dagli scritti di madre speranza

a cura di P. Mario Gialletti fam

 

“Il Tuo Spirito Madre”

Madre Speranza di Gesù Alhama Valera nata il 30 settembre 1893 a Santomera morta in Collevalenza l’8 febbraio 1983. Fondatrice delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso e del Santuario di Collevalenza

È in corso il Processo canonico per la sua canonizzazione e il 23 aprile 2002 la Chiesa l'ha dichiarata venerabile. 

In questo anno pubblichiamo una serie di riflessioni della Madre sulla Dottrina cristiana, scritte nel 1943, e articolate in quattro sezioni:

– Quello che dobbiamo credere

– Quello che dobbiamo chiedere

– Quello che dobbiamo praticare

– Quello che dobbiamo ricevere

Madre Speranza

Quello che dobbiamo credere:

  1 - Gli articoli della Fede

  2 - Il decreto della Incarnazione

  3 - Il domma di Dio

  4 - I Novissimi contenuti nel Credo

  5 - L’ordine soprannaturale

  6 - Dio centro dell’ordine soprannaturale

  7 - Dio centro dell’ordine soprannaturale e ricompensa della fedeltà

  8 - Gesù nell’Eucarestia mezzo per arrivare alla vita soprannaturale

  9 - Il miracolo

10 - Il mistero

 

1 - Gli articoli della fede

Meditiamo oggi sugli articoli della fede, cercando di assimilarli bene per poterli poi insegnare ai bambini, ricordando che la prima scienza che i nostri piccoli devono imparare è la dottrina cristiana.

La dottrina cristiana è composta di quattro parti principali: quello che dobbiamo credere, quello che dobbiamo praticare, quello che dobbiamo chiedere e quello che dobbiamo ricevere, cioè: il Credo, i Comandamenti, la Preghiera e i Sacramenti.

Osserviamo che Credo e articoli della fede sono la stessa cosa espressa in forma diversa; infatti i quattordici articoli della fede sono l’espressione chiara, esplicita e ordinata del Credo, che fu composto dagli Apostoli come la formula della fede cattolica alla quale tutti siamo obbligati a credere per salvarci.

Consideriamo i sette articoli della fede che riguardano la Divinità.

Il primo, espresso dalla prima frase del Credo: io credo in Dio Padre onnipotente, è credere in un solo Dio onnipotente.

Il secondo, credere che Dio è Padre, si esprime nel Credo con la parola Padre.

Il terzo, credere che è Figlio; lo indicano le parole: credo in Gesù Cristo suo unico Figlio e nostro Signore. Queste parole dicono che Gesù Cristo è nostro Signore e Dio, che è l’Unigenito del Padre e quindi che Dio è Padre e Figlio.

Il quarto, credere che è Spirito Santo; espresso nelle parole: credo nello Spirito Santo.

Il quinto, credere che è Creatore; è nelle parole del Credo: Creatore del cielo e della terra.

Il sesto, credere che è Salvatore, contenuto nelle parole che ci parlano del mistero dell’incarnazione, della passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo e della remissione dei peccati, dato che il Verbo divino si è incarnato ed ha sofferto per noi per liberarci dal peccato e dal demonio.

Il settimo, credere che Dio dà la ricompensa; si esprime nelle parole che si riferiscono a Gesù Cristo quando si dice che verrà a giudicare i vivi e i morti. I vivi, cioè coloro i cui peccati sono stati perdonati e quindi sono vivi alla vita della grazia e inclusi nella comunione dei santi. Ad essi appartiene la vita della gloria e della felicità senza fine, proporzionate alla grazia e alla virtù. I morti sono coloro i cui peccati non sono stati perdonati e sono esclusi dalla comunione dei santi. Ad essi appartiene la vita eterna di dolore infinito, proporzionato al peccato mortale e alle innumerevoli offese fatte a Dio.

