ESPERIENZE
 
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Paolo Risso 

 

 

Un giovane patrizio romano
Eugenio Pacelli
modello per i giovani d’oggi

 

 

 

Davvero Dio sorrise alla sua Chiesa e al mondo, quando il mattino del 2 marzo 1876, a Palazzo Pediconi, in via Monte Giordano, 34 (ora via degli Orsini), nel Rione Ponte di Roma, figlio di illustre famiglia, nacque Eugenio Pacelli. Due giorni dopo, fu battezzato dal pro-zio, don Giuseppe Pacelli, nella parrocchia dei SS. Celso e Giuliano: all’uscita dal rito – scrivono i biografi – un anziano prete, don Jacobacci, prese il bambino tra le braccia e rivolgendo gli occhi verso la cupola di S. Pietro, esclamò ad alta voce: "Fra 63 anni, tutta la Chiesa esulterà per questo bambino". Profezia, presagio?

Sorridente e taciturno
All’età di cinque anni, nel 1881, Eugenioo già riceve la Cresima da Monsignor Giuseppe Costantini, Vescovo di Nepi e Sutri. Dai suoi, l’avvocato Filippo Pacelli e donna Virginia Graziosi, e dai primi maestri, trova cattolicissima educazione, tutta incentrata in Gesù, scoperto, amato e vissuto come l’unico vero Amore della vita.
Presto, sogna di farsi missionario, rapito dalle storie delle imprese apostoliche in terre lontane. Gli sembra assai bello affrontare anche la morte per Gesù: "Anche la morte in croce – dice con semplicità – purché senza chiodi alle mani" Il suo carattere viene formandosi rettilineo e luminoso, senza conoscere ombre, di singolare candore.
Riceve per la prima volta Gesù Eucaristico nella Comunione, nella cappella di S. Luigi all’Istituto Imperiali Borromeo, dalle mani del Card. Lucido Maria Parocchi, Vicario di Roma. È l’inizio di un’intimità con Gesù, che crescerà di giorno in giorno, sino all’ultima ora, una dedizione sempre più grande alla sua "causa", come l’unica per cui merita consumare l’esistenza.
Sorridente e taciturno – scrive di lui il P. Paolo Molinari S.J. – affabile e riservato, con una finezza fisica di linee rilevata da una profonda sensibilità interiore, nella quale si stava costruendo la sua coscienza religiosa… Tutte le fotografie dell’adolescenza mostrano un fanciullo fine, pensoso nel volto, slanciato e sottile nella persona, quasi raccolto in un presentimento, come in un pensiero più grande. Nella sua educazione, venne stampandosi sulla mitezza soave della mamma, l’esattezza minuziosa, curante ogni particolare, la probità professionale con l’orientamento giuridico del padre".
Qualcuno a Roma lo chiama "Pacellino" e, guardandolo negli occhi buoni e profondi, si domanda: "Ma chi diventerà questo ragazzino?". Abitando nei pressi della Chiesa Nuova, trova una delle sue prime guide nell’ottimo sacerdote filippino P. Giuseppe Lais, con il quale approfondisce lo studio del Vangelo e del catechismo, s’innamora del santo Sacrificio della Messa e della vita liturgica, si prepara a portare Gesù in una società permeata di positivismo e di laicismo.

