DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA
 
P. Domenico Cancian fam

 

Voce del Santuario

Ottobre 2003

 

 

 

 

 

 

 

Santuario di Collevalenza

 

"Cristo abiti per la fede nei vostri cuori" (Ef 3,17)

Il cuore dell’uomo è la dimora preferita di Gesù e della Trinità. Dopo averci creato per puro Amore, Dio si avvicina sempre più all’uomo fino a prendere carne umana in Gesù e a farsi nostro cibo. Così la vita dell’uomo che apre le porte a Cristo diventa vita cristiana, diventa tempio e santuario di Dio. Accogliendo Gesù nel proprio cuore, l’uomo accoglie la Trinità, l’Amore Misericordioso del Padre, del Figlio e dello Spirito (cf Gv 14,20-23). Colui che l’universo non può contenere perché è l’Infinito, ha voluto spingere il suo amore fino a farsi ospite del nostro cuore.
Crediamo veramente che Gesù, venuto nella nostra carne, è qui con noi, verrà l’ultimo giorno a giudicare i vivi e i morti, creando cieli nuovi e terra nuova?
Passato, presente e futuro, tutta la storia umana è attraversata dall’Amore Misericordioso del Padre che vuole la salvezza di tutti attraverso l’opera di Gesù e l’azione dello Spirito. È quello che stiamo celebrando in questo tempo: la conclusione dell’anno liturgico con la Solennità di Cristo Re dell’universo, a cui segue il periodo dell’Avvento che ci fa rivivere ancora una volta il Natale di Gesù. Ma è evidente che tra questa prima venuta di Gesù e il suo definitivo ritorno si colloca la sua Presenza qui e ora, come Emmanuele, Dio con noi: nella liturgia, nel povero, in ogni piega delle nostre vicende quotidiane.

Maria Santissima e tutti i Santi, già arrivati nel Regno, intercedono perché l’umanità ancora in cammino approdi anch’essa alla casa di Dio. “Questa è infatti la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,40). “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una sola cosa” (Gv 10,28-30).
La forza di questa Parola è straordinaria: con l’atto di fede ci poniamo nelle mani di Gesù e in quelle del Padre ed entriamo fin da subito nella vita eterna. “Chi crede ha la vita eterna” (Gv 5,24). Entriamo nella vita di Dio e dei santi suoi, dove Gesù ha già preparato un posto anche per ciascuno di noi.
Siccome Dio è Amore, la vita divina non può essere che Amore divino, purissimo, definitivo, senza più egoismo, violenza, sofferenza.

Fratello che mi stai leggendo, credi tu questo?
Scusa la domanda. Non è ovvia, né secondaria. La faccio perché sono rimasto molto addolorato quando qualche giorno fa su uno dei più noti quotidiani leggevo che una buona percentuale di cristiani, ai quali era stata posta la domanda se credevano o no alla vita eterna, rispose negativamente.
Ma senza la vita eterna a cosa si riduce la nostra fede nel Cristo Crocifisso e risorto?
Qualcuno ha detto che la fede mentre da una parte tende, grazie a Dio, ad allargarsi nel mondo, dall’altra s’impoverisce nella qualità.
La fede si approfondisce con la preghiera, si custodisce con la vigilanza e la rinuncia a tutto ciò che è male, si sviluppa nelle opere di carità.
È questa la fede di Giovanni Paolo II, della beata Madre Teresa, della nostra Madre Speranza.
Il 25° di Pontificato del Papa ha messo in luce come e quanto quest’uomo creda, soffra, ami.
Nel film di Madre Teresa, che penso abbiate visto, c’era una scena, nella quale un vecchietto morente, steso per terra, chiama la Suora che stava cercando ansiosamente qualcuno. Teresa s’avvicina all’anziano che le chiede da bere. Dopo aver bevuto il vecchietto chiede: “Cercava qualcuno?”. “Sì, il mio Signore!”. “E chi è il tuo padrone?”. “È colui senza il quale la mia vita è completamente persa”. “È contento il tuo padrone?”. “Non lo so”. Conclude il vecchietto: “Ogni buon padrone è contento dei suoi servi fedeli. Credo che Lui sia contento di te. Continua la tua strada e va in pace!”.

