SULLE ORME DI MADRE SPERANZA
 

S.Ecc. Mons. Giuseppe Chiaretti

 

 

S.Ecc. Mons. Giuseppe Chiaretti

 

Mistero di Misericordia

 

 

 

Collevalenza, 30 settembre 2001
Omelia alla solenne Concelebrazione in Santuario

 

Cari Figli e Ancelle dell’Amore Misericordioso,

 

1. "La vostra esistenza sia tutta un canto a questo sublime mistero di salvezza", e cioè all’Amore Misericordioso di Dio, - vi ha detto il Papa nel suo splendido messaggio inviatovi nel 50° anniversario di fondazione della Congregazione dei Figli dell'Amore Misericordioso. "In un mondo segnato dalla solitudine e dall’angoscia a voi è chiesto di far risplendere la verità e il calore dell’Amore divino, fonte di pace e di speranza".
È importante perciò "tornare con la mente alle origini per proiettarvi con più generoso slancio verso l’avvenire": ed è quel che state facendo in questo tempo, ed in particolare in questo giorno, in cui celebrate il 50° anniversario di fondazione, ma anche il 108° anniversario della nascita della Serva di Dio Madre Speranza di Gesù. Ad essa, donna di singolare virtù e di grandi carismi, è stato affidato il compito profetico di ricordare alla Chiesa e alla società, in tempi di "solitudine e di angoscia", la grande e bella notizia dell’Amore Misericordioso o della Amorevole Misericordia di Dio Padre verso tutti i suoi figli. Diceva il Papa nella Christifideles Laici: "L’uomo è amato da Dio! È questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio del quale la Chiesa è debitrice all’uomo. La parola e la vita di ciascun cristiano possono e devono far risuonare questo annuncio: Dio ti ama. Cristo è venuto per te, per te Cristo è via, verità e vita" (ChL 34).
Quando parlo dei santi, e soprattutto di certi santi ben radicati nel proprio tempo, mi piace ricordare che essi sono sempre delle profezie viventi, che anticipano il futuro e lo leggono con l’occhio di Dio. Il futuro, nel caso di Madre Speranza, è il nostro attualissimo presente: chi vorrà negare che il nostro sia tempo di solitudine e di angoscia, pur vivendo entro una folla loquacissima e in mezzo a una goduria straripante? Siamo in realtà soli con le nostre frustrazioni, e non riusciamo a comunicare perché ci manca il silenzio pensoso e l’apertura di cuore con l’altro. Scoprire Dio nell’altro, soprattutto se peccatore o miserabile o molto diverso da noi, è la più grande fatica e la più avventurosa ricerca da fare. Ma è l’unica veramente degna di chiunque voglia esplorare il mistero che ci penetra e ci circonda, e scoprire tracce sempre più significative del volto di Dio, già peraltro svelato a noi nel volto di Gesù. E sono tracce che ci parlano di misericordia e di mitezza di cuore, di riconciliazione e di perdono. "Voglio la misericordia, non i sacrifici", ripeteva Gesù con il profeta Osea (Os 6,6) per ben due volte in Matteo (Mt 9,13 e 12,7) ai giustizieri del suo tempo, ricordando loro che "non era venuto a chiamare quelli che si credono giusti, ma quelli che si sentono peccatori" (Mt 9,13). Ed è la misericordia da Lui mostrata verso la fragilità degli uomini la causa scatenante della rabbia dei giustizieri, i quali lo condanneranno poi a morte, come erano soliti fare con altri profeti e giusti prima di lui.

