studi  
 

P. Gabriele Rossi fam

 

Il Giubileo Eucaristico della Diocesi di Orvieto-Todi e l’amore all’Eucaristia in Madre Speranza Alhama Valera

 

«L’Eucaristia è il dono più prezioso che il buon Gesù potesse mai fare al genere umano; cosicché dobbiamo costantemente benedire, amare e adorare questo Sacramento. Accorriamo a prostrarci davanti al Sacrario; riceviamo il Corpo del nostro Dio con fede, amore e sollecitudine; e viviamo uniti al Tabernacolo, lungo tutto il nostro pellegrinaggio terreno». 1

Introduzione

 

Il contesto giubilare

La Diocesi di Orvieto-Todi sta vivendo uno speciale Giubileo Eucaristico di due anni (dal mese di gennaio del 2013, fino al mese di novembre del 2014), in occasione del 750° anniversario del Miracolo di Bolsena (anno 1263) e della istituzione della Festa del Corpus Domini (anno 1264).

Un apposito depliant diocesano offre alcuni cenni storici essenziali: 2

«Bolsena (A.D. 1263). Pietro da Praga, sacerdote Boemo, pellegrino a Roma per sciogliere sulla tomba degli Apostoli i suoi dubbi riguardanti la presenza reale di Gesù nella Eucaristia, a Bolsena volle celebrare la Santa Messa sulla tomba della martire Cristina.

Alle parole della consacrazione, dall’ostia cominciò a sgorgare sangue, che bagnò il corporale e alcune pietre del pavimento.

Papa Urbano IV, residente ad Orvieto, conosciuto l’evento, inviò il Vescovo Giacomo ad accertarsi dell’accaduto. Questi, costatata la verità del fatto, tra la commozione e l’esultanza di tutti, riportò ad Orvieto l’ostia e il corporale intrisi di sangue. Il papa li accolse personalmente presso il ponte di Rio Chiaro, a ridosso della città, e li mostrò al popolo dei fedeli.

Orvieto (A.D. 1264). Urbano IV, dai tempi in cui era arcidiacono di Liegi, in Francia, coltivava una particolare devozione per l’Eucaristia; e già nella sua antica diocesi aveva istituito la festa che ora, l’11 agosto [1264], con la bolla Transiturus de hoc mundo, volle estesa a tutta la Chiesa: il Corpus Domini.

Ad Orvieto si tenne la prima solenne processione eucaristica, mentre a San Tommaso d’Aquino, anch’egli presente in città, venne affidato l’incarico di comporre inni e preghiere per la Liturgia delle Ore e per la Santa Messa della nuova festività».

Ora, in questo contesto è arrivata la beatificazione di Madre Speranza Alhama Valera, la fondatrice dell’opera di Collevalenza. Diciamo che la coincidenza non è per nulla affatto casuale, ma quanto mai provvidenziale, per il semplice fatto che quella eucaristica è una delle tematiche più importanti nell’esperienza mistica della nuova Beata e nei suoi insegnamenti spirituali. Proviamo a sviluppare questa affermazione.

 

Il riferimento visivo

La passione di Madre Speranza per l’Eucaristia è espressa plasticamente per mezzo della grande Ostia che lei ha posto come sfondo allo stesso Crocifisso dell’Amore Misericordioso, venerato presso il Santuario di Collevalenza.

Questo simbolo aggiuntivo ci ricorda visivamente che l’oblazione cruenta e vittimale di Gesù sulla croce, rivive a livello mistico e reale in ogni celebrazione della Santa Messa, così come la dottrina della Chiesa ci insegna espressamente: è lì che il Figlio prediletto ripresenta se stesso all’Eterno Padre e ripete: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

L’immagine centrale del Santuario di Collevalenza viene poi riprodotta nel crocifisso – per altro vistoso – che Madre Speranza portava appeso al collo: si può dire che non esiste una sola foto – tra le numerosissime che le sono state scattate – che non presenti in primissimo piano (cioè, sul suo petto e sul suo cuore) Gesù in croce con l’ostia di sfondo, come fosse un’aureola di luce.

