2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE

P. Antonio Garofalo fam

 

Il Santo Padre Giovanni Paolo II nella Lettera a tutti i sacerdoti per il Giovedì Santo del 1986 così si esprimeva: «Con la vita e con l’azione, S. Giovanni Maria Vianney ha costituito, per la società del suo tempo, come una grande sfida evangelica (…). Non v’è dubbio che egli presenti anche per noi oggi tale grande sfida evangelica (…). No, la figura del curato d’Ars non tramonta!». In questo Anno Sacerdotale che Benedetto XVI ha aperto in piazza S. Pietro venerdì 19 giugno con i solenni Vespri, vogliamo approfondire nella nostra rivista, qualche aspetto della ricca esperienza spirituale del Santo Curato d’Ars. A chiusura di questo anno con un’altrettanta solenne liturgia, S. Giovanni Maria Vianney verrà proclamato patrono di tutti i sacerdoti. Mi sembra opportuno iniziare questo cammino presentando per sommi capi alcune tappe significative della vita del Santo.

 

 

 

 

Il santo Curato d’Ars

 

 

Giovanni Maria Vianney nasce l’8 maggio del 1786 a Dardilly, a nord di Lione, in Francia, è il quarto in una famiglia di sette figli. Viene battezzato lo stesso giorno della nascita. I suoi genitori sono contadini e coltivano un appezzamento di terra, ereditato, di una dozzina di ettari. È una famiglia che vive il Vangelo, prega insieme e accoglie i poveri.

Quando scoppia la Rivoluzione francese, ha tre anni; ne ha sette quando le persecuzioni si abbattono sulla regione. Fin da giovanissimo, dunque, venne a trovarsi immerso nel dramma di una Chiesa lacerata e di una società divisa. Tra i poveri ospitati e nascosti nella loro casa ci sono anche dei sacerdoti «refrattari», coloro cioè che non avevano giurato fedeltà al nuovo ordine rivoluzionario. Da uno di questi Giovanni Maria, a undici anni, farà la sua prima confessione in un angolo della grande stanza della fattoria. Egli, che diventerà «l’uomo della riconciliazione», in quest’occasione scopre certamente l’importanza di questo sacramento, dal momento che il sacerdote al quale si è confessato ha rischiato la vita per questo.

La prima comunione - Per poter fare la sua prima comunione, ancora clandestinamente, dovrà aspettare altri due anni. Due anziane religiose lo prepareranno a Ecully, un borgo distante sei chilometri. Un sacerdote, il rev.do Groboz, un eroico sacerdote che non aveva prestato giuramento ma era rimasto fedele alla Chiesa, gli fa il dono dell’Eucarestia. L’esempio di questo coraggioso sacerdote sicuramente ha influito sulla sua vocazione. Il suo primo biografo, il rev. Monnin scriverà: «Ho sentito dire che il desiderio di essere sacerdote gli era venuto presto, a causa dell’incontro con un confessore della fede».

Dovrà aspettare altri due anni per potersi comunicare una seconda volta. Possiamo capire, dunque, la sua coscienza della grandezza dell’Eucarestia e della Riconciliazione, dopo aver visto dei sacerdoti rischiare la vita per permettergli d’incontrare Dio nei sacramenti.

La scuola - Giovanni Maria Vianney comincia la scuola abbastanza tardi, essenzialmente per la mancanza di maestri in paese. Impara a leggere e a scrivere a diciassette anni. Anche se fin da giovane ha sentito il desiderio di diventare prete, è solamente a vent’anni che comincia gli studi. Suo padre non è del parere, in campagna servono braccia per lavorare e gli studi costano cari. Per evitare le spese, nell’autunno del 1806 viene mandato dagli zii a Ecully, per la sua formazione l’aiuterà il parroco don Balley. Costui sarà il suo vero maestro spirituale.

Per tre anni Giovanni Maria studia soprattutto il latino e il francese, infatti conosceva solo il dialetto locale. I risultati sono mediocri, perché non ha molta memoria e impara lentamente. A volte si scoraggia, ma don Balley riconosce in lui la stoffa dello «spirituale autentico» e si convince sempre più che possa diventare un eccellente sacerdote.

