STUDI

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S.E. Mons. Elio Sgreccia

 

L’Amore Misericordioso: promozione della vita umana oggi

 


Riportiamo, come abbiamo potuto riprenderlo, il testo della Conferenza che S.E. Mons. Elio Sgreccia ha tenuto nella Sala Giovanni Paolo II presso la Casa del Pellegrino il giorno 24 settembre Festa del Santuario (N.d.R.)

Ho provato a pensare come avrei potuto svolgere questo tema che mi è stato assegnato “L’Amore Misericordioso la cultura della vita, diciamo, l’aiuto alla vita.
Penso che il legame sia profondo e anzi essenziale, indispensabile. Vorrei cominciare con una constatazione storica. Noi viviamo quest’anno, l’anno 2000, a conclusione di un secolo che negli ultimi decenni ha visto dei grandissimi progressi, non occorre che io li richiami davanti a voi. L’uomo è entrato nello spazio, sbarcato sulla luna, attraverso strumenti che egli stesso si è costruito, con la tecnologia spaziale l’uomo e per esso gli scienziati, sono entrati nel cuore della materia, dove la materia diventa energia e hanno frantumato l’atomo e hanno creato la via atomica. Negli anni 1945-47, l’abbiamo vista deflagrare, provocando l’eccidio finale della Grande Guerra, lo spaventoso dominio della materia e la sua traduzione in energia non controllata; quel bagliore sta ancora davanti a noi, perché di queste bombe atomiche ce ne sono sulla faccia della terra, circa, 126.000 e hanno un potenziale distruttivo pari a 30 ql. di tritolo per ogni abitante della terra: c’è quanto basta per distruggere l’umanità. Tutto a partire da quel cambiamento, da quella traduzione della materia in energia dentro l’atomo. L’uomo e per esso gli scienziati della biologia sono entrati dentro il mistero della vita. Là dove la vita incomincia nel più piccolo suo elemento e i geni; sono stati capaci di leggere tutta la struttura del nostro genoma, di questo meraviglioso intreccio che sta dentro le nostre cellule, che genera i cromosomi e che struttura la corporeità nostra e quella di ogni essere vivente. Gli scienziati sono riusciti a stabilire quanti ce ne sono, come sono collocati; proprio di pochi mesi fa la conclusione della lettura di questo continente, che ognuno di noi porta dentro di sé, più di 120.000 geni, che tra di loro, ben combinati come le lettere di un libro, scrivono il poema che ognuno di noi è, strutturano il nostro corpo, la nostra statura, i nostri caratteri fisio-fisici e psichici. Allora, lì dentro, adesso, ci sono le chiavi per intervenire, si possono tagliare questi geni, trasportare da un organismo all’altro, anche di specie diverse; si possono trasferire geni umani a una scimmia o ad un maiale. Si possono prendere geni di una pianta e metterli in un’altra, si possono prendere geni di microrganismi e metterli nella pianta in modo che la pianta uccida attorno a sé tutte le altre erbe, questo è già stato fatto e tutto questo è una padronanza del mondo della vita.
Mi fermo qui per dirvi le scoperte più grandi, ma potrei accennare anche ad un’altra; quella per cui siamo riusciti con l’informatica, i computer, e tutto il resto della comunicazione a trasferire tutto il nostro sensorio nel mondo, vedere cose lontane, i nostri occhi possono vedere cose che si celebrano in questo momento in America, in qualsiasi parte del mondo; basta avere un televisore o un computer. Sentire la voce e azionare i nostri neuroni - che da soli non ci riuscirebbero - per fare calcoli, per mandare avanti macchine, robot.
Il 4 ottobre. prossimo avrò una teleconferenza, un dialogo - dibattito con Buenos Aires, perché i nostri uffici sono dotati di un’attrezzatura per avviare una teleconferenza che ci mette in contatto come se fossimo qui; quindi posso parlare, posso ascoltare, posso spiegare, posso mandare delle immagini; così sono state inaugurate almeno tre Università a distanza e presto dall’Italia partirà un corso, non da parte nostra, di preparazione di alcuni tecnici della Comunicazione in Cina, senza che quelli si debbano muovere da là. Fanno i Corsi Universitari in Tecnologie Informatiche e la RAI organizza le lezioni con le Università.
Quindi siamo in un mondo meravigliosamente collegato grazie all’informatica, informatica non solo scritta sulla carta stampata, visualizzata nell’immagine, ma che ci consente anche di dialogare a distanza per fare scuola.
Di fronte a questo meraviglioso progresso con il quale il secolo che si chiude ci ha consegnato sulle mani lo spazio, l’atomo, i geni, l’informazione, viene un brivido perché ci chiediamo: che cosa ne farà l’uomo, che indirizzo sta dando a queste scoperte? Qui vengono in mente le parole del Papa che riecheggiano quelle di S. Agostino.
C’è una doppia corrente, un doppio indirizzo che sta prendendo tutto questo: la cultura della morte e la cultura della vita. Le parole sono del Papa, come sapete, prima nella Centesimus Annus, e poi nell’Evangelium vitae.
Io oggi voglio parlare soprattutto della cultura della vita, però devo fare un cenno anche a quello che succede sulla traiettoria della cultura della morte; soprattutto per far capire da dove nasce quell’istinto per il quale l’uomo canalizza verso il disastro tutto quello che l’uomo è, tutto quello che l’uomo ha e tutto quello che l’uomo ha inventato. Un disastro che oggi sarebbe capace di distruggere l’umanità intera; per la prima volta nella storia dell’umanità l’uomo ha le forze per autodistruggersi. L’energia atomica ma anche quella genetica può alterare il tutto.

