La vita, le opere e la beatificazione di Madre Speranza

P. Gabriele Rossi fam

 

 

MADRE SPERANZA ALHAMA VALERA

 

 

La vita, le opere e la beatificazione

(seguito)

La stagione più intensa e il viale del tramonto

Quando Madre Speranza giunse a Collevalenza il 18 agosto 1951, aveva quasi 58 anni di età: era arrivata cioè alla sua piena maturità umana e spirituale. E infatti, dopo il decennio un po’ più tranquillo di Roma (anche se tranquillo per modo di dire), la attendeva la stagione più intensa di tutta la sua vita.

Il lavoro le proveniva innanzitutto da quel ruolo di Superiora generale delle Ancelle che aveva recuperato nel Capitolo del 1952 e che le venne confermato ancora nei Capitoli successivi del 1958, 1964 e 1970. E per questo suo incarico ufficiale, tornò a visitare ripetutamente anche le Comunità di Spagna, soprattutto quando si trattò di ricucire uno strappo che si era prodotto nel 1965, a causa di una non piena comprensione delle nuove costruzioni di Collevalenza.

Il lavoro le proveniva inoltre dal controllo diretto di queste medesime attività edìli, al punto da meravigliare talvolta gli stessi addetti ai lavori per la sua competenza illuminata, tanto in fase di progettazione che di esecuzione.

E il lavoro le proveniva infine da un altro impegno particolare che aveva assunto a partire dal 1959 e che durò per una quindicina d’anni, in base alle sue forze: quello di ricevere personalmente, per diverse ore al giorno, tutti i pellegrini che, richiamati dalla sua fama di santità, desideravano parlare con lei per avere un consiglio o per chiedere una preghiera. Fu un apostolato spirituale nel quale mise a frutto tutti i suoi doni e con il quale ridestò la speranza in molti cuori.

Quando nel settembre del 1973 si completarono i principali edifici di Collevalenza, Madre Speranza aveva ormai l’età di 80 anni e imboccava di fatto il lungo viale del tramonto. Iniziava così per lei l’ultimo decennio di vita, durante il quale, senza smarrire del tutto i suoi carismi speciali, ha sperimentato un progressivo svuotamento fisico e psichico: è quanto lei stessa aveva chiesto più volte al Signore, al fine di trasmettere alla sua Opera tutta la sua sostanza vitale.

Ma proprio durante questo decennio finale, lei ha potuto raccogliere alcuni frutti che non era riuscita ad ottenere in precedenza, come ad esempio: l’apertura ufficiale delle Piscine del Santuario, con l’autorizzazione di Mons. Grandoni, nel marzo del 1979; e l’esaltazione pubblica della specifica spiritualità del suo Santuario, con l’enciclica Dives in Misericordia, nel novembre del 1980.

Ma c’era ancora un altro dono che il Signore teneva in serbo per lei…

 

La visita del Papa Giovanni Paolo II (1981)

Che un Papa sarebbe venuto a Collevalenza, lei presente, Madre Speranza lo sapeva e lo sperava da tempo; ma il problema era capire come e quando ciò si potesse realizzare. Alla fine, come sempre, ci pensò la Divina Provvidenza.

L’attentato a Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, il 13 maggio 1981, e il superamento miracoloso di quel pericolo mortale, imponevano – per lui stesso e per la Chiesa – un atto pubblico di ringraziamento all’Amore Misericordioso del Signore: e quale luogo più opportuno del Santuario di Collevalenza?

E l’evento si compì la domenica 22 novembre 1981, solennità liturgica di Cristo Re. Per il convalescente Giovanni Paolo II si trattò della sua prima uscita da Roma dopo il suddetto attentato; per l’anziana Madre Speranza invece si trattò senza alcun dubbio del giorno più lungo e più bello di tutta la sua vita.

