2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE

Paolo Risso

 

Principe e martire:

Vladimiro Ghika

 

Suo nonno, Gregorio Ghika X, fu l’ultimo re della Moldavia (1849-1856).

Suo padre, principe e generale, Giovanni Ghika, era stato ministro della Difesa e poi degli Esteri di Romania, poi ministro del suo governo a Costantinopoli presso il Sultano, a Vienna, a Roma e a S. Pietroburgo in Russia. Sua madre era una illustre nobildonna francese.

Lui, Vladimiro Ghika, nacque, tutto di "sangue blu" a Costantinopoli, il 25 dicembre 1873 – Natale del Signore Gesù – e battezzato nella religione grego-ortodossa, come i suoi antenati paterni. Era dotato di intelligenza acuta e di forte volontà, fin da piccolo. Nel 1878, Vladimir arriva in Francia e, al termine dei primi studi, percorre tutta la carriera scolastica, prima al Liceo di Tolosa, quindi all’università di Parigi: tutto lo interessa e tutto approfondisce: lettere, filosofia, diritto, scienze e medicina.

Non ha ancora vent’anni e comprende che la religione dei suoi padri non gli basta, perché nata dallo scisma della Cristianità e Cristo non può essere diviso. Lui da più anni si sentiva cattolico, ma ora comprende che lo scisma in cui di fatto viveva non si sarebbe potuto sanare senza riconoscere il primato della Cattedra di Pietro a Roma e rientrare in grembo alla Chiesa Cattolica, l’unica vera Chiesa di Cristo. Con serenità e decisione, il 15 aprile 1902, a 28 anni, Vladimiro si fa cattolico, nella luce e nella pace dell’anima.

Già laureatosi in filosofia e in legge, ora si laurea pure in teologia, con l’intento di farsi sacerdote cattolico: nobiltà, studi, amore, vita, tutto il suo genio per uno solo: Gesù Cristo! E riportare a Lui, molte anime, anche dall’ortodossia, nella Chiesa Cattolica. Va a raccontarlo al Papa Pio X e a chiedergli consiglio. Il santo Pontefice ritiene che per lui sia più utile rimanere laico che farsi prete, per promuovere il ritorno degli scismatici alla Chiesa, a causa del prestigio dei suoi nobilissimi natali.

Sacerdote di Cristo

Obbedisce, Vladimir, e pensa che il modo migliore per indurre i suoi a riunirsi alla Chiesa sia quello di illuminarli con la carità più ardente verso Dio e verso i fratelli, la vera carità teologale, di cui Gesù ha detto: "Da questo riconosceranno che siete miei amici, se vi amerete l’un l’altro, come Io vi ho amati" (Gv 13,35).

Nel 1904 comincia a assistere i malati all’ospedale di Salonicco, retto dalle Figlie della Carità. Quindi, a Bucarest, fonda un centro medico e ospedaliero, con le medesime suore. Appare un uomo di Dio, ancora di più nel luglio 1913, quando durante la seconda guerra balcanica organizza un ospedale per la cura dei colerosi e si prodiga nell’assisterli, fino allo sfinimento. Altrettanto, fa per ogni dove, durante la prima guerra mondiale. Davvero si rivela "il cattolico della carità eroica". Ma lui si sente chiamato al sacerdozio e chiede a Dio di aprirgli la via.

Ritorna a Parigi, nel 1922, e si stabilisce a Auteuil, nel convento benedettino di S. Maria, dove si prepara al sacerdozio. Ha 50 anni ed è conosciuto in tutta Europa: per la sua nobile stirpe, per la sua conversione dall’ortodossia al Cattolicesimo, per i suoi scritti e per la sua arte. Collabora con articoli densi di fede e di luce a Le Correspondant, e La Revue hebdomadaire, a La Revue des jeunes, a La Documentation catholique. Stampa più volte il libro La visite des paure, e un altro testo, Pensées pour la suite des jours, che diventa un best-seller. Sono testi pieni di Gesù, di ragioni forti per credere in Lui e per amarLo.

