festa del santuario

Mons. Domenico Cancian fam

 

 

"Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia"(Rm 5, 20)

 

 

 

Festa del Santuario dell’Amore Misericordioso

Omelia di S.E. Domenico Cancian, f.a.m.

Vescovo di Città di Castello alla

Messa del 26 settembre 2009

 

 

 

La festa che stiamo celebrando ci porta anzitutto a ringraziare il Signore "perché eterna è la sua misericordia". La verità più certa è che Dio ci ama sul serio in modo totale, appassionato, gratuito, perché Lui è Amore. Madre Speranza aggiunge un aggettivo: misericordioso. Questo Santuario, che celebra i suoi 50 anni, è stato dedicato all’Amore misericordioso di Dio, proprio per richiamare l’attenzione su questa verità centrale della fede cristiana.

Siamo qui anche per chiedere la grazia di rafforzare la nostra fede in questo Dio misericordioso, diventando sempre più capaci di riconoscerlo, apprezzarlo, accoglierlo. Abbiamo bisogno, come diceva Gesù, di "imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrificio" (Mt 9, 13) per diventare misericordiosi come il Padre.

La Parola ora proclamata ci offre tre riflessioni di grande utilità per la nostra vita.

 

"Quando Israele era fanciullo…" (Os 11, 1)

Il Signore aiuta Israele a leggere la propria storia nella verità più profonda. "Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio". Dio, in modo autonomo, mosso solamente da amore gratuito, decide di mettere al mondo e dare alla luce, come suo figlio, il popolo d’Israele.

È stato l’amore paterno e materno di Dio a creare, sostenere, guidare il suo popolo, praticamente insignificante e quasi inesistente nella schiavitù d’Egitto.

Un Amore paterno, creativo e fondante; un Amore materno, tenero e affettuoso che si esprime nei tratti concreti di una pedagogia, dettata sempre più da gratuità e misericordia dinanzi alle risposte negative d’Israele. È la storia del popolo eletto, ma è chiaro che è la storia d’ogni uomo, compresa la nostra.

Ecco i tratti di quest’Amore misericordioso, rivelatoci dal profeta Osea.

"Dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime a Baal!" (Os 11,1-2). Dio genera, crea questo popolo come figlio e questi non lo riconosce come padre, anzi si rivolge agli idoli, in modo falso e offensivo.

Il Signore continua a mostrarsi padre e madre. Dio insegna al suo figlio, Israele, a comminare sulla strada giusta, "tenendolo per mano" (Os 11, 3). Ma il popolo continua a non comprendere queste attenzioni.

"Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore", portandoli in braccio, dando loro da mangiare. Ma essi non alzano lo sguardo, non lo riconoscono come padre.

Ciononostante, il Signore, quasi parlando a se stesso, dice: "Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele?… Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira" (Os 11,8-9).

È la rivelazione chiara, storicamente documentata che Lui, il Signore, è Amore Misericordioso, e quindi continuerà ad amare Israele ed ogni uomo; amerà sempre più chi non se lo merita, a vincere il male con un Amore più forte.

"Di fronte alle ripetute infedeltà e disobbedienze del suo popolo, il Dio ‘misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco di grazia e fedeltà’ (Es 34, 6), escogita sempre nuovi interventi, senza mai stancarsi. Nessuna miseria umana lo arresta, anzi, Egli raddoppia il suo Amore nella misura in cui l’uomo diventa più miserabile" (Costituzioni F.A.M., art. 2).

Tutta la storia umana, quella personale e quella dell’intera umanità, è sostenuta da questo Amore Misericordioso che assume e trasforma la miseria umana, rivelandosi più grande.

Paolo in proposito si esprime così: "Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia" (Rm 5, 20). "Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti" (Rm 11,32). Questo si verificherà in modo definitivo nel Cristo, Re Crocifisso, che vince ogni male e fonda la speranza indubitabile.

Gesù "avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine" (Gv 13,1). Proprio nel momento più brutto della sua vita, quando già il diavolo aveva messo nel cuore di Giuda il tradimento del Maestro, Gesù porta all’estremo compimento il suo Amore, vincendo definitivamente il male e il maligno.

