P A S T O R A L E

g  i  o  v  a  n  i  l  e

p a s t o r a l e  g i o v a n i l e

     Sr. Erika di Gesù, eam

Natale ieri, oggi… e domani!

Natale ieri

Ricordo il Natale, da piccola. Candele sulla tavola apparecchiata.

Luci intermittenti. Buio.

Buio e luci intermittenti.

Mi pungo con rami di abete, mentre aiuto la mamma.

E la campagna, finalmente. Più fredda, disabitata, rispetto al calore dell’appartamento, al transito della città.

Salgo le scale, ed ecco il presepe sull’angolo del pianerottolo della nonna.

Il camino acceso.

I cugini crescono ogni anno e noto volti cambiati. Voci differenti. Sanno parlare, ora.

Ascoltano racconti.

Gli adulti confrontano il Natale di oggi con quello di ieri.

Ieri, loro esultavano per un mandarino o una castagna che il papà (il nonno!) faceva spuntare dal camino, come se il fuoco li partorisse d’un tratto, dal nulla.

Oggi i miei cugini ed io aspettiamo regali ricchi. Siamo più esigenti.

C’è sempre qualche parente atteso che non arriva mai.

E qualcuno inatteso che arriva, invece. Ottima occasione per attingere al forziere di caramelle e cioccolatini nascosto nella credenza!

Eppure sento che manca qualcosa, ancora.

C’è allegria in giro, ma nel mio cuore affiora un pizzico di nostalgia.

Natale oggi

Sto passando tutta la vita ad attendere qualcosa che manca, ancora.

Oggi, agli esercizi di Natale, i giovani sono pochi.

C’è sempre qualche giovane atteso che non arriva mai.

E qualcuno inatteso che forse arriverà.

Ne immagino la voce.

Il volto.

Spio lo schermo del cellulare sperando in una risposta affermativa.

Il suo "no" mi scende giù, nello stomaco. E si ferma lì, come avessi inghiottito un sasso.

Perché, Signore?

Sì, i giovani che tu aspettavi, ci sono già. Ma potrò mai dormire tranquilla se mancano gli altri?

Mi dici che i tuoi amici erano pochi. E che al dunque ti hanno abbandonato tutti.

Che anche tu hai atteso tutta la vita qualcosa che mancava, per una gioia piena, perfetta.

Finché tutto si è compiuto e non c’è stato da attendere altro.

Natale domani

Proprio ieri ricordavo i bambini ai quali ho insegnato in prima e seconda elementare.

Oggi sono grandi.

Pensavo che potrebbero esser qui. Questa è stata l’ultima parola che ho detto loro, prima di salutarli in maniera definitiva.

Li avrei aspettati al Santuario dell’Amore Misericordioso.

E non solo io.

Gli uni per gli altri siamo "segno" non compiuto. Imperfetto.

Siamo l’amico che ci telefona e quello che non ci telefona mai.

Siamo il vicino che ci viene a trovare e quello che non si fa sentire.

Siamo il fratello che ci coccola e quello che ci ignora.

Padre e madre assenti, o troppo presenti.

Siamo il giovane che va a Messa tutte le domeniche e il giovane che ci va solo a Natale.

Perfino quello che non ci va più. Che non c’è mai andato.

Quando diventeremo "segno bello" della tua venuta, Gesù?

Quando riusciremo a far dipendere la nostra felicità dagli altri, come hai fatto tu?

Rischiando di soffrire per amare, come hai fatto tu?

E voi Tre, Amante, Amato e Amore, non volevate essere felici da "soli", e avete creato noi, poveri uomini.

E tu Gesù, dal grembo del Padre sei sceso nel grembo di una donna e ti sei fatto povero uomo di carne.

«Nel bambino Gesù, Dio si è fatto dipendente, bisognoso dell’amore di persone umane, in condizione di chiedere il loro – il nostro – amore» (Benedetto XVI).

Eccola, la chiave, mio Dio!

Ecco il segreto di un’attesa mai compiuta.

Tu hai bisogno di noi. Quanto ancora ti faremo aspettare?

Siamo il parente che non arriva mai. Siamo tuo fratello!

Ma so già che tu non dirai ai nostri ragazzi che abbiamo bisogno di loro perché sia Natale anche domani.

Lo lasci dire a me. A noi.

Mi chiedi di essere segno imperfetto del tuo bisognoso amore.

Maria, Giovane eterna,

Vergine e Madre,

tu che riconosci la voce del Figlio

anche quando è solo un piccolo "feto",

umile colomba che il Padre ha preso

fra le mani,

oh Amica bellissima,

mostrami il suo viso incantevole,

affidalo alle mie braccia

e aiutami a comprendere che Lui,

proprio Lui

ha bisogno di me per imparare a camminare.

Ha bisogno che continui ad attenderlo.

Più sembra lontano, perduto

tanto più si senta amato!

Da me, da noi. Sua povera famiglia.

Segno imperfetto della Misericordia sua.

sr. Erika di Gesù

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ultimo aggiornamento 26 gennaio, 2012