Quando è sorta la Bioetica, negli Stati Uniti, è sorta sotto questa paura: dobbiamo preservare l’umanità, la vita dell’umanità. Una scienza per la sopravvivenza, è stata chiamata la Bioetica.

La cultura della morte
La cultura della morte, ho detto, si imparenta con quello che diceva S Agostino: è l’amore dell’uomo per il suo tornaconto, per il suo piacere; l’amore dell’uomo per se stesso, praticamente, che si spinge sempre più fino alla distruzione degli altri.
Freud l’ha chiamato “il principio del piacere”. Voi sapete che il piacere messo al posto suo, Dio ce l’ha dato, non è una cosa sempre maledetta: quando mangiamo, quando soddisfacciamo la sete, quando siamo assetati e beviamo. Anche nell’ambito dell’amore coniugale c’è un piacere orientato alla costruzione della vita, alla propagazione della umanità, della specie. Ma quando il piacere diventa l’assoluto e l’unico obbiettivo, allora diventa un potere distruttivo e genera la cultura della morte.
Non lo diciamo oggi per fare delle prediche, l’ha detto un maestro di queste cose, che è Sigmund Freud, il quale dice che “il principio del piacere sarà una tendenza che starà al servizio di una funzione vitale incaricata di inserire l’eccitazione nell’anima, l’anima dell’animale, (lui era un materialista), quindi anche quella dell’uomo, e incaricata di mantenere questa eccitazione costante nel principio vitale dell’uomo, in modo da conservare la sua forza spirituale al più basso livello possibile;” e dice anche che “questa funzione fa parte di un istinto più grande che coinvolge tutte le forme di vita per portarle a ritornare alla vita inorganica”; questo è l’obiettivo unico, questa forza del piacere che eccita e consuma il principio vitale in maniera da consumare tutte le energie spirituali e da condurre il vivente al suo sbocco ultimo: la morte, il mondo inorganico. Così spiega il principio del piacere. Sapete che lui stesso, che non era del tutto uno stupido, diceva che guai se al bambino, per esempio, non insegnamo a dominare il principio del piacere con il principio della realtà, così lui lo chiamava, quello di saperci adattare, quello di saper affrontare i sacrifici, saper limitare i propri istinti; andrebbe subito all’autodistruzione, perché il principio del piacere - abbandonato a se stesso - porta alla morte.

