STUDI

 

    Prof. Gaetano Benedetti  
Prof. Ing. Prof. Calogero Benedetti
  

 

Il sogno metafisico

Come abbiamo fatto più volte in passato seguitiamo ad ospitare volentieri in questa nostra Rivista contributi intesi a farci conoscere soprattutto ciò che è germe di sapienza divina ispirata nel contesto delle culture e tradizioni religiose dei vari popoli.
In questo articolo presentiamo una interessante corrispondenza tra due Professori universitari, il Prof. Gaetano Benedetti, già Docente di Psicoterapia e Psicoigiene nell’Università di Basilea (che scrive una sua riflessione sul SOGNO METAFISICO) ed il Professore Calogero Benedetti, già docente di Complementi di tecnica delle Costruzioni nella Università dell’Aquila. Nel rispetto del reciproco pensiero e delle idee di ciascuno, i due Professori, che sono anche fratelli, ripropongono queste riflessioni con una serena verifica alla luce della Religione cristiana. (N.d.R.)

 

Il sogno che io chiamo “metafisico” non è frequente, esso viene realizzato da quelle persone, il cui desiderio fondamentale nella vita è la ricerca della Verità.

Poiché nessun Superio censura tale desiderio, il sogno metafisico non è mai censurabile; il suo “Svantaggio” è però quello, che la ricerca della Verità è sempre problematica; la realizzazione onirica è sempre parziale. Fra le tante domande, pessime, di Pilato a Cristo c’è una sola, che pronunciamo noi tutti: “Cos’é la verità?”.

La ricerca della Verità nel “sogno metafisico” è inoltre sempre imperfetta, poiché il pensiero onirico non è mai articolato così bene come nella veglia; è pieno di errori.

Ma perché allora interviene un sogno metafisico? Perché molte emozioni sono talora più intense nel sogno che nella veglia. Il sogno metafisico, se è occorso una volta, non viene dimenticato mai.

Un’altra caratteristica del sogno metafisico è quella, che la sua memorizzazione è quasi sempre una “ricostruzione”, un rifacimento di una “visione” nel pensiero logico successivo al sogno.

Mi succede talora di avere un sogno metafisico. L’ultimo è quello occorsomi questa notte nell’Eurostar, dove dormivo, ritornando da Firenze a Basilea. Ecco il sogno, che consta di vere visioni oniriche e di pensieri del dormiveglia.

Prima scena: domandavo a mio fratello Calogero qual’è la funzione mentale del simbolo. Cercavo di spiegarmi tentando in una frase la definizione (abbastanza imperfetta) della psicoterapia.

La psicoterapia, dicevo nel sogno, è in essenza la traduzione di vissuti esistenziali in simboli (cognitivi, verbali, figurativi). Ma tali simboli agiscono profondamente solo se essi, una volta formulati, vengono ritrasformati in codici preverbali di gioia; è la gioia, e non tanto il sapere, che aiuta il paziente.

Ora, mio fratello Calogero, è un matematico. Io gli dicevo, sempre in sogno, che la matematica è una trasformazione dell’Essere in simboli (appunto matematici) (non credo che egli sarebbe d’accordo con tale mio pensiero onirico). “Ma tale trasformazione o riduzione che dir si voglia crea gioia universale? Se no, allora la matematica è solo la base fondamentale della Tecnologia, ossia di quella scienza naturale, che da un canto serve allo sviluppo della civiltà, ma che d’altro canto si pone in gran parte anche al servizio di quei bisogni umani di potere, di violenza, egotici e narcisistici, i quali fondano l’infelicità di milioni e di miliardi di persone, le quali sono vittime della tecnologia; sì che la nostra epoca non è affatto più felice di quella greco-romana o di quella medioevale.

A questa, certo imperfetta, domanda mio fratello Calogero, non diede in sogno risposta alcuna. Seguì nel sogno un periodo di dormiveglia, in cui il tema dell’infelicità umana mi opprimeva.

