pastorale familiare

Marina Berardi

Come nei mesi scorsi, anche queste riflessioni nascono dall’esperienza vissuta con quelle famiglie che stanno realmente divenendo "una famiglia di famiglie", per altro molto numerosa! Domenica 18 marzo, infatti, ci siamo ritrovati per l’intera giornata con l’Unità Pastorale di Collevalenza e dintorni, attendendo e accogliendo con gioia anche chi veniva, geograficamente, da più lontano.

E sì, per quanto impegnativo, quello geografico non è l’unico viaggio. C’è chi è venuto, di fatto, da molto vicino e chi continua a percorrere ogni giorno la strada che porta a Collevalenza… eppure in quella domenica, "giorno del Signore" e della famiglia, è accaduto qualcosa di speciale: grandi e piccoli, come ha scritto qualcuno, "siamo rimasti tutti impigliati nel ROCCOLO, se così si può dire".

Sì, si può dire ed è quello che desiderava M. Speranza; voglio immaginare la sua gioia facendo riecheggiare le sue parole: "Beata Collevalenza!... Beata Collevalenza, che ha avuto la fortuna di essere la sede e il centro del roccolo, su questa collina, in un paese sperduto, quasi senza comunicazione…

Voi che siete nati a Collevalenza potete essere orgogliosi… Qui, nonostante la povertà, si sente il calore, il desiderio, il fervore di quanti, la domenica e i giorni festivi, vengono alla Messa delle 4,30 [del mattino] e depositano il loro piccolo obolo per il Santuario, però silenziosamente, e questo è quello che il Signore più gradisce. Complimenti, figli miei, complimenti! Io sono felice di trovarmi tra voi" (El Pan 21, 18.12.1959).

Noi pure siamo felici perché, in una ordinaria domenica di marzo, anche aiutati dalla Madre, siamo riusciti a lasciare da parte problemi e preoccupazioni e ad "arrestare il sistema" (computer, inter net, chat, cellulari, partite, faccende domestiche, centri commerciali, lavoro, ecc.), per accendere il cuore rientrando nella nostra storia, nella nostra casa, in noi stessi e vivendo lo stupore di trovare "tutto un Dio" che ci stava aspet tando: "…che arrivino a comprendere che hanno un Padre che non tiene in conto, perdona e dimentica, che è un Padre e non un giudice severo, che è un Padre santo, saggio e bello, che sta aspettando il figlio prodigo per abbracciarsi con lui" (El Pan 21, 2.2.1965).

Famiglie e animatori ci siamo veramente sentiti riversare in seno l’abbondanza di questa misericordia da un Padre che cerca solo la nostra felicità e che, per questo, ci invita: Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete la mia famiglia; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici (cf. Ger 7,23).

I ragazzi con Sr. Erika, i bambini con Tonino, Paola, Sr. Elena, Francesca e Sara e le coppie con me, siamo partiti "pellegrini" per la strada che, attraverso la Chiesa, Dio ci ha indicato; una riflessione impegnativa, coinvolgente, esistenziale ma anche controcorrente in un giorno in cui in molti pensano di aver diritto alla spensieratezza: la famiglia vive la prova.

Il nostro è stato un viaggio interiore, ciascuno nella sua misura e secondo le proprie possibilità. Un viaggio che ha richiesto e richiede ogni giorno fiducia, impegno, costanza, coraggio, amore, abbandono… nella convinzione che è il solo che può condurre la coppia, i genitori verso la maturità e i figli all’età adulta. Niente autostrada, dunque, né E45 ma la strada stretta del Vangelo, l’unica che conduce alla pienezza dell’Amore, alla gratitudine, allo stupore…

Quante volte, al contrario, a noi capita di imboccare larghe autostrade, apparentemente più comode e veloci, senza divieti o addirittura prive di segnali e di indicarle ai nostri giovani illudendoli che esista una vita senza ostacoli! Quante volte ci accade di dare tutto per scontato, di essere sicuri di noi, di credere di poter dominare le cose, risolvere tutto, che il nostro saper fare o il possedere risolva l’esistenza, che il prestigio, gli onori o il piacere la appaghino… e perdiamo la strada dell’interio rità, l’unica che "fa nuova" la vita. Quante volte si incontrano persone che questa "novità" la cercano fuori, non solo fuori di sé ma fuori della propria famiglia: nelle cose, nel lavoro, negli "hobby-fuga", nella TV, in internet, nelle chat, nel cellulare, nel terzo o nella terza persona considerata (anche da alcuni terapeuti!) un "gioco da concedersi" per liberarsi dall’opprimente quotidianità... Quante volte, troppe, assistiamo a lacerazioni e a drammi e proprio il quotidiano si trasforma in campo di battaglia, dimenticando che abbiamo solo questo tempo per amare, per essere felici…, felici allo stile di Dio, con l’essenziale!