Il servizio militare - Nella Francia, tormentata dalla rivoluzione, si è fatto strada un giovane soldato che piano piano riesce a prendere il potere e a esportare i principi della rivoluzione anche fuori dai confini della Francia. Napoleone ha bisogno di soldati per i vari fronti che ha aperto. Giovanni Maria, esentato precedentemente, viene chiamato alle armi nel 1809, ma si ammala proprio quando è sul punto di partire. Invece di raggiungere il suo Corpo d’Armata, lo lascia, incoraggiato in questa decisione da un coscritto che lo guida verso il paese di Noes, sui monti di Forez. Qui viene ospitato e nascosto da una vedova. La signora Claudina Fayot lo prende a benvolere e lo tratta come un figlio, lui ricambia insegnando ai suoi figli e ad altri bambini a leggere e a scrivere (!) e nella buona stagione a dare una mano nel lavoro dei campi. Nel piccolo villaggio, dopo un inizio circospetto, tutti lo prendono a ben volere, nessuno lo denuncia, anzi lo avvertono perché si nasconda quando passano i gendarmi.

Gli studi ecclesiastici - Dopo quattordici mesi vissuti da disertore, Giovanni Maria Vianney riprende con fatica gli studi ecclesiastici. Il primo novembre del 1813 entra nel seminario a Lione, ma vi resta poco più di un mese. Il suo primo esame in latino è un disastro. I professori lo hanno qualificato con la lettera «d» che, secondo il codice dei professori, significa deficiente all’ultimo grado. Il registro del seminario porta questa sola menzione: rispedito dal suo parroco il 9 dicembre. Benché avesse avuto parecchie difficoltà negli studi, don Balley non si arrende, alla fine dell’anno scolastico nell’esame finale, sostenuto in francese a Ecully, dove don Balley continua ad assicurare la sua formazione, è accettabile. Il Vicario Generale dirà dopo l’esame: «Ne sapete tanto quanto e forse più della maggior parte dei nostri parroci di campagna».

Sacerdote - A ventinove anni, la domenica del 13 agosto 1815 viene ordinato sacerdote a Grenoble nella cappella del Seminario Maggiore poiché a Lione il Cardinale Fesch, zio di Napoleone, non può tornare dopo aver lasciato la Diocesi per motivi di sicurezza (il 18 giugno c’era stata la battaglia di Waterloo). Dopo la sua ordinazione viene nominato vicario a Ecully, al fianco di don Balley, il suo maestro e padre spirituale. Qui farà le sue prime esperienze pastorali che risentivano molto del rigorismo del tempo. Pian piano modificherà molto i suoi attegiamenti verso i peccatori. Don Balley nel gennaio del 1817 si ammala e nel dicembre dello stesso anno, preparato dal suo discepolo torna al Padre. Giovanni Maria Vianney ora è veramente solo.

Parroco ad Ars - L’ 11 febbraio 1818 viene nominato parroco ad Ars, un piccolo villaggio nel Dombes, nel distretto di Ain, e vi si trasferisce il 13 dello stesso mese. Vi resterà quarantun’anni, fino alla morte, il 4 agosto 1859. Verso l’anno 1830 il villaggio di Ars conta circa 230 abitanti e si trova a quaranta chilometri da Lione. Inizialmente parrocchia della Diocesi di Lione, Ars diventa parrocchia della Diocesi di Belley nel 1823, data della fondazione dell’attuale Diocesi per mezzo di monsignor Devie.

Ars? Una relazione all’arcivescovado del parroco di allora, 1804, così descrive la situazione: «Tutti gli abitanti di questo comune, 370 di numero, professano la religione cattolica. Di questi non ci sono che le donne, le ragazze ed i bambini a cui ho fatto fare la prima comunione che frequentino i sacramenti; tutti gli uomini ... si mantengono costantemente distanti... Ma nondimeno sono abbastanza assidui alle funzioni. Il catechismo viene fatto quattro volte alla settimana. Nessuno lo frequenta molto, tranne quelli che sono in età di fare la loro prima comunione. Viene sospeso dalla fienagione fino a San Martino. C’è una scuola per i ragazzi del popolo sia dell’uno che dell’ altro sesso, tenuta da un abitante del posto che lascia senz’altro al prete la cura d’insegnare il catechismo ai bambini, ciò che risulta molto faticoso a causa della stupidità e dell’incapacità di questi esseri, la maggioranza dei quali non ha null’altro che la differenzi dagli animali se non il battesimo. Non è facile convincere i padri e le madri a fare la preghiera in comune e tanto meno la lettura del vangelo e ci sono poche case in cui ci sia qualcuno in grado di farla. " Le persone di Ars allevano molto bestiame, questo genere d’industria li mette nella condizione di fare dei loro figli altrettanti pastori e di prenderne anche nei comuni vicini. Tutti questi bambini e ragazzi non si fanno vedere per niente in chiesa nei giorni festivi e alla domenica ... Non ho potuto, fino ad ora, vincere questa cattiva abitudine che ha la sua origine solo nella cupidigia».