Consideriamo ora i sette articoli della fede che si riferiscono alla sacra Umanità di Cristo.

Il primo è credere che Gesù Cristo, in quanto uomo, fu concepito per opera e grazia dello Spirito Santo.

Il secondo, credere che nacque da Maria Vergine, rimanendo Ella vergine prima, durante e dopo il parto; è espresso nelle parole del Credo: nacque da Maria Vergine.

Il terzo, che soffrì la passione e ricevette la morte per salvare noi peccatori; nel Credo è così espresso: patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.

Il quarto, credere che discese negli inferi e liberò le anime dei santi Padri che stavano attendendo la sua venuta; nel Credo: discese agli inferi.

Il quinto, credere che il terzo giorno risuscitò da morte, appunto come è detto nel Credo.

Il sesto, credere che salì al cielo e siede alla destra del Padre Onnipotente, come è detto con le stesse parole nel credo.

Il settimo, credere che tornerà a giudicare i vivi e i morti; i primi per dar loro la gloria perché fedeli osservanti dei suoi comandamenti, i secondi per la pena eterna non avendo osservato i suoi comandamenti. Tutto questo è detto nel Credo con le parole: di là verrà a giudicare i vivi e i morti; credo nella comunione dei santi, nella remissione dei peccati e nella vita eterna.

Nel Credo, figlie mie, sono contenuti i due grandi misteri della nostra fede: la SS. Trinità e l’Incarnazione.

Il mistero della SS. Trinità si trova negli articoli secondo, terzo e quarto relativi alla divinità e nei quali si professa che Dio è Padre, Figlio e Spirito santo, dopo aver dichiarato nel primo articolo che Dio è uno e onnipotente, ossia infinito in tutte le sue perfezioni. Il mistero dell’incarnazione del Verbo eterno, Figlio unigenito del Padre, avvenuta nel grembo purissimo di Maria Vergine, non per opera di uomo ma miracolosamente per opera e grazia dello Spirito Santo, dopo essere stata annunciata dall’angelo Gabriele, si trova nel primo e nel secondo articolo della fede, relativi all’umanità di Cristo, alla sua incarnazione e alla sua nascita.

La Misericordia divina decise l’incarnazione del suo divin Figlio vedendo che l’uomo aveva peccato perché tentato dal demonio, il quale per invidia aveva voluto vendicarsi di Dio sull’uomo, sua creatura ed immagine. Così Dio volle assumere come propria la situazione dell’uomo e sanarla. I discendenti di Adamo incorsero nei danni del peccato, non per volontà personale, bensì per eredità. Pertanto il Signore non volle che per colpa di uno perissero tutti, né che andasse perduto il fine dell’universo posto a servizio dell’uomo peccatore.

Nel decreto dell’incarnazione risplende la giustizia, figlie mie, perché soltanto Dio che è infinito incarnandosi poteva con rigorosa giustizia dare soddisfazione a se stesso, offeso in modo infinito dal peccato. Risplende la sapienza, perché solo il sapere infinito poté unire, per raggiungere il fine che Dio si era proposto, realtà così distanti come Dio, che non è passibile, con la creatura passibile. L’onnipotenza, dato che solo il potere infinito di Dio poteva congiungere il Creatore e la creatura che si trovano a distanza infinita.

La bontà, della quale è proprio il diffondersi e il comunicarsi, dato che Dio non poteva comunicare in un modo più perfetto che comunicando se stesso. L’amore, la cui proprietà è l’unione, dato che non era possibile una maggiore unione e quindi una maggiore carità di quella che realizzò Dio unendo in una stessa Persona la natura divina e quella umana.

Figlie mie, l’incarnazione è opera della infinita carità di Dio. In essa il Padre ci dà il Figlio, cioè quanto di meglio possiede, e il Figlio dà se stesso, il massimo che può dare. Si dona alla creatura, così indegna e vile, e non per proprio vantaggio, ma della creatura stessa per liberarla dalla schiavitù del peccato, del demonio e dell’inferno.