 

Prima parte:
ALCUNE ESPERIENZE MISTICHE

Ma il rapporto speciale di Madre Speranza con Gesù Eucaristia si misura soprattutto con una serie di avvenimenti, di natura essenzialmente straordinaria, che ci aiutano a intuire: la forza di attrazione che il Signore esercitava dal Tabernacolo verso di lei; e lo slancio filiale, amicale e sponsale che lei ha profuso verso la presenza reale del Signore nel Santissimo Sacramento dell’Altare.

E tutto ciò con la forza espressiva che è propria dei fenomeni mistici.

 

La Prima Comunione anticipata

La vicenda – se vogliamo pittoresca – della sua "Prima Comunione rubata prima del tempo", ci attesta come il Signore venisse lavorando nel suo cuore con largo anticipo rispetto alle sue capacità semplicemente naturali: la strada da fare, infatti, era molta e bisognava mettersi in marcia il prima possibile.

Racconta Padre Mario Gialletti fam:

«Il 14 gennaio 1959, in Collevalenza, la Madre [Speranza] aveva partecipato, dopo pranzo, alla ricreazione dei Padri [FAM]… Riporto testualmente dal mio diario, scritto lo stesso 14 gennaio 1959: "Durante la ricreazione, la Madre ci ha raccontato quanto segue. Quando aveva l’età di 8 anni, ancora non l’avevano ammessa alla prima Comunione. Essa aveva già da tempo premeditato di "rubare il Signore", cioè di fare ugualmente la Santa Comunione, e per questo ogni giorno si confessava per trovarsi sempre pronta qualora fosse capitata l’occasione. Viveva [già] presso il parroco [di Santomera]. Una mattina il parroco era assente ed era venuto a celebrare un sacerdote che non la conosceva; si tenne pronta e al momento della Comunione si portò alla balaustra e fece la sua prima Comunione, dopo aver preso una tazza di caffè-latte con cioccolato! Quando se ne accorsero, fu molto rimproverata: "Tu sei il disonore della famiglia!". Ma essa si preoccupava solo di fare compagnia al Signore. Non fu ammessa alla prima Comunione [ufficiale] che all’età di 12 anni.

La Madre ci assicura anche che da quel giorno (quindi dal 1901) ha avuto la grazia di avere sempre presente Gesù nel suo cuore sacramentalmente.

Inoltre la Madre afferma che in ogni anima la presenza sacramentale di Gesù non dura solo 10 o 15 minuti, cioè fino a quando durano le specie eucaristiche, ma che il Signore prolunga la sua presenza in noi più o meno, secondo le disposizioni che trova. Quindi la durata della presenza di Gesù in noi non è un fatto puramente fisiologico, non è solo questione di stomaco e di succhi gastrici, ma è questione soprattutto di amore".

Conosco anche la testimonianza di Madre Pérez del Molino e la conferenza della Madre del 15 ottobre 1965, che concordano nella narrazione e aggiungono alcuni particolari. Tra l’altro [lei] racconta che dopo la Comunione si ritirò nella Cappella della Madonna, per stare in raccoglimento con il Signore; che alcune signore anziane la rimproverarono molto; che essa si preoccupava solo di far compagnia al suo Gesù e di supplicarlo perché non se ne andasse dal suo cuore, temendo che ora per tanto tempo non le avrebbero più permesso di rifare la Comunione; e che da quel giorno cambiarono per lei molte cose: non giocava più alla corda, per non molestare con i suoi salti Gesù che stava dentro di lei; e aveva la preoccupazione di fargli costantemente compagnia, di non lasciarlo mai solo e di non dimenticarlo mai durante tutta la giornata». 3

Aggiunge Padre Gino Capponi FAM:

«Dell’infanzia della Serva di Dio vorrei narrare un episodio che credo sia alla base della sua spiritualità: quando fece di nascosto la prima Comunione, lei era persuasa che Gesù fosse rimasto definitivamente nel suo cuore; e da allora tutte le sue azioni erano improntate su questa presenza reale.