Mi ritrovavo nel sogno nella mia infanzia. Mi avevano insegnato che l’uomo era perfetto, prima della caduta; l’infelicità umana era dunque una conseguenza della sua colpa. Già durante l’infanzia avevo posta, a diversi preti, una domanda a cui nessuno aveva saputo rispondere: se Adamo ed Eva, prima della caduta, non sapevano distinguere fra il Bene ed il Male perché essi erano colpevoli di non aver distinto la disubbidienza dall’obbedienza a Dio? Poi, da adolescente mi dicevo: ammettiamo che le figure mitiche di Adamo ed Eva sia rappresentanti dei primi esemplari dell’Homo Sapiens, comparso centomila anni fa sulla terra.

Erano essi tanto diversi dai loro predecessori, ominidi di tre milioni di anni fa? No, essi erano ancora rozzi e primitivi; e da essi dovrebbero dipendere il nostro destino umano? E poiché Dio prevede tutto, perché ha creato, con il dono di una Libertà di cui l’uomo fa un uso tutt’altro che perfetto, le basi della umana infelicità?

Ma ecco che il sogno mi riprende, e mi fa pensare, che alla base della infelicità e miseria umana sta’, dietro tutte le imperfezioni della natura, una “distruttività incerata, originale”, di cui ci parla il grande filosofo Zaratustra. La creazione è in fondo una lotta divina contro tale distruttività primordiale, che può essere considerata, come il Bene, come, l’amore, una “singolarità”.

Tale lotta si è svolta in tre “fasi”:

1) Dio ha creato il tempo. Ecco la più grande esplosione della preistoria, il Big Bang. Le stelle primigenie esplodevano continuamente per cinque miliardi di anni: quale distruttività! Ma con ciò si creavano le basi del nostro pianeta.
2) la creazione della vita. Chi può escludere che dietro i processi chimici, che permisero la vita stesse “Qualcuno”?
Ma qui bisogna vedere una cosa centrale: da un miliardo di anni, individui di ogni specie vivono e si moltiplicano, divorando individui di specie diversa. Bella vita, come dice Schopenauer!

3) Ma da ciò è risultata quella evoluzione, da cui si è originato l’uomo, e con lui la coscienza della distruttività, la coscienza del Male, la compassione, l’amore.
La distinzione fra Bene e Male non è frutto del peccato, ma (se siano credenti) il dono altissimo di Dio, all’uomo, affinché con l’amore, che è l’amore divino, venga superata quella distruttività che distrugge sé stessa; affinché venga realizzata la predizione sublime di Taillard de Chardin, che la Coscienza umana si eleverà fino a quella di Dio.
A questo punto il mio sogno si approfondì: non pensavo più, ma “sentivo”. Era come un messaggio della Trascendenza: ascoltavo una musica sublime, di incomparabile Bellezza e percorrevo con il treno un paesaggio di Incomparabile Bellezza quale mai visto!
Solo desiderio? Ma questo è un Desiderio che già come desiderio, anche senza la sua realizzazione, fa di noi una scintilla dell’amore divino!

Gaetano Benedetti

 

 

Il sogno che io chiamo “metafisico” non è frequente, esso viene realizzato da quelle persone, il cui desiderio fondamentale nella vita è la ricerca della Verità.

Poiché nessun Superio censura tale desiderio, il sogno metafisico non è mai censurabile; il suo “Svantaggio” è però quello, che la ricerca della Verità è sempre problematica; la realizzazione onirica è sempre parziale. Fra le tante domande, pessime, di Pilato a Cristo c’è una sola, che pronunciamo noi tutti: “Cos’é la verità?”.

La ricerca della Verità nel “sogno metafisico” è inoltre sempre imperfetta, poiché il pensiero onirico non è mai articolato così bene come nella veglia; è pieno di errori.

Ma perché allora interviene un sogno metafisico? Perché molte emozioni sono talora più intense nel sogno che nella veglia. Il sogno metafisico, se è occorso una volta, non viene dimenticato mai.

