STUDI
L. S.

Tutti
viviamo
sbilanciati
tra
corpo
e spirito

 

Nell’anno giubilare è bene riconsiderare che in noi sono presenti “istinti e ragione: segni di due nature” (Pascal). Le esigenze dell’anima contraddicono ai desideri del corpo: siamo divisi dentro di noi, appartenendo tanto alla carne che allo spirito. Per cui anche il futuro ci riserva l’inevitabile duello di noi contro noi stessi. È questo il paradosso della condizione umana: dobbiamo vigilare e salvarci principalmente da noi stessi.
L’equilibrio interiore è sempre precario: tutto è contrasto in questo uomo volubile, che Paolo ha chiamato l’animale umano. Siamo dotati di un appetito razionale (o volontà) e di un appetito sensuale: sono due distinte potenze, ognuna tendente ad un bene proprio. Le potenze inferiori (dette concupiscenza) sono in continua ribellione contro la volontà, che deve disporle a seguire la direzione giusta.
Purtroppo spesso si verifica che la resistenza dell’uomo, invece di venire dalle regioni nobili dell’intelletto, viene dal sangue acceso, da un appetito insaziabile. E questa gran rissa interiore stravolge l’animo e l’umilia. Così Julien Green arrivava a dire: La castità è l’incubo del corpo. L’anima è sicura della sua vocazione, ma la vocazione del corpo è l’amore fisico. Cosa volete che quest’ultimo capisca delle preoccupazioni dell’anima? I1 forzato connubio è un mistero” (Diario, 19’10-48’).
Da parte sua Papini scriveva che “non si dovrebbe sacrificare una parte tanto viva dell’uomo qual’è il bisogno di vincere in sé la bestia.. E l’uomo è una bestia che deve diventare angelo. È materia che sta tramutandosi in spirito. Se la bestia ha il sopravvento, l’uomo scende al disotto delle bestie, perché mette le reliquie dell’intelletto al servizio della bestialità; se l’angelo vince, l’uomo l’eguaglia e partecipa della divinità” (“Storia di Cristo”).
Per cui ognuno di noi nasce con delle forti tendenze che contrastano violentemente con la sua coscienza. Questa forza di gravità naturale, che si manifesta attraverso le passioni, non è ugualmente intensa in noi. Ma, in ogni caso, bisogna incanalarla e governarla, se non vogliamo essere indotti a fare ciò che nell’intimo rifiutiamo e disapproviamo.
Le forze vitali, abbandonate a se stesse, rafforzano una cattiva inclinazione del temperamento (sensualità, violenza, autoritarismo..), impediscono all’intelligenza di giudicare sanamente, conducono l’animale uomo allo stato selvaggio. Ma queste stesse passioni o forze di vita diventano una ricchezza straordinaria, capace di far vibrare piacevolmente e di commuovere, se sono captate e dirette dallo spirito.
Sta a noi scegliere la direzione verso cui svilupparci: verso l’alto o verso il basso. Chi si è riproposto un’alta condotta di vita non può trascurare di “rimettere al suo posto” la propria sensibilità invadente e di farla procedere insieme all’intelligenza come due amiche. Educare la sensibilità vuol dire assegnarle il posto che realmente le spetta nella propria vita, innestare allo spirito questa pianta selvatica perché dia buoni frutti.
E allora va stabilito un intimo accordo fra volontà e sensibilità. Noi ci realizziamo e maturiamo spiritualmente in misura della nostra capacità di controllare le tendenze istintive. E l’esperienza di cadute è una ragione per diffidare di se stesso, restando sempre all’erta e attento a non imbarcarsi alla prima occasione.
Certamente la volontà caricata da un’idea-forza vince l’occasione, non cambia rotta di vita ed ha il coraggio di ricorrere alla grazia divina, apportatrice di vigore straordinario. Quindi, per controllare gli stimoli dell’istinto,diamo “una regola di fedeltà” ai principi che stanno alla base del rispetto reciproco e della chiarezza di comportamento. In tal modo stabilizziamo la nostra vita interiore, diventando padroni in casa nostra, e sperimentando una rasserenante armonia. Cosi stiamo pure in cammino, sull’autostrada dell’anno giubilare.

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ultimo aggionamento 15 luglio, 2002