La Madre comunicava volentieri questa sua esperienza e raccomandava di dire sempre ai nostri ragazzi, oltre che a noi stessi, che Gesù invitato sarebbe rimasto volentieri nel nostro cuore. Ogni successiva Comunione era da lei considerata, né più né meno, che come un ricambio delle Sacre Specie.

Leggiamo nel Libro delle Usanze [dei Figli dell’Amore Misericordioso] (pagina 14 dell’edizione 1971) queste parole: "Spiegheranno anche (ai ragazzi) come il nostro cuore possa arrivare ad essere un Tabernacolo vivente del Signore, solo che lo invitiamo a rimanere dentro di noi, certi che Egli vi resterà e si adatterà al nostro povero e miserabile cuore: così potremo vivere sotto il suo sguardo e la sua protezione, lo potremo adorare e con Lui lavorare per la santificazione nostra e degli altri". Era su questo principio che la Madre imperniava la formazione spirituale di noi Figli dell’Amore Misericordioso».4

L’esperienza mistica della presenza reale

La vicenda della Prima Comunione anticipata è stato solamente l’inizio di un rapporto sempre più ardente e immolato con il Signore Gesù, che ordinariamente rimane nascosto sotto le Specie Eucaristiche, ma che in alcuni casi toglie quel velo e si mostra in tutta la bellezza e lo splendore della sua divinità.

Elencare tutte le volte che Madre Speranza è andata in estasi stando in Cappella o dopo aver fatto la Comunione, è umanamente impossibile.

Ciò che invece si può fare, è raccogliere alcuni frammenti di queste sue esperienze mistiche, così come lei stessa ne parla nei suoi appunti personali.

Il primo frammento va situato nella Casa di Fermo:

«[Padre mio,] questa notte il buon Gesù mi ha invitato a soffrire insieme con Lui,5 facendomi vedere in un modo misterioso, che non so spiegarle, la sua immolazione come vittima nella celebrazione della Santa Cena o, per meglio dire, nella prima Messa celebrata nel mondo dal Santo dei Santi, Messa che Egli ha santificato a prezzo del suo Sangue! Gesù inoltre mi ha fatto vedere anche i doni di santità che ci ha procurato sul Calvario, soprattutto la Comunione [Eucaristica] che ci unisce con [Lui che è] la Fonte di tutte le grazie.

Io, Padre mio, ho sofferto angosce di morte, però mi sentivo così unita al buon Gesù, che mi sembrava che il mio cuore era uno con il suo».6

Il secondo frammento va situato nella Casa Generalizia di Roma:

«Poi me ne sono andata nel coro [della Cappella], mi sono distratta7 e ho visto il Buon Gesù nascosto nel Tabernacolo, aspettando che ricorressi a Lui per effondere le sue grazie sopra di me, per confortarmi e consolarmi, e per darmi tutti gli aiuti di cui ho bisogno per camminare nella perfezione.

Lì Gesù sta solo, molto solo. Infatti – secondo Lui – anche noi Anime consacrate che viviamo nella sua stessa Casa, ci ricordiamo poco di Lui e lo abbandoniamo nel Tabernacolo. Egli desidera la nostra santificazione e si lamenta del fatto che – essendo la perfezione un’opera di lunga durata che richiede perseveranza, sacrificio e molto amore al nostro Dio – noi non sentiamo la necessità di ricorrere a Lui che è la Fonte di tutte le grazie».8

E il terzo frammento va situato nella Casa dei FAM, a Collevalenza:

«Questa notte me ne sono andata in Cappella per vedere se, stando vicino al Tabernacolo, potevo più facilmente conversare con l’Amato dell’anima mia... [Però, vedendo che non ci riuscivo], mi sono decisa a fare la Via Crucis; e con grande sforzo sono potuta arrivare fino alla seconda caduta del buon Gesù.