Mi domando se noi siamo tutti intenti a camminare dritti sulla strada del Signore, che è poi la strada della carità perché Dio è Carità.
Anche Madre Speranza ci ha testimoniato luminosamente questo andare dritti al Signore riconosciuto nei mille volti sfigurati dei fratelli poveri, malati, lontani da Dio, disperati.
In fondo tutte le beatitudini di Gesù s’incentrano nella carità: beati gli uomini che rimangono nell’Amore di Gesù, diventando “buon samaritano” per l’uomo ferito e bisognoso.
Il Santuario dell’Amore Misericordioso, che ha ricordato il 31 ottobre il 38° anniversario della sua dedicazione, esiste proprio per questo: per aiutare a diventare misericordiosi come Gesù! I misericordiosi infatti saranno beati “perché troveranno misericordia” (Mt 5,6).

Il ricordo dei defunti

I defunti che, specialmente in questo mese di novembre ricordiamo con affetto, chiedono la nostra preghiera. Madre Speranza ha offerto per loro molta preghiera e molta sofferenza invocando la liberazione dal Purgatorio per quelli che ancora avessero bisogno di purificazione. La sua carità nei confronti di queste anime, le ha procurato la gioia di vederle accedere al Paradiso.
Sì, anche questa è una grande verità cristiana da non dimenticare. Vale la pena richiamare un passo del Catechismo degli adulti.
“Siamo chiamati a conformarci sempre più a Cristo, crescendo nella carità, orientando al bene tutte le nostre energie, purificandoci dai nostri peccati. Il tempo del pellegrinaggio terreno ci è dato perché, attraverso i sacramenti, la preghiera, le opere buone e le sofferenze liberamente accettate, possiamo avvicinarci a Dio e prepararci ad accogliere il dono di sé che egli vuol farci nell’eternità.Ma l’esistenza terrena può non bastare. Chi al termine di essa non è in piena sintonia con il Signore Gesù, dovrà proseguire la propria liberazione dal peccato, per essere “senza macchia né ruga” (Ef 5,27) come tutta la Chiesa, che Cristo introduce alla presenza immediata del Padre. Tutto in noi deve essere degno della sua compiacenza. Si chiama purgatorio la completa purificazione dal peccato di quanti muoiono in grazia di Dio, ma non sono ancora pronti per la comunione perfetta e definitiva con lui.” (La Verità vi farà liberi, n. 1204).
“Appare ragionevole ammettere anche l’efficacia dei suffragi, se la collochiamo nel contesto dell’essenziale socialità dell’uomo, che si attua pienamente nella comunione dei santi. Solo in relazione agli altri si vive e si cresce. Per questo la solidarietà dei credenti e della comunità cristiana ha un potere di intercessione presso Dio per facilitare la purificazione dei defunti. Ovviamente tale potere è concesso da Dio stesso, il quale ci vuole solidali davanti a sé e ci chiede di cooperare con la sua grazia.” (Ivi, n. 1207).
Più che lasciarci andare a ricordi nostalgici e sterili o portare tanti fiori al cimitero, è meglio pregare, offrire il nostro sacrificio, far celebrare la S. Messa, impegnarci a vivere anche noi la buona testimonianza che i defunti ci hanno lasciato.

Ottobre

Il flusso dei pellegrini è stato davvero notevole. Nei giorni 2-5 ottobre sono passati almeno una cinquantina di pulmann, provenienti da varie città d’Italia ed anche dall’estero, per esempio dal Messico, dal Panama, dalla Germania, ecc.
Segnalo il gruppo di circa 200 da Como e da Inverigo, poco meno da Ravenna e da Napoli, dalla Sicilia, da Prato, da Isola della Scala.
Sono ormai vari anni che da Verona arrivano molti gruppi ben organizzati. È nata una buona amicizia con le persone che, per motivi di fede e per aiutare chi è nel bisogno, si mettono con molta pazienza a preparare questi veri e propri pellegrinaggi. Il bene spirituale che ne deriva è visibile.
Anche nei giorni 11-13, 18-19, 25-26 abbiamo avuto molte presenze. Le confessioni ci hanno impegnato proprio al massimo. Il Signore ci fa piccoli strumenti della misericordia divina per i fratelli che portano qui il loro peso di sofferenza e di male. Egli vuole confortare e consolare anche attraverso di noi.

