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Roberto Lanza

"Il fondamento liturgico dell’Avvento e del Natale"

Abbiamo notizia della festa del Natale a Roma per la prima volta nel 336. Al sorgere della celebrazione del Natale hanno contribuito cause diverse. E’ vero anche che ci sono molte teorie sulla data effettiva, non ultima proprio quella che la identifica proprio al 25 Dicembre. La spiegazione più probabile, invece, secondo altri studiosi, è da ricercarsi nel tentativo della Chiesa di Roma di sostituire la festa pagana del "Natalis (solis) invicti".

Nel III° secolo si diffuse nel mondo greco-romano il culto del sole. La principale festa di questo culto veniva celebrata nel solstizio d’inverno, il 25 dicembre, perchè rappresentava l’annuale vittoria del sole sulle tenebre. Per allontanare i fedeli da queste celebrazioni idolatriche, la Chiesa di Roma diede a quelle feste pagane un diverso significato. Nel momento in cui si celebrava la nascita astronomica del sole, fu presentata ai cristiani la nascita del vero sole, Cristo, che appare al mondo dopo la lunga notte del peccato.

Un secondo fattore ha contribuito all’affermarsi delle feste natalizie: le grandi eresie cristologiche del IV° e V° secolo che annullavano con le loro teorie la realtà di Cristo, vero Dio e vero Uomo. L’istituzione e la rapida e universale diffusione del Natale è stata mezzo ed occasione per affermare l’ortodossia della fede sui punti fondamentali del cristianesimo.

"La gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza" Con questa esortazione, che introduce l’Annunzio del giorno di Pasqua, rivolto ogni anno alle nostre comunità nella solennità dell’Epifania del Signore, accogliamo da Dio, il dono di un nuovo Anno liturgico, dove torneremo, come suggerisce la stessa esortazione, a vivere e celebrare il mistero di Cristo Salvatore e Redentore, incarnato, morto, risorto, glorificato, che effonde su di noi il dono dello Spirito.

L’Anno liturgico inizia con l’Avvento, tempo del Signore che viene. Ci prepariamo a rivivere nel Natale la prima venuta, piena di amore, del Figlio di Dio tra gli uomini e ci orientiamo all’attesa del Signore che verrà una seconda volta alla fine dei tempi. L’insieme di memorie e di attese ci porta ad invocare ed accogliere il continuo venire del Signore nell’oggi della Chiesa. In questa riflessione, pertanto, vogliamo solo tentare di cogliere il profondo significato di questo tempo liturgico, perché possiamo bene non solo celebrarlo ma, soprattutto, viverlo in maniera del tutto originale, nuova, diversa, decisiva per la nostra vita di fede, sentendoci incoraggiati a preparare, con ogni mezzo ed in ogni modo, la via al Signore che viene.

"Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!» (Mc 13,37).

L’Avvento è un periodo di quattro settimane che apre, ogni anno, il ciclo delle celebrazioni del mistero di Cristo. Come gli altri tempi, ha una festa come punto di riferimento e dalla quale trae il suo preciso significato: il Natale di Cristo.

Al centro di questo periodo si trova l’adventus o venuta del Signore, quella storica nella carne e quella finale nella gloria. Così la parola latina, italianizzata "avvento", passò a designare il periodo che precede il Natale. Anche nella struttura attuale, l’Avvento conserva intatte, anzi, più marcate, le due caratteristiche: nelle prime settimane orientato alla venuta gloriosa di Cristo, nelle ultime (in particolare dal 17 dicembre) concentrato sulla nascita storica, l’incarnazione del Verbo, del Figlio di Dio.

Sono le letture del vangelo a fornirci questa chiara prospettiva. Il tempo di Avvento fu istituito perchè i fedeli si preparassero alla celebrazione del Natale, ma entro breve tempo assunse un doppio significato: è il tempo in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi.

Tempo di attesa e di speranza, dunque, ma anche tempo di ascolto e di riflessione sul "regno" di giustizia e di pace inaugurato dal Messia e sull’identità divino-umana della persona di Cristo, secondo le indicazioni delle letture bibliche che sono state scelte con particolare cura.

Ma allora cosa vuol dire celebrare il Natale? Qual è il suo fondamento liturgico?

