P. Ireneo Martin fam
I
l volontariato è un fenomeno molto ampio e ramificato, e può essere considerato sotto vari punti di vista. La prospettiva che qui ci interessa è di considerarlo dal punto di vista cristiano, ossia come vocazione. È in questa ottica che possiamo coglierne l’anima più profonda, quella di un servizio sentito e vissuto a partire dalla fede, alla luce della spiritualità della Famiglia dell’Amore Misericordioso (Art. 3 Statuto A.V.S.A.M.: Associazione Volontari Santuario Amore Misericordioso).Le donne che seguivano Gesù e gli apostoli e provvedendo alle loro necessità sono volontarie; i diaconi per gestire le mense dei poveri sono volontari; i primi gruppi che hanno dato vita alle varie Congregazioni religiose attive sono volontari. La forza del volontariato sta nelle persone. Esso, se autentico, investe radicalmente tutta la concezione della vita, porta a vivere in modo coerente la propria esistenza.
Ci domandiamo allora quali sono attualmente le sfide che ci pone il volontariato A.V.S.A.M. inteso e vissuto come vocazione?
La
prima sfida: non è un passatempo, né un modo di occupare il
tempo libero e nemmeno di essere semplicemente utili o di fare
qualcosa per gli altri ma perché ci siamo sentiti chiamati a questo
servizio in forza della nostra identità e del nostro impegno di
cristiani. La natura del volontariato cattolico trae nutrimento dal
messaggio evangelico di Cristo per offrirne i frutti a tutta la
società; non attraverso un generico gesto di "filantropia" ma
vivendo la Carità che ha di mira la dignità e la bellezza sacra
della persona. Siamo chiamati da un Dio che ha viscere di
misericordia. Tale è la radice del volontariato in questo nostro
Santuario. Parlare di vocazione è avvertire che Dio ti è passato
accanto, ti ha guardato con occhi di amore misericordioso, ti ha
chiamato a vivere e a dare vita, a sentirti profondamente amato e a
dare amore. E parlare di vocazione è parlare anche di una risposta.
È riconoscere che hai tenuto occhi aperti per vedere, orecchi
attenti per ascoltare e un cuore generoso per rispondere mettendo in
pratica il motto di M. Speranza: "Tutto per amore". La storia
personale di questa vocazione potrà essere molto diversa. Può darsi
che Dio l’abbia fatto in maniera shoccante, come nel caso del buon
samaritano, attraverso un volto percosso e umiliato dalla sofferenza
che gridava alla tua coscienza. Può darsi che lo abbia fatto in
maniera soave, mediante una brezza leggera come nel caso di Elia,
attraverso una esperienza che ti ha tirato fuori dal tuo guscio e ti
ha fatto sentire di essere tanto amato, tanto sostenuto, tanto
fortunato da accorgerti di coloro che prima ignoravi, forse perché
anche la tua vita era lontana da Dio. Può darsi che semplicemente un
giorno qualcuno ti abbia parlato della sua esperienza qui a
Collevalenza, come ha fatto Andrea con Pietro nel seguire Gesù, ti
abbia raccontato il suo servizio e ti abbia invitato al Santuario.
Quando si comprende e si vive il volontariato come vocazione
si trovano in esso ragioni di gioia autentica operando però con gratuità e amore senza attendere ricompense. Ci devono stare a cuore il bene e il conforto di quelli che hanno bisogno di noi, ma questo non significa che non possiamo avere delle gioie nel nostro volontariato. Ce ne sono e molte. Voglio indicarne alcune tra le più profonde:la gioia della chiamata a essere e a rendere felici. Il Signore ci chiama a essere felici e a contribuire alla felicità degli altri. Non ci chiama a vivere nell’angoscia, interiormente spezzati, senza serenità interiore. Ci chiama perché sperimentiamo che piangere con chi piange, lavorare con chi soffre nel corpo e nell’anima, avere viscere di misericordia, manifestare tenerezza verso i poveri e i deboli ci rende profondamente felici, ci fa vivere la verità delle beatitudini del Regno: "Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia. Beati i poveri…".
La gioia della gratuità: la dinamica della carità implica la gratuità. La carità è dono, afferma Benedetto XVI, "è amore ricevuto e offerto". Un amore senza limiti, familiare, gioioso, concreto, delicato e appassionato, dettato dal cuore. Il nostro servizio ai più deboli nasce dall’esperienza del dono ricevuto, dall’esperienza di esserci sentiti amati gratuitamente da Dio. Questa esperienza ci fa vivere la gioia di dare gratuitamente ciò che gratuitamente abbiamo ricevuto e di sentire che la nostra vita può essere un dono per gli altri. La gioia è di scoprire che il povero è il volto del Signore. E voltare le spalle al povero significa perdere Dio stesso.
