ESPERIENZE
 

     Paolo Risso

 

VERNON
sulla strada di Roma

 

 

Quando predicava, incantava le folle, che accorrevano in gran numero ad ascoltarlo nelle chiese, dove dispensava la sua parola avvincente. Si chiamava Vernon Johnson ed era un illustre pastore anglicano, all’inizio del secolo XX.

Era solito ripetere spesso la sua posizione sulla Chiesa Cattolica: "Sono un inglese molto ordinato e, come tale, ho nel sangue tutto il timore, l’orrore, il sospetto di Roma, la diffidenza per quanto considero intrigo ecclesiastico e governo italiano, ostilità interne che provengono alla mia educazione e dalla tradizione inglese, che era in me straordinario. Solo due volte avevo parlato con un sacerdote cattolico e sempre in modo puramente occasionale; non avevo mai assistito a una Liturgia e solo per caso avevo gettato qualche sguardo nelle chiese cattoliche".

Una religiosa anglicana – strano, eppur vero – un giorno gli diede da leggere l’autobiografia di S. Teresa di Gesù Bambino, pubblicata da poco tempo e già diventata un best-seller. Vernon ne aveva già sentito parlare e, per approsimazione, la riteneva "sentimentale, artificiale, anti-inglese".

Ma intraprese a leggere il libro: "Storia di un’anima", e in breve la lettura gli si rivelò interessante: "I primi due capitoli non mi fecero alcuna impressione. Poco a poco, però quelle pagine cominciarono a attirarmi e non saprei descrivere il mio stato d’animo quando, dopo molto la mezzanotte, lasciai il libro".

Teresina l’aveva reso inquieto e affascinato insieme dal suo singolare charme, forse unico: "Avevo trovato – dirà Vernon – una creatura che aveva amato Nostro Signore in grado superiore e con un amore tenero, forte e generoso come quello dei martiri dei tempi antichi e al tempo stesso delicato come quello di un fanciullo".

"Soprattutto – aggiunge – mi colpì il Vangelo della sofferenza, come il più prezioso dei doni di Dio e il solo che ci unisce a Lui in un’intimità senza pari, e alla sua interpretazione del dolore come di qualcosa che si può offrire a Dio insieme ai meriti della Croce di Cristo, per il bene della Chiesa e per la salvezza delle anime. Per la prima volta, compresi l’affermazione di S. Paolo: "Io compio quanto manca nella mia carne alla passione di Cristo per la salvezza del suo corpo che è la Chiesa".

Vernon medita l’autobiografia… Nel maggio 1925, l’anno della canonizzazione di Teresina, si reca a Lisieux per vedere i luoghi dove era vissuta la santa e trascorrervi qualche giorno. Attraversata La Manica e giunto a Le Havre, entra in una chiesa per assistere alla Messa. Vede entrare un vecchio prete, due accoliti e un sacrestano che porta un Crocifisso.

Allora esclama con stupore: "Se questo è il cattolicesimo romano, sono lieto di non appartenervi".

Quando giunge a Lisieux, prova un certo disagio a vedere le cose di cui si era servita la santa, come gli abiti, i sandali, le posate. Il giorno dopo, si reca al cimitero per sostare sulla sua tomba… Lì incontra una signora che gli parla diffusamente di Teresina e lo spinge a recarsi subito, per un colloquio, nel monastero dove è superiora suor Paolina, sorella maggiore della santa.

Lì, vede e tocca le reliquie che di solito non venivano mostrate ai pellegrini. Percepisce la presenza del soprannaturale che mai prima aveva sentito. Intuisce che una mano misteriosa ha guidato la sua visita. Rimane pieno di ammirazione per la semplicità della santa, ma non prova alcun desiderio di farsi cattolico. Torna alla sua attività di predicatore dell’anglicanesimo.

Ma l’anno successivo, decide di recarsi di nuovo a Lisieux, perché "Teresina lo chiama". Prima, però, approfondisce lo studio del Nuovo Testamento e medita in particolare sulla fede della piccola grande Carmelitana. "Per lei – egli afferma – la fede era l’assoluta credenza nelle Verità rivelate da Dio e insegnate da un’Autorità divina che aveva il diritto di esigere l’obbedienza assoluta. Per me il centro della fede stava in me stesso, Teresa invece lo trovava nella Chiesa".

In altre parole: "la Scrittura è come la grammatica, ma la Chiesa, fondata da Gesù Cristo è la Maestra assolutamente autorevole". Vernon si convince che la fede di Teresina ha per fondamento la Verità rivelata da Cristo e insegnata dalla Chiesa, alla quale si deve la più assoluta obbedienza.

Passa tre anni di ricerca e di angoscia, approfondendo tre questioni di fondo: l’autorità, l’unità e il Papato. Alla fine conviene che l’anglicanesimo, non possedendo né unità né autorità, non è in grado di realizzare i voleri di Gesù Cristo, mentre la Chiesa Cattolica affermava fin dal suo inizio la Verità ricevuta grazie alla potestà del suo Fondatore.

Non vede altra via, Vernon Johnson, per essere coerente, che convertirsi alla Chiesa cattolica. Si separa definitivamente dall’anglicanesimo e diventa cattolico: "Per quanto grande fosse il mio attaccamento alle associazioni che si erano formate nella chiesa d’Inghilterra, per quanto stretti i legami di amicizia con molte anime del mio gregge, quella chiesa non poteva più avere la mia adesione. Non potevo più fare a meno di sottomettermi all’unica Chiesa, quella Cattolica, che si riferisce a un’Autorità divina e che risponde in pieno alla volontà di Nostro Signore".

Tutto questo cambia radicalmente l’esistenza di Vernon. Con l’impegno di corrispondere alla Grazia di Dio e al­l’intervento di S. Teresa di Gesù Bambino, intraprende la strada per Roma, per andare sino in fondo alla sua scelta e rispondere alla chiamata di Dio.

A Roma, Vernon Johnson, il brillante predicatore dell’anglicanesimo, diventato cattolico, apostolico e romano, nel 1929, riceve il dono più grande: diventa sacerdote cattolico. Un vero miracolo di Gesù e del suo "piccolo fiore", Teresa di Lisieux, nella vita di una grande anima.

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ultimo aggiornamento 11 marzo, 2008