Il Papa giunse in elicottero sul piazzale del Santuario verso le 9 del mattino e ripartì in auto per Todi verso le 3 del pomeriggio: furono pertanto una manciata di ore, ma intensissime e stracolme di commozione per tutti quelli di Casa e per le oltre ventimila persone che erano accorse alla notizia. Ed ecco in rapida successione: l’arrivo, il saluto alle autorità, la preghiera davanti al Crocifisso, il discorso alla Famiglia Religiosa, l’ossequio a Madre Speranza, l’esortazione agli ammalati, la Santa Messa sulla Piazza, l’Angelus e il pranzo finale...

Nel corso dei suoi vari interventi, Giovanni Paolo II: definì il Santuario di Collevalenza come un’opera insigne e provvidenziale e come un centro eletto di spiritualità e di pietà; spiegò che con questo pellegrinaggio egli intendeva ripresentare idealmente l’Enciclica Dives in misericordia ad un anno esatto dalla sua pubblicazione, e desiderava gridare con forza il suo grazie al Signore per essere scampato alla morte; esortò l’intera Famiglia Religiosa, raccolta attorno alla Madre Fondatrice, a perseverare nella sua specifica missione ecclesiale; e invocò più volte l’Amore Misericordioso del Signore, perché si mostrasse infinitamente più potente di ogni male che è nell’uomo e nel mondo contemporaneo.

E nei confronti della persona di Madre Speranza, egli ebbe gesti di venerazione così profonda e affettuosa, che furono più eloquenti di mille parole: più volte infatti si chinò benevolmente su di lei e la baciò sulla fronte.

Da parte sua, il Superiore generale dei Figli dell’AM, Padre Gino Capponi, gli chiese a nome di tutti che, a perenne ricordo di un giorno così memorando, il Santuario venisse insignito con il titolo onorifico di Basilica minore. 16

Nel pomeriggio poi Giovanni Paolo II si trasferì nella città di Todi, dove salutò le autorità e parlò ai fedeli in Piazza del Popolo, e quindi si rivolse al Clero e ai Religiosi nel Duomo. In tal modo vi fu come una amplificazione delle stesse tematiche del mattino, a beneficio di una Diocesi che precisamente 30 anni prima (1951-1981) aveva accolto quella misteriosa Suora che "pretendeva fondare".

Ci piace pensare che quella sera – ritiratasi nella sua cameretta – Madre Speranza: abbia rivisto nel bacio devoto del Santo Padre il ringraziamento della Chiesa intera per tutto ciò che, con tanto amore e sacrificio, lei aveva realizzato nel corso della sua lunga vita; e dall’alto dei suoi 88 anni, abbia recitato come non mai il suo Nunc dimittis: «Ora lascia o Signore che la tua serva vada in pace, perché i miei occhi hanno visto il compimento delle tue promesse...».

 

La morte, il funerale e la sepoltura (1983)

E in effetti, dopo la visita pontificia, Madre Speranza visse ancora un anno e un paio di mesi. Il preavviso lo diede lei stessa qualche giorno prima, ripetendo più volte: «Io me ne vado…»; poi l’edéma polmonare e infine l’infarto…

Madre Speranza si è spenta serenamente, circondata da molti Figli e Figlie e con lo sguardo rivolto in alto, alle 8,05 di martedì 8 febbraio 1983, all’età di 89 anni: quegli occhi neri e penetranti, che tante volte avevano già scrutato "il dolce Volto del Signore" in un numero impressionante di estasi terrene, si chiudevano per sempre alla luce di questo mondo e si riaprivano alla Visione eterna!

Nella mattinata del giorno 9 febbraio la salma venne esposta nella Cripta della Basilica per consentire a chiunque di ossequiarla per l’ultima volta: e fu una processione crescente di personalità civili e religiose, e di gente comune proveniente da ogni dove, nonostante la pioggia e la neve di quella settimana.