Un’altra caratteristica del sogno metafisico è quella, che la sua memorizzazione è quasi sempre una “ricostruzione”, un rifacimento di una “visione” nel pensiero logico successivo al sogno.

Mi succede talora di avere un sogno metafisico. L’ultimo è quello occorsomi questa notte nell’Eurostar, dove dormivo, ritornando da Firenze a Basilea. Ecco il sogno, che consta di vere visioni oniriche e di pensieri del dormiveglia.

Prima scena: domandavo a mio fratello Calogero qual’è la funzione mentale del simbolo. Cercavo di spiegarmi tentando in una frase la definizione (abbastanza imperfetta) della psicoterapia.

La psicoterapia, dicevo nel sogno, è in essenza la traduzione di vissuti esistenziali in simboli (cognitivi, verbali, figurativi). Ma tali simboli agiscono profondamente solo se essi, una volta formulati, vengono ritrasformati in codici preverbali di gioia; è la gioia, e non tanto il sapere, che aiuta il paziente.

Ora, mio fratello Calogero, è un matematico. Io gli dicevo, sempre in sogno, che la matematica è una trasformazione dell’Essere in simboli (appunto matematici) (non credo che egli sarebbe d’accordo con tale mio pensiero onirico). “Ma tale trasformazione o riduzione che dir si voglia crea gioia universale? Se no, allora la matematica è solo la base fondamentale della Tecnologia, ossia di quella scienza naturale, che da un canto serve allo sviluppo della civiltà, ma che d’altro canto si pone in gran parte anche al servizio di quei bisogni umani di potere, di violenza, egotici e narcisistici, i quali fondano l’infelicità di milioni e di miliardi di persone, le quali sono vittime della tecnologia; sì che la nostra epoca non è affatto più felice di quella greco-romana o di quella medioevale.

A questa, certo imperfetta, domanda mio fratello Calogero, non diede in sogno risposta alcuna. Seguì nel sogno un periodo di dormiveglia, in cui il tema dell’infelicità umana mi opprimeva.

Mi ritrovavo nel sogno nella mia infanzia. Mi avevano insegnato che l’uomo era perfetto, prima della caduta; l’infelicità umana era dunque una conseguenza della sua colpa. Già durante l’infanzia avevo posta, a diversi preti, una domanda a cui nessuno aveva saputo rispondere: se Adamo ed Eva, prima della caduta, non sapevano distinguere fra il Bene ed il Male perché essi erano colpevoli di non aver distinto la disubbidienza dall’obbedienza a Dio? Poi, da adolescente mi dicevo: ammettiamo che le figure mitiche di Adamo ed Eva sia rappresentanti dei primi esemplari dell’Homo Sapiens, comparso centomila anni fa sulla terra.

Erano essi tanto diversi dai loro predecessori, ominidi di tre milioni di anni fa? No, essi erano ancora rozzi e primitivi; e da essi dovrebbero dipendere il nostro destino umano? E poiché Dio prevede tutto, perché ha creato, con il dono di una Libertà di cui l’uomo fa un uso tutt’altro che perfetto, le basi della umana infelicità?

Ma ecco che il sogno mi riprende, e mi fa pensare, che alla base della infelicità e miseria umana sta’, dietro tutte le imperfezioni della natura, una “distruttività incerata, originale”, di cui ci parla il grande filosofo Zaratustra. La creazione è in fondo una lotta divina contro tale distruttività primordiale, che può essere considerata, come il Bene, come, l’amore, una “singolarità”.

Tale lotta si è svolta in tre “fasi”:

1) Dio ha creato il tempo. Ecco la più grande esplosione della preistoria, il Big Bang. Le stelle primigenie esplodevano continuamente per cinque miliardi di anni: quale distruttività! Ma con ciò si creavano le basi del nostro pianeta.
2) la creazione della vita. Chi può escludere che dietro i processi chimici, che permisero la vita stesse “Qualcuno”?
Ma qui bisogna vedere una cosa centrale: da un miliardo di anni, individui di ogni specie vivono e si moltiplicano, divorando individui di specie diversa. Bella vita, come dice Schopenauer!