Ci aspetteremo un intervento grandioso. Gesù invece durante quell’ultima cena si alza da tavola e si mette a lavare i piedi dei discepoli suoi.

Un gesto simbolico semplice, ma dal significato straordinario: il Figlio di Dio, fattosi figlio dell’uomo, lava non tanto con l’acqua, quanto con il sangue i suoi e il mondo intero. Egli viene a dare la vita per amore, anticipando e superando l’odio del mondo, istituendo la nuova e definitiva Alleanza, dando se stesso a noi in cibo e bevanda, lasciandoci il comandamento dell’amore: "Amatevi come Io vi ho amato, da questo vi riconosceranno come miei discepoli" (cf Gv 13, 34-35).

Celebrando la Pasqua della sua passione-morte-risurrezione, mistero d’Amore custodito nel sacramento dell’Eucarestia, Gesù vince definitivamente il male, calando nella storia la gloria divina, ossia la regalità del suo Amore Misericordioso. Tutta la vita di Cristo e quindi del discepolo suo è concentrata nel nuovo comandamento dell’Amore. È questa l’unica legge che cambia il mondo e la storia umana (cf LG, n.38).

Il comandamento dell’amore, scritto ai piedi dell’immagine del Crocifisso di Collevalenza, richiama il motto che Madre Speranza ha voluto per la nostra Famiglia religiosa: "Tutto per amore di nostro Signore Gesù Cristo". Scrive S.Paolo: "L’Amore del Cristo infatti, ci possiede" (2 Cor 5,14).

 

"…ma [se] non avessi la carità, non sarei nulla" (1Cor 13, 2)

Nell’inno alla carità, l’apostolo Paolo propone l’Amore, come la "la via migliore di tutte", "il carisma più grande" (1Cor 12,31). Non si tratta di un sentimento o del dovere della solidarietà. È l’Amore stesso di Dio effuso nei nostri cuori attraverso lo Spirito. Un Amore che cambia radicalmente l’esistenza: da pagana, o semplicemente umana, la rende cristiana. L’Amore crea un uomo nuovo, una comunità nuova: uomo e comunità guidati dall’Amore divino. L’Amore è presentato come Persona divina: è lo Spirito Santo in noi, come afferma il papa nella Caritas in veritate (cf n. 5).

L’inno paolino si divide in tre parti.

La prima (1Cor13, 1-3) afferma che senza l’Amore, quel che si fa, quel che si ha e quel che si è, non conta. Senza la carità non si è. Anche la fede, anche i gesti eroici, non servono.

La seconda (1 Cor 13, 4-7) descrive come si manifesta la carità. L’apostolo usa 15 verbi: la carità "ha un cuore grande, agisce con benevolenza, non invidia, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, si compiace della verità, tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta". La carità quindi può essere vissuta in un’infinità di modi, copre tutto l’agire dell’uomo, ne è il principio ispiratore e unificante. È la "forma virtutum", ossia ogni virtù è animata dalla carità e finalizzata alla carità. Infatti è la pienezza della legge (cf Rm 13,10).

La terza parte (1Cor 13, 8-13) afferma che la perfezione cristiana e la maturità umana consistono nell’Amore. L’Amore ci mette in comunione diretta con Dio… che è Amore. L’Amore è il nostro destino. La vita eterna consiste nell’essere amati e amare per sempre, con l’Amore stesso di Dio, senza più egoismo. "Compresi - scrive Santa Teresina di Lisieux - e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi, in una parola, che l’amore è eterno" (Ufficio delle letture).

Per questo diventa decisivo conoscere questo Amore, crederci, accoglierlo, apprenderlo e viverlo ogni giorno. La nostra vita può essere intesa come "scuola permanente di Amore" per accedere al Regno dell’Amore.

Il significato di questo meraviglioso santuario è quello di invitarci a celebrare l’Amore misericordioso del Signore, come l’ha cantato Maria nel Magnificat, come lo lodano i Salmi, come ce l’ha trasmesso Madre Speranza. "Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome ... Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono. (Sal 102).

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ultimo aggiornamento 19 ottobre, 2009