Finalmente, il 7 ottobre 1923, con la benedizione di Papa Pio XI in persona, il principe Vladimir è ordinato sacerdote nella chiesa dei Lazzaristi a Parigi, alla presenza di numerosi re e principi d’Europa venuti apposta per onorare il nobile collega che sale all’altare di Dio. Quel giorno, egli udì nello spirito le parole di Gesù – che poi scrisse nei suoi Pensées: "O prete, come oserai sacrificare Me veramente e totalmente, sull’altare, se prima non avrai veramente e totalmente sacrificato te stesso?". Qualche tempo dopo, confida: "Potete immaginare ciò che ho provato questa mattina nel trovarmi proprio là dove Dio aveva permesso che io divenissi uno dei suoi sacerdoti e dove mi è stato dato di trattare di persona il Corpo e il Sangue del mio Redentore e di collegare le aspirazioni di tutte le vostre anime e tutte le vostre intenzioni con i meriti del suo supremo Sacrificio".

L’apostolo

Inizia il periodo più eroico della sua esistenza. Con atto notarile rinuncia alla sua parte dell’ingente patrimonio familiare, per essere libero di dedicarsi tutto a Dio e alle anime, per mescolarsi, come farà pressoché subito, con i poveri più poveri, con gli atei, i bestemmiatori, per condurli, a ogni costo, a Gesù Cristo e dare loro la consolazione divina.

Va a abitare a Villejuif, poco lontano da Parigi, al centro della zona "rossa": in una baracca abbandonata apre una cappella con il SS.mo Sacramento e dietro edifica la dimora per sé, povero in mezzo ai poveri, soprattutto poveri di Dio. La nobiltà delle sue origini, cui ha rinunciato, la sua serenità imperturbabile e la sua bontà senza limiti, la maestà del suo portamento, in primo luogo il suo spirito di preghiera e il suo amore per Gesù, gli spianano la via in tante anime. Si vedono conversioni tali che solo un particolare intervento della Grazia di Dio può averle operate.

Vinte le prime diffidenze, ricorrono a lui i profughi politici, i miserabili, i ragazzi di strada cresciuti nel vizio e negli stenti. La povera cappella, dove lui prega e fa penitenza, vede innumerevoli anime che tornano a Dio. Ne è informato il Cardinale Arcivescovo di Parigi, il quale gli offre il rettorato della chiesa degli stranieri, in rue de Sèvres, e lo costringe ad accettare. Così don Vladimir ritorna in mezzo all’alta società da cui aveva voluto distaccarsi: esuli e perseguitati politici di tutti i paesi e poi uomini della cultura, della finanza, della politica, pure bisognosi spesso di ritrovare il senso della vita. Riannoda antiche amicizie – J. Maritain, Paul Claudel, Henri Bordeaux, François Mauriac – e ne stringe di nuove con diplomatici, artisti, scrittori. Per tutti costoro, prega e fa penitenza… e annuncia Gesù, l’Uomo Dio, che unico al mondo risponde in modo definitivo e adeguato a tutti "i perché" dell’esistenza, in ogni ambiente e in ogni tempo.

Quando parla, don Ghika, viene ascoltato: sono colpiti a fondo dal suo Cattolicesimo, davvero grande, sublime, divino; da Gesù che non è una fabula bella per i bambini, ma la Verità Assoluta e eterna.

Nell’autunno del 1931, Pio XI, che lo conosce di persona, lo nomina "protonotario apostolico" e gli affida prestigiosi e difficili incarichi apostolici per il mondo, in Giappone, presso l’imperatore; poi a Buenos Aires, a Manila e a Budapest per i Congressi Eucaristici, dove spesso si trova a fianco del Card. Eugenio Pacelli, segretario di Stato e futuro Papa Pio XII; infine in Brasile. In mezzo a tanta attività e accanto a Uomini illustri della scena mondiale, Mons. Ghika pone al centro di tutto la Santa Messa, la preghiera prolungata davanti al Tabernacolo, il Rosario (interminabile!) alla Madonna, e l’annuncio del Cristo. Scrive sui più diversi giornali del mondo, articoli di mirabile saggezza evangelica, tiene conferenze e corsi di esercizi spirituali a uomini di cultura, a studenti, a preti e religiosi, circondato sempre di più, in ogni ambiente, da un fascino singolare.

Nell’estate 1939, si reca a rivedere i suoi parenti in Romania: si trova a contatto diretto con le terribili prove della sua patria dovute prima alla guerra, quindi all’invasione dei comunisti. Chiede subito di rimanere lì, per portare Gesù, in quell’ora terribile per il suo popolo. Comincia a occuparsi dei prigionieri politici, presso diversi governi; poi, sfidando comunisti e nazisti, percorre il paese a tenere conferenze, per illuminare e rafforzare la fede, per convertire molti dall’ortodossia o dall’indifferenza e dall’ateismo alla Chiesa Cattolica. Durante i terribili bombardamenti aerei del 1944, non si allontana da Bucarest, come un vero miles Christi, per assistere i più sofferenti nell’ora del pericolo e della morte, con il conforto del Vangelo e dei Sacramenti.

