pastorale familiare |
Marina Berardi |
"Possa tu avere molta gioia!" (Tb 5,10)
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O
gnuno di noi, come dicevamo lo scorso mese, ha bisogno dell’esserci dell’altro, di qualcuno che lo accolga e se ne prenda cura, che lo guidi nel cammino e gli indichi la meta ma, soprattutto, che gli dica con la vita, con i gesti, con uno sguardo, con le parole e con scelte concrete… grazie di esserci o, come ha detto il S. Padre, "è bene che tu ci sia" 1! Sono fermamente convinta che tutto in noi ha inizio a partire da questa profonda esperienza di essere desiderati e amati, così come siamo, fin dal grembo materno.Per questo ho scelto di condividere con voi la storia di una famiglia come tante che il Signore, ormai da qualche tempo, ha messo sul mio cammino. Lo faccio scrivendo una lettera all’ultimo arrivato, venuto alla luce solo da qualche giorno.
Carissimo Gabriele,
ancora non ho avuto la gioia di conoscerti ma con i tuoi genitori, la tua sorellina e i tuoi due fratellini ti abbiamo atteso, insieme anche a tante famiglie che hanno pregato per te e per la tua mamma che ti portava in grembo, così come eri. Sì, perché a quattro mesi di gestazione, durante un vostro ricovero all’ospedale, i medici hanno detto che tu crescevi poco e che probabilmente avevi problemi genetici; per i tuoi genitori, però, non è cambiato nulla: ti avrebbero accolto, così come eri, perché eri tu, perché eri il figlio che il Signore aveva donato loro.
Il nome che hanno scelto per te non poteva che essere espressione della speranza con cui hanno aspettato la tua nascita e della certezza che, comunque fossero andate le cose, Dio vi avrebbe aiutati a compiere la Sua volontà: tu sei un atteso dono di Dio. Ma il tuo nome è stato, in qualche modo, anche profetico perché con te Dio è stato forte, superando ogni umana aspettativa.
Nella tua casa, imparerai molto presto che il Signore ripaga con il centuplo coloro che si donano con gioia e che confidano in Lui. La tua famiglia ne era certa e, sabato 19 maggio, tutto era ormai pronto per il pellegrinaggio che i tuoi genitori stavano organizzando da tempo al Santuario dell’Amore Misericordioso. Volevano che tante altre persone, come era accaduto a loro, avessero l’opportunità di incontrarsi con un Dio che non è un giudice e che non ci ripaga secondo le nostre colpe, ma con un Dio che ama, aspetta, si prende cura, perdona. È stata una vera e propria immersione non solo nell’Acqua ma nella misericordia di Dio che è Padre buono e tenera Madre! Per questo "appuntamento" e per la Festa della famiglia che si sarebbe svolta l’indomani nella scuola del tuo fratellino più grande, hanno chiesto ai medici se fosse possibile spostare di due giorni la tua nascita che, pur programmata, giungeva imprevista e prematura giacché la tua mamma ormai non riusciva a nutrirti a sufficienza.
Quel sabato, ho letto negli occhi dei tuoi una certa preoccupazione, attenti ai più piccoli segni e a compiere con scrupolo quanto i medici avevano raccomandato, ma vi ho visto anche una profonda serenità e gioia che nasceva dalla scelta di un fiducioso abbandono, dall’essere al Santuario insieme a tante persone, per affidarsi e affidarti a Maria Mediatrice e a Madre Speranza. Eppure, umanamente, c’erano tutte le condizioni per ripetere con Tobi: «Che gioia posso ancora avere?», visto quanto si prospettava per te e per loro, vista la precarietà economica ed un lavoro che tuo papà non riesce ancora a trovare. Mi piace immaginare, continuando il dialogo tra Tobi e Raffaele, che i tuoi genitori abbiano voluto e saputo credere alle parole dell’angelo: «Fatti coraggio, Dio non tarderà a guarirti, coraggio!» (Tb 5,10) o a quelle di Edna nel preparare la stanza nuziale per la figlia Sara: «Coraggio, figlia, il Signore del cielo cambi in gioia il tuo dolore. Coraggio figlia!» (Tb 7,17).
Dio non ha tardato, il Signore ha davvero cambiato in gioia la sofferenza dei tuoi, Dio non si è lasciato vincere in generosità. É Lui che, servendosi di contrattempi, ha preparato il giorno di Maria Ausiliatrice per farti nascere. Quale non è stato lo stupore dei tuoi genitori e anche dei medici, nel vedere che, seppure piccolo, pesavi più di quanto ci si aspettava e che non c’erano i presunti problemi genetici!