Per ovvi motivi di carattere logistico ed organizzativo, il solenne funerale venne fissato per il pomeriggio della domenica successiva, 13 febbraio. 17

Giunta l’ora delle esequie, la bara venne portata a spalla dalla Cripta inferiore alla Basilica superiore, passando prima davanti al Crocifisso e facendo poi il giro di tutta la Piazza, sgombrata in parte dalla folta coltre di neve.

La Santa Messa fu celebrata dal Vescovo di Todi, insieme con diversi altri Vescovi e con circa duecento Sacerdoti, davanti ad una folla che riempiva i due piani del Tempio. Nell’omelia, Mons. Grandoni spiegò in modo molto diretto che la vita di Madre Speranza era stata così feconda, proprio perché si era svolta secondo la logica dei tre voti religiosi: l’obbedienza, la povertà e la castità.

L’intera celebrazione fu più volte segnata da lacrime e da applausi...

Defluita la folla, la bara venne riaccompagnata devotamente nella Cripta per esservi tumulata dietro l’altare maggiore: già da anni infatti la stessa Madre Speranza aveva chiesto di essere sepolta «il più vicino possibile al Santuario».

La tomba di Madre Speranza consiste in un semplice rialzamento del pavimento della Cripta, il quale arriva a ricoprire i suoi resti mortali come fosse un tumulo di terra. Il tal modo essa rimane inglobata nella stessa costruzione del Santuario; ed evoca le parole del Vangelo: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).

Possiamo tranquillamente affermare che mai tomba fu più appropriata: per esprimere il senso di una vita spesa completamente per il Signore e per la Chiesa; e per evocare le grandi aspettative della speranza cristiana!

 

d) La Causa di beatificazione

Per arrivare alla beatificazione di Madre Speranza, si sono dovuti affrontare due Processi canonici: quello sulla eroicità delle sue virtù (dal 1988 al 2002); e quello su un miracolo ottenuto per sua intercessione (dal 2001 al 2013).

Nel loro insieme essi hanno abbracciato ben 25 anni di intenso lavoro.

 

Il Processo sulla eroicità delle virtù (1988-2002)

Trascorsi anche per Madre Speranza i cinque anni dalla morte, secondo il diritto della Chiesa, la Famiglia Religiosa dell’AM, tramite il Postulatore Padre Romualdo Rodrigo OAR, chiese al Vescovo di Orvieto-Todi, in data 8 febbraio 1988, di dare inizio alla fase diocesana del Processo di canonizzazione.

Mons. Grandoni, ottenuto il parere favorevole di tutti i Vescovi Umbri e il nulla osta della Santa Sede, in data 10 aprile 1988 decretò l’apertura della Causa ed istituì un apposito Tribunale diocesano, affiancato da una specifica Commissione storica. E poco dopo, il 24 aprile 1988, presiedette la prima sessione del suddetto Processo, nella Cripta della Basilica di Collevalenza.

Iniziò così il lavoro processuale vero e proprio, durante il quale: si sono interrogati un centinaio di testimoni; si sono consultati una trentina di archivi; e si sono raccolti, oltre a tutti gli Scritti propri della Serva di Dio, anche una mole considerevole di altri documenti pertinenti con l’indagine. 18

La fase diocesana del Processo canonico durò poco meno di due anni; e si concluse con un’altra sessione presieduta da Mons. Grandoni nella Cripta della Basilica, il giorno 11 febbraio 1990. Nell’occasione egli appose i sigilli a tutto il materiale che era stato raccolto per la Causa e che constava precisamente di 52 volumi, rilegati e riprodotti in tre copie; 19 e dispose che la copia originale fosse consegnata alla Curia diocesana di Orvieto-Todi, e che le restanti due venissero consegnate quanto prima alla Congregazione delle Cause dei Santi.

Trascorso un altro paio di anni, in data 12 giugno 1992, la stessa Congregazione: emanò il decreto di validità giuridica del Processo diocesano; restituì una copia dei 52 volumi consegnati in precedenza; e designò come Relatore della Causa il Sacerdote dell’Opus Dei, Mons. Josè Luis Gutierrez.

