pastorale familiare Marina Berardi
Famiglie di Speranza
P
er prepararci alla Beatificazione della Madre, che avrà luogo a Collevalenza il prossimo 31 maggio 2014, abbiamo pensato di seguirne le orme sulla strada della santità, di conoscere la sua vita, le sue origini, la sua storia. Il viaggio, rigorosamente formato famiglia, porterà tante famiglie a Collevalenza per vivere un appuntamento ormai divenuto consueto che quest’anno però coincide con la festa della santa Famiglia di Nazareth.Ripresenteremo a grandi e piccoli la figura di M. Speranza e il carisma a lei affidato, per contemplare quanto il Signore ha realizzato in lei e con lei, affinché ognuno si senta spinto a rileggere il passaggio di Dio nella propria storia personale, di famiglia, di gruppo, e così divenire testimoni di Speranza nel mondo.
In fondo la sua vita, come le nostre, sono una parabola attraverso cui Dio traccia e narra una storia sacra, intesse una storia di salvezza. Il suo stesso nome, come il nostro, è profetico: lei, in una vita nascosta, ha vissuto e annunciato la Speranza, ha saputo vivere il "rischio", in "un’ardente attesa" di quanto il Padre le avrebbe chiesto. Madre Speranza si è lasciata lavorare dallo Spirito, come un granello di senape che, divenuto un grande albero, accoglie e protegge; come un chicco di grano che morendo genera vita; come il lievito capace di fermentare l’intera massa; come un flauto che lascia che il Signore suoni la melodia che desidera; come una scopa che, dimentica di sé, mette a servizio quella vita che coglie come un dono.
La Madre ha usato il linguaggio della misericordia, lo stesso a cui
invita Papa Francesco quando affer ma che "c’è bisogno di cristiani che
rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua tene
rezza per ogni creatura. Sappiamo tutti che la crisi dell’umanità
contemporanea non è superficiale, è pro fonda. Per questo la nuova
evangelizzazione, mentre chiama ad avere il coraggio di andare controcor
rente, di con-vertirsi dagli idoli all’unico vero Dio, non può che
usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di
atteggiamenti prima ancora che di parole. La Chiesa in mezzo all’umanità
di oggi dice: Venite a Gesù, voi tutti che siete affaticati e oppressi,
e troverete ristoro per le vostre anime (cfr Mt 11,28-30). Venite a
Gesù. Lui solo ha parole di vita eterna.
Ogni battezzato è "cristoforo", cioè portatore di Cristo, come
dicevano gli antichi santi Padri. Chi ha incontrato Cristo, come la
Samaritana al pozzo, non può tenere per sé questa esperienza, ma sente
il desiderio di condividerla, per portare altri a Gesù (cfr Gv 4). C’è
da chiedersi tutti se chi ci incontra percepisce nella nostra vita il
calore della fede, vede nel nostro volto la gioia di avere incontrato
Cristo!" (Papa Francesco, Discorso, 14.10.2013). Sembra che il
Papa parli dei cerchi concentrici che caratterizzano l’architettura del
Santuario, segno di un amore che, quando è autentico, non può che
diffondersi, irradiarsi, fino ai confini del mondo o di quei tonavoce
del campanile che, orientati verso i quattro punti cardinali, mandano
l’eco lontano, fino ai confini della terra.
Sono sempre più numerose le famiglie che cadono nella rete e che, una volta incontrato l’Amore Misericordioso, sperimentano di non poter più tenere per sé la gioia dell’amore, di relazioni che nutrano il cuore, del dolore vissuto con speranza, di una sana fraternità, della gioia di camminare insieme verso la meta della santità.
"La nuova evangelizzazione – come dice il Santo Padre - significa risvegliare nel cuore e nella mente dei nostri contemporanei la vita della fede. La fede è un dono di Dio, ma è importante che noi cristiani mostriamo di vivere in modo concreto la fede, attraverso l’amore, la concordia, la gioia, la sofferenza, perché questo suscita delle domande, come all’inizio del cammino della Chiesa: perché vivono così? Che cosa li spinge? Sono interrogativi che portano al cuore dell’evangelizzazione che è la testimonianza della fede e della carità. Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la bellezza di Dio" (Papa Francesco, Discorso, 14.10.2013).
