8 febbraio - anniversario nascita al cielo di Madre Speranza
   
   
OMELIA: S.E. Mons. Luciano SURIANI,  Delegato per le Rappresentanze Pontificie – Città del Vaticano

 

La Misericordia ci si rivela come il volto originale dell’Amore

Collevalenza, 8 febbraio 2011

Carissimi,

desidero innanzitutto ringraziare le Comunità delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso per avermi invitato a presiedere questa Celebrazione eucaristica a conclusione della Commemorazione della nascita al cielo di Madre Speranza, avvenuta l’8 febbraio 1983, e per ricordare il 60° della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso, fondata a Roma nell’agosto del 1951.

Vi confesso che ho accettato ben volentieri di venire, perché tante volte ho visitato questo santuario e, da seminarista, insieme ad un gruppo di amici, ho avuto la gioia di incontrare Madre Speranza qualche anno prima della morte, proprio qui, a Collevalenza. Un incontro breve, ma che lasciò in me e in tutti un ricordo indelebile. Non ci disse molte parole, ma una sola frase: "Sanno già quello che devono fare". Tuttavia, i suoi occhi luminosi e penetranti fissi su di noi ci fecero sentire tutto l’amore di una madre, riflesso cristallino dell’Amore di Dio. Nel febbraio di 3 anni fa, nominato Vescovo e Nunzio Apostolico, ancor prima della pubblicazione della notizia, volli tornare qui e celebrare nella cappella del Crocifisso, affidando anche all’intercessione della Serva di Dio Madre Speranza il futuro ministero episcopale. Stasera rinnovo con voi questo affidamento.

Guardando al tema scelto per gli incontri: "Dalla Misericordia al Perdono" e scorgendo il programma si ha subito l’impressione che sono stati senz’altro giorni di preghiera e di riflessione che non potranno non lasciare un segno nella vita spirituale di quanti vi hanno preso parte.

Credo che all’inizio di ogni vocazione, in particolare per le persone consacrate, ci sia l’incontro decisivo con l’Amore di Dio, la scoperta che Dio ci ama e il sentirsi amati di un amore personale, privilegiato, inesauribile. Con il trascorrere degli anni e crescendo nella vita spirituale, si fa sempre più strada la consapevolezza che Dio ci ha amati e ci ama di un Amore Misericordioso. La Misericordia ci si rivela come il volto originale dell’Amore. È allora che la vita si trasforma in un ininterrotto incontro tra la nostra miseria e la sua Misericordia. Questa esperienza la ritroviamo molto spesso descritta nelle vite dei santi. Per citarne una, Santa Teresina di Lisieux racconta, nella Storia di un’anima, che la scoperta della Misericordia di Dio ha comportato in lei una svolta decisiva, un’accelerazione nel cammino verso la santità che le ha cambiato la vita. Sono certo che anche per tanti di noi c’è stata questa esperienza che, inevitabilmente, porta alla conversione del cuore, all’abbandono fiducioso tra le braccia del Padre. A questo punto, nel nostro cammino spirituale si può parlare di un prima e di un dopo, e non si torna più indietro.

In questa circostanza, non posso non fare riferimento all’Enciclica che il Servo di Dio Giovanni Paolo II, agli inizi del suo pontificato, il 30 novembre del 1980, dedicò a Dio Padre, Dives in Misericordia. Credo che l’abbiamo meditata più volte, lasciandoci illuminare dalla rilettura che il Papa fa della parabola del Figlio prodigo, o meglio dire la parabola del Padre Buono, una delle splendide pagine del Vangelo della Misericordia di Luca.

Giovanni Paolo II scrive tra l’altro: "La parabola del figliol prodigo esprime in modo semplice, ma profondo, la realtà della conversione. Questa è la più concreta espressione dell’opera dell’amore e della presenza della misericordia nel mondo umano. Il significato vero e proprio della misericordia non consiste soltanto nello sguardo, fosse pure il più penetrante e compassionevole, rivolto verso il male morale, fisico o materiale: la misericordia si manifesta nel suo aspetto vero e proprio quando rivaluta, promuove e trae il bene da tutte le forme di male esistenti nel mondo e nell’uomo. Così intesa, essa costituisce il contenuto fondamentale del messaggio messianico di Cristo e la forza costitutiva della sua missione. Allo stesso modo intendevano e praticavano la misericordia i suoi discepoli e seguaci. Essa non cessò mai di rivelarsi, nei loro cuori e nelle loro azioni, come una verifica particolarmente creatrice dell’amore che non si lascia «vincere dal male», ma vince «con il bene il male». Occorre che il volto genuino della misericordia sia sempre nuovamente svelato. Nonostante molteplici pregiudizi, essa appare particolarmente necessaria ai nostri tempi". II Papa scriveva questo 30 anni fa, ma è di forte attualità!

La Misericordia del Padre si è rivelata nella croce e nella risurrezione del Figlio. II Mistero Pasquale è la manifestazione di un amore più potente della morte, più potente del peccato. Appartiene alla missione della Chiesa professare, testimoniare e proclamare la Misericordia di Dio.

Nel corso del suo pontificato, Giovanni Paolo II è tornato più volte sul tema della Misericordia ed ha voluto istituire la Domenica della Divina Misericordia, la prima dopo la Pasqua. Ricordiamo tutti che egli si e spento proprio dopo i Primi Vespri della Domenica della Divina Misericordia, il 2 aprile 2005, ed è stata scelta la Domenica della Divina Misericordia, il prossimo 1° maggio, per la sua Beatificazione.

