UNA PAGINA DI VANGELO

   a cura di Ermes M. Ronchi      

Dal Vangelo di Luca 2, 41-52:

I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni vi salirono di nuovo. Mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo rimase a Gerusalemme. "Ecco tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nazaret...

Il silenzio di Dio nel cuore di Maria

A questo vangelo non chiederò consigli spiccioli per la vita della mia famiglia, chiederò invece idee forza per un’autentica esistenza cristiana: le cose di Dio al centro della vita; non vantare alcun diritto di possesso sui figli; conservare nel cuore con fiducia ciò che oggi non si capisce, un giorno la risposta verrà e sarà luce; crescere al ritmo lento del dialogo e del limite; saper unire Nazaret e Gerusalemme, la città di Dio e la mia casa, perché il Padre bussa alla porta della mia vita innanzitutto con il volto di ogni persona che vive accanto a me. (L. Pozzoli)

Maria ha detto «tuo padre», pensando a Giuseppe. «No, il Padre mio» risponde Gesù e pensa, ma a chi? Maria e Giuseppe non capiscono, sentono solo che i due «padre» – «tuo» padre, «mio» padre – si scontrano dolorosamente nel loro cuore. E cresce la loro angoscia. Sentono, come tanti, forse come tutti i genitori, che alla fine «i figli non sono nostri», appartengono a Dio, alla loro missione, al mondo, ai loro amori, alla loro vocazione, perfino ai loro limiti.

Famiglia santa per definizione, quella di Nazaret, eppure entra in crisi.

Neppure la migliore delle famiglie è esente dalla sofferenza, dall’incomprensione, dal limite. Santi e profeti non capiscono talvolta neppure la loro stessa casa. Ma ecco la differenza sostanziale: «sua madre conservava con cura tutte queste cose», serbava attenta le parole di Dio e i fatti della vita, li teneva nel cuore perché si dipanasse finalmente un giorno, dal loro confronto, il filo d’oro che li avrebbe tutti spiegati e illuminati e legati assieme.

Gesù cresce e matura una famiglia santa e imperfetta, e la sua fatica mi pare l’elogio di tutte le nostre famiglie, la consolazione per tutti i loro limiti.

Maria e Giuseppe non compresero le sue parole,

eppure Gesù scese con loro e stava loro sottomesso.

Si sottomette a coloro che non lo capiscono. Rivendica autonomia, eppure resta con loro. Sceglie il modo di crescere proprio degli uomini, vale a dire attraverso dialoghi, incomprensioni, ubbidienze reciproche. Gesù cresce e matura una famiglia santa e imperfetta, e la sua fatica mi pare l’elogio di tutte le nostre famiglie, la consolazione per tutti i loro limiti.

«Gesù cresceva in età, sapienza e grazia».

Si può crescere in grazia, anche sottomessi ai limiti degli altri; si può crescere in sapienza, sottomessi a capire e al non essere capiti. Perché ognuno di noi è molto di più dei suoi problemi, più del capire o del non capire. Mio padre o mia madre, il mio sposo o mio figlio, non coincidono con i loro difetti. In loro abita il mistero. Che si fa strada attraverso i dubbi, le incomprensioni, la fatica e le sofferenze. La grandezza vera di una persona dipende da chi o da che cosa lo abita. In loro abita la paternità di Dio e la sua Parola conservata nel cuore.

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ultimo aggiornamento 29 aprile, 2008