Tanti laici e tante famiglie si sono lasciate prendere per mano dall’Amore Misericordioso, ogni giorno si abbeve rano e si nutrono del carisma di M. Speranza, camminano insieme, pregustando una gioia più grande. Andrea Induti, che ora il Padre ha chiamato a Sé, così annotava tra i suoi appunti, al termine del nostro consueto appuntamento:
"1 Gennaio 2010. Collevalenza. Sto approfittando più che posso del regalo che Gesù ci ha dato di poter partecipare alla festa in famiglia. Sono molto contento di poter stare insieme e condividere con altri la propria storia e la propria vocazione.
[Gesù,] questo regalo che ‘ci’ hai fatto, come sempre frutto della Tua premura e attenzione, possa essere strumento per un’aumentata comunione.
Cara Santa, non penso per me ad una vita più bella di questa che Gesù mi ha donato di vivere con te e i bimbi. Spero solo, con la preghiera, di poter essere un marito e un papà più a somiglianza di Gesù. Con affetto. Andrea".
Potremmo chiederci: io, noi… chi desideriamo essere? Ciò che sono, che siamo… a chi lo dobbiamo?
Ci viene in aiuto una Parola incontrata da poco nella liturgia domenicale: noi siamo di Dio, per Lui esistiamo, perché Lui, l’amante della vita, è in tutte le cose; Lui ci guida e ci corregge a poco a poco, perché possiamo credere in Lui e benedire il suo nome per sempre, benedirlo ogni giorno, in questo oggi in cui Lui sceglie di fermarsi a casa nostra. Questa è l’unica esperienza che riempie il cuore e la casa di una vera gioia. "Oggi", in ogni oggi e in ogni casa può entrare la salvezza, anche quando tutto ci sembrasse ormai perduto.
Il Signore vuole renderci degni della nostra chiamata all’amore e portare a compimento il suo pro getto su di noi, qualunque esso sia.
Ogni storia di vita in qualche modo ci appartiene e qualcosa di noi appartiene all’altro, così come accade per la storia e la vita di Madre Speranza che il Signore ha messo sul nostro cammino e che ora il Signore vuole far risplendere per tutta la Chiesa.
Così abbiamo scelto di lasciarci accompagnare dalla Madre, per scoprire il volto misericordioso del Padre e la relazione tra questi e Gesù, "matrice" del legame tra di noi, dei legami familiari, amicali, fraterni; per scoprire il volto di Gesù nel partner, nei figli, in quanti il Signore ci mette accanto: lì c’è Gesù.
Convinti, come ricorda Papa Francesco, che "la nostra fede ha bisogno del sostegno degli altri", vogliamo farci compagni di viaggio, per vivere la gioia della fede, la semplicità di scoprirci "esseri umani, segnati da fragilità e limiti" ma capaci di "confidare nell’aiuto di Dio, mediante la preghiera reciproca, il "coraggio e l’umiltà di aprirsi agli altri per chiedere aiuto". In fondo, ciò che accade nella nostra vita e le persone che il Signore ci mette accanto potremmo considerarle lo scalpello e il martello che, colpo dopo colpo, cercano di ricavare dal nostro tronco un santo. Madre Speranza ci mette in guardia dicendo che "i santi non si formano accarezzandoli con la vasellina" e a tal proposito racconta questo aneddoto:
"Alcuni religiosi… avevano conservato un tronco perché si seccasse bene e ricavarvi una statua di san Francesco.
Un giorno seppero che nei dintorni c’era un uomo, un bravo scultore, e lo invitarono perché vedesse il tronco. Questi guardandolo esclamò: "Che bel tronco, perché non lo vendete?".