2. Il nostro tempo così arido e sicuro in sé, così ipocrita nel suo formalismo perbenista eppur così angosciato, ha bisogno di una full immersion nell’abisso della misericordia di Dio per sanare le tante cicatrici del male che fanno soffrire i singoli e l’umanità intera. È tempo di riannunciare la misericordia di Colui che è ricco di misericordia, che ci ha donato nel Crocifisso del Golgota il segno più alto ed impensabile della divina misericordia, quale traspare anche dalla bella scultura che Madre Speranza volle per questo suo santuario. Lo svelamento di questo messaggio antico, che corre lungo tutte le arterie del progetto divino di salvezza a noi rivelato nella Bibbia, è stato di recente affidato dalla misericordia di Dio ad un trittico di donne che la Chiesa ha riconosciuto come carismatiche portatrici di questa specifica missione per gli uomini del terzo millennio: Teresa di Gesù Bambino o del Volto Santo, dottore della Chiesa, che ha svelato a noi tutti la gioia di "amare, essere amata e tornare sulla terra per fare amare l’Amore "; la Serva di Dio Madre Speranza di Gesù che ha continuato la missione di Teresa da questa terra tutta francescana di Collevalenza, così cara al Papa vittima dell’aggressione terroristica che tutti ricordiamo; l’umile suora della Polonia di Auschwitz Faustina Kowalska, canonizzata nell’anno del Grande Giubileo e definita da Giovanni Paolo II "portavoce della divina misericordia".
Come non ricordare le commoventi espressioni di Madre Speranza, che personalmente reco nel cuore come un tesoro cui attingo spesso coraggio e gioia e che cito con frequenza nelle mie omelie: "Che gli uomini conoscano Dio non come un Padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre buono che cerca con tutti i mezzi la maniera di confortare, di aiutare e di far felici i suoi figli e che li segue e li cerca con amore instancabile come se Lui non potesse essere felice senza di loro". Una intuizione bellissima, che traduce con sensibilità squisitamente femminile la teologia medioevale, tornata oggi di attualità, del Dio che soffre - il Deus patiens - con l’uomo e per l’uomo.

3. L’attuale pontefice, che è venuto ad imparare la lezione della misericordia anche presso questa cattedra umbra di sapienza divina qual è il santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza, non ha mancato e non manca di ricordare al mondo intero che occorre deporre nel cuore dell’attuale società il seme della misericordia. Ha detto, ad esempio, che occorre coniugare misericordia e giustizia anche nella pratica legislativa e giudiziaria, ed anzi occorre ripensare lo stesso concetto di giustizia umana su basi di misericordia perché sia una giustizia promotrice di redenzione e di pace. Né dinanzi alle immani catastrofi dei genocidi e delle guerre dei nostri giorni è possibile pensare a un nuovo ordine sociale senza passare con coraggio per le vie ardue e difficili del perdono. Ed anzi quel che si dice della macroconflittualità tra i popoli, occorre dirlo per la microconflittualità che si scatena all’interno della prima cellula della società, la famiglia, dove è assolutamente necessario instaurare la prassi faticosa del perdono e della riconciliazione, e non già quella sbrigativa, e fonte di ancor più atroci sofferenze, dei tribunali che sentenziano divisioni o delle pretese "riduzioni del danno". Urge inserire la dinamica della riconciliazione e del perdono anche nella immane fatica del dialogo ecumenico e di quello interreligioso, se vogliamo che la preghiera di Gesù Ut unum sint, e la missione della Chiesa come "segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano" (LG 1), possano realizzarsi anche nel tempo mondano, e non solo nel Regno. E come dimenticare, in questi tempi di aspra conflittualità, i processi educativi sia nell’ambito della famiglia che in quello della scuola e della società?
Da sempre la Chiesa ci offre la sua pedagogia per educare tutti alla misericordia facendola prima sperimentare come misericordia di Dio nei nostri confronti attraverso il perdono delle nostre colpe e l’accoglienza di ogni figliol prodigo che ritorna a casa, quale che sia il suo vile e arrogante comportamento. Questa pedagogia divina ci viene partecipata nel sacramento della riconciliazione, ed anzi, prima ancora, in ogni celebrazione della messa, quando confessiamo a Dio e alla Chiesa la nostra colpa, ed insieme lodiamo e ringraziamo - riconoscendola - la misericordia dell’Altissimo. Se pensassimo di più al significato di certi gesti e di certe pratiche! È come dire: "Se Dio ha perdonato le mie colpe, - e io so quanto sono gravi! -, chi sono io da non perdonare le colpe degli altri: del marito o della moglie, dei figli, dei fratelli, del mio prossimo, dei datori di lavoro, dei magistrati che non fanno giustizia, dei politici che gestiscono male la cosa pubblica? …".
Il perdono non annulla la giustizia, ma la rende più esigente. La misericordia non azzera solo l’offesa, ma anche la durezza di cuore dell’offensore. Per questo, Figli e Ancelle dell’Amore Misericordioso, il Papa vi ha detto chiaramente: "In un mondo segnato dalla solitudine e dall’angoscia a voi è chiesto di far risplendere la verità e il calore dell’Amore divino, fonte di pace e di speranza". È la vostra missione.

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ultimo aggionamento 26 novembre, 2001