2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE

Antonio Colasanto

 
 

Riflettiamo sull’Anno Sacerdotale
Dio si affida con audacia a poveri "vasi di creta"

Ora che i riflettori sono spenti, le telecamere girano altrove e il clamore cede il passo alla riflessione vogliamo chiederci cosa resta di questo anno sacerdotale, segnato da una imponente tempesta mediatica, nella coscienza e nel cuore di quanti lo hanno vissuto come sacerdoti, religiosi e laici.

A noi sembra che l’anno sacerdotale sia servito per riscoprire le radici della vocazione e a ricordare di essere fedeli a Dio, a dedicare tutto il tempo di cui si dispone al silenzio e alla preghiera, all’ascolto e alla missione.

Dal tradimento di tanti sacerdoti certamente viene da Dio un forte invito a essere fedeli alla missione, a stare nel mondo senza percorrere le strade del carrierismo, senza lasciarsi omologare dal mondo per essere testimoni e segno di contraddizione.

In particolare il Papa, nel corso di questo anno, ha invitato a riconoscere che il sacerdozio non è un mestiere ma un dono di Dio, dono di un Dio che si affida con audacia a uomini perché dicano le sue parole di perdono e lo rendano presente con il suo Corpo e il suo Sangue.

"Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua, questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola «sacerdozio». Che Dio ci ritenga capaci di questo; che Egli in tal modo chiami uomini al suo servizio – ha detto Benedetto nella Omelia dell’11 giugno in piazza san Pietro - e così dal di dentro si leghi ad essi: è ciò che in quest’anno volevamo nuovamente considerare e comprendere. Volevamo risvegliare la gioia che Dio ci sia così vicino, e la gratitudine per il fatto che Egli si affidi alla nostra debolezza; che Egli ci conduca e ci sostenga giorno per giorno. Volevamo così anche mostrare nuovamente ai giovani che questa vocazione, questa comunione di servizio per Dio e con Dio, esiste, anzi che Dio è in attesa del nostro «sì»… Era da aspettarsi che al «nemico» questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti… Anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più; promettere che nell’ammissione al ministero sacerdotale e nella formazione durante il cammino di preparazione ad esso faremo tutto ciò che possiamo per vagliare l’autenticità della vocazione e che vogliamo ancora di più accompagnare i sacerdoti nel loro cammino, affinché il Signore li protegga e li custodisca in situazioni penose e nei pericoli della vita. Se l’Anno Sacerdotale avesse dovuto essere una glorificazione della nostra personale prestazione umana, sarebbe stato distrutto da queste vicende. Ma si trattava per noi proprio del contrario: il diventare grati per il dono di Dio, dono che si nasconde "in vasi di creta" e che sempre di nuovo, attraverso tutta la debolezza umana, rende concreto in questo mondo il suo amore. Così consideriamo quanto è avvenuto quale compito di purificazione, un compito che ci accompagna verso il futuro e che, tanto più, ci fa riconoscere ed amare il grande dono di Dio. In questo modo, il dono diventa l’impegno di rispondere al coraggio e all’umiltà di Dio con il nostro coraggio e la nostra umiltà".

Inoltre Benedetto XVI nel corso dell’anno sacerdotale, nel dedicare le sue provvide e argomentate catechesi al tema del ministero ordinato, ha ricordato più volte la "realtà feconda della configurazione del sacerdote a Cristo Capo nell’esercizio dei tre doni (tria munera) che riceve, cioè dei tre uffici di insegnare, santificare e governare".

Insegnare

Oggi, in piena emergenza educativa, il dono di insegnare della Chiesa, se esercitato concretamente, attraverso il ministero sacerdotale risulta davvero importante perché viviamo in una grande confusione circa le scelte fondamentali della nostra vita e gli interrogativi su che cosa sia il mondo, da dove viene, dove andiamo, che cosa dobbiamo fare per compiere il bene, come dobbiamo vivere, quali sono i valori da assumere a riferimento.