Giovane apostolo
Ogni giorno, Eugenio serve la S. Messa, di preferenza al cugino don Cirilli, spesso on la Comunione eucaristica, che diventa presto quotidiana.
È un "chierichetto" così sicuro di sé che nel circolo cattolico di P. Lais, diventa il "prefetto delle cerimonie", autorevole e amato dai coetanei, impegnati nel medesimo servizio all’altare.
Gli nasce dentro il desiderio grande di far conoscere e amare Gesù, per cui diventa catechista e piccolo apost9olo. Il primo a godere del suo zelo è il figlio della portinaia della casa, dove Eugenio abita, in via della Vetrina: il bambino prova una gioia senza limiti, quando Eugenio, di pochi anni più avanti di lui, lo chiama al terzo piano, nel suo appartamento, per parlargli di Gesù, dei Comandamenti di Dio, della vita di fede.
Di anno in anno, si fa più studioso, appassionato dei libri e della cultura e studia fino a tarda notte. Ama la musica e incomincia a suonare il violino. Con la sorella maggiore Giuseppina, studia il tedesco, con la sorella minore Elisabetta, il francese. Nel medesimo tempo, frequenta il ginnasio-liceo "E.Q. Visconti", dove, anche in mezzo a studenti non credenti e spesso beffardi verso la fede, testimonia a fronte alta, Gesù con la vita illibata e ardente di amore per Lui, con le parole e la sua cultura cristiana.
Come quel giorno, che dovendo svolgere un tema su "uno dei più grandi personaggi della storia", tratteggia, da giovane maestro, la figura di S. Agostino d’Ippona. Davanti ai compagni che insorgono sghignazzando, lui, così mite e dolce. Dimostra la fermezza, quasi la durezza, di chi non cede nella difesa e nell’annuncio della Verità.
Il giovane patrizio romano, dai voti altissimi a scuola, ama pure lo sport, le passeggiate a piedi e a cavallo nella campagna romana e nel viterbese, nella terra di Onano, dove d’estate trascorre le vacanze. Ed è devotissimo della Madonna, dimostrandolo nella sua preghiera prolungata nella cappella della Madonna della strada, presso "il Gesù". "Eugenio, che cosa fai lì per tanto tempo?" – gli domanda la mamma. Risponde: "Prego, mamma, io dico tutto alla Madonna".

Il "chiamato"
Fin da bambino, pensa che per lui non c’è altra via che consacrarsi a Gesù nel sacerdozio. Conseguita la licenza liceale nel 1894, diciottenne, decide di entrare in Seminario. Il suo parroco, don Pietro Monti, lo presenta al card. Parocchi, perché lo ammetta al "Capranica", scrivendo di lui: "Il giovane Eugenio Pacelli è dotato di purissimo costumi, sotto tutti i rispetti, e si è distinto sempre per la sua pietà e religiosità".
Accolto al "Capranica", frequenta Filosofia alla "Gregoriana e insieme i corsi di eloquenza sacra, archeologia cristiana e greco. La teologia al Pontificio Ateneo Apollinare, stupendo tutti per la sua intelligenza, per l’impegno assiduo, per la memoria straordinaria, per la sua vita di intensa intimità con Dio.
Longilineo da apparire consumato dallo stesso ardore che percorre la sua vita per Gesù, è di adamantina fortezza, quasi un diamante che si fa sempre più luminoso e splendente. Ancora il P. Molinari scrive: "Lo studio della storia ecclesiastica e del diritto canonico, unitamente a quello della Sacra Scrittura, gli permisero di penetrare sempre meglio negli aspetti mirabili della divina Rivelazione alla cui luce Eugenio educava la sua pietà e irrobustiva la sua fede. Così egli affinava la sua spiritualità fondandola su una scienza sacerdotale di una profondità non comune".
Giunge finalmente l’ora tanto attesa. "Un giorno – racconta sua sorella Elisabetta – lo vedemmo rientrare in casa sfolgorante di gioia: "Ho preso gli Ordini. Ho toccato l’Ostia santa. Ho dato la Comunione"". Il giovane diacono ha gli occhi splendenti di felicità. Finalmente il 2 aprile 1899, solennità di Pasqua, Mons. Francesco Cassetta, Patriarca di Antiochia, nella sua cappella privata all’Esquilino, lo consacra sacerdote. Don Eugenio Pacelli, 23 anni appena, celebra l’indomani, la sua prima Messa ll’altare della madonna "Salus Populi Romani" in S. Maria maggiore.
Il mondo in tempesta del nascente secolo XX, percorso dalle ideologie senza Dio, sospeso sull’abissimo proprio per questa sua apostasia dal suo Creatore e Signore, avvolto spesso dalle tenebre del Calvario, proprio come quando Gesù fu tolto di mezzo, senza saperlo attende proprio lui, Eugenio Pacelli, una delle guide più alte dell’umanità di tutti i tempi.
Quel che in lui, ragazzo e giovane esemplare, era promessa e presagio, di anno in anno, sarebbe diventato realtà: dal 2 marzo 1939, proprio a 63 anni dalla sua nascita, nell’esultanza della Chiesa, avrebbe parlato al mondo intero, diventato per volontà di Dio papa Pio XII. Non l’effusione del sangue gli sarebbe stata chiesa, anche se era pronto a versarlo, ma di patire "spine" e "chiodi" nell’anima e nella carne, configurato davvero a cristo Crocifisso, come suo sacerdote e Vicario. Il destino glorioso dei santi.

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ultimo aggionamento 30 marzo, 2003