Alla luce di questo insegnamento, comprendiamo ancora meglio lo stretto rapporto che c’è stato nella vita di Madre Speranza tra l’amore al Crocifisso e l’annuncio instancabile della Misericordia di Dio, fonte di gioia e di pace. "Anche l’uomo più perverso — amava ripetere —, il più miserabile ed abbandonato, è amato da Gesù con tenerezza immensa. Gesù è per lui un padre e una tenera madre".

Misericordia e tenerezza vanno insieme! Dove c’è misericordia non può non esserci perdono. Il perdono è dono del tutto gratuito e può nascere solo dall’amore per l’altro proprio quando questi ci manifesta le miserie, i difetti, i peccati.

Vorrei adesso soffermarmi brevemente sulle letture che sono state proclamate.

2 Corinzi, 5, 17-6, 2 - II brano paolino della seconda Lettera ai Corinzi ci ricorda, qualora l’avessimo dimenticato, che dal giorno del Battesimo siamo inseriti in Cristo e, dunque, siamo nuove creature, anche se portiamo questo immenso tesoro di grazia in vasi di creta. La fragilità umana può farci sperimentare il fallimento, la caduta, il peccato. Guai a noi, però, se rimanessimo schiavi e presi nella morsa del male! San Paolo ci supplica in nome di Cristo: "Lasciatevi riconciliare con Dio... Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza". Santa Teresina di Lisieux era un’appassionata del momento presente, amava ripetere: "Non ho che questo momento per amarti Signore". Il passato mettiamolo nella misericordia di Dio e il futuro lasciamolo nelle mani della Provvidenza. Il momento presente è sempre quello più favorevole, in esso possiamo sperimentare l’amore di Dio per noi e possiamo, a nostra volta, amare Dio ed amarLo nei fratelli. Giorni intensi come questo di oggi sono tempo di grazia e di misericordia. "Le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove". Questa novità di vita la tocchiamo con mano ogni volta che ci accostiamo al Sacramento della Riconciliazione. Dopo esserci inginocchiati con umiltà davanti al sacerdote come penitenti, ci rialziamo nuovi, rigenerati dal perdono, riconciliati con Dio e con noi stessi.

Matteo 11, 25-30 - Dopo la dura pagina di condanna per Corazim, Betsaida e Cafarnao, le città che non hanno riconosciuto e accettato Gesù, questo Vangelo è tutto un inno di benedizione, una vera danza gioiosa! Ci troviamo a un apice del Vangelo perché dice che la conoscenza che c’è tra il Padre e il Figlio, il loro amore reciproco — l’abisso del mistero trinitario! — è donata anche ai piccoli. Gli eruditi e i furbi cercano un dio sapiente e potente, e non lo trovano, oppure trovano solo delle maschere deformanti. I piccoli, invece, sanno di trovare Dio lì dov’è: nell’umanità di Gesù, che è "mite ed umile di cuore". E Gesù rafforza questa sua dichiarazione: "Sì, Padre". Rafforzando, svela ulteriormente il volto di Dio. L’ebraico Abbà corrisponde al nostro appellativo Papà. Quasi non riusciamo a leggere il Vangelo dando ogni volta a Dio questo nome: papà. È vertiginoso e tenero. E si comprende questa apparente contraddizione. Di Dio, infatti, si può parlare solo per opposti per non ridurlo a un idolo. Così Dio è vicino e altissimo, tenero e onnipotente, piccolo e grande, madre e padre, misericordioso e giusto. Il nostro papà è il Signore del cielo e della terra! E la parola Abbà è l’eredità dei piccoli.

Se questa è la proposta di Dio (essere suoi figli nel Figlio) allora occorre anche la nostra risposta: la responsabilità di vivere questo dono. Prima ci è detto cosa siamo, ora cosa dobbiamo fare. Dobbiamo andare da Gesù, tutti noi (anche quelli di Corazim, Betsaida e Cafarnao!) così come siamo, affaticati e oppressi, per imparare da lui e come lui a portare il dolce giogo della mitezza e dell’umiltà. I greci disprezzavano l’umiltà, non la consideravano una virtù. Più o meno come la cultura dominante di oggi. Per il cristianesimo, invece, è la qualità fondamentale di Dio: l’amore è umile.

Le parole di Gesù ascoltate questa sera sono un balsamo per la nostra vita di ogni giorno: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro". Il ritmo frenetico e intenso delle nostre giornate ci fa spesso sperimentare la stanchezza e, sovente, un clima di oppressione. Sembra che il tempo non basti mai. La vita si è trasformata per tanti in una corsa frenetica, faticosa e snervante. La vita negli ambienti di lavoro e, purtroppo, a volte pure in casa può diventare opprimente. Proprio in queste situazioni abbiamo bisogno di ricordarci che siamo di Cristo, che la nostra vita è in Cristo e che ogni cosa che facciamo ha senso se fatta per Cristo. "Prendete il mio giogo sopra di voi — ci esorta Gesù — e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita". Ognuno di noi potrebbe qui raccontare la propria esperienza di questo rapporto intimo, necessario, della vita con Gesù Cristo. Vale la pena lasciare tutto per mettersi alla sua sequela e penso che ognuno di noi l’abbia fatto, anche se in modi diversi e per strade differenti, sperimen­tando la dolcezza del suo giogo e la leggerezza del suo peso.

Carissimi, affidiamo i nostri propositi e quei desideri del cuore che lo Spirito Santo ha suscitato in noi in questi giorni alla intercessione della Vergine Santissima, affinché si realizzino e si trasformino per ciascuno in meravigliosa storia di salvezza. Dio ha guardato l’umiltà della sua serva, la piccolezza della giovane di Nazareth e ha fatto di lei la Madre del Figlio unigenito. Questa sera vogliamo invocarLa come Mater Misericordiae, Madre di Misericordia, Madre della Divina Misericordia.

Sia lodato Gesù Cristo!

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ultimo aggiornamento 18 marzo, 2011