Alla tua mamma non hanno pesato il dolore e le complicazioni e, dopo averti dato alla luce , non si è ricordata più della sofferenza, per la gioia che eri venuto al mondo te, un uomo.
In tanti hanno partecipato a questa gioia, con e-mail, telefonate e sms, per sapere di te e della tua famiglia, anche attraverso gesti concreti di vicinanza e di solidarietà.
Sono certa che questa gioia si diffonderà e darà tanta speranza a quelle mamme che, come la tua, vivono il dolore, e spesso il dramma, per una gravidanza a rischio e difficile. Questa gioia sarà duratura, non soltanto perché, umanamente, tutto è andato per il meglio, ma perché sgorga dall’adesione della tua famiglia alla volontà di Dio: felice di accoglierti… così come eri!
Ti accompagnino le parole e l’augurio dell’angelo Raffaele: «Possa tu avere molta gioia!».
Marina
P.S.: Gabriele, sia pure virtualmente, ti ho conosciuto, grazie a papà e mamma che mi hanno fatto dono della tua prima splendida foto, proprio mentre stavo finendo questa lettera!
Prima di chiudere, permettetemi un l’ultimo pensiero verso tutti quei bambini meno fortunati, per i tanti - ancora troppi! - "Gabriele" che, in nome della "scienza" e per diagnosi errate, non hanno mai visto la luce.
Come cristiani siamo chiamati a gridare e testimoniare la nostra ferma speranza soprattutto quando le vicende della vita ci appaiono o diventano realmente una pesante croce.
Ci sono famiglie che lo hanno fatto e che si sono messe concretamente a servizio della vita fragile e ferita, fino al caso estremo del "feto terminale". Forti della loro personale esperienza, hanno dato vita ad una Associazione, La Quercia Millenaria, ora Onlus, (
www.laquerciamillenaria.org), che promuove il Centro di Caring Perinatale, in collaborazione con i ginecologi del Day hospital di Ostetricia del Policlinico Gemelli, diretto dal prof. e mio carissimo amico Giuseppe Noia.Proprio in questi giorni, si svolge presso il Gemelli di Roma un convegno dal titolo "Il dono della cura, la cura del dono", promosso per sensibilizzare e sostenere quelle coppie che scelgono di portare avanti gravidanze fortemente patologiche. Viene prestata una "particolare attenzione a quei piccoli ancora nel grembo materno che la scienza medica definisce ‘incompatibili con la vita’ a causa delle gravi malformazioni che presentano"2.
La presidente della Onlus, Sabrina Paluzzi - che ho avuto il piacere di conoscere - spiega che servizi e strutture "si prendono carico della gravidanza di bambini con diagnosi letale e che sostengono la famiglia che fa una scelta di vita anche quando apparentemente non c’è più nulla da fare". In tali circostanze - afferma Noia - alle gestanti "’viene generalmente proposta l’interruzione della gravidanza. Quelle che non desiderano abortire vengono spesso lasciate sole nel gestire la propria attesa, senza essere seguite né supportate per la probabile perdita dei loro bambini e la gestione del loro dolore’" 3.
Una cosa è certa: "Non è mai vero che ‘non ci sia nulla da fare’"4 perché, come abbiamo sentito, una Quercia Millenaria può generare ancora la vita contro ogni umana aspettativa, perché il dolore accolto, condiviso ed offerto è sorgente del più autentico amore e della vera fecondità, perché - come dice Madre Speranza - Gesù permette le croci per farci trovare lì "la dolcezza del suo amore" e per condurci, attraverso questa scuola, "alla perfezione dell’amore", alla santità, alla vita che non avrà fine!
L’amore non è mai incompatibile con la vita, "non dice mai basta" perché "la scienza dell’amore si apprende nel dolore" (M. Speranza).
Ai tanti "Gabriele",
É bene che tu ci sia.
Grazie di esserci.
1 BENEDETTO XVI, Discorso agli Em.mi Signori Cardinali, alla Curia romana e alla Famiglia pontificia, per la presentazione degli auguri natalizi, 22.12.2011.
2 www.zenit.org, 24.5.2012.
3 Ibidem.
4 www.zenit.org, 21.5.2012.
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ultimo aggiornamento
11 giugno, 2012