Poteva così iniziare la stesura della sintesi generale di tutto il materiale raccolto, la cosiddetta "Positio super virtutibus": la quale fu redatta in tre grandi volumi, sotto la direzione operativa del suddetto Relatore; e venne consegnata al Dicastero dei Santi dopo appena un anno di tempo, il 12 giugno 1993.

Si trattava ora di attendere pazientemente il proprio turno nella lunga lista d’attesa dei Candidati Beati, per affrontare l’esame vero e proprio della Causa.

E l’esame vero e proprio si mise in marcia solamente otto anni dopo.

In un primo momento, la Positio fu esaminata per tre mesi da sette Consultori Teologi i quali, nella sessione dell’11 gennaio 2002, si espressero con voti unanimi e favorevoli (7/7). E immediatamente dopo, l’intera questione fu sottoposta alla valutazione di diversi Cardinali e Vescovi i quali, nel congresso del 5 marzo 2002, si pronunciarono ugualmente con voti concordi e affermativi.

Superate queste due fasi di giudizio, si giunse finalmente al Decreto sulle virtù, letto alla presenza di Giovanni Paolo II nella Sala Clementina, il 23 aprile 2002: esso offriva una sintesi della vita e dell’opera della Serva di Dio; descriveva la ricchezza della sua dimensione spirituale e morale; sanciva la eroicità delle sue virtù teologali e cardinali; e le attribuiva il titolo di Venerabile.

Erano trascorsi precisamente 19 anni dalla morte di Madre Speranza: un tempo sicuramente breve, se confrontato con la maggioranza delle altre Cause.

Ora mancava soltanto il sigillo finale di un miracolo che si fosse verificato dopo la morte della Venerabile e per sua intercessione. Ma nel frattempo, quel miracolo già era arrivato puntualissimo al suo appuntamento con la storia.

 

Il miracolo ottenuto per sua intercessione (1999)

Il protagonista del miracolo che sta portando Madre Speranza agli onori degli altari è stato un bambino, nato a Monza il 2 luglio 1998 e residente all’epoca con la sua famiglia a Cilavegna, nei pressi di Vigevano, provincia di Pavia.

Subito dopo la nascita e per un paio di mesi, egli fu alimentato tranquillamente con latte materno; poi, esaurito questo, si dovette usare latte di altra natura (vaccino, vegetale, chimico…). E proprio qui cominciarono i problemi...

Il bambino infatti, già a partire dal mese di ottobre, iniziò a manifestare le prime allergie a questi diversi alimenti, con disturbi ricorrenti a livello digestivo e dermatologico, e con fenomeni paralleli di agitazione e di insonnia. 20

Nel corso dei primi mesi vi furono anche alcune crisi più acute, sempre per le stesse patologie, con ricoveri d’urgenza all’Ospedale di Vigevano.

A partire poi dal mese di gennaio e in base alle analisi compiute, si fecero diversi tentativi per cercare di individuare la dieta più efficace (eliminando, riassumendo ed eliminando ancora ogni tipo di latte; ed evitando negli altri cibi ogni traccia di riso, soia e uovo); ma nonostante tutte le accortezze, le intossicazioni gastrointestinali e cutanee si rinnovarono periodicamente, insieme con episodi di otite e cistite, al punto che i viaggi in ospedale furono molto frequenti…

E in tal modo si arrivò al mese di giugno del 1999...

Il bambino appariva sottopeso e fisicamente prostrato; mangiava pochissimo e peggiorava a vista d’occhio; di fatto si manteneva in vita soltanto con acqua, tè, qualche biscotto e qualche minestrina. E i genitori erano ormai stressati, per la preoccupazione crescente e per le tante notti passate in bianco.

