ESPERIENZE
 

Paolo Risso

Silvio Dissegna:
una lezione

 

 

Il 26 ottobre 2001, nella chiesa dei Favari (Poirino – Torino), il Card. Severino Poletto, Arcivescovo di Torino, ha concluso ufficialmente l’inchiesta diocesana per la beatificazione del Servo di Dio Silvio Dissegna (1967-1979), firmandone gli atti, che il 9 novembre successivo sono stati trasmessi a Roma alla Congregazione delle Cause dei Santi.
Hanno concelebrato con lui Mons. Giovanni Luciano, responsabile delle Cause dei Santi per la Curia di Torino e numerosi sacerdoti. La Chiesa era gremita di fedeli, tutti stretti nel ricordo del piccolo “Angelo in carne” per cui la Chiesa muoveva i primi passi verso la gloria degli altari. Nel primo banco, i genitori di Silvio, Ottavio e Gabriella Dissegna.
Già il giorno dei funerali, il 26 settembre 1979, nella chiesa parrocchiale di Poirino, aveva radunato attorno a sé per l’ultimo saluto e l’arrivederci in paradiso, non solo un grande popolo, ma decine di sacerdoti, così da far dire al parroco di allora, don Vincenzo Pensa: “Quanti? Trenta, quaranta… Era meravigliato che Silvio, fosse così conosciuto tra i sacerdoti…”.

 

Chi è?

In seguito alla conclusione dell’inchiesta diocesana, è uscito un Numero speciale del periodico “Agli amici di Silvio”, che illustra nelle prime sedici delle sue 32 pagine, chi è stato Silvio nel suo breve passaggio sulla terra. Sono pagine – che come la sua biografia “Morire di cancro a 12 anni” scritta da don Antonio Bellezza-Prinsi e il volumetto di P. Risso, “Un gigante di 12 anni, Silvio”, (entrambi editi da Bigliardi, Chieri-Torino), si leggono con struggente commozione chiedendo quasi a ogni riga: “Ma perché? Perché?”, e trovando la risposta nella fede radiosa del piccolo protagonista.
Silvio Dissegna è un ragazzino, nato a Moncalieri (Torino) il 1° luglio 1967 e vissuto nella sua casa di Borgo Becchio di Poirino, nella sua famiglia esemplare, da cui riceve una luminosa educazione cristiana. Ancora piccolo, si rivela assai precoce, nella preghiera, nell’amore ai suoi genitori e al fratello Carlo, ai compagni di scuola, ai vicini…
La prima Comunione (7 settembre 1975), la Confessione frequente e la Comunione eucaristica tutte le domeniche, la preghiera quotidiana, lo studio del catechismo, la lettura del Vangelo e di libri buoni, lo avviano a un intenso rapporto con Gesù, a una vita di fedeltà a Lui nei piccoli doveri di ogni giorno.
All’inizio del 1978, quando frequenta brillantemente la 5° elementare, Silvio si ammala ed è cancro alle ossa. Comincia una lunga, lenta “via crucis”, costellata da sette viaggi a Parigi in cerca di guarigione e dall’aggravarsi progressivo della malattia, con dolori atroci. Silvio è consapevole fin dall’inizio di ciò che gli sta capitando e accetta con una lucidità stupefacente.
Fin dal principio e sempre di più con il passare del tempo inesorabile, Silvio, nella Comunione quotidiana, nel Rosario alla Madonna, sgranato giorno e notte, con il sorriso in volto, offre i suoi dolori e se stesso unito a Gesù Crocifisso, per l’umanità intera, lieto di collaborare con il Martire divino alla redenzione del mondo: “Oggi offro le mie sofferenze per il Papa e per la Chiesa”. “Oggi offro per i sacerdoti”. “Oggi offro per la conversione dei peccatori”. Il suo Parroco dichiara che “Silvio soprattutto offre per le missioni e per i missionari”.
Nella notte oscura del cancro, la sua esistenza si fa sempre più luminosa e Silvio la consegna a preghiera e affermazione struggenti, degne di persone a lungo sperimentate nelle vie di Dio: “Devo restare solo con Gesù, dirgli tutto quello che ho nel cuore”. “Gesù, io soffro come quando tu eri picchiato e trasportavi la croce. Le mie sofferenze le unisco alle tue. Stammi vicino, Gesù”. “Mamma, io sto percorrendo la strada del Calvario, ma dopo ci sarà la crocifissione. Mamma preparati”. “Voglio pregare da solo. Gesù vuole da me molte sofferenze e preghiere”. “Ogni mio dolore sia un gesto di amore per Te, o Gesù”. “O Gesù, io credo che Tu mi vuoi bene”.
Il 24 settembre 1979, a 12 anni, Silvio va incontro a Dio, nella certezza e nella gioia di aver compiuto sulla terra una piccola grande stupenda missione. Se già godeva fama di santità durante la sua lunga malattia, dopo la sua morte, questa fama esplode, al punto che viene conosciuto in tutti i continenti della terra e il Card. Pietro Palazzini, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, letta la sua biografia, il 14 novembre 1984 scrive che “l’esempio di Silvio è illuminante sulla questione se i fanciulli siano capaci di virtù eroiche e lo si possa provare per la canonizzazione”.
A Torino, l’8 febbraio 1995, la sua “causa” inizia e prosegue. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, accogliendo il 9 novembre 2001, la documentazione relativa, dice: “Silvio è una figura bellissima, ne vale la pena: affidiamo la sua causa alla Madonna”.
Ma come è stato possibile tutto questo per un bambino di 12 anni, nel mondo di oggi sfrenato nella carne e folle nello spirito? Ma come è possibile, come è credibile?