Adesso, più che mai si rende conto che solo il Sacrificio di Gesù, ripresentato nella S. Messa, salva le anime. Tutto attinge dalla Messa quotidiana, vero atto di unione con Gesù immolato al Padre. Discende dall’altare ardente de uno stile e di una parola che converte i peccatori più induriti, anche solo in un breve colloquio con lui. Inorridisce del peccato volontario e combatte il peccato con la preghiera, la penitenza, con lunghe ore passate in confessionale a illuminare e a trasmettere il perdono di Dio. Chiama più persone che può all’adorazione eucaristica: un giorno, ci sono anche due protestanti che, dopo averlo visto pregare, gli chiedono di aiutarli a farsi cattolici.

In Francia, per il mondo dove è passato, in Romania, dove è giunto per l’ultima tappa, si rinnova nelle anime che lo incontrano, quanto si diceva del S. Curato d’Ars: "Ho visto Dio in un uomo".

 

Supremo olocausto

Nel 1948, quando la Romania cade sotto il regime comunista, Mons. Ghika avrebbe potuto riparare in un paese dell’Europa libera, ma lui rifiuta anche davanti al giovane re Michele costretto a partire per l’esilio e che vorrebbe portarlo con sé. Rimane consapevole di andare incontro, sotto "falce e martello", a persecuzione e forse alla morte. Sacerdote di Gesù, in mezzo ai banditori dell’ateismo; nemico dei soprusi e della violenza, di fronte a despoti tra i più feroci della storia, quale altra sorte può attenderlo?

Fino al 1952, infischiandosene dei pericoli, fa il cappellano delle Figlie della Carità che lui stesso aveva chiamato a Bucarest, diversi decenni prima. Celebra la Messa, poi passa la giornata tra malati, perseguitati e afflitti di ogni specie; battezza bambini e adulti che si convertono in gran numero, amministra i Sacramenti ai moribondi; predica e nessuno lo ferma, neppure con le minacce, nonostante la sua età ormai avanzata.

Allora, dalla polizia comunista di Ceausescu viene costretto a domicilio coatto, sotto strettissima sorveglianza, perché "ciò che predica e fa (Gesù Cristo!) è pericoloso alla rivoluzione". Poi viene rilasciato, ma circondato da spie che non lo perdono mai d’occhio e cercano un pretesto per arrestarlo e finirlo, uomo e prete così scomodo!

Il 19 novembre 1952, viene arrestato, come "reo di turbamento dell’ordine pubblico". Processato dal solito "tribunale del popolo" dei senza-Dio, anche se ha 80 anni, viene condannato – innocente di tutto – a 30 anni di galera! Nel forte di Jilava, dove viene rinchiuso, è seviziato in modo tale che basterebbe questo a infamare in perpetuo, regime e uomini che lo fecero. lo sostiene la sua fede invincibile e il suo amore ardente a Gesù e alla Chesa, la sua consacrazione alla Madonna, come aveva scritto nei Pensées: "L’anima nell’ora delle tenebre, interroga Dio al fondo di se stessa: Che cosa vuoi, mio Signore? che cosa vuoi che io faccia? Lui, Gesù in persona risponde: "Io voglio te, solo te".

Così giunge l’ora del sacrificio supremo: il 17 maggio 1954, a seguito delle numerose e crudeli torture degli aguzzini comunisti, Mons. Vladimir Ghika, finisce di soffrire, per raggiungere il premio eterno. Jacques Maritain aveva detto di lui: "Principe nel mondo e per una vocazione più alta, Sacerdote di Cristo". Noi aggiungiamo, in attesa che la Chiesa lo elevi alla gloria degli altari: Principe, Sacerdote e Martire.


(da P. Gherman, Vladimiro Ghika, in. F. Lelotte, Convertiti del nostro tempo, vol. 2, Vita e pensiero, Milano, 1957, pp. 197-213); AA. VV. V. Ghika, articoli tratti del Bollettino dei Canonici Regolari della Madre di Dio, Lagrasse, Francia.

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ultimo aggiornamento 18 giugno, 2010