LA MISERICORDIA DI DIO
RIVELATA NELL'ANTICA ALLEANZA
   
 

Roberto Lanza

 

Con questa rubrica proponiamo di vedere la rivelazione della misericordia del Signore attraverso una selezione di pagine dell’Antico Testamento (NdR)

 

 

 

 

 

10. «QUELLA CHE S’È PERDUTA L’ANDRÒ A CERCARE» (Ez 34, 16).

IL PROFETA EZECHIELE

Ezechiele è stato il più grande profeta dello Spirito nell’Antico Testamento1.
Nacque verso la fine del regno di Giuda intorno al 620 A.C., apparteneva ad una famiglia di sacerdoti ma visse ed operò da profeta. Fu deportato in Babilonia nel 597 e cinque anni più tardi ricevette la chiamata alla missione di profeta: doveva rincuorare il popolo di Israele in esilio e quelli rimasti a Gerusalemme.

Era una personalità dotata di una fervida immaginazione e possedeva la capacità di vedere i fatti che si verificavano a Gerusalemme, pur essendone distante quasi 2.000 Km. Vedeva sé stesso come pastore che doveva vegliare sul popolo, guidandolo dall’interno. Si considerava come anticipatore del Messia. Si presentava anche come guardiano del popolo poiché doveva annunciargli l’imminente giudizio di Dio. Accusava gli israeliti per i loro peccati e li invitava alla conversione.

Centro del messaggio di Ezechiele era la trascendenza di Dio e la Sua "preoccupazione" per il popolo che si era scelto come eredità; egli era, inoltre, l’unico profeta a dare attenzione allo Spirito di Dio. Lo Spirito lo "solleva" e lo "trasporta", come faceva per Elia, in Ezechiele questo antico linguaggio carismatico si riferisce a una esperienza spirituale molto meglio precisata, cioè alla visione (8,3; 11,11; 40,1-2), dove questo vedere "al di là delle cose", "al di là del presente", questo sguardo sull’invisibile è attribuito a un’operazione dello Spirito.

Ezechiele dice che è lo Spirito di Dio che lo guida. E lo Spirito guida Ezechiele perché egli trasmetta al popolo un messaggio che lo porterà a Dio. Il loro problema, infatti, era quello di aver perso i contatti con Dio, di non conoscere più Dio. Non è che non ne avessero più sentito parlare, ma non lo conoscevano più personalmente. Conoscere Dio in questo senso significava riconoscere la sovranità di Dio sulla storia: Dio deve essere riconosciuto come nostro Dio, e come nostro Padre.

Il profeta Ezechiele viveva in un tempo molto oscuro. Nello spazio di meno di vent’anni, ben tre "blocchi" di Israeliti erano stati trascinati fuori dalla loro terra e deportati a Babilonia, nel cuore della potenza dominante del mondo di allora. Via da Gerusalemme, via dal tempio, via da Dio stesso, così almeno pareva. Essi erano il popolo di Dio, figli di Abramo, in una terra straniera dagli usi e costumi loro ripugnanti. Anche Ezechiele che avrebbe dovuto servire come sacerdote nel tempio di Gerusalemme, anche lui era stato portato via da Gerusalemme, lontano dal tempio.

L’infedele sposa, Israele, aveva abbandonato suo marito. Aveva preferito il peccato e la morte, piuttosto che l’obbedienza e la vita. Eppure, meraviglia delle meraviglie, Dio dice: "No. Ritorna. Sebbene tu sia infedele, io voglio che tu viva." E così Dio dona loro una sentinella. Una sentinella per proteggere la loro vita: Ezechiele. "Figlio d’uomo, io t’ho stabilito come sentinella per la casa d’Israele". Questa è la misericordia di Dio, il fatto che Dio dia al Suo popolo una sentinella.