"Non vorrei essere parroco!..." - Una volta diventato parroco, lo spaventava la sua ignoranza e la sua incapacità: «Io non mi rammarico d’essere prete per dire la s. Messa, ma non vorrei essere parroco … il Vescovo si è sbagliato; se avesse conosciuto la mia incapacità non mi avrebbe nominato parroco … ». E a mons. Borjon che gli scriveva:« Signor parroco, quando si possiede così poca teologia come voi, non si dovrebbe mai entrare in un confessionale». Il Curato d’Ars prontamente gli risponde: «Mio carissimo e veneratissimo confratello, quanti motivi ho d’amarvi! Voi siete il solo che mi abbia conosciuto bene. Visto che siete così buono e caritatevole da degnarvi di interessarvi della mia persona, aiutatemi ad ottenere la grazia che chiedo da tanto tempo, cosicché, essendo sostituito in un posto che non sono degno di occupare a motivo della mia ignoranza, possa ritirarmi in un angolino a piangere sulla mia povera vita».

Con solo l’indispensabile - Fin dall’inizio, Giovanni Maria Vianney si rivela un uomo «d’azione». Come primo impegno fece pulizia del "superfluo" nella canonica, rimandando alla proprietaria, la contessa des Garets, tutto ciò che le apparteneva, conservando il minimo indispensabile: due tavole, un armadio, alcune sedie, una pentola ed una padella, alcuni piatti e tazze, e le poche cose che aveva portato con sé da Ecully: un letto, i libri lasciatigli da M. Balley, un po’ di biancheria e l’ombrello. La cucina della canonica e una delle tre camere del piano superiore erano più che sufficienti per lui. Così, in questa ristrettezza, anche i poveri della parrocchia avrebbero potuto sentirsi a loro agio nella casa del parroco. La gente del paese apprezzava la semplicità del loro curato; perché lo sentiva come uno di loro. Nel suo ministero, il curato d’Ars saprà sempre mettere al primo posto il primato di Dio nella vita umana.


Chiesa di Ars

La cucina - Per quanto riguarda la cucina, Giovanni Maria era autonomo anche perché era di poche pretese. A volte faceva bollire delle patate che poi conservava in un paniere per farle scolare bene e impedire di farle ammuffire. Arrivato ad Ars quasi all’inizio della quaresima del 1818, comincia subito a fare parecchi digiuni e ciò che meraviglia è come abbia potuto il suo corpo resistere a tali penitenze. Ciò è indice di una sana costituzione, egli stesso soleva ripete: «Ho una buona carcassa. Mi basta mangiare una cosa qualsiasi e dormire due ore, e posso ricominciare».

Un giorno ebbe a confidare a Caterina Lassagne: «Il mio pranzo era presto pronto. Facevo tre frittelle: mentre preparavo la seconda, mangiavo la prima; la seconda la mangiavo mentre facevo la terza, e mangiavo quest’ultima mentre rimettevo a posto la stufa e il fuoco. Bevevo acqua in abbondanza e me ne andavo; dopo di che, ero a posto per due o tre giorni». E aggiungeva: «La gente esagera! Il massimo che ho potuto fare è stato di passare otto giorni facendo tre pasti».

Ammirato della bontà di Dio - Vedendo una persona così mortificata si può pensare ad una persona seria, rigida, intollerante, sostenuta; il Curato d’Ars invece, secondo la testimonianza di Giovanni Maria Chanay «Era molto allegro e durante la conversazione diceva facilmente parole che facevano sorridere. Aveva repliche molto spiritose». All’inizio del suo ministero il curato d’Ars riprende molto del rigorismo giansenista vissuto e insegnatogli dal suo maestro spirituale don Balley, ma presto, molto presto si lascerà rapidamente trasportare dalla propria esperienza pastorale di confessore e dalla propria vita spirituale e annuncerà la grandezza dell’Amore di Dio e la sua Misericordia infinita per l’uomo peccatore.

Le sue prediche - Il seminarista J. Francois Renard passò tre mesi ad Ars e ci dice come il Santo preparasse le prediche: «Si chiudeva in sacrestia per scrivere le istruzioni della domenica e impararle a mente. Non le componeva, le prendeva nel corso delle Instructions familieres, avendo cura di adattarle ai bisogni dei suoi parrocchiani. Là, da solo, si esercitava a smerciarle, predicando come se fosse stato sul pulpito». Il contenuto delle prediche era desunto dai principi teologici appresi da don Balley e si ispiravano al timore e al tremore di Dio. Il rigorismo morale e l’ossessione del sacrilegio lo accompagneranno per i primi anni. Il Fourrey, famoso biografo del santo, afferma: «Il giovane prete, spinto da uno zelo ancora poco illuminato, sembrava che esigesse anche dagli umili fedeli un’ascesi e un fervore pari a quelli cui tendeva personalmente. Formato alla più severa disciplina, non intuì subito la misura esatta della debolezza dei cristiani mediocri che costituiscono la massa dei battezzati. Strettamente sottomesso a regole morali d’un severo tuziorismo, andava sempre all’estremo. Temendo sempre di cedere, anche di poco, il passo al peccato, assumeva in ogni caso le posizioni più rigorose; ma l’esperienza, con l’aiuto di Dio, lo avrebbe fatto diventare più umano, adattando alla capacità dei peccatori le esigenze della vita cristiana e sarebbe divenuto infine quel Curato d’Ars che la Chiesa ha posto sugli altari».