"Il Regno dei cieli – scrive Cristina, una giovane mamma che morirà per un tumore - è la gioia di vedere Dio sempre, ma questa gioia la possiamo assaporare pure qui oggi. Basta convertirsi, basta vedere le cose belle che ogni giorno ci capitano e che spesso consideriamo scontate ed essere felici per queste. La gioia è fatta di piccole cose: svegliarsi alla mattina in un letto caldo, salutare con un sorriso una persona a cui vogliamo bene, sentire il freddo che punge le guance… [o "il sole sulla faccia, l’aria che ti muove i capelli" 1]. Preghiamo il Signore che dia la forza a tutti noi di convertire il nostro quotidiano in gioia"2.

La gioia è fatta di incontri o, come scrive una famiglia, è "lasciarsi impigliare" dal roccolo dell’Amore, tanto che "quando lo conosci non lo vuoi più lasciare, sarà per il senso di benessere, di protezione, di tranquillità, di gioia, sarà per tutto questo o per altro ancora ma quando entri non ne esci più. É proprio così, il Roccolo ci ha catturato. Ha catturato tutta la nostra famiglia, e non sembra la sola. É una rete che ti cattura, ti segue, ti aiuta e ti porta dritto nel cuore dell’Amore Misericordioso e fra le braccia di Madre Speranza. Domenica è stata una giornata indimenticabile, che speriamo di poter ripetere!

La nostra famiglia, in passato, ha sperimentato l’aiuto della Madre e, grazie alla sua intercessione, tutto si è risolto per il meglio. Ora eccoci qui, tutti insieme, a gioire in mezzo ad altre famiglie, con un bambino tanto desiderato e sofferto che oggi ci regala amore e gioia ogni secondo della nostra vita matrimoniale. Speriamo proprio di essere dei buoni genitori e di crescerlo nella fede cristiana, sicuri che il Roccolo abbia già catturato anche lui".

In questo viaggio di famiglia, sebbene gli attori principali siano entrambi i genitori, abbiamo provato a riconsegnare la sua specifica vocazione e autorevolezza alla figura del padre (e non solo perché l’indomani sarebbe stata la loro festa), chiamato a prendersi cura della moglie e dei figli nei momenti di pericolo, di prova, di incertezza: è Giuseppe che si sveglia e prende l’iniziativa di portare in salvo Maria e Gesù, attento alla relazione di coppia e al ruolo genitoriale3.

Oggi si parla di eclissi della figura paterna e nel sito "paternitaoggi" si legge che "per la dignità delle donne bisognerebbe soprattutto rimettere al centro, in famiglia e nella nostra cultura, i valori affettivi del padre. Quest’ultimo dovrebbe tornare ad essere una figura di riferimento fondamentale, al pari di quella materna, soprattutto durante l’adolescenza dei figli, sia maschi che femmine, quando ci si deve confrontare di più e seriamente con il mondo esterno, con le frustrazioni e le dure regole della vita. I valori affettivi paterni aiutano, infatti, ad avere capacità decisionali, a mettere ordine, a dire in maniera chiara sì o no, aprono agli altri, alla vita sociale, al confronto e alla consapevolezza; trasmettono sentimenti e valori etici…

La debolezza della figura paterna rappresenta un grave limite per le nuove generazioni, ma anche per gli adulti. Molti uomini e donne si mostrano, infatti, poco allenati al sacrificio, al dolore, a [portare il peso], alle regole del lavoro, all’impegno sociale. Sono persone impreparate di fronte alle prove difficili della vita...

Per evitare di rimanere intrappolati, anche da adulti, nel fascino dell’infanzia, [per non rimanere bambini], c’è bisogno di padri generosi che trasmettano principi e valori etici che fungano da «anticorpi» ai gelidi richiami di una vita edonistica, anaffettiva e senza anima" 4.

Padri non si nasce, lo si diventa. Mentre la maternità è innata, la paternità la si apprendere con la nascita del figlio, quando lo si accoglie fisicamente fra quelle mani spesso impacciate. Uno dei papà impigliati nel roccolo mi ha scritto: "Da quando sono padre qualcosa è cambiato in me, anzi molto. Prima della paternità i valori della mia vita se pur solidi e sani, avevano un certo ordine "cronologico" dopo l’arrivo tempestoso di mio figlio i valori sono stati "riordinati".

Nei primi 50 giorni di vita, quasi ogni giorno, abbiamo temuto di perderlo e passavamo con mia moglie le giornate tra ospedale, casa e Santuario, fino a quella vigilia dell’Immacolata, giorno in cui è stato estubato… Sono scoppiato a piangere, forse come non avevo mai fatto in vita mia: era il segno che nostro figlio aveva vinto la sua prima battaglia per la vita. Da quel momento la mia vita non poteva che cambiare, rimettendo appunto in ordine quei valori che troppo spesso dimentichiamo e che nel momento della prova si impongono con tutta la loro forza".

È vero, "tante sono [le prove], le «notti» che calano sulla vita di famiglia: quelle popolate di [false illusioni]; quelle che vedono la coppia brancolare nel buio di una relazione divenuta difficile, [sopportata e a volte persino ostile]; quelle dei figli in crisi, che diventano muti, distanti, oppure accusatori e ribelli… quasi irriconoscibili"5 o, come abbiamo sentito, quelle di una imprevista malattia.