"Il popolo cristiano – ha ricordato Benedetto XVI - domanda di ascoltare dai nostri insegnamenti la genuina dottrina ecclesiale, attraverso la quale poter rinnovare l’incontro con Cristo che dona la gioia, la pace, la salvezza. La Sacra Scrittura, gli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa, il Catechismo della Chiesa Cattolica costituiscono, a tale riguardo, dei punti di riferimento imprescindibili nell’esercizio del munus docendi, così essenziale per la conversione, il cammino di fede e la salvezza degli uomini". (U.G. del 14.4.2010).

Santificare

Il sacerdote, secondo la tradizione, ha il compito di santificare gli uomini soprattutto mediante i sacramenti e il culto della Chiesa: questo si realizza nell’annuncio della Parola e in modo particolare nei sacramenti. E a tale proposito il Papa ha così esortato i sacerdoti: "vivete con gioia e con amore la liturgia e il culto: è azione che il Risorto compie nella potenza dello Spirito Santo in noi, con noi e per noi. Vorrei rinnovare l’invito fatto recentemente a "tornare al confessionale", come luogo nel quale celebrare il Sacramento della Riconciliazione, ma anche come luogo in cui ‘abitare’ più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio e sperimentare la presenza della Misericordia Divina, accanto alla Presenza reale nell’Eucaristia". Ed ha poi soggiunto: "E vorrei anche invitare ogni sacerdote a celebrare e vivere con intensità l’Eucaristia, che è nel cuore del compito di santificare; è Gesù che vuole stare con noi, vivere in noi, donarci se stesso, mostrarci l’infinita misericordia e tenerezza di Dio; è l’unico Sacrificio di amore di Cristo che si rende presente, si realizza tra di noi e giunge fino al trono della Grazia, alla presenza di Dio, abbraccia l’umanità e ci unisce a Lui" (U.G. del 5.5.2010).

Governare

La Chiesa è chiamata ad esercitare questo tipo di autorità che, però, è servizio.

Dove può, oggi, il sacerdote attingere la forza per tale esercizio del suo ministero, nella piena fedeltà a Cristo e alla Chiesa, con una dedizione totale al gregge?

"La risposta è una sola – ha ribadito Benedetto XVI in una sua recente catechesi – in Cristo Signore. Il modo di governare di Gesù non è quello del dominio, ma è l’umile ed amoroso servizio della Lavanda dei piedi, e la regalità di Cristo sull’universo non è un trionfo terreno, ma trova il suo culmine sul legno della Croce, che diventa giudizio per il mondo e punto di riferimento per l’esercizio dell’autorità che sia vera espressione della carità pastorale… Cari sacerdoti, «pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri [...], facendovi modelli del gregge» (1Pt 5,2). Dunque, non abbiate paura di guidare a Cristo ciascuno dei fratelli che Egli vi ha affidati...." ( U.G. del 25.5.2010).

Ci sembra che questi siano stati i grandi temi nel corso dell’anno sacerdotale sui quali siamo stati invitati a riflettere: temi che, come si diceva all’inizio, costituiscono le radici della vocazione, l’approfondimento del rapporto con il Mistero che è anche all’origine dell’andare incontro ai fratelli.

Una occasione per considerare il dono grande che Dio fa a poveri "vasi di creta" affidandosi alla loro fragilità. Da qui la necessità di riconoscere e accogliere con umiltà e coraggio questo dono che deve essere custodito con impegno e vigilanza domandando l’aiuto del Signore perché non venga travolto dal peccato, da scandali e da abusi. La Chiesa, infatti, non può vivere senza il dono del sacerdozio. Non c’è cristianesimo senza i sacramenti e non ci sono sacramenti senza i sacerdoti che li celebrano.

Senza quei "vasi di creta" che dicano in persona Christi Capitis "Io ti perdono" e "Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue" non c’è la Chiesa.

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ultimo aggiornamento 21 luglio, 2010