"No – risposero - vogliamo farci una statua del nostro padre san Francesco".
"Va bene, io vi faccio il santo, ma avrò molto da fare con questo tronco e avrei bisogno di una stanza dove poterlo lavorare".
"Quanto ci costerà?". "Mi pagherete quando avrò finito, secondo il tempo che c’impiegherò".E bene, si sistemò nella stanza e iniziò a lavorare; passato un mese il superiore gli chiese: "Come va nostro Padre san Francesco?".
"Oh! - gli rispose - è un tronco troppo buono, ma è necessario trattarlo con attenzione".
Dopo un altro mese, di nuovo gli domandarono: "Cosa è successo al tronco?"."Oh! rispose, era quasi terminato, ma ho incontrato un nodo e mi si è rotta una gamba e per ora resterà zoppo".
Il terzo mese gli chiedono di nuovo: "Cosa ne è del nostro padre san Francesco, vogliamo vedere il suo lavoro"."Guardate, - disse - ha molti nodi e ho dovuto dargli con lo scalpello, così mi si è rotto tutto, tanto che non mi viene un san Francesco, ma ci verrà un bambino Gesù…".
Perché? Perché apparentemente sembrava un tronco molto buono e bello. Ma era pieno di nodi che non permettevano allo scultore di lavorarlo.Questo si può ben applicare anche a noi: siamo pieni di nodi e appena ci toccano una parte questa si rompe, se ci toccano nel nodo della superbia, saltiamo subito…! La superiora, [la persona a cui il Signore ci affida] può pure lavorare, ma se noi non ci sforziamo per non far crescere questi nodi, sarà tutto inutile. Se abbiamo il nodo della superbia, quello della critica, della disobbedienza, il nodo di notare nel superiore, [nell’altro] tutti i difetti possibili…, figlie mie, il tronco si distrugge e la superiora non riuscirà a ricavarne l’immagine di Gesù, un santo, perché il tronco con tanti nodi si rompe sotto i colpi.
Esaminiamoci, vediamo quanti nodi abbiamo e la misura che hanno, perché a seconda del tempo che li abbiamo, ci costerà di più toglierli. Siamo superbi? Non importa, diamo un bel colpo a questo nodo; è il rispetto umano? Un colpo…
"Ed io che debbo fare?". "Quello che Gesù ti chiede". Diamo dei bei colpi ad ogni nodo perché il Signore possa ricavare da noi un santo: colpiamo forte, colpiamo forte!E se il superiore, [il genitore] vede che qualche figlio ha un nodo che gli impedisce di santificarsi e fare di lui un santo, non glielo nasconda. Gli dirà: "guarda, figlia, vedo in te questo nodo, cerca di estirparlo altrimenti non ricavi nulla [dal tuo tronco]".
I nodi spezzano il santo, con un albero pieno di nodi non si può lavorare. Noi siamo piante che dobbiamo lasciarci modellare perché il Signore, servendosi di chi vuole e come vuole, per mezzo del superiore, [del genitore, dell’altro, degli eventi], possa ricavare dal nostro tronco il santo che desidera" (cf. El Pan 21, 252-256).
Chiediamo alla Vergine Maria la docilità che Lei ha avuto nell’accogliere il progetto di Dio e nel lasciarsi modellare, in ogni circostanza della vita. "Chiediamo la grazia – come ci ha invitato il Papa - di essere uomini e donne di speran za", laici e famiglie che donano e seminano speranza.
"Un cristiano deve essere gioioso, con la gioia di avere tanti fratelli battezzati che camminano con lui; sostenuto dall’aiuto dei fratelli e delle sorelle che fanno questa stessa strada per andare al Cielo; e anche con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle che sono in cielo e pregano Gesù per noi. Avanti su questa strada con gioia!" (Papa Francesco, Udienza, 30.10.13).
«Santificatevi!
che io in Cielo
non voglio stare sola...»
(Madre Speranza, El pan 21, 706)
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ultimo aggiornamento
09 dicembre, 2013