Ottobre missionario e mariano

Tutto il mese di Ottobre, ma in modo particolare domenica 19, abbiamo pregato per le Missioni Cattoliche, ossia per l’evangelizzazione del mondo. È quanto mai urgente che ogni uomo possa conoscere il Vangelo della Misericordia, unica speranza di salvezza.
Non c’è nessuna voglia di prevalere sulle altri religioni, tanto meno di proselitismo portato avanti in modo intergralistico o violento.
Si tratta piuttosto di portare a compimento la missione di Gesù: andare dappertutto ad annunciare che Dio ci ama e ci vuole santi nella carità.
Dio, Padre buono, vuole la nostra felicità piena e ce la offre nel Vangelo di Gesù. Questa è la verità che il Crocifisso testimonia in modo eloquente, per cui non possiamo permetterci il lusso di “toglierlo”, anzi dovremmo aiutare a comprendere che quel segno è il segno dell’Amore che ci salva, della sofferenza redentrice, della morte che prelude alla risurrezione.

Il Papa ha voluto che dall’ottobre scorso all’ottobre di quest’anno si celebrasse l’anno del rosario, anche con intento missionario. Crediamo sia stata un’esperienza riuscita. Nel nostro Santuario abbiamo gustato più e meglio il Rosario, l’abbiamo fatto conoscere anche attraverso le nostre pubblicazioni.
Mi piace a questo proposito riportare un brano dei Promessi Sposi di A. Manzoni, quando Lucia presa dallo spavento di trovarsi tutta sola prigioniera dell’Innominato desiderava morire.
“Ma in quel momento, si rammentò che poteva almeno pregare, e insieme con quel pensiero, le spuntò in cuore come un’improvvisa speranza. Prese di nuovo la sua corona, e ricominciò a dire il rosario; e, di mano in mano che la preghiera usciva dal suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata” (cap. XXI).

Convegno Nazionale AIPAS

Dall’6 all’8 ottobre ha avuto luogo alla Casa del Pellegrino il Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana della Pastorale Sanitaria. Gli oltre trecento partecipanti hanno riflettuto sul tema: “Felice l’uomo che ha cura del debole. La gioia del dono”. Richiamando l’esperienza di Madre Teresa, relatori di notevole fama come Franca Zambonini, Bruno Maggioni e altri, hanno offerto spunti davvero interessanti per tutti coloro che operano a favore dei malati.
La presenza di questo convegno, ormai da quasi vent’anni, ci fa piacere anche perchè corrisponde alle finalità del nostro carisma.

Ordinariato Militare in Italia

Dal 20 al 24 ottobre circa 200 cappellani militari hanno partecipato alle giornate dedicate alla loro formazione permanente. Insieme hanno pregato, hanno ascoltato delle relazioni sull’Eucarestia, sul Sacerdozio, sulle problematiche relative all’unificazione europea.
Con gioia abbiamo accolto ancora una volta questi confratelli che svolgono un servizio di evangelizzazione e catechesi presso i giovani militari.

Unitalsi di Grosseto

Dal 27 al 29 ottobre l’Unitalsi di Grosseto ha vissuto tre giorni di spiritualità, di fraternità e di formazione. I malati che con gioia portano la loro sofferenza costituiscono un tesoro di grazia per la vita della Chiesa.

Famiglia dell’Amore Misericordioso

Il 15 ottobre Salomea Blanda è entrata nel noviziato. Era serena e decisa. L’abbiamo accompagnata con tanta preghiera, augurandole di camminare sulla scia della Madre Speranza.

Dal 16 ottobre fino ai primi di novembre il nostro P. Superiore, Padre Aurelio Perez, si è trasferito in India per sostituire Padre Miguel Ternero (che ha qualche problema di salute) nell’accompagnamento vocazionale dei giovani che vivono nella nostra comunità di Nanthirikal.
Il Signore benedica e renda fruttuosa l’opera dei FAM e delle EAM che operano con molto sacrificio nelle nostre missioni!