3) Ma da ciò è risultata quella evoluzione, da cui si è originato l’uomo, e con lui la coscienza della distruttività, la coscienza del Male, la compassione, l’amore.
La distinzione fra Bene e Male non è frutto del peccato, ma (se siano credenti) il dono altissimo di Dio, all’uomo, affinché con l’amore, che è l’amore divino, venga superata quella distruttività che distrugge sé stessa; affinché venga realizzata la predizione sublime di Taillard de Chardin, che la Coscienza umana si eleverà fino a quella di Dio.
A questo punto il mio sogno si approfondì: non pensavo più, ma “sentivo”. Era come un messaggio della Trascendenza: ascoltavo una musica sublime, di incomparabile Bellezza e percorrevo con il treno un paesaggio di Incomparabile Bellezza quale mai visto!
Solo desiderio? Ma questo è un Desiderio che già come desiderio, anche senza la sua realizzazione, fa di noi una scintilla dell’amore divino!

Gaetano Benedetti


Carissimo Dedo

Il Tuo scritto è splendido.

Enrico Fermi diceva che la vera Scienza è quella di colui che sa trasmetterla in non più di cinque minuti con parole che possano essere comprese da chiunque.
Tu ci riesci; anzi è la Tua prerogativa.

La formulazione (credo mai espressa da altri) <che il contenuto onirico ha valenza terapeutica solo se tradotto in termini non a livello solo cognitivo, ma in codici preverbali di gioia, perché solo la gioia aiuta il paziente>, ha una struttura logico-sequenziale affine a quella che in matematica conduce alla risoluzione di problemi altrimenti inabbordabili, trasformandoli per trascrizione, in altri che ne siano la mappa ma dotata di sentieri di percorribilità assenti nel problema primitivo e che consentono la costruzione di connessioni che, ritrascritte in converso, porgono la soluzione.
Nel “Tuo” caso la matrice di trascrizione è la gioia.

Come vedi sto interloquendo da sveglio là dove nel “Tuo” sogno avevo l’habitus della silenziosità.

Splendida è la classificazione del <sogno metafisico>, caratterizzato dall’assenza della rimozione e dalla presenza invece di un’eredità di gioia e di bellezza estreme.

Ho esperito personalmente più volte sogni siffatti, in genere accompagnati da gestualità silenziosa di persone che mi sono state care.

***

In campo matematico: la ricerca è sempre accompagnata da gioia interiore; la ricerca crea gioia; ed a tal riguardo il mio pensiero è che la coerenza logica è mappa della verità. Ora la verità è da Dio, ed è questo che crea gioia.

Certo ricorderai quanto narra Talete, cui un discepolo aveva chiesto a che serviva la Geometria. Egli ordinò al proprio servo di dare una dracma a colui, e poi di accompagnarlo fuori dell’Agorà, al mercato, poiché quegli aveva lo spirito di un mercante, e voleva trarre un utile dalla geometria.

Keplero pianse di gioia quando la sua mente si illuminò del punto centrale della sua “Nuova Astronomia”, e Maxwell scoprì l’elettromagnetismo semplicemente rendendo simmetrica la sua celebre 5^ equazione, perché essa così diventava “prettier”, più elegante.

E vengo adesso al punto centrale del “Tuo” sogno che riguarda il problema del Male.
Secondo la narrazione biblica “canonica” (ma anche in quella “apocrifa”, che in ambito “protestante” viene detta “pseudoepigrafa”) il Male si è costituito sulla Terra attraverso il peccato di Adamo consistente nell’infrangere il divieto divino di raccogliere e mangiare dall’Albero della Conoscenza del Bene e del Male.

Ora nell’antico linguaggio semita la <conoscenza> non è (come noi oggi l’intendiamo) un evento solo mentale, ma è un evento di identificazione del soggetto con l’oggetto, al punto che il termine era usato persino per designare l’atto d’amore unitivo fra uomo e donna.