Ora il Papa ci dice che la cultura della morte obbedisce a questo principio e - detto in maniera agostiniana - sarebbe l’amore di sé fino alla distruzione degli altri, la negazione di Dio, la distruzione degli altri, il principio che secondo Agostino fonda la città terrena.
Noi lo vediamo come si esprime quando si autorizza, nel mondo, la distruzione della vita nascente. Dico questo con tutta misericordia (perché siamo nella giornata dell’Amore Misericordioso) per le donne che si trovano in questo stravolgimento: perché esse stesse spesso sono travolte da questo dramma: però dobbiamo dire che 50 milioni di creature umane, prima ancora di vedere il sole, sono, col favore della legge, distrutte ogni anno nel mondo, perché si ha paura di affrontare dei sacrifici, si ha paura di accogliere la responsabilità di una vita, si ha paura di accettare una vita che non si aspettava.
Dietro questo dinamismo si cambia la storia; non è più un fatto isolato; diventa una mentalità, una cultura.
Cinquanta milioni sono una cifra più grande dei morti dell’ultima guerra; e questo cambia il modo di pensare: vuol dire che “gli altri” sono visti, anche in famiglia, come gli antagonisti, come quelli che vengono a togliere i nostri comodi, che vengono a minacciare il nostro io.
Una volta che uno imbastisce le relazioni con gli altri su questo principio, anche l’aborto nel mondo legalizzato, soprattutto quando lo si condivide, significa questo: l’altro, anche se è piccolo, anche se ancora deve nascere, è sentito dalla società che autorizza l’aborto come una minaccia per me.
Non è più soltanto un momento di sbandamento, un caso singolo, per il quale in un determinato momento tutti possiamo perdere il senno.
Attualmente il mondo occidentale è giunto a un punto tale di depressione della vita, di mancanza di nascite, di rifiuto del bambino, perché la mentalità che funziona è questa.
Quando è apparsa all’orizzonte in questi ultimi giorni la notizia della possibilità che, prendendo le cellule di un embrione ai primissimi stadi, (pizzicandolo e distruggendolo naturalmente e facendone una poltiglia), quelle cellule lì potrebbero servire (ancora non è provato niente), rvire per guarire certe malattie come il Parkinson o l’Alzheimer , si é detto “avanti” questa è la strada; in Inghilterra e negli Stati Uniti.
Si è disposti ad accettare la consumazione e lo sbriciolamento di una vita embrionale, perché si è pensato che può servire a me!
Hanno assistito anche Ministri e hanno detto: “Di fronte a questa possibilità io non posso non prenderla in esame”. Sarebbe come dire che io ho visto che uno di casa può avere degli organi che servono a me e anche se questo potrebbe provocare la sua morte, io li voglio perché sono utili a me!
Ma un individuo umano non può servire da poltiglia, da deposito di cellule, da riserva di tessuti per ipotetici altri malati. Non si può consentire questa distruzione dell’altro per l’amore di sé.
Tanto meno quando sappiamo che, caso mai, quelle cellule miracolose si posso anche trovare nell’organismo adulto, senza distruggere niente e nessuno, e che con un pò più di fatica e di pazienza si possono trovare diversamente.
Che cos’è che spinge la scienza medica verso questi sbocchi letali? E’ l’amore per chi sta bene o di chi non vuole star male, a costo di sopprimere altre vite umane che non parlano, non si possono difendere, che sono ancora piccole.

Con questa mentalità che, per l’amore di sé e per il proprio piacere, ammette che il principio del piacere domini su tutto, vedete cosa è successo nell’ambito della famiglia, quando ci si è messi in testa - tramite la tecnologia - di staccare due cose che Dio ha messo insieme, che la natura umana porta unite: l’amore coniugale (quello che unisce l’uomo e la donna nella famiglia) e la procreazione (cioè la possibilità di avere figli).
Cosa è avvenuto?

  1. È avvenuto che si è guastato l’amore e si è soppressa la vita. L’amore e la vita non si possono staccare l’uno dall’altro dentro la famiglia, perché diventa morte da una parte morte dall’altra, l’amore è diventato distruttivo dell’unità familiare, perché se due vogliono solo il piacere ad un certo punto il piacere più grosso lo trovano fuori di casa.

  2. Si è venuta ad ingrossare la tendenza e la fragilità umana in fatto di omosessualità; prima poteva essere qualche caso, qualche situazione degna di ogni compassione, degna di ogni aiuto, invece adesso c’è la predicazione, ispirata alla rivendicazione della parità della unione omosessuale con quella coniugale, anzi si ritiene che l’amore sessuale consente il piacere senza l’onere dei figli e della famiglia.

  3. Poi si va oltre: si va alla pedofilia, sempre raffinando il piacere, ma distruggendo la famiglia;

  4. così il no alla vita ha coinvolto la donna, perché si è pensato che la donna è meno donna quando è madre, come se la maternità fosse indegna della donna;

  5. allora la donna la vediamo commercializzata il più possibile e la vita si tenta di fabbricarla in provetta; quindi la procreazione artificiale in tutte le sue forme, quando a tutti i costi il figlio lo si vuole;

  6. e quindi l’abbassamento demografico: mancano i figli nelle scuole e ora cominciano a mancare;

  7. si vogliono legalizzare le famiglie di fatto e le famiglie omosessuali, perché l’uomo ha voluto rompere una comunione, una unione arricchente e grande, che è amore e vita insieme nell’ambito della coniugalità; la dimensione unitiva e quella procreativa, diceva Paolo VI nell’“Umanae Vitae”. Tutto questo perché si vuole il piacere, il figlio a tutti i costi o il rifiuto del figlio secondo che corrisponde o no al desiderio. Tutto questo ispirato al principio del piacere.

