La porta "bella" della Misericordia

Studi

P. Aurelio Pérez fam

  3

Il Crocifisso dell’Amore Misericordioso, porta della misericordia

 

È significativo che i pellegrini che vengono a Collevalenza e che verranno più numerosi nel prossimo Giubileo straordinario, appena varcata la Porta della misericordia, si trovano davanti il Crocifisso dell’Amore misericordioso. È Lui la vera porta della misericordia, il suo cuore e le sue braccia spalancate sono aperti a tutti. Come scrive Madre Speranza:

"Basta uno sguardo alla croce per comprendere il linguaggio di Gesù: è il linguaggio dell’amore che tutti capiamo subito. Ha il capo chino per il bacio, il cuore ferito in segno di amore, le braccia aperte per abbracciarci e tutto il corpo offerto per salvarci.
L’immagine di Gesù in croce deve essere la preferita e la più eloquente di tutte".
(La Passione, 375-376)

Come non ricordare in proposito le parole di S. Giovanni Paolo II, nella Dives in misericordia?:

"La croce è il più profondo chinarsi della Divinità sull’uomo e su ciò che l’uomo - specialmente nei momenti difficili e dolorosi - chiama il suo infelice destino. La croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo, è il compimento sino alla fine del programma messianico, che Cristo formulò una volta nella sinagoga di Nazareth e ripeté poi dinanzi agli inviati di Giovanni Battista. Secondo le parole scritte già nella profezia di Isaia, tale programma consisteva nella rivelazione dell’amore misericordioso verso i poveri, i sofferenti e i prigionieri, verso i non vedenti, gli oppressi e i peccatori. (DM, 8)

 

MADRE SPERANZA "PORTINAIA DI QUELLI CHE SOFFRONO"

Comprendiamo, allora, meglio un’altra definizione che Madre Speranza dava di se stessa, quando diceva di sentirsi come "la portinaia di coloro che soffrono", che accoglie e introduce tutti quelli che vengono a fare esperienza dell’Amore di "un padre che dimentica, perdona e non tiene in conto le miserie dei suoi figli". In uno dei suoi scritti scrive così:

«Io, amati figli e figlie, debbo dirvi che vivo giorni di vera gioia ed emozione... per il compito che vengo svolgendo in questi mesi nella casa di nostro Signore, facendo da portinaia di coloro che soffrono e vengono a bussare a questo nido d’amore perché Lui, come Buon Padre, li perdoni, dimentichi le loro follie e li aiuti in questi momenti di dolore. Sono qui, figli miei, ore e ore, giorni e giorni, ricevendo poveri, ricchi, anziani e giovani, tutti carichi di grandi miserie: morali, spirituali, corporali e materiali. Alla fine del giorno vado a presentare al Buon Gesù, piena di fede, fiducia e amore, le miserie di ognuno, con l’assoluta certezza di non stancarlo mai, perché so bene che Lui, da vero Padre, mi attende ansiosamente affinché interceda per tutti quelli che sperano da Lui il perdono, la salute, la pace e ciò di cui hanno bisogno per vivere… Ed Egli che è tutto Amore e Misericordia, specialmente verso i figli che soffrono, non mi lascia delusa e così vedo con gioia confortate tutte quelle anime che si affidano all’Amore Misericordioso» (Circ. n. 104).

 

"Gesù mio, aprimi le porte della tua pietà"

Perché Madre Speranza ha potuto svolgere bene questo suo compito? Sicuramente perché aveva gli occhi fissi sulla porta che è Gesù, stava al suo posto come sentinella, era come il "guardiano" che apre al Pastore perché le pecore ascoltino la sua voce e trovino protezione dai lupi, guida sicura e nutrimento sano (Cf Gv 10, 3). Il cuore e la mente della nostra Beata Madre erano fissi in Gesù, e da Lui imparavano l’amore verso Dio e verso il prossimo. Solo attraverso la porta di questo duplice e inseparabile amore possiamo entrare nel Regno di Dio (Cf Mt 25). Ecco il motivo per cui la Madre ripeteva spesso la preghiera che ci ha consegnato nella Novena dell’A.M.: "Gesù mio, aprimi le porte della tua pietà".