Per realmente conoscere qualcosa bisogna farla, bisogna identificarsi con essa.

Aristotele diceva (senza essere semita) che per poter suonare un’arpa bisogna mettersi a suonare un’arpa, ed Edit Stein ha lasciato scritto che per realmente conoscere la Croce di Cristo bisogna abbracciarla.

E del resto ogni insegnamento passa attraverso le esercitazioni (di Laboratorio, sul campo, in aula, in corsia ecc.) ove il “conoscere” si concreta attraverso un “fare”.

Ha così senso il divieto divino (altrimenti inintelligibile nella sua arbitrarietà) di cibarsi del frutto dell’albero della Conoscenza del Bene e del Male, un’espressione semitico-arcaica che con la fisicità del mangiare vuol rendere ancor più esplicito il concetto dell’identificazione contenuta nel verbo “conoscere”.
Il divieto è: non è commettere il Male.

Peraltro anche noi adoperiamo a riguardo del sapere, del conoscere, il termine <assimilare>, lo stesso che si usa a riguardo del cibo, e rende l’idea dell’identificazione.

Nel caso di Adamo, l’identificazione (peccaminosa) è con il Male.

L’interrogativo (della Tua adolescenza) come possano Adamo ed Eva essere figure mitiche della colpa se al momento di commetterla non potevano ancora distinguere fra il Bene ed il Male non avendo ancora mangiato il frutto dell’Albero della loro conoscenza, non può avere risposta poiché si fonda su una lettura illegittima del termine “conoscere” che compare nel testo.

Questo, sul punto non è affatto contraddittorio, ma pur mitico nella sua formulazione, è estremamente esplicito. Si conosce il Male facendolo, identificandosi con esso.

Il divieto Divino è: non fare il Male. Peccato è farlo.

Non condivido l’idea “persiana” (e non solo persiana) della gemmazione, della costruibilità, del Bene attraverso il Male. Empedocle, di Agrigento l’ha riformulata nell’aforisma che la “guerra” (pòlemos) è la “madre” di tutte le cose.

Ma il Male non genera il Bene.

Mi piace invece, anzi ho sempre pensato, quanto Tu però aggiungi, che la capacità di distinguere fra Bene ed il Male non è frutto di un peccato (di Adamo), ma il dono altissimo di Dio all’uomo, affinché, con l’amore, possa essere superata la distruttività del peccato.

Gesù (dopo averla perdonata) le disse (all’adultera): <va ora e non peccare più> (Giov. 8,11).

Ti abbraccio

Calogero Benedetti


NOTA: Osserva Busi (cfr. dell’A.: Simboli del pensiero ebraico Einaudi 1999) che mentre l’Albero della Vita (cfr Genesi 2,9) è un’immagine presente oltre che nella Religione ebraica anche in altre religioni (cfr. il <Testo delle Piramidi dell’Antico Egitto e taluni passi delle letteratura sumerica) l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male è esclusivo di Israele, e non risulta in alcun modo mutuato da fonti esterne.
Altri hanno suggerito che i termini <tov> (Bene) e <rà> (Male) potrebbero essere un’inserzione retorico-tardiva per definire il concetto di “conoscenza completa”; ma il contesto biblico non conferma, poiché (Busi) i due termini compaiono in Deuteronomio 1,39 ed in Samuele 19,35 posti in correlazione piuttosto all’età dell’uomo.
Il discernimento del Bene e del Male è cioè una prerogativa dell’uomo adulto, non ancora presente nell’infante ed in qualche modo svanita nel vecchio per il suo ripiegarsi mentalmente su se stesso.
Adamo, uomo “completo” è in grado di discernere il Bene dal Male, in cui può (o meno) immedesimarsi (pascersene, cibarsene, farlo); ed è questa azione attuativa (del Male) che costituisce il peccato.

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggionamento 05 luglio, 2003