo offerta dalla Sindone può essere solo quella di Gesù, il quale volle lasciarvi impresse le sembianze del suo corpo, a modo di quinto vangelo della sua Passione redentrice. Contro tale tesi, c’è solo una probabilità su 200 miliardi.
Forse mai come in questi ultimi anni si è parlato tanto della Sindone a cominciare dall’ostensione dell’agosto/settembre 1978, fino all’incendio del 13 aprile 1997 che rischiò di distruggerla, e alle ostensioni dell’aprile/maggio 1998 e del corrente Giubileo del 2000, che, tenendosi dal 12 agosto al 22 ottobre sarà la più lunga nella storia della straordinaria reliquia.

 

Una domanda impertinente

Davanti alla Sindone di Torino, succede che certi sofisticati sapienti ritengono che “l’immagine del Crocifisso che espia per noi, appena sottoposta ad analisi concettuale, si rivela subito inadeguata”. Proprio costoro, per i quali conta solo la risurrezione di Gesù, intesa però anche questa a loro modo, si domandano:
“Perché, se in quel Lenzuolo e nel sepolcro, Gesù era solo di passaggio e se già all’alba del terzo giorno, Egli ne usciva risorto, perché, se Egli è il Vivente assiso alla destra del Padre nella gloria, ha voluto imprimere se stesso Crocifisso e straziato dal dolore?”.
“Perché agli uomini del nostro, tempo, alla ricerca spesso soltanto del piacere, del potere e della gloria, Gesù, il Figlio di Dio, quindi la Bellezza divina, vuole ancora mostrarsi crocifisso in quella che è l’unica immagine da Lui lasciata?”.
“Non è forse vero che quando si vuol mostrare agli amici una foto di sé, si sceglie la più splendente e non quella del dolore che sfigura?. Ma perché?”
La risposta è una sola. Dev’essere ormai chiaro a tutti, oggi più che mai, che l’unico problema della storia, l’unica tragedia dell’umanità è il suo peccato – enorme, gigantesco, di una gravità infinita, perché offende Dio, infinito ed eterno: peccato come negazione di Dio, dalla quale discende questa enorme frantumazione di tutto, questa cultura di morte, questa putrescente esaltazione del vizio, questa corruzione senza limiti della gioventù e persino dell’infanzia, offesa, avvilita, degradata…
Da tutto questo non si esce con le forze umane. Tutto questo richiede l’espiazione e il sacrificio di un Uomo-Dio che ripari per tutti, come Egli solo sa e può. Non è l’esigenza di un Dio sanguinario, ma è la giustizia di un Dio che rispetta l’ordine dei valori da Lui stesso creato, e che per di più, proprio per il suo Amore infinito, viene incontro all’uomo donando il suo Figlio come Sacerdote e Vittima.
“Senza effusione del sangue, non c’è remissione del peccato” (Eb 9,22). Senza Gesù Crocifisso, non c’è espiazione del peccato, non c’è salvezza. Solo Gesù Crocifisso è il Redentore e il Salvatore del mondo. Solo dalle sue piaghe noi siamo guariti, redenti, salvati. Questa è l’unica Verità da dire, da gridare al mondo. La Chiesa, nata da Lui sulla Croce, è mandata a dire Lui e Lui Crocifisso.
Questo è il Magistero della Chiesa di sempre, dal suo inizio sino alla fine del mondo: essa non fa altro che annunciare, illustrare, radicare nelle anime Gesù Cristo crocifisso e morto in espiazione dei peccati dell’umanità, risorto il terzo giorno, Salvatore per mezzo del suo Sacrificio, e a chi lo accoglie, nella fede, nella partecipazione ai suoi Sacramenti, nella carità e nella fedeltà alla legge del suo Vangelo, datore della vita divina della grazia.
Il Concilio Vaticano II, contro gli errori di ogni genere e contro tutti i moderni detrattori e nemici della croce di Cristo, ha richiamato il mistero della Passione e Morte del Redentore, come nessun altro Concilio aveva fatto con eguale frequenza e ricchezza di applicazioni (come chiunque può verificare sui suoi documenti). Citiamo soltanto la solenne affermazione: “Agnello innocente, con il suo Sangue sparso liberamente, ci ha meritato la vita divina: in Lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappato dalla schiavitù di satana e del peccato” (Gaudium et spes, 22).
Ecco dunque la risposta alla domanda: “Perché Gesù ha lasciato l’immagine di se stesso Crocifisso sulla sua Sindone?”. Perché è la sua Passione – il suo sacrificio – che redime dal peccato e porta la salvezza all’uomo e al mondo, che vince e supera, se l’uomo l’accoglie, l’unico problema della storia, l’unica sua tragedia che consiste nel peccato, e fa di una storia di peccato, una storia di redenzione e di salvezza.