Ezechiele non è posto come sentinella sulle mura di una qualsiasi città. Egli deve stare sulle mura della Chiesa, legato a Dio da un quello speciale popolo Patto

Quale era il messaggio che Ezechiele doveva portare? Ezechiele non è posto come sentinella sulle mura di una qualsiasi città. Egli deve stare sulle mura della Chiesa, quello speciale popolo legato a Dio da un Patto. È importante sottolineare come questa sentinella si debba occupare del popolo di Dio. Ezechiele deve andare al popolo e dire: "Così dice l’Eterno", e lo deve fare perché sono il popolo di Dio. Questa è la Chiesa. Questo è il popolo che Dio ha unito a Sé con un patto ed al quale ha promesso vita. La cosa più stupefacente è che sebbene Israele sia in esilio, sebbene Gerusalemme stia per essere distrutta, sebbene Israele abbia peccato contro Dio, Dio ancora si occupi della loro vita! Dio usa ancora una volta misericordia!

La fedeltà e la misericordia di Dio sono l’elemento conduttore nelle profezie di Ezechiele. Ecco perché Dio dona ad Israele una sentinella: per proteggere la loro vita! Egli non vuole che muoiano nei loro peccati, ma vuole vederli vivere! Leggiamo in Ezechiele 33,11: " Dì loro: Com’è vero che io vivo", dice il Signore, l’Eterno, "io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvagie. Perché mai dovreste morire, o casa d’Israele?". Dio vuole dare la vita al Suo popolo. Dio ha creato l’uomo perché vivesse, non perché morisse!

Dio si interessa della nostra vita! Le parole di Dio, riguardano la preservazione della nostra stessa vita. La vera vita è la comunione con Dio, la comunione ristabilita attraverso il sangue di Cristo, via, verità e vita. Il dono della vita, però, potrà solo essere goduto attraverso la nostra obbedienza, se viviamo una vita impostata ad autentica riconoscenza. L’Eterno dice: "Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché possa vivere, tu e i tuoi discendenti, e possa amare l’Eterno, il tuo Dio, obbedire alla sua voce e tenerti stretto a lui, poiché egli è la tua vita…" (Deut. 30:19,20). Questi sono gli "obblighi" dell’alleanza.

Quando la Parola di Dio rileva la nostra malattia mortale, non è per spaventarci o perché Lui goda nel vederci spaventati e disperati, ma per mobilitarci contro il pericolo che insorge

La sentinella Ezechiele e le sentinelle della Nuova Alleanza devono portare lo stesso messaggio. Esse, dopo tutto, sono sentinelle dell’Alleanza. Devono portare la Parola di Dio, le promesse e le minacce che sono legate alle parole di questo patto, i suoi doveri e responsabilità. Un messaggio di morte? No, un messaggio di vita! Di misericordia! Quando la sentinella suona la tromba, non è per avvertire la gente che stanno per morire, ma affinché possano vivere! Si, anche quando la predicazione è sgradita perché tocca il nervo che fa male! Quando la Parola di Dio rileva la nostra malattia mortale, non è per spaventarci o perché Lui goda nel vederci spaventati e disperati, ma per mobilitarci contro il pericolo che insorge. L’obbedienza a Dio significa vita! In Cristo c’è perdono, c’è salvezza per il peccatore ravveduto.

Nel sangue di Cristo c’è la vita! Ecco il messaggio della sentinella, le sentinelle della Nuova Alleanza, i "vescovi", i "sorveglianti", i ministri della Parola di Dio insieme ai responsabili delle nostre comunità, non sono meno responsabili. Il ministro della Parola di Dio ha una responsabilità enorme, è per mezzo delle Sue sentinelle che Dio condanna gli empi, e ristabilisce la vita dei credenti che hanno deviato dal giusto cammino.

Essi devono fedelmente comunicare il messaggio della Parola con ardore, fedeltà e determinazione al popolo di Dio. Questo dovere non è un "forse" o un "qualche volta". È un "devo". La vita del popolo di Dio dipende da sentinelle fedeli.