La liturgia del Natale prevede una triplice celebrazione eucaristica:

Prima lettura: i testi del profeta Isaia

Messa della notte (Is 9, 1-3.5-6): il testo in senso letterale si riferisce agli ebrei deportati a Babilonia. Il profeta annuncia la luce della salvezza portata da un bimbo sulle cui spalle è il segno della sovranità. Esso è chiamato con questo nome: "Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace". L’interpretazione messianica del testo, forse da parte di Isaia stesso, è fuori di dubbio.

Messa dell’aurora (Is 62, 11-12): il testo contiene la "buona novella" data a Gerusalemme: "Dite alla figlia di Sion - Ecco arriva il tuo Salvatore...". Gerusalemme non sarà più chiamata "abbandonata, odiata, desolata", ma sarà chiamata "ricercata", "città non abbandonata", "popolo santo". La città sarà sposa del Signore. Questa realtà è compiuta con la venuta dei tempi del Messia. È la nascita di Cristo che opera questo radicale rovesciamento di posizioni per l’umanità.

Messa del giorno (Is 52, 7-10): questo testo è uno dei passi più antichi della Scrittura che parlano di "buona novella" o di "vangelo". Dall’alto delle mura di Gerusalemme il profeta contempla il lungo corteo dei reduci da Babilonia. Avanza alla testa del corteo recando la buona novella della liberazione. Testo ricchissimo che ha la sua chiave di volta nelle espressioni: "Regna il tuo Dio", "il ritorno del Signore in Sion", "il Signore ha consolato il suo popolo, ha redento Gerusalemme", "tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio". La salvezza è opera dell’iniziativa di Dio e la Chiesa è strumento al servizio della grazia del Signore la quale dovrà raggiungere i confini della terra. È lui, e soltanto lui, "via, verità e vita", che apre le strade del mondo alla sua sposa.

Seconda lettura: i testi di Paolo e la Lettera agli Ebrei

Messa della notte (Tt 2, 11-14) e Messa dell’aurora (Tt 3, 4-7). L’insegnamento dell’apostolo pone la base teologica del comportamento morale del cristiano. La religione cristiana non è né una filosofia, né una morale: è una vita nuova che fa capo all’intervento decisivo di Dio in Cristo nella storia. Ne derivano due atteggiamenti fondamentali di vita: la conversione e l’orientamento della vita in attesa del ritorno di Cristo. L’evento del Natale impegna il cristiano ad essere con la vita manifestazione della salvezza nel mondo.

Messa del giorno (Eb 1, 1-6): ci viene presentato un quadro sintetico della storia della salvezza, nella quale Dio ha ripetutamente parlato all’uomo fino al giorno in cui la sua Parola si è completamente rivelata in Cristo. Cristo è proclamato identico nella natura a Dio, anche se diverso nella persona.

Vangelo: i testi di Luca e Giovanni

Messa della notte (Lc 2, 1-14) e Messa dell’aurora (Lc2, 15-20). Luca è l’evangelista dell’infanzia di Gesù. L’annuncio nella notte santa del Natale già predetto e che prepara l’annuncio della notte pasquale è questo: "Non temete, ecco vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi è nato a voi nella città di Davide un salvatore, che è Cristo Signore".

Messa del giorno (Gv 1, 1-18): il prologo del Vangelo di Giovanni fa l’elogio della Parola di Dio. Scopo della venuta del Verbo sulla terra, del suo divenire nella debolezza della carne umana, è quello di rendere questi stessi uomini figli di Dio. L’Incarnazione non ha altri significati.

Possiamo racchiudere,allora, il senso e il significato del Natale nell’antifona che la Chiesa recita il giorno della Festa di Maria Madre di Dio al Benedictus delle lodi:

Meraviglioso scambio (in latino commercium)! Oggi tutto si rinnova, Dio si è fatto uomo; immutato nella sua divinità, ha assunto la nostra umanità.

Ecco il natale, Dio incarnandosi ha voluto "regalare" all’umanità la sua essenza divina, l’uomo è diventato figlio di Dio, immerso nella stessa natura di quel Padre che lo aveva creato e posto al centro dell’universo.