A quel punto mi sentivo come fuori di me e senza potermi mantenere ferma sul pavimento.9 Allora mi sono messa in ginocchio. Ma senza sapere come, alle quattro e mezza, mi sono ritrovata abbracciata al Tabernacolo o – per meglio dire – a Gesù stesso, che maestosamente mi si è presentato e mi ha fatto vedere come permane nel Tabernacolo giorno e notte, mostrando all’Eterno Padre e per amore all’uomo le sue piaghe aperte, e chiedendo costantemente per quelle stesse piaghe il perdono e la misericordia per tutta l’umanità».10

 

Una bella testimonianza oculare

Generalmente, le estasi di Madre Speranza si realizzavano: o nel segreto della propria cameretta; o nella Cappella interna della Casa, durante le sue lunghe nottate di veglia e di preghiera. Ma qualche volta, questi fenomeni mistici si producevano davanti agli occhi meravigliati e commossi di qualche testimone oculare, come è avvenuto, per esempio, in una saletta della Casa parrocchiale di Collevalenza, in occasione del Venerdì Santo dell’anno 1953.

Racconta Padre Alfonso Mariani FAM:

«Era il giorno 3 aprile dell’anno 1953: Venerdì Santo. Terminate al mattino le Sacre Funzioni nelle mie due Parrocchie [Monticello e San Damiano], ero ritornato come al solito a Collevalenza, in casa Bianchini, presso la quale, per ordine del Vescovo [De Sanctis], alloggiavo da circa un anno. Verso le due pomeridiane mi trovavo a passeggiare nelle vicinanze della Chiesina della Madonna delle Grazie,11 in attesa della venuta di Lino di Penta con il suo ingegnere, a cui la Madre aveva dato l’incarico per la costruzione della Casa per le Comunità dei Padri e delle Suore, nel vicino terreno dove era il "Roccolo", che… era stato donato alla [nostra] Madre dalla Sig.na Anna Bianchini Gauvain. Vedo venire dal paese il Fratello [laico] Alcide Frasselli, che mi si avvicina e mi dice: "La Madre è in estasi davanti al Tabernacolo, nella Casa Parrocchiale".12

Mi dirigo subito da quella parte.

Nella saletta c’era una Mensa con sopra il Tabernacolo, in legno; vicino la lampada votiva; sopra il Tabernacolo era posta la chiavetta della porticina. Davanti alla Mensa, a contatto, un banco della Chiesa Parrocchiale. Quasi al centro del banco, in ginocchio, ma appoggiata al sedile posteriore, era la Madre che, rapita in estasi, pregava. Dietro, in piedi, Madre Genoveffa, un’altra Suora e il Fratello [laico] Francesco Acciari. Illuminava il vano una lampadina elettrica che pendeva dal soffitto. Mi misi in ascolto.

Non afferrai bene tutte le parole, perché la Madre parlava sommessamente e in spagnolo. Compresi [però] che il Signore Le aveva fatto vedere salire al cielo l’anima di Monsignor Enrico Vezzulli, Arciprete del Duomo di Todi, che sapevamo essere in agonia. Ad un certo momento, la Madre alza le braccia verso il Tabernacolo e con enfasi e voce alta ripete: "Pues, que haces ahí?".13

A questa domanda la miracolosa risposta!

Scocca la serratura e la porticina del Tabernacolo, spinta da mano invisibile, si apre rapidamente senza urtare; dal Tabernacolo esce un soffio di vento che si diffonde in dolce alito; all’interno [dello stesso Tabernacolo], illuminata dalla lampada elettrica della sala, spicca la piccola Pisside.

Chi può descrivere l’emozione del momento?!

Quante volte avevo aperto il Tabernacolo, visto e preso in mano la Pisside. Ma la visione di allora era tutta particolare. Ebbi la sensazione che Qualcuno, protendendosi verso di noi, ci guardava e parlava al nostro cuore. Quasi estasiati, piegammo le ginocchia in contemplazione di quel Mistero.

La Madre abbassa le braccia, portandole sul petto, in atto di chi abbraccia strettamente una persona; poi abbassa il capo nel braccio destro, appoggiato sopra la Mensa. Si odono dei baci e poi... religioso silenzio. Il nostro sguardo andava dal Tabernacolo alla Madre, dalla Madre al Tabernacolo.