 

Immolato oggi

Questo ci dice l’immagine dolorante della Sindone, il Crocifisso che lì è impresso con orme di sangue. Ma c’è di più. Scrive l’Autore della Lettera agli Ebrei: “Cristo è lo stesso, ieri, oggi e nei secoli” (Eb 13,8). Trattando del Sacrificio di Gesù sulla croce, il medesimo Autore ispirato ne parla al presente: “Gesù resta per sempre e possiede un sacerdozio che non tramonta mai” (Eb 7,24); “Gesù è mediatore di una nuova alleanza” (Eb 8,6), “Egli ci procura una redenzione eterna” (Eb 9,11).
Questo Sacrificio è dunque un fatto reale in tutti i tempi, trascendente il suo tempo, contemporaneo di ogni uomo, di ogni generazione nella storia.
Gesù stesso aveva assicurato: “Io sono con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo” (Mt 28,20), per cui “il nostro oggi umano è inserito nell’”oggi” del Cristo Redentore. Questo “oggi” di Cristo è immerso in tutta la storia, nel passato e nel futuro del mondo, di ogni uomo” (Giovanni Paolo II”). Che cosa significa in pratica tutto questo?
Gesù è il Figlio di Dio e come tale non è soltanto di ieri o di oggi o di domani: Egli è di sempre, il Presente, il Contemporaneo di ogni uomo. Egli è realmente uomo, inserito nel tempo, nel corso delle generazioni umane, ma è pure il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, Immagine di Dio invisibile, Primogenito dell’intera creazione. Tutto quindi Egli precede, tutto in Lui sussiste, per cui è Mediatore universale per natura, Capo degli Angeli e degli uomini, Principio e Fine, Primo e Ultimo, Protagonista e Centro della storia.
Per quanto nato e vissuto nel tempo, Egli con la sua azione mediatrice di Vittima che espia e redime, non è stato mai futuro per le generazioni che lo hanno preceduto e non sarà mai passato per quelle che lo hanno seguito, ma è sempre “il Presente”. Ne segue che la sua Passione è terminata quanto al suo aspetto di “cronaca”, oggetto di esperienza sensibile, ma essendo Egli il Figlio di Dio, l’Eterno, il Presente, il Contemporaneo di ogni uomo, di ogni istante della storia, il suo Sacrificio al Padre in espiazione dei nostri peccati e per la nostra salvezza, rimane per sempre nella sua Persona divina di Agnello immolato, con le piaghe della sua Passione, ora vivente, posto davanti a Dio a intercedere per noi.
Noi siamo peccatori, purtroppo, oggi. Gesù Cristo è oggi il nostro redentore e Salvatore. Il suo Sacrificio sulla croce non è di ieri, ma di oggi, e abbraccia gli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Egli è il contemporaneo di ogni uomo, con l’amore e la potenza del suo Sacrificio, così che davvero puoi dire: “In questo momento, Gesù Cristo sta patendo e morendo per me. Come non amarlo, non innamorarsi di Lui e donargli l’esistenza?”.
Gesù Cristo, essendo l’Uomo-Dio, il Verbo incarnato, è nostro contemporaneo, è di oggi, è di sempre con il suo Sacrificio per noi. Per questo non può dirsi che Egli abbia soltanto sofferto e sia morto (ieri), perché propriamente, soffre e muore. E’ il presente partecipe della eternità di Dio, è il presente proprio del mistero di amore e di morte celebrato dal Re dei secoli, Principio e Fine di tutto l’universo.
Gesù Cristo è il Crocifisso, l’Immolato, il Sacerdote e la Vittima, oggi. Ripeto: oggi.
Chi adesso predica e spiega questa meravigliosa Realtà, occupati come siamo a trattare solo dei problemi e dei valori umani? La Chiesa lo fa da circa duemila anni e lo farà sino alla fine dei secoli.
Nella Sindone – conservata ed esposta a Torino – Gesù ha voluto imprimere l’immagine di Se stesso crocifisso, per dirci che la nostra salvezza viene soltanto dal Sacrificio della sua Passione e morte in espiazione del peccato, e che Egli è il Crocifisso e l’’mmolato oggi; che noi oggi continuiamo a trafiggerlo con i nostri peccati o a coprirlo di gloria con la nostra fedeltà e il nostro amore. Sta a me, a te, a ciascuno di noi, scegliere.
Ma se la Sindone è soltanto un’immagine, per quanto preziosissima, essa ci rinvia là dove il Sacrificio sempre attuale dell’Agnello viene ripresentato oggi: all’altare su cui è celebrata la S. Messa in cui il Cristo è ancora offerto al Padre e immolato per gli uomini, “Corpo sacrificato”, “Sangue sparso, l’Unico Salvatore del mondo: “Attirerò tutti a me” (Gv 12,32).

 

01butcle.gif (1407 byte)

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggionamento 05 maggio, 2005