STUDI

L. S.

 

 

La luce della bellezza diletta ed eleva lo spirito, ma non è palpabile

 

 

Insieme alla inesausta domanda di verità è iscritta nel cuore umano l’inesauribile domanda di bellezza. All’uomo non piace restare nella solitudine; perciò egli ama e cerca nella bellezza l’oggetto del suo amore. Pascal nel 1653 scriveva: “Per la bellezza ognuno ha la sua regola sovrana e indipendente da quella degli altri. Ma noi quanto più spirito possediamo, tanto più scopriamo bellezze originali”.

Ogni uomo porta in sé il germe della bellezza da sviluppare; e spetta a lui resistere alle tentazioni della volgarità e della banalità, per scoprire gli arcobaleni di luci e di colori che “l’Autore della bellezza” (Sap.I3-5) squaderna attorno a lui.

Secondo il racconto della Genesi era “bello ciò che Dio aveva fatto, e l’umanità era “molto bella”, perché fatta a immagine e somiglianza di Dio. Ora ognuno è chiamato a istradare la propria vita in modo da declinare la bellezza come bontà, rispetto, dedizione, amore. Solo così egli contribuisce a fare del mondo un kosmos, un insieme armonico e ordinato, creando comunione in quanti si lasciano illuminare dalla bellezza e testimoniano l’attesa di “cieli nuovi e terra nuova”.

Ma cos’è la bellezza? Essa è quella luce che incornicia e trasfigura ciò che si vede: è “lo splendore della forma”, è l’alone fascinoso della cosa presente, che si rivela all’anima vibrante di sensibilità. Ognuno vorrebbe afferrare e possedere la luce che sfolgoreggia da quanto lo attira, ma essa non si lascia imprigionare, anzi neppure è palpabile. Chi è sedotto dalla bellezza o graziosità d’una cosa creata può appropriarsi solo della “forma”, della materia corporale; ma a dare la sensazione di bellezza non è la cosa in sé, ma la luce, la leggiadria “avvertita”, captata in quella creatura. Per cui c’è solo da vibrare interiormente e gustare spiritualmente la bellezza presente.
F. Werfel ha puntualizzato: “Nessuna vera bellezza è soltanto corporale: in ogni volto umano che noi chiamiamo bello, vediamo trasparire una Luce che, per quanto legata alle forme fisiche, di natura spirituale. La Bellezza della Signora di Lourdes sembra essere meno corporale di ogni altra fatta di quella luce spirituale che è per noi la bellezza”.
Questa impalpabile grazia visibile il Signore l’ha disseminata lungo il cammino umano, “per tener deste, nel nostro cuore di viandanti, la nostalgia insopprimibile del Cielo. E tale bellezza Lui la fa rifulgere nelle lacrime di un bambino, nell’armonia del corpo di una donna, nell’incanto degli occhi suoi ridenti e fuggitivi, nel bianco tremore dei vegliardi, nella tacita apparizione di una canoa che scivola sul fiume, nel fremito delle magliette colorate dei corridori che passano veloci in un’alba di maggio” (Antonio Bello).

La visione della bellezza si fa in noi più intensa e più chiara quando la nostra vita interiore si arricchisce. Allora in ogni bellezza terrena vediamo una debole copia dello splendore divino, un richiamo di ascesa verso la Bellezza infinita, in cui è la consumazione estasiante di tutti i nostri desideri.
Ecco, quindi, che l’8 dicembre 1965, a conclusione del Concilio, Paolo VI rivolgendosi agli artisti dichiarava: “Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non affondare nella disperazione. La bellezza come la verità, è ciò che mette gioia nel cuore, è quel frutto prezioso che resiste all’usura del tempo, che unisce le generazioni e le congiunge nell’ammirazione”.

La bellezza ci mette in comunione con qualcosa che è più grande di noi: è legata all’infinito, e ci apre al mistero del mondo, per cui dà la voglia di essere migliore, e quindi fa sentire migliore. Allora c’è proprio da augurarsi che nel nuovo millennio si avveri quanto lo scrittore-profeta Dostoevskij affermava: “Il mondo sarà salvato dalla bellezza”.

Oggi c’è tantissima ricerca di bellezza nel turismo globalizzato, nell’affollamento massiccio a musei e pinacoteche, nelle comunitarie audizioni musicali, negli spettacoli di piazza, nelle trasmissioni televisive. C’è tutta una gestazione planetaria di fermenti spirituali ed estetici, che fanno entrare l’uomo sensibile in intima relazione con lo “Spirito” e lo invitano a volare alto.

È proprio la bellezza ad immergere l’anima in un bagno di colloquio con se stesso e con la divinità, quindi accogliamola nelle sue variegate manifestazioni, imperliamoci delle sue iridescenze; ed essa sarà prodiga ad illeggiadrire la nostra vita, e ad incanalarla sui sentieri che portano alle soglie dell’eternità.

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ultimo aggionamento 15 luglio, 2002