 

Il suo fascino segreto

Chi ha partecipato ai suoi funerali, difficilmente se ne dimenticherà. Chi era presente all’apertura della “Causa” all’”Ausiliatrice” di Torino (8/2/1995) e alla sua conclusione ora citata, ha visto che un misterioso e profondo legame univa il grandissimo numero di fedeli e di sacerdoti a questo bambino – che – non è mai salito su una cattedra né mai è comparso in TV o su un giornale, che, come tutti i bambini, è cresciuto, ha giocano, è andato a scuola, ma ha pregato e amato Gesù in modo singolare, ha sofferto, sì nella quantità che anche altri soffrono, ma in un modo sublime, come solo Dio può chiedere e dare la forza di soffrire così.
Già durante la sua malattia, quante persone, singole o a piccoli gruppi venute da vicino e da lontano, sono passate nella sua stanzetta, hanno sostato attorno al suo lettino e ne sono partite diverse, cambiate, toccate nel profondo, con il desiderio di tornare ancora, se fosse possibile, con l’impegno a rendere più cristiana la loro vita. Quante, persone, a migliaia, a decine di migliaia, letta la sua biografia o anche solo qualche breve profilo di lui, hanno capito che in Silvio Dissegna – 12 anni appena, non dimentichiamolo – vi era qualcosa di profondamente vero e grande, intuendo che le forze umane non erano sufficienti a portare un tale peso di sofferenza con il sorriso sul volto, con profonda serenità e pace nell’anima, che traspariva dal suo aspetto e dalla sua storia.
Vedevano che con lui vi era – e attraverso a lui si manifestava – Dio, suprema aspirazione, profondo bisogno e desiderio di ogni cuore umano. Intravvedevano che in Silvio operava Gesù, che ancora una volta, per dare la sua salvezza, si serviva della Croce, “forza e sapienza di Dio” (I Cor I,24).
Chi scrive, ha studiato a fondo l’itinerario spirituale, il manifestarsi dell’azione di Dio in Silvio Dissegna e può assicurare con cognizione di causa che vi è di che ammirare e lodare Dio, concordando in pieno con quanto dice Julien Green quando afferma che “il passaggio e l’azione di Dio in un’anima, è la realtà più meravigliosa del mondo”.
Dopo aver scritto qualcosa di lui, si può sottolineare qualche tratto della sua brevissima vita che lo ha portato sul cammino verso la santità.
Un grande aiuto lo ha avuto dalla sua famiglia, più ancora che dalla parrocchia e dall’oratorio. I suoi cari non lo hanno mai lasciato ore e ore in mano ad altri né davanti alla televisione, neppure gli hanno raccontato solo le favole o i cartoni animati, ma fin dall’inizio lo hanno condotto a conoscere e ad amare Gesù Cristo, come il Figlio di Dio, il Salvatore, il più grande Amico della vita.
I sacerdoti esemplari della sua parrocchia, don Vincenzo Pansa e don Luigi Del Santo, non gli hanno solo insengato a “Stare con gli altri” secondo le regole di una certa solidarietà o filantropia umana, ma, per mezzo del catechismo (era ancora quello benemerito di S. Pio X!) lo hanno rafforzato nella fede, nel vedere in Gesù l’unica risposta ai grandi perché dell’esistenza, soprattutto lo hanno condotto a contatto vivo con Gesù, Vita dell’anima, nella Confessione regolare e frequente, nella partecipazione domenicale ( e anche più frequente) alla S. Messa Sacrificio di Gesù, con la Comunione, nella vita della Grazia santificante.
Quando Silvio si è ammalato di cancro, non era impreparato ad accogliere il dolore, in unione con il Crocifisso, perché già sapeva che il Crocifisso è la risposta al grande interrogativo del dolore – del dolore innocente – e della morte… Guidato e sostenuto dai genitori e dai suoi sacerdoti, ha intrapreso così, in serenità e coraggio, la via della Croce, in unione sempre più intima con Gesù Immolato, con un impegno sconcertante di offerta – un impegno davvero missionario – per la salvezza del mondo.
In questo cammino, Silvio è stato illuminato dall’esempio dei santi che lo hanno preceduto, S. Pio X, il grande Papa, di origine veneta come i suoi genitori, che ha aperto il tabernacolo ai piccoli, dicendo che “grazie alla Comunione santamente ricevuta da loro, ci sarebbero stati santi tra i bambini”, come Silvio stesso sta a testimoniare… E poi S. Domenico Savio, S. Teresina di Gesù Bambino, S. Bernardetta Soubirous, i pastorelli di Fatima, Giacinta e Francesco, ora “beati”, che lo hanno attratto nella loro imitazione per una grande offerta per tutte le anime.
Il Rosario alla Madonna, sgranato intero di 15 decine, è diventato il respiro della sua anima ardente e del suo corpo dolorante: quella sua corona di cinque colori – il Rosario missionario – ha avvolto, nelle notti di dolore, l’umanità intera, quasi che lui, piccola Ostia d’amore, volesse rimanere a vegliare sul mondo in agonia.
Infine – occorre riconoscerlo – tutto gli è venuto da Gesù Eucaristico, conosciuto, amato, voluto, ricevuto, adorato. A suo fratello Carlo, 11 anni, che domandava alla mamma: “Ma Silvio dove trova tanta forza e tanta fede per passare le notti in preghiera, anche ora che è diventato cieco?”, mamma Gabriella rispondeva: “Nella Comunione quotidiana”.