 

La cultura della vita

Naturalmente noi non vogliamo e non possiamo, per mandato di Dio che, dando l’Universo nelle mani dell’uomo, gliel’ha dato perché lo costruisca e lo custodisca e non perché lo usi contro se stesso e contro le sorgenti della vita e contro l’amore.

La cultura della vita deve ispirare il progresso, deve prenderlo sulle braccia e offrirlo come un bene all’umanità per arricchire l’umanità e la vita umana.
Noi dobbiamo vedere dove si può innestare la cultura della vita.
Ho detto dove si innesta quella della morte: sul principio del piacere che porta all’autodistruzione e alla distruzione degli altri.

 

Dove si innesta la cultura della vita?

La cultura della vita si innesta su quello che è l’amore di Dio fino al dono di sé, fino al dono di sé agli altri; questa è la dinamica cristiana e quella dell’Amore Misericordioso, che nasce da Gesù che da la vita sulla croce per il mondo e i cristiani in questo devono essere i primi ad insegnare all’umanità dove è che si matura l’uomo, quando arriva a quella maturità che gli consente il dono di sé.
Si dice anche che l’adolescente è maturo quando è capace di donare se stesso, che la pedagogia deve portare al concetto di oblatività; questa è una concezione cristiana della persona. La persona è persona quando è capace di donarsi, è semplice egoismo quando pretende di prendere la vita altrui e di sottometterla a se stesso nella dinamica della morte; invece è costruzione della vita quando la vita viene fatta crescere anche a costo di fatica, viene fatta crescere a costo di virtù, ma viene fatta crescere per donarsi e qui sta la gioia, la gioia che è più del semplice piacere, che qualche volta include anche il piacere, come una delle componenti; ma è molto più maturo chi è capace di rinunciare al piacere per costruire la vita propria donandosi agli altri e costruendo quella degli altri; S. Agostino lo metteva come principio della costruzione della Città di Dio che la Chiesa dovrebbe incarnare.

Anche io insisto, parlando ai cristiani, che oggi il problema sia quello della conversione dei non credenti e questo avverrà sempre, perché l’evangelizzazione è fatta per questo, e Cristo ce ne ha dato il mandato; però l’evangelizzazione suppone che il cristiano sia se stesso, sia testimone.
Nella Chiesa oggi si crea questa urgenza: che siamo noi a vivere queste cose, se no, è il mondo tutto che ne soffre, perché manca una testimonianza in cui si possa vedere incarnato quello che stiamo dicendo. E’ dentro la Chiesa che bisogna lavorare molto, non solo perché alcune manifestazioni della cultura di morte infettano anche i cristiani ma per potenziare la esemplarità di questo principio dell’amore di Dio fino a spendersi per il prossimo; questo è il principio della cultura della vita, sul quale dobbiamo inserire la nostra storia se vogliamo essere positivi nella storia, non fattori di morte ma fattori di vita.

Vorrei però informarvi, naturalmente brevemente, a modo di indice di un libro, sul lavoro che un gruppo di specialisti di tutto il mondo sta portando avanti, sulla scorta di quello che il Papa ha detto nei suoi vent’anni di pontificato, sul tema: “I presupposti e le prospettive della cultura della vita”. Un gruppo di specialisti, una quindicina, ognuno trattando l’aspetto suo, in modo tale che ogni relazione si integri con l’altra. Questo lavoro è stato programmato perché di cultura della morte si parla abbastanza e ce l’abbiamo sotto gli occhi, ma non riusciamo a capire dove debba procedere per costruire la cultura della vita.

 

Il principio della cultura della vita è in Dio stesso, è la oblatività.

Anche un laico capisce che è un umanesimo costruttivo quello della oblatività, uno che è capace di impegnarsi e di sacrificarsi per gli altri, uno che rinuncia ai propri egoismi per favorire gli altri. Però dobbiamo indicarlo concretamente dove si passa per costruire la cultura della vita.

 

Conclusioni

Ho voluto tracciare davanti a voi un itinerario formativo: comincia dalla coscienza, si espande nella famiglia, nel mondo del lavoro, prende la visione del corpo, investe la sessualità che non sta solo nel corpo, ma va più avanti, comprende l’anima, il cuore, si esprime nella famiglia e tocca i vertici dell’affinità.
I nostri movimenti per la vita, i Consultori, l’ascolto possono essere semplicemente delle spinte emotive, magari giovanilistiche, magari generose, che non durano se non si radicano in una cultura della vita e non prendono in considerazione questi passaggi essenziali che abbiamo ricordato questa mattina.
Credo che l’Amore Misericordioso di Cristo ci dice anche da dove comincia questa cultura della vita: l’amore di Dio fino al dono di sé.

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ultimo aggionamento 05 maggio, 2005