pastorale familiare

Marina Berardi

 

Essere Famiglia ... per volare alto!

 

Ho sempre pensato alla famiglia come quel luogo speciale e privilegiato dove ogni membro scopre chi è e ciò che è chiamato ad essere, dove, insieme, si porta a compimento quel capolavoro che il Signore ha pensato per ciascuno… In fondo, è nella famiglia che impariamo ad amare e a lasciarci amare, ad acquisire uno stile di vita, ad internalizzare i valori, a trovare il senso della vita stessa… e, soprattutto, è la famiglia il luogo dove allenarsi e il trampolino di lancio per imparare… a volare alto!

Se dovessi sintetizzare il compito di ogni membro, direi che è quello di rendere bello l’altro, cercando di discernere il progetto che il Signore ha su di lui, su di lei, sui figli…; direi che è quello di permettere a ciascuno di volare alto…, di raggiungere la santità, "costi quello che costi".

Shahbaz Bhatti è uno che… ha volato alto! I fatti di cronaca di questi ultimi tempi sono stati per me l’occasione dell’incontro con la vita e la testimonianza, commovente ed esemplare, di questo giovane ministro cristiano pakistano. In un paese a quasi totale maggioranza mussulmana, Shahbaz Bhatti era stato riconfermato ministro per le minoranze religiose e stava spendendo la sua vita per difendere i diritti dei più deboli, dei poveri, degli esclusi, dei cristiani, e, tra questi, Asia Bibi, la giovane donna accusata e condannata a morte secondo la legge islamica della blasfemia. Per questo suo impegno, il 2 marzo è stato ucciso, crivellato di colpi, nella sua auto.

Ho avuto tra le mani la preziosa intervista fattagli, qualche anno fa, da Mons. Dino Pistolato1, dalla quale, oltre a trapelare la passione per Cristo e il desiderio di seguirlo sulla via della Croce o di incontrarLo nel volto dei più poveri, emerge quanto Shahbaz abbia creduto, lottato, sofferto e offerto perché la minoranza cristiana potesse fare esperienza di essere famiglia: "…ho continuato a raggiungere le persone bisognose, a rincuorare le nostre sorelle e i nostri fratelli cristiani, a far vedere loro l’amore di Cristo, a dimostrare loro che non erano soli, che eravamo una sola famiglia"2.

Nell’intervista non si stanca di ripetere questa convinzione: "Dico sempre che noi cristiani del Pakistan siamo una sola famiglia con le persone perseguitate a causa della loro fede; siamo una sola famiglia con la gente bisognosa. E come una famiglia noi dobbiamo condividere il dolore, le pene le sofferenze"3.

Mi sorge, spontanea, una domanda: dove ha imparato Shahbaz ad amare così? …ad essere testimone di un amore incondizionato, senza limiti, di un amore fedele, eroico, di un amore coraggioso e crocifiggente…? Mi sembra di poter dire che ha imparato l’Amore in seno alla sua famiglia naturale e alla comunità ecclesiale, alla scuola della Scrittura, alla scuola dei poveri e dei bisognosi… Qui, in ciascuno di questi "luoghi", ha nutrito il cuore, si è sentito chiamato da Dio a servire i fratelli, ha trovato la felicità autentica, quella che neanche la morte può sconfiggere.

La chiamata a "volare alto" è di ciascun uomo e di ogni famiglia cristiana; quest’ultima fallirebbe la sua fondamentale vocazione se non fosse quel luogo di accoglienza dove ci si sente pensati, amati, aspettati, artefici… o se non educasse all’amore universale e alla santità.

Dalla saggezza del libro dei Proverbi, un’indicazione: "Abitua il giovane secondo la via da seguire; neppure da vecchio se ne allontanerà" (Prov 22,6). Lo stesso Shahbaz Bhatti, con un accenno alla sua infanzia e a alla fonte delle sue scelte, ci testimonia quanto siano vere le parole di quella Scrittura di cui lui si è nutrito:

"Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione (…), e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. (…)

Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. (...)