Nel meraviglioso capitolo 34 del libro di Ezechiele è Dio stesso che si pone come garante della vita del suo popolo e "scende" a prendersi cura di loro: " io stesso cercherò le mie pecore", poiché i pastori che il Signore aveva assegnato alla custodia del gregge "hanno pasciuto se stessi senza avere cura del gregge" (Ez 34,10). Chissà quale dolore avrà sentito Dio, fino quasi a piangere, quando avrà visto il suo popolo privo di buone guide "ed erano come pecore senza pastore" (Mc. 6,3)4). Trova così compimento la preghiera del profeta Michea: "pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità che sta solitario nella foresta… Come quando sei uscito dall’Egitto, mostraci cose prodigiose" (Mic 7,14-15). Giunge in questo modo a pienezza l’opera di ricerca e di salvezza dell’uomo, iniziata da Dio subito dopo il peccato delle origini: "dove sei?" (Gen 3,9), chiede il Signore ad Adamo, ponendosi alla sua ricerca. In questa unicità del Signore, come unico salvatore del suo popolo, si manifesta tutta la sua potenza e regalità: "Io sono il Signore, fuori di me non v’è Salvatore" (Is 43,11).

Dio visita il suo gregge, lo osserva con attenzione e se ne prende cura: "Andrò in cerca della pecora perduta, ricondurrò all’ovile quella smarrita: il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto" (Lc 19,10). "Fascerò quella ferita, curerò quella malata… le pascerò con giustizia: non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati, io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi" (Lc 5,31-32);

Dio è un pastore buono che vuole venire a cercare le sue pecore per portarle al pascolo; vuole entrare nell’ovile dove le pecore sono radunate perché possano sentire la Sua voce che chiama ognuna di loro per nome; le pecore che ascoltano la voce del buon pastore escono dall’ovile e lo seguono, e, seguendo il buon pastore, troveranno senz’altro di che sfamarsi.

Le pecore sono poste sotto la Sua speciale sorveglianza e Dio gestisce il gregge nella maniera che ritiene migliore, per farlo sviluppare e prosperare. Tratta le pecore con mano competente, le muove da un terreno all’altro, da pascolo a pascolo, la verità è che non c’è nessuno, in nessun luogo, che possa evitare o sfuggire all’amore di Dio, l’uomo non può assolutamente impedire che la presenza dello Spirito di Dio penetri nell’ovile della sua vita. Egli ci circonda, ci trova, ci tocca, si mette in contatto con noi. Noi siamo sotto l’influenza della Sua mano, della Sua Persona, della Sua presenza. A Lui apparteniamo per diritto, eppure lasciamo spesso che ladri e briganti se ne approfittino di noi. Ci promettono la libertà, ma ci rendono loro schiavi. Ci promettono beni a non finire, ma è solo per sfruttarci. Spesso noi siamo così, non sappiamo bene dove andare per trovare pascolo, non sappiamo dove andare per trovare qualche cosa che riempia veramente la nostra vita, la nutra, e plachi la nostra fame e sete di amore, di giustizia, di sicurezza, di verità, di gioia; e, sempre per il fatto di essere pecore senza pastore, siamo esposti agli assalti dei ladri, dei briganti e dei lupi, ossia siamo in balia di chi, per il fatto che siamo deboli e indifesi, al fine di soddisfare i suoi meschini interessi, cerca di approfittare di noi anche fino a farci morire.

Ezechiele annuncia una nuova liberazione, una nuova speranza, questa è la storia: storia dell’amore di Dio per noi, l’ora è arrivata: Dio è il Buon Pastore il quale si prende cura della sua creatura, l’uomo. E sarà Dio stesso che direttamente lo porterà in verdi pascoli, guarirà le sue ferite e chiamandolo per nome lo introdurrà alla vita, all’amore, alla misericordia, alla pace del cuore.


1 Cf ANGELINI GIUSEPPE, Meditazioni su Ezechiele, Ed. Glossa

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ultimo aggiornamento 18 gennaio, 2008