SULLE ORME DI MADRE SPERANZA
 

Figli e Ancelle dell'Amore Misericordioso nel mondo

Sac. Angelo Spilla

San Cataldo, 28/11/2002

 

"Spazio aperto"
ai sacerdoti diocesani FAM

 

Sacerdoti fam

 

Sono stato colpito da un mosaico che sembra “cantare” la fraternità sacramentale i preti. Nella navata sinistra della Cappella Palatina (Palermo, sec. XII) si incontra la raffigurazione di un incontro tra due apostoli: Pietro e Paolo. I due si abbracciano in modo fermo e tenero guancia a guancia, con lo sguardo che non è un fissarsi reciproco ma sembra fissare un punto comune. Le b¦accia hanno una salda reciproocità in quel sostenersi vicendevole: braccia lunghe quel tanto che basta per accogliere intero 1’altro, con uno slancio silente e intensissimo. Strana la contorsione delle figue come se, nel movimento dei piedi fossero avviate altrove. Ma d’improvviso sulla propria traiettoria ciascuno incontra l’altro. E non prende le distanze. Pietro appare piegarsi un poco come se fosse appena alzato da un trono. E getta le braccia attorno all’altro e si 1ascia prendere. Paolo più giovanile, pare slanciarsi e trattenere il fratello più anziano con una tenerezza particolare, quasi a voler rimpicciolirsi; eppure con una sicurezza da donare. Nessuna paura del corpo, nessuna reticenza, l’abbraccio è un incontro vero, virile e fraterno. Due santi così diversi per doti umane e cultura si ritrovano all’interno di un unico progetto che li supera.
Mi è sembrato di vedere in questo passato il fi¦turo del presbiterio.
Penso anche ad un’altra scena, questa volta del Vangelo (Lc. 5,1-11) quando Gesù invita Pietro e gli altri apostoli per la pesca: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca” e questi: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola....”, sappiamo dal racconto lucano che cosa succede: le reti si riempiono. Ma notiamo il comportamento di Pietro: chiama quelli dell’altra barca per aiutare a tirare su la rete piena di pesci. Gesù quando rivolge l’ordine a Pietro, non dice che i pesci cadranno da soli nella sua barca, ma ci vogliono le sue reti e l’aiuto dei soci, la gioia solidale.
Ecco l’amicizia tra i preti: chiamo quelli dell’altra barca perchè partecipino del mio stupore. E riconosciamo che Lui, colui che ci ha chiamati, è il Signore.
Ci si chiede chi è il prete e come piacerebbe alla gente che fosse. Il sacerdote si trova sempre a confronto con la stessa sfida fondamentale: essere rassomigliante a Cristo, Capo e Pastore. Ma come assolvereere e portare avanti tale missione? Certamente non da soli anche perché le difficoltà, gli ostacoli e i limiti sono tanti. E si rischia di cadere nella solitudine, nella stanchezza, nel funzionalismo, nel vuoto, che viene spesso riempito da forme di vita non consono al proprio ministero. Ecco la ragione di questa presente rubrica condotta dai sacerdoti diocesani Figli dell’Amore Misericordioso (SDFAM).
Madre Speranza è stata chiamata dal Signore a fondare una famiglia religiosa, Ancelle e Figli dell’Amore Misericordioso, avente come fine principale l’esercizio della carità verso i più bisognosi. Il f¦ne primario particolarmente dei Figli dell’Amore Misericordioso è l’unione con il Clero Diocesano, per aiutarlo fraternamente e per fomentarne l’unità interna e la santità. Madre Speranza aveva una grande cura per i preti e si offrì come vittima per questi. E la provvidenza del Signore ha voluto che alla Congregazione dei FAM facesse parte anche il ramo dei sacerdoti diocesani con voti. Fu chiaro alla Madre ciò che il Signore le chiedeva. Non c’e bisogno nella Chiesa di una ennesima Congregazione religiosa, ve ne sono già molte per le varie necessità apostoliche; ne occorreva però ancora una che operasse a beneficio dei sacerdoti, che fomentasse l’unità all’interno del presbiterio diocesano e che diventasse per il Sacerdoti un punto sicuro di riferimento, davvero come “la propria famiglia”. Questo ramo dei sacerdoti diocesani, oltre alla propria santificazione, tende ad incarnare la sollecitudine dell’Amore Misericordioso operando in particolare per l’unità del Clero Diocesano e la sua santificazione, in spirito di concreto servizio fraterno. Senza mutare la propria condizione canonica, e cioè quella diocesana, vengono uniti in quanto singoli, all’Istituto Religioso dei FAM.
Dall’approvazione dello Statuto della Santa Sede, nel 1995 il ramo dei sacerdoti si sta sempre più sviluppando.
A Collevalenza, cuore della spiritualità della Famiglia dell’Amore Misericordioso, i SDFAM, si è tenuta nei giorni 18 - 22 novembre scorso la terza settimana dell’incontro annuale. Un gruppo, forse ancora un po’ piccolo, proveniente da diverse regioni italiane, ma ben entusiasta. Le meditazioni tenute da P. Domenico Cancian, superiore del Satuario; P. Lucas Maximiano superiore generale, e P. Aurelio Pérez, Vicario generale e P. Mario Gialletti sono state incentrate sulle virtù teologali vissute dalla Madre.
La cosa bella è stata anche l’aver sperimentato un momento di vita fraterna, lo scambio della testimonianza nella fraternità sacerdotale, la comunione con i confratelli religiosi, Ia preghiera comune anche presso la tomba di Madre Speranza e l’uscita presso i santuari eucaristici di Bolsena e Orvieto. A metà dell’esperienza settimanale c’è stata, poi la 1ª professione religiosa del sac. Albano Sergio, della diocesi di Monreale.
Siamo ripartiti da Collevalenza con un cuore rinnovato, carico di quella grazia e di quella tenerezza che solo dal cuore di Cristo può sgorgare per una testimonianza ecclesiale, conforme alla natura della vita consacrata.
Dimenticavo: ogni sacerdote diocesano FAM, a turno ha preso l’impegno di apportare mensilmente in questa rivista la testimonianza secondo il carisma comune.

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ultimo aggionamento 21 dicembre, 2002