Le porte della pietà di Gesù sono il suo amore unico verso il Padre, di cui cerca continuamente il volere, e contemporaneamente le viscere di misericordia verso ogni persona, in particolare laddove c’è più miseria, sofferenza, povertà.

Questa porta della pietas non è in qualche luogo fuori di noi, ma nella profondità del nostro cuore. Chiediamo anche noi la grazia, per la mediazione di Maria, invocata per analogia con il Figlio "Ianua coeli", che ci vengano aperte le porte della pietà di Gesù: saranno quelle che ci spalancheranno l’entrata nel Regno del Signore.

 

CUSTODI DELLA SOGLIA, PERCHÉ RIMANGA APERTA E ACCOGLIENTE

Neanche noi siamo la porta, come non siamo la luce (cf Gv 1, 7-9), ma siamo chiamati a essere i custodi della porta e i testimoni della luce, attenti ad accogliere coloro che arrivano carichi di sofferenze, fatiche e ferite, per introdurli da Colui che è pace, pane, acqua, ristoro, perdono, misericordia e gioia infinita. Viene da pensare che il Padre del figlio prodigo sia rimasto sulla soglia di casa con il cuore in gola per tanto tempo, aspettando che finalmente un giorno il figlio tornasse. E quando è tornato non ha trovato un giudice ma un padre, non la porta chiusa ma le braccia e il cuore aperti. Perché anche il nostro cuore è una porta che si può aprire o chiudere. Ne è prova l’atteggiamento del fratello maggiore della parabola.

Di porte chiuse facciamo esperienza tutti: i rifiuti, i muri di indifferenza, l’incomprensione, la rigidità e la distanza, a volte la vera e propria ostilità sono pane quotidiano. Quante porte rimangono chiuse, a volte ostinatamente chiuse!

Ma prima di lamentarci delle chiusure degli altri è onesto guardare a noi stessi, perché, più facilmente di quanto crediamo, chiudiamo la porta o magari la apriamo selettivamente solo a qualcuno.

L’amore misericordioso, al contrario, attraverso ciascuno di noi vuole trasformare, anche oggi, ogni "valle di Acor", simbolo delle situazioni di maledizione e di morte, in "Porta di speranza":

16Perciò, ecco, io la sedurrò,
la condurrò nel deserto
e parlerò al suo cuore.
17Le renderò le sue vigne
e trasformerò la valle di Acor
in porta di speranza. (Os 2, 17).

 

"ECCO STO ALLA PORTA E BUSSO"

"Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (Ap 3, 20).

Anche alla porta del nostro cuore il Signore sta bussando in continuazione. Quanta fatica, a volte, ad alzarci dal letto delle nostre comodità per aprire allo Sposo che sta bussando!

2Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore.
Un rumore! La voce del mio amato che bussa:
«Aprimi, sorella mia,
mia amica, mia colomba, mio tutto;
perché il mio capo è madido di rugiada,
i miei riccioli di gocce notturne».
3«Mi sono tolta la veste;
come indossarla di nuovo?
Mi sono lavata i piedi;
come sporcarli di nuovo?».
4L’amato mio ha introdotto la mano nella fessura
e le mie viscere fremettero per lui.
5Mi sono alzata per aprire al mio amato
e le mie mani stillavano mirra;
fluiva mirra dalle mie dita
sulla maniglia del chiavistello.
6Ho aperto allora all’amato mio,
ma l’amato mio se n’era andato, era scomparso.
Io venni meno, per la sua scomparsa;
l’ho cercato, ma non l’ho trovato,
l’ho chiamato, ma non mi ha risposto. (Ct 5, 2).

Solo aprendo la porta a Gesù possiamo sperimentare la gioia dell’incontro conviviale con Lui, "la cena che ricrea ed innamora" (S. Giovanni della Croce). E solo spalancando la porta del nostro cuore ai fratelli nel bisogno e nella sofferenza possiamo "far uscire" Gesù, perché vada con noi dovunque ci sono piaghe da curare e fratelli da soccorrere (Papa Francesco).

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 16 novembre, 2015