Il Verbo eterno s’incarnò per il bene dell’uomo perché raggiungesse il suo fine, cioè quello di conoscere Dio, amarlo, servirlo e adorarlo, essendo stato creato a sua immagine e somiglianza.

Diede all’uomo un corpo formato con il fango della terra perché non si insuperbisse e gli diede un’anima nobilissima, l’alito vitale da Lui stesso infuso perché l’uomo non cadesse nella tristezza e nell’abbattimento. Pertanto il compito dell’uomo deve essere come quello dell’angelo: lodare e glorificare Dio. Gli donò tutto l’essere attraverso la creazione, grazie alla quale l’uomo dipende totalmente da Dio.

I mezzi che servono all’uomo per raggiungere il suo fine sono le creature; lo si deduce dalle seguenti frasi: "In principio Dio creò il cielo e la terra" e "Tutto lo hai posto sotto i suoi piedi". Quindi Dio ha posto a nostra disposizione le cose dell’universo: le potenze, i sensi, l’anima e il corpo e i regni della natura; mezzi con cui l’uomo deve andare al suo fine. Egli lo raggiunge attraverso le creature, facendo buon uso di esse.

Dio, figlie mie, è il nostro primo principio e il nostro ultimo fine. Il primo principio nostro e di tutte le creature perché Egli ci ha creati per sé, per conoscerlo, amarlo e servirlo, facendoci immortali come Lui. L’immortalità è ora per l’anima; per il corpo si realizzerà dopo la resurrezione.

Il nostro ultimo fine è interminabile e così lo indicano le nostre inclinazioni: quella dell’intelligenza alla verità, quella della volontà al bene e quella del cuore alla felicità senza fine. È interminabile anche per le cause e il modo in cui Dio ci ha creati, cioè per la sua bontà e a sua somiglianza; infatti, per il principio che ogni simile ama il suo simile, Dio non poteva crearci perché vivessimo a capriccio, ma per conoscerlo, amarlo e servirlo lodandolo e adorandolo, e per poter così salvare la nostra anima. Essendo per origine schiavi ci innalzò allo stato di sovrani quando ci fece simili a sé. (M. Esperanza de Jesús, eam)

Perdere il nostro ultimo fine, figlie mie, è il male più grave perché significa perdere l’anima, cioè la grazia, la pace della coscienza e la beatitudine, mentre conseguirlo significa ottenere tutto.

Tutte le cose furono create per aiutare l’uomo a raggiungere il suo fine ultimo; alcune sono necessarie per conservare la vita, altre per godere. Dio le ha create a beneficio dell’uomo per due motivi, sia perché attraverso di esse l’uomo conoscesse meglio le perfezioni di Dio e così lo amasse con tutto il cuore, sia perché le usassimo come mezzi che ci conducono al nostro ultimo fine e di ciascuna facessimo quell’uso particolare che essa richiede per sua natura e in proporzione alle capacità spirituali della nostra anima e a quelle sensibili del nostro corpo.

È mirabile, figlie mie, vedere come tutte le cose raggiungono il loro fine e dolorosissimo vedere che l’uomo, e soltanto lui, le può sviare quando ne fa cattivo uso.

Dobbiamo usare delle creature solo in quanto ci conducono al nostro fine; allontanarci da esse per quanto ce ne allontanano ed esserne indifferenti nella misura in cui esse lo sono rispetto al nostro Creatore.

Dobbiamo cercare solo il Regno di Dio e la sua giustizia, che è il fine di ogni uomo -e particolarmente delle Ancelle dell’Amore Misericordioso- e tutte le altre cose, necessarie per la vita temporale, ce le donerà la Provvidenza del nostro buon Padre. Dobbiamo evitare e odiare il peccato perché contrario al nostro ultimo fine. (El pan 8, 282-317)

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ultimo aggiornamento 10 gennaio, 2011