La Madonna - La Vergine Maria ha un posto importante nella sua vita e nella sua fede, per cui fa installare una statua della Vergine e consacra la sua parrocchia a «Maria, concepita senza peccato». Teniamo presente che siamo nel 1836, ossia diciotto anni prima della promulgazione del dogma dell’Immacolata Concezione!

Il confessionale - Già prima del 1830, molte persone vengono a confessarsi dal curato d’Ars e raggiungeranno le decine di migliaia negli ultimi anni della sua vita terrena. Vengono contati più di cento mila pellegrini nel 1858. La maggior parte della sua giornata si svolge in chiesa, principalmente per ascoltare le confessioni, ma anche per la preghiera, la celebrazione dell’Eucarestia e le catechesi. Malgrado l’affluenza dei pellegrini, egli non abbandona affatto i suoi parrocchiani, che avranno sempre la precedenza. Dal momento che il carico del ministero diventava ogni giorno più pesante, il curato d’Ars accetta un aiuto. In seguito un gruppo formato da missionari diocesani e da alcuni fratelli della Santa Famiglia di Belley verranno ad aiutarlo nell’esercizio delle sue funzioni.

Gli ultimi giorni - Il 29 luglio 1859 verso mezzanotte si alza per andare in chiesa e rimane nel confessionale fino a mezzogiorno quando esce per chiedere qualche goccia di vino e poi rientrare in confessionale. Il giorno dopo si alza, si veste ma stremato si accascia per terra. Con fatica riescono a farlo stendere un poco; intanto viene chiamato il medico e il suo confessore. Dal suo letto assolve tre penitenti che non aveva confessato il giorno prima. La notizia della gravità della situazione si diffonde tra i parrocchiani e i pellegrini. In chiesa le preghiere sono più intense e fervorose per strappare a Dio per mezzo di santa Filomena la sua guarigione come era accaduto in altra occasione. Il Curato, sempre lucido, ogni tanto dal suo letto benediceva i parrocchiani e i pellegrini, così pure i tanti cesti pieni di oggetti religiosi che la gente gli portava, il suono di una campanella avvertiva coloro che stavano in chiesa a pregare e quelli che, non trovando posto, erano per strada. «Il desiderio di conservargli la vita aveva fatto loro escogitare, perché la canonica si mantenesse fresca, di circondarla di grandi teli, dal tetto fino a terra, che bagnavano ad intervalli».

La sera del 2 agosto riceve il s. Viatico e l’Unzione degli infermi. Il rev.do Toccanier, che è rimasto al suo capezzale fino alla fine, scrive: « Sapevo che la gente di Dardilly aveva già fatto dei tentativi per avere il diritto di trasferire il corpo, dopo la morte, nella sua parrocchia: credetti prudente far redigere un atto autentico, che assicurasse ad Ars il possesso delle preziose spoglie. Feci venire un notaio, feci preparare quattro testimoni e preparai il Curato, facendogli considerare la confusione che segue la morte dei curati deceduti senza testamento: con il suo consenso feci dunque entrare questi signori e il testamento fu redatto. Ogni avere del Curato era lasciato all’abbè Camelet, superiore dei missionari. Quanto al suo corpo, per l’affetto ai suoi parrocchiani egli lo donava alla parrocchia di Ars. Quando gli fu letto questo punto, sorrise dicendo: «Un piccolo dono!».

Stremato dalle sue esorbitanti attività, il curato d’Ars il 4 agosto 1859, alle due di notte, «entra nella gloria di Dio». Ha settantatré anni.

Santo - L’ 8 gennaio 1905 Giovanni Maria Vianney viene beatificato da papa Pio X. Il 31 maggio 1925 papa Pio XI lo canonizza. Egli diventa «san Giovanni Maria Vianney», ma per la gente egli è anzitutto il «santo curato d’Ars». Il 23 aprile 1929 viene dichiarato patrono universale di tutti i parroci.

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ultimo aggiornamento 16 luglio, 2009