La testimonianza di Padre Orfeo

L’8 ottobre ci ha lasciato in modo abbastanza inaspettato il nostro carissimo confratello, P. Orfeo Miatto, primo missionario della nostra Congregazione. Dal 1976 fino alla morte ha dedicato l’intera sua vita ad evangelizzare l’Amore Misericordioso in Brasile: collaborando nel seminario diocesano, costruendo cappelle, e perfino un santuario, animando comunità parrocchiali con molto entusiasmo, realizzando e organizzando asili, aiutando le famiglie e i poveri, interessandosi anche degli indios con i quali aveva avviato relazioni di cordiale stima e amicizia.
Nato a Mogliano Veneto (TV) nel 1933, dopo una prima esperienza nel seminario di Treviso, approdò provvidenzialmente a Collevalenza nel 1951, due mesi dopo l’arrivo di Madre Speranza che lo accolse a braccia aperte. Emise i primi voti nel 1958 e nel 1961 fu consacrato sacerdote.
In Brasile ha profuso, senza risparmiarsi, tutte le sue risorse umane e religiose, mettendole al servizio dell’evangelizzazione e della promozione sociale. Vivendo poveramente e dando molta attenzione agli indigenti.
Si era talmente identificato con il Brasile che desiderava morire lì, nel suo prediletto campo di lavoro.
P. Orfeo ci lascia anche una bella testimonianza di obbedienza alla volontà di Dio, soprattutto quando, nove anni fa, accettò volentieri la grave sofferenza del tumore all’occhio. Reagì con coraggio e continuò come prima la sua missione. E quando qualche mese fa venne in Italia e stava per ripartire felice, un altro tumore lo fermò definitivamente. Comprese e disse: “Sono pronto a quello che il Signore vuole!”
Ricordo con molta commozione un’ultima confidenza: mi diceva la sua completa disponibilità ad accettare sorella morte per andare incontro al Signore.
Grazie, P. Orfeo, per la tua fede, per la tua generosità, per la tua intensa e fedele dedizione al Signore nella nostra Congregazione, per il tuo ardore missionario. Ottienici con la tua intercessione nuove vocazioni che continuino a portare l’Amore Misericordioso nel mondo.

Episodi del mese

Una signora, abbastanza giovane, sposata e madre di una figlia, arriva al Santuario e mi dice: “Vengo a ringraziare il Signore per il dono… del tumore!” Pensando di aver capito male, le chiesi di ripetere. Sì, veniva a ringranziare l’Amore Misericordioso perché attraverso la sofferenza della chemioterapia si era rafforzata nella fede e aveva potuto fare tanto bene agli altri.
E poi concluse: “Quando mi misi a benedire il Signore per questo tumore, Lui mi guarì. Ora mi sono convinta che chi accetta la sofferenza come una grazia, riceve anche la guarigione!”.

Una vedova racconta: “Qualche anno dopo il matrimonio, quando avevo due figli ancora piccoli, mio marito si ammala gravemente. Con molta fede chiese al Signore di concedergli, se credeva, altri vent’anni per poter aiutare la famiglia. Guarì, stette bene, lavorò. Appena passati i vent’anni s’ammalò e morì”.

Il 14 ottobre è deceduto a Perugia il Prof. Mauro Bianchi, noto ortopedico. Nel 1972, quando aveva appena 50 anni, si ammalò gravemente al punto che i medici dissero alla moglie di portarlo a casa perché non c’era altro da fare: era questione di ore. La sorella accorse dalla Madre e la supplicò di intervenire. Le assicurò che avrebbe pregato.
Da quel momento cominciò un insperato miglioramento che portò alla completa guarigione nel giro di un mese. Venne subito dalla Madre e disse: “Vengo a ringraziare il Signore perché attraverso di lei, che io non conoscevo, mi ha ridato la vita. D’ora in poi il tempo che vivrò lo considero un regalo.”
Preghiamo per lui, anche per dovere di riconoscenza, perché ha offerto le sue cure specialistiche a molti di noi, compresa la nostra Madre.

Defunti

In questo mese sono deceduti: la signora Carmen, sorella di Sr. Antonia e nipote della nostra Madre, lo zio di Marina Berardi, un cugino e un nipote di Sr. Araceli.
Li raccomandiamo all’Amore Misericordioso e preghiamo per il conforto dei familiari.

Foto di gruppo
da Frosinone da Udine da Montevarchi da Garlasco
Staffetta del Pace I funerali di P. Orfeo da Prato

 

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggionamento 03 dicembre, 2003