A tutto questo ci si educa e queste "notti" diventano la palestra, il "taller", la bottega per imparare a "illuminare" la grande notte, quando questa dovesse bussare alla nostra casa. Come insegna il racconto della fuga in Egitto, "tutte queste notti si possono attraversare portando [la coppia] e il figlio al sicuro quanto più si mantiene con fiducia l’orecchio attento alla Parola del Signore"6.

Mi viene in mente, a questo proposito, l’eroico esempio di Shahbaz Bhatti, che vi ho proposto in un precedente articolo7; si tratta del giovane ministro cristiano del Pakistan che, per difendere le minoranze e i poveri, è stato crivellato di colpi il 2 marzo dello scorso anno. Egli stesso racconta che, nato in una famiglia cattolica, è stato educato dai genitori "secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia", che hanno influenzato la sua infanzia. Quando gli estremisti hanno chiesto alla madre e al padre di dissuaderlo dal continuare la sua missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti lo avrebbero perso, "al contrario, - dice - mio padre mi ha sempre incoraggiato"8.

Credo che non poteva essere diversamente, al padre spetta questo ruolo: ricordare il bisogno e la voglia di essere uomini, di essere donne, di vivere fino in fondo il rischio dell’esistenza umana, "costi quello che costi", aggiungerebbe M. Speranza. "Il padre è la figura che funge da guida, è il tutore delle norme, delle regole sociali da rispettare, dei diritti e dei doveri; è il responsabile del necessario distacco tra il bambino e la madre, fondamentale affinché il bambino possa fare il suo ingresso nel mondo esterno. Quindi, rinunciare allo storico ruolo autoritario della figura paterna non vuol dire perdere la componente di autorevolezza, di decisionalità che aiuta il bambino a crescere emotivamente equipaggiato per affrontare con sicurezza e serenità il mondo esterno.

[Nella nostra cultura], "tra la figura storica del padre "assente ma autoritario" e quella fuorviante del "padre-mammo" che si sostituisce alla madre, sta (fortunatamente) prendendo posizione quella del "padre come completamento" della madre. Un padre a 360 gradi, ovvero padre, marito e uomo, che ha un suo ruolo ben definito accanto alla madre, con la quale crea un rapporto di cooperazione volto a coprire i ruoli di ognuno secondo la propria sfera d’azio ne all’interno di un unico contesto quale è la famiglia, rendendosi l’uno insostituibile all’altro"9.

Essere padri e madri è una vocazione e non è certamente legata alla sola procreazione fisica, è la vocazione a "prendersi cura", a "prestare attenzione", a offrire se stessi per generare l’altro alla vera vita.

In un tempo di eclissi e di evanescenza della figura paterna, non so cosa proviate o cosa stiate pensando, soprattutto i padri: mi auguro solamente che questi pensieri suscitino in voi una certa nostalgia di recuperare ciò che si sta perdendo… perché la vostra vocazione è grande e insostituibile!

Magari qualcuno può pensare che queste proposte non siano per lui e che stiamo volando troppo alto. Non è così. Si è famiglia proprio per volare alto! Tutti siamo chiamati alla santità, lasciando che il Signore porti a pienezza la nostra umanità.

Così come abbiamo fatto all’inizio del nostro incontro, vorrei ringraziare per il dono di ognuno dei nostri Papà e affidarli a San Giuseppe perché li guidi nel portare a compimento il progetto che Dio ha su di loro. A colui che ha esultato di gioia per l’intimità con il figlio di Dio a lui affidato, e con Maria, sua dolcissima Madre e che, come noi, ha sperimentato la prova, la fatica, la stanchezza, affidiamo le nostre aspirazioni, angustie e speranze, perché ottenga ad ogni nostra famiglia che tutto sia santificato nella carità, nella pazienza, nella giustizia e nella ricerca del bene (cf. Beato Giovanni XXIII, Preghiera a San Giuseppe).


1 Rivista L’Amore Misericordioso, Marzo 2012.

2 Marcato Cristina, Una vita piena vissuta nell’Amore, Marcianum Press, Venezia, 2009, pag. 48.
Vedi anche, www.collevalenza.it: Berardi Marina, L’incontro con una famiglia "speciale", Rivista L’Amore Misericordioso, Maggio 2011.

3 Cf. la catechesi ufficiali di Milano 2012, La famiglia vive la prova: www.family2012.com

4 www.paternitaoggi.it

5 Dalle catechesi ufficiali di Milano 2012: www.family2012.com

6 Ibidem.

7 Vedi anche, www.collevalenza.it: Berardi Marina, Essere famiglia… per volare alto, Rivista L’Amore Misericordioso, Aprile 2011.

8 Bhatti Shahbaz, Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza, Marcianum Press, Venezia, 2008.

9 www.paternitaoggi.it

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 13 aprile, 2012