Il 15 giugno ci fu un ennesimo ricovero al Pronto soccorso di Vigevano, per inappetenza quasi completa da 3 giorni e grave insonnia. Fu detto ai genitori di stare attenti perché la situazione poteva precipitare, nel qual caso sarebbe stato necessario portarlo di nuovo in ospedale per alimentarlo con delle flebo.

Ed è a questo punto che accade l’inimmaginabile…

Il lunedì 21 giugno la mamma, seguendo una trasmissione su "Canale 5", sente parlare per la prima volta di Madre Speranza e dell’Acqua di Collevalenza. Immediatamente si informa presso la suocera, la quale le dice che suo fratello Sacerdote si trova proprio a Collevalenza per un Corso di Esercizi spirituali. Questi, allertato dai suoi familiari, non solo si procura l’Acqua del Santuario, ma si sofferma più volte in preghiera presso al tomba di Madre Speranza, dicendole con tutto il cuore: "Adotta questo bambino, perché ha bisogno di te!».

Il sabato 26 giugno il pro-zio Sacerdote torna a Vigevano; e a partire dal lunedì 28 la mamma inizia a somministrare al bambino l’Acqua del Santuario.

Il mercoledì 30 giugno la mamma porta il bambino nel parco del paese; e qui si incontra con un personaggio a dir poco misterioso il quale, dopo averle fatto alcune domande molto mirate, dice alla signora: che adesso il bambino aveva trovato la sua nuova mamma; e che, in occasione del suo primo compleanno, non temessero di fare una grande festa, perché il bambino ormai era guarito.

Queste parole hanno il potere di sconvolgere la mamma e tutta la famiglia del bambino; ma anche di convincerli che stava succedendo qualcosa di grande. E infatti, proprio durante la festa di domenica 4 luglio 1999, sotto gli occhi increduli dei genitori e degli altri parenti, si compie il miracolo: il bambino accetta quello che i familiari gli vanno offrendo e mangia di tutto (pasticcini, salatini, pizzette e torta finale...), e si mostra affamato, contento e vivace…

A sera i parenti se ne vanno… e arriva il momento della verità.

I genitori lo scrutano con il cuore in gola, per capire come reagirà a tutto quel cibo proibito che ha ingerito: loro non chiudono occhio per tutta la notte; il bambino invece non batte ciglio e dorme saporitamente fino al giorno dopo…

E dal mattino successivo egli riprende a consumare, come se nulla fosse, tutti quei cibi che fino a poco prima lo avrebbero – per così dire – avvelenato.

Dunque, il bambino era veramente guarito, così come aveva predetto quel misterioso e affascinante personaggio dagli occhi color azzurro chiaro – appunto, il colore del cielo e dell’acqua –, incontrato nel parco qualche giorno prima!

Si trattava, per dirla con gli stessi termini scientifici usati dai Periti della Santa Sede, di «una guarigione molto rapida, completa e duratura da intolleranza alimentare multipla alle proteine, non spiegabile "quoad modum"». 21

(segue)


16 Cosa questa che poi si è concretizzata di fatto nell’aprile dell’anno successivo.

17 La salma venne sigillata nella cassa solo poco prima del funerale: essa dunque rimase esposta per più di cinque giorni completi dalla morte, senza alcun segno di disfacimento e senza alcun trattamento conservativo da parte del Sanitario comunale.

18 Qualcosa come 8.200 documenti, per complessive 20.000 pagine circa.

19 I volumi erano così suddivisi: 9 per le deposizioni giurate dei testimoni; 11 per gli Scritti della Serva di Dio; e 32 per una selezione degli altri documenti rinvenuti.

20 Il termine tecnico è "dispepsia": alterazione della digestione gastrica con conseguenze negative su quella intestinale, caratterizzata da bruciori, nausea, vomito e simili.

21 Cioè, miracolosa per il modo veloce con cui si è realizzata.

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ultimo aggiornamento 10 dicembre, 2013