Gli estremisti, qualche anno fa, hanno persino chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio padre, di dissuadermi dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi. Altrimenti mi avrebbero perso. Al contrario, mio padre mi ha sempre incoraggiato. Io dico che, finché avrò vita, fino all’ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri. (…)

Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che nostro Signore ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore disse: «Vieni da me, porta la tua croce, segui il cammino»"4.

A questa testimonianza di Shahbaz, ben si adattano, quasi da apparirne un’eco, le parole che Paolo rivolge a Timoteo: "rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l’hai appreso e che fin dall’infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2 Tim 3,14-17).

I banchi di scuola, oltre a quelli universitari, sono stati per Shahbaz la Scrittura, il Crocifisso, i poveri…

I Testimoni, i santi sembrano assomigliarsi: anche Madre Speranza indica come libro da leggere per imparare ad amare un Cristo crocifisso; anche lei ha dimorato alla scuola della Parola, tra i bisognosi, tra i poveri nel corpo e nello spirito…

Anche lei dona la sua vita perché Cristo e il suo Vangelo siano conosciuti ed amati. A quanti desiderano formare una famiglia, li esorta a scegliere come compagno o compagna di cammino una persona che sia "molto religiosa, che ami molto Gesù… perché se ama il Signore formerà una famiglia cristiana e morale"5.

Potremmo domandarci: oggi ai nostri figli quale via indichiamo, che valori proponiamo, a parole ma soprattutto con le nostre scelte concrete, con l’esempio? Ed anche: quali "banchi di scuola" offriamo ai nostri giovani?

Generalmente, un genitore vorrebbe escludere la "croce", la prova, la sofferenza dalla vita dei propri figli e, a volte, anche dalla propria… Generalmente, si tende a riempire i figli di "cose", di "impegni"… nella ricerca idolatrica di beni, di successo, di affermazione, di riuscita... Ma, proprio nel messaggio di questa Quaresima, il Santo Padre ci mette in guardia: "L’idolatria dei beni… spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché colloca le cose materiali al posto di Dio, unica fonte della vita. Come comprendere la bontà paterna di Dio se il cuore è pieno di sé e dei propri progetti, con i quali ci si illude di potersi assicurare il futuro?"6.

Se Dio è l’unica fonte della vita, il vero futuro per le nuove generazioni è Cristo, è la libertà interiore che Lui promette, è quella capacità di amare che arriva a donare la propria vita…

In questo nostro tempo, dove il futuro appare umanamente incerto, contraddittorio, complesso, è insita – per dirla con M. Speranza – l’opportunità per "imparare ad amare" e per testimoniare l’amore; è falso ed illusorio sognare tempi migliori: questo nostro "oggi" è il "luogo" che ci è offerto per incarnare l’Amore e per insegnare ad amare.

Testimoniare il Verbo - come ci ricorda il domenicano P. Claudio Monge - "significa oggi, a tutte le latitudini, permettere di continuare ad abitare questa storia: missione che si rinnova, come desiderio di resistere in prima linea, non necessariamente su frontiere lontane, ma nella talvolta dura trincea del quotidiano, dove si consuma il martirio incruento della pazienza e della coerenza".

Concludo con una esortazione di Madre Speranza: "Essere poveri non è un disonore, la cattiva condotta è quella che disonora [la famiglia], però avere una figlia o un figlio santo è un onore per il santo e per i suoi.

Sforzatevi… per onorare le vostre famiglie e la vostra patria… Siate la gloria della vostra famiglia"7.

Shahbaz Bhatti, che ha onorato la sua famiglia e la sua terra con il dono della sua vita, possa essere quel seme che, morendo, continua a portare molto frutto!

A noi l’impegno di essere famiglia e di sforzarci… a volare alto!


1 Bhatti Shahbaz, Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza, Marcianum Press, Venezia, 2008. Vedi www.marcianum.it

2 Bhatti S., Ibidem, p. 65.

3 Bhatti S., Ibidem, p. 63.

4 Bhatti S., Ibidem, pp. 25.41.43.

5 M. Speranza, El Pan 21, 136.

6 Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2011.

7 M. Speranza, El Pan 21, 63.

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ultimo aggiornamento 19 aprile, 2011