 

La risposta di Dio

È Gesù Eucaristico – che oggi non adoriamo più che, attirandoci i castighi di Dio oggi spesso si profana, che molti oggi non credono più – è Gesù Eucaristico, immolato sull’altare come Sul Calvario, ricevuto santamente come Ostia sacrificale di vita, che continua a fare i santi: solo Lui.
Da Gesù Eucaristico, Silvio Dissegna è stato configurato a Lui, divinizzato, come giustamente insegna la Teologia cattolica, dogmatica e spirituale.
In quel bianco lettino, nella casa dalle persiane verdi, nella dolce campagna torinese, vi erano davvero due vittime: Silvio sofferente unito a Gesù offerto in sacrifico, Gesù imitato e vissuto nelle disposizioni interiori e nella vita di grazia di questo angelo del dolore, e nelle sue carni martoriate. Ricco a 12 anni, di una singolare comprensione della Passione di Gesù, Silvio Dissegna era diventato piccola ostia fragrante con Gesù-Ostia. Ricordiamo: ostia significa vittima!
Sono le anime immolate con Cristo che muovono e salvano il mondo, ed è qui il segreto più profondo del fascino di questo bambino, della sua pervasiva influenza sulle anime.
Ogni cristiano consapevole, e tanto più ogni sacerdote, se vive la sua vocazione, è sempre tormentato dal problema dell’efficacia della propria vita: “Che cosa posso-debbo fare affinché la mia vita sia efficace, evangelizzante, produca conversioni e frutti di salvezza?”. Sì, perché, nonostante tutti i discorsi sulla libertà, sul pluralismo, sul dialogo, noi siamo mandati da Cristo a convertire: “Fate miei discepoli tutti i popoli. Chi non crederà, sarà condannato” (Mc 15,15-16).
La vita di Silvio Dissegna sembra essere, al di là di ogni dubbio, una risposta da parte di Dio a questo assillante interrogativo e per questo essa è, per ogni cristiano e per ogni Sacerdote, “una lezione”.

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ultimo aggionamento 18 agosto, 2002