A questo punto entra in sala Padre Gino, al quale più con i cenni che con le parole, spiegai il come della porticina aperta. Rimasta alcuni istanti in quella posizione, la Madre improvvisamente alza il capo, si volge verso di noi e domanda: "Chi mi vuole?".14 Padre Gino si avvicina, Le prende una mano e dice: "Giù c’è il Signor Lino, con l’ingegnere, che l’aspetta per prendere le misure della Casa". La fa sedere e Le si siede accanto; noi intorno… Ci parla dell’estasi: ci dice di aver abbracciato Gesù Crocifisso [e] di avergli baciate le Piaghe…

Notando poi che la porticina del Tabernacolo era [ancora] aperta, dice a Padre Gino: "Chiudila". Padre Gino, forse nell’intento di dare quella gioia alla Madre, risponde: "La chiuda Lei, Madre"; e la Madre subito stende la mano per chiudere la porticina, ma immediatamente la ritira dicendo: "Non posso toccare". E Padre Gino: "Come, è stata con Lui fino ad ora, L’ha toccato, abbracciato, baciato, e adesso non può toccare il Tabernacolo?". "In quel modo posso, ma così non posso", risponde la Madre. Poi rivolta a me: "Chiuda Lei, [Padre]". In modo del tutto spontaneo e con tanta semplicità, rispondo: "Chi l’ha aperta, la chiuda". All’insistenza della Madre, Padre Gino prende [finalmente] la chiavetta da sopra il Tabernacolo e chiude la porticina.

Memorabile Venerdì Santo! Deo gratias». 15

I fenomeni mistici hanno il potere di tradurre in fatti concreti e simbolici ciò che la dottrina della Chiesa afferma in maniera teorica e concettuale.

 

Il ricorso ordinario al Tabernacolo

Stando così le cose, è facile comprendere queste frasi di Madre Speranza, relative al suo modo di pregare e di "lottare" davanti al Tabernacolo:

«Io posso dirvi di me stessa che qualche volta mi sono trovata con il cuore così oppresso e scoraggiato, che credevo di non poter resistere più. Allora mi sono prostrata ai piedi del Sacrario e ho pregato con tutta la mia anima; e mi è venuta la pace, la rassegnazione e la prontezza per soffrire e accettare quella croce che pochi minuti prima mi sembrava insopportabile.

Altre volte invece mi sono vista con il cuore turbato per dover eseguire un comando che mi pareva ingiusto. E ai piedi del Sacrario ho supplicato e ho lottato, fino ad arrivare a questo risultato: "Debbo farlo, vado a farlo"; e la mia anima ha recuperato la pace e mi sono sentita capace di tutto". 16

(segue)


1 Madre Speranza Alhama Valera, Scritti e conferenze del 1943, 8,493.

2 Diocesi Orvieto-Todi (a cura), Piccola guida spirituale per i pellegrini.

3 Padre Mario Gialletti, Memoria extra-processuale.

4 Padre Gino Capponi, Testimonianza processuale, maggio 1988.

5 Si riferisce ai patimenti morali e corporali della stessa Passione del Signore.

6 Madre Speranza Alhama Valera, Diario, 29 febbraio 1952, 18,1137-1138.

7 Espressione tipica, per non dire "sono andata in estasi".

8 Madre Speranza Alhama Valera, Diario, 9 aprile 1952, 18,1287-1289.

9 Erano i sintomi del fenomeno della levitazione (o sollevamento da terra).

10 Madre Speranza Alhama Valera, Diario, 31 gennaio 1954, 18,1444.

11 Situata, per chi non lo sapesse, un 500 metri fuori dal borgo antico del paese.

12 Il Santissimo era in una saletta e non in Chiesa, perché era il Venerdì Santo.

13 "Allora, che fai lì?", cioè nel Tabernacolo.

14 Questo particolare è interessantissimo, perché conferma ciò che insegnano i manuali di mistica riguardo al potere che hanno i Direttori spirituali anche in caso di estasi.

15 Padre Alfonso Mariani, Memoria extra-processuale.

16 Madre Speranza Alhama Valera, La Passione, 7,148.

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ultimo aggiornamento 11 luglio, 2014