Il primo versetto del Prologo di Giovanni comincia così: "Fin dall’inizio, prima ancora di creare il mondo, Dio aveva un progetto". Un progetto che si esprime con un’unica parola ed è il progetto della realizzazione di questo amore, di un amore di una qualità nuova. Continua Giovanni: in principio c’era questo progetto, con questa sottolineatura, Giovanni ci vuol far comprendere che questo progetto, era sempre nella "testa" di Dio, cioè era qualcosa che stava molto a cuore a Dio

Ed ecco la rivelazione fantastica che fa Giovanni: "e un Dio era questo progetto". Viene tradotto normalmente: Viene tradotto normalmente: "e il verbo era Dio". Il progetto di DioIl progetto di Dio sull’umanità, sull’uomo, è qualcosa di incredibile e, purtroppo, credo che la nostra tragedia di credenti sia che non l’abbiamo conosciuto; o se lo abbiamo conosciuto, non lo abbiamo capito. Giovanni ci presenta un Dio talmente innamorato dell’umanità, che non gli basta aver creato l’uomo in carne e ossa, ma lo vuole innalzare alla sua stessa condizione divina; "un Dio era questo progetto"! Il progetto di Dio sull’umanità è che l’umanità, quindi l’uomo, raggiunga la pienezza della condizione divina: questo è il NATALE!!!

La liturgia del Natale, che abbiamo evidenziato prima, ci aiuta proprio ad essere consapevoli del momento, svegliarsi dal sonno è voler prendere coscienza di questa realtà, della gioia e della responsabilità che derivano dalla nascita di Cristo nella storia degli uomini. Troppo spesso, nel nostro tempo, l’attesa del Natale è vissuta da molti, più che con profonda spiritualità e preghiera, con superficiale allegria: si pensa più alla festa da preparare con banchetti e regali (forse quest’anno in maniera più ridotta), che al "Festeggiato" da accogliere!

E per concludere poniamoci un’ultima domanda: noi chi abbiamo messo o metteremo al posto del Bambino ?

"Non c’era posto per loro nell’albergo... ". Lui si è accontentato di una mangiatoia. Ma noi l’abbiamo "tolto" anche di lì. Abbiamo preso noi il suo posto, abbiamo tolto la paglia vera, per mettere quella dorata, abbiamo costruito una mangiatoia raffinata, mettendoci dentro le nostre vanità e i nostri idoli, c’è qualcosa di peggio che non fargli posto: ossia quello di sistemare quel Bambino secondo i nostri gusti, i nostri egoismi, il nostro sentirsi padroni di tutto.

Se Lui si presentasse veramente in casa nostra, se Lui arrivasse davvero, magari sotto il "travestimento" di un immigrato, di un rifugiato, di un anziano, di un ex carcerato, di un povero, del vicino di casa con cui non andiamo d’accordo, di quel fratello con cui non parliamo da anni, per partecipare alla nostra festa, c’è da giurare che il Natale ci andrebbe di traverso.

Riconosciamolo una volta per tutte: un presepio che non sia quello che teniamo riposto nell’armadio, ma da allestire spalancando la porta del nostro personalissimo "albergo" a chi ha veramente bisogno, ci fa paura. Gli angeli, nell’annuncio ai pastori, pongono in evidenza il motivo di fondo della letizia che deve caratterizzare il Natale: "... Pace in terra agli uomini che egli ama".

Allora, qual è la causa vera della nostra gioia?

Chi di noi ha il coraggio di affermare che, oggi, impazzisce di gioia unicamente al pensiero di essere amato da Dio come se fosse unico al mondo? Eppure l’essenza del Natale sta proprio qui: celebriamo la scoperta di un Dio che ci ama, che ci cerca, quasi non potesse essere felice senza di noi, è l’Amore Misericordioso! ed è venuto a dircelo di persona.

Allora facciamo qualcosa di diverso.

Proviamo quest’anno a vivere senza carta regalo, a dire di no, niente carta luccicante, niente fiocchetti, niente nastrini con il ricciolo elegante. Per una volta facciamo in modo di non essere avvolti anche noi in una confezione natalizia e di non essere addobbati come un pacco dono.

Forse preferisco rimanere nella povertà del mio essere, nella verità della mia debolezza spirituale, nel mio peccato che mi sta sempre dinanzi, forse quel bambino indifeso, povero, infreddolito, ce la farà finalmente a cogliermi alla sprovvista.

Forse succederà veramente un miracolo, forse riuscirò a vedere il Natale di Gesù come un faro di luce inesauribile per la mia vita, forse la sua misericordia e la sua incarnazione illuminerà le mie tenebre.

Si è vero! gridiamolo con forza è nato, a Betlemme, Gesù, il Cristo, il Messia, il Salvatore, il Dio con noi, il Verbo di Dio fatto carne, il Santo dei Santi!: "È apparsa la grazia di Dio apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt. 2,11).

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ultimo aggiornamento 14 dicembre, 2011