P A S T O R A L E g  i  o  v  a  n  i  l  e

p a s t o r a l e  g i o v a n i l e

     Sr. Erika di Gesù, eam

Tatuati
di
Cristo

 

Cari amici!

    C’è un racconto di Flannery O’ Connor(1) che amo moltissimo: «La schiena di Parker».
    È la storia di un uomo che decide di farsi tatuare il volto di Cristo sulla schiena: era l’ultimo ma il più colorato e maestoso dei tanti tatuaggi che facevano del suo corpo un mosaico scomposto.
    Lo aveva fatto così, nel corso degli anni, per emulare "l’uomo della fiera" di paese che aveva visto quando aveva quindici anni. Quell’uomo metteva in mostra un corpo tatuato «dalla testa ai piedi», in «un unico disegno intricatissimo» che folgora il giovane e sveglia in lui lo straordinario.
    Lo aveva fatto sulla schiena, perché ormai era l’unica superficie libera del suo corpo.
    Lo aveva fatto per saziare la sua crescente insoddisfazione. Dopo aver scampato il pericolo di morire, in un incidente di lavoro.
    Lo aveva fatto per Sarah Ruth, la moglie bruttina e "redenta"(2): finalmente lo avrebbe apprezzato, perché lei credeva in Dio.
    Ma la moglie si indigna contro il marito, perché il volto di Dio non si può vedere; di Lui non si può fare nessuna immagine… Accecata dalla rabbia, lo bastona con la scopa sulla schiena, fino a che «sul viso del Cristo si formarono grossi cordoni di gonfiore». E Parker piange come un bambino ferito.
    Il sacro Volto viene vilipeso nel corpo di un uomo che lo aveva cercato, che avvinto dall’ispirazione, si era come
rivestito di Cristo.
    Se apriamo il Nuovo Testamento, nella traduzione italiana, la parola rivestito/rivestiti compare almeno sette volte.
    Mi soffermo su due versetti.
    San Paolo dichiara: «Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo»(3).
    Dicendo così spalanca le porte di una nuova appartenenza: quella della fede in Cristo Gesù.
    Nella lettera ai Colossesi risuona l’invito a
rivestirsi «di sentimenti di misericordia…», dopo aver messo a nudo il vecchio uomo per indossare il nuovo, che è Cristo stesso, vera immagine del Padre(4).
    Mi piace accostare il racconto sconvolgente di Flannery alla Parola di Dio.
    Oltre a una veste nuova, non c’è forse un tatuaggio, procurato nel Battesimo, che marchia la nostra fronte per sempre?
    Ci spiega Mons. Domenico Sigalini:

Un tatuaggio sulla pelle è per sempre, non è come un orecchino, un anello o un piercing, ancor meno come un vestito. E’ cucirsi addosso una scelta definitiva. […] È strano che in un tempo di dilazione all’inverosimile delle proprie scelte definitive, alcuni giovani, non certo giovanissimi, si vogliono scrivere sul corpo, quasi una rivincita sullo spirito in continua incertezza, una traccia indelebile. […] Forse ne è responsabile il rifugio nel virtuale, nel computer, nelle immagini»(5).

    Non c’è altra scelta altrettanto definitiva: appartenere a Cristo. Essere tutto suo, come direbbe Madre Speranza.
    Eppure anche per noi, anche per i giovani cristiani, non c’è forse un "uomo della fiera", vecchio e affascinante che turba i nostri sogni?
    Un "modello" rispetto al quale ci sentiamo inadeguati, sempre al di sotto di un centimetro?
    Un look dalla cui influenza è difficile liberarsi?
    Non vediamo forse gli effetti devastanti di una vecchiezza congenita che non risparmia nessuno, neppure giovani e bambini?
    Cari amici, il peccato ci invecchia presto dentro, anche se fuori siamo gasati e pieni di energia!
    Eppure in noi arde il desiderio di cucirci addosso la vera Immagine di Cristo.
    È questo il culto dell’Immagine che sogniamo davvero. Poter velare e svelare quel tatuaggio sulla schiena. In quel tatuaggio «si vivono anche le relazioni affettive che hanno assolutamente bisogno del corpo, di un viso, di un sorriso, di emozioni vere, di sentimenti, di pugni forse e di un confronto fisico»(6).
    Sulla schiena perché, in questo modo, gli occhi di Gesù restano dietro di noi.
    Non li guardiamo. Sono inquietanti.
    Spesso, come il giovane Parker, distogliamo lo sguardo da quel tatuaggio che abbiamo ricevuto. Ma non possiamo evitare di sentire il peso, quasi schiacciante, di quel Volto.
    Quando lo riveliamo agli altri, forse ci strapperanno la camicia dalla schiena, ci prenderanno a botte, ma allora la luce dei suoi occhi ci trapasserà il petto.

E quando ci perseguiteranno per quel Viso impresso sulla nostra carne,
saremo finalmente giovani.
E felici(7).

Buon tatuaggio per sempre!

Sr. Erika di Gesù


1 Cf. F.O’Connor, Tutti i racconti, Bologna 2001. Flannery O’Connor (1925-1964) è considerata tra i narratori più importanti del Novecento americano. L’esperienza, spesso tragica, della Grazia permette ai suoi personaggi di passare da «una comprensione meschina, superficiale, dell’esistenza al mistero nel quale l’uomo vive e muore» (Marisa Caramella).

2 È difficile rendere in questa sede ciò che intende l’Autrice americana con questo aggettivo: vorrei semplicemente ricordare il paradosso evangelico «Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (Mt 19,30; Mt 20,16; Lc 13,30). La redenzione interessa tutti, ma è meno efficace con chi "crede" di esserlo, mentre tocca tragicamente il cuore di chi non crede di essere stato redento.

3 Gal 3,27.

4 Cf. Col 3,5-15.

5 D. Sigalini, Meglio una carezza, un bacio. La vita quotidiana negli anni giovanili, Torino 2005, 20-21.

6 D. Sigalini, Meglio una carezza, un bacio, 21.

7 Cf. Mt 5,11-12 e tutte le Beatitudini!

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ultimo aggiornamento 18 dicembre, 2006