Il nostro servizio non è un compito solo individuale. L’amore è il grande motore che dinamizza e dà significato a tutta la nostra azione caritativa e sociale. Siamo chiamati a vivere la gioia di sentirci coinvolti nella spiritualità della Famiglia dell’Amore Misericordioso e guidati da essa. E questo deve essere il significato ultimo di tutta la nostra azione che il pellegrino si senta amato e redento dall’amore. «L’attuazione pratica - afferma Benedetto XVI - è insufficiente se in essa non si può percepire l’amore per l’uomo». Bisogna dare e aiutare l’altro, ma soprattutto bisogna darsi, bisogna dare amore. Solo così il dono non umilia, ma riconosce la dignità della persona sia in chi dà sia in chi riceve.
Anche il volontariato è in se stesso motivo di speranza. Lo è per la sua generosità, per la sua accoglienza, per la promozione dello sviluppo integrale, per la sua gratuità.
La
seconda sfida: sentire e vivere il volontariato come vocazione,
Sapere che il luogo che calpestiamo è sacro: quando il Signore chiamò Mosè gli disse: "Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!" (Es. 3,5). E sacro è il luogo che calpestiamo, perché al centro del nostro servizio c’è la persona umana nella sua dignità e integrità. Accogliere i pellegrini nel Santuario, aiutarli nel momento dell’immersione nell’acqua dell’Amore Misericordioso è uno stile autentico di servizio Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di coltivare e alimentare ogni giorno di più la spiritualità dell’Amore Misericordioso. Madre Speranza nella sua preghiera per il Santuario parla di persone che vengono, chi per farsi curare le membra, tormentate da malattie che la scienza umana non riesce a guarire, chi dalle malattie dell’anima, chi dalla sfiducia nel trovare il conforto dell’anima.
Formarci
a saper fare e accompagnare le persone per offrire ai pellegrini di
questo Santuario i migliori servizi d’assistenza, ma soprattutto
abbiamo bisogno di "formazione del cuore", di configurarci a
Cristo per essere segni del suo amore. Perciò, l’AVSAM deve avere un
piano di formazione che aiuti a far sì che l’azione dei volontari
risponda all’identità e missione della Famiglia e allo spirito della
nostra Madre. È bella e stimolante e allo stesso tempo didattica
anche per il volontario, quella pagina autobiografica nella quale la
Madre descrive sua missione: "Sono qui cari figli e figlie, ore e
ore, giorni e giorni ricevendo poveri e ricchi, anziani e giovani,
tutti carichi di grandi miserie morali, spirituali, corporali e
materiali. Alla fine della giornata vado a presentare al Buon Gesù,
piena di fede di fiducia e di amore, le miserie di ognuno con
l’assoluta certezza di non stancarlo mai perché so bene che Lui da
vero Padre mi attende ansiosamente perché interceda per tutti quelli
che aspettano da Lui il perdono, la salute, la pace e ciò di cui
hanno bisogno per vivere. Egli che è tutto amore e misericordia
specialmente verso i figli che soffrono, non mi lascia delusa e vedo
con gioia che conforta tutte le anime che si affidano al suo amore
Misericordioso".
Rendere universale l’annuncio dell’Amore Misericordioso: la carità dilata il cuore, ci fa uscire da noi stessi, infrange barriere e rende il cuore aperto e generoso.
Il Santuario "centro eletto di spiritualità e di pietà che a tutti ricorda e proclama la grande e consolante realtà della misericordia paterna del Signore" (Giovanni Paolo II), viene ad approfondire la dimensione evangelizzatrice dell’Amore Misericordioso "più con i fatti che con le parole", attraverso la carità vissuta, il pane condiviso, la coerenza di vita e la preghiera. L’importante è, come dice Benedetto XVI, che sappiamo «quando è tempo di parlare di Dio e quando è opportuno tacere di lui, lasciando che parli solo l’amore».Terza sfida: che non possiamo ignorare, perché intimamente unita alla precedente: vivere insieme momenti celebrativi. Il tutto nel clima della "misma familia" (l’unica famiglia). Una Famiglia il cui stile è coltivare uno spirito di vera e profonda stima, nella confidenza e nella disponibilità ad un pronto e disinteressato aiuto fraterno, come desiderava la Venerabile Madre Speranza.
A conclusione di questo profilo spirituale del volontario AVSAM, che gli conferisce la necessaria libertà e gli permette di aprire mente e cuore alla gioia e all’accoglienza misericordiosa dei pellegrini nel Santuario, potessimo costruire insieme uno stile di vita proprio e un atteggiamento nuovo e coerente verso Dio e gli uomini.
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ultimo aggiornamento
11 aprile, 2012