... ascoltando la parola del papa   e   rileggendo gli scritti della Madre ....
 

PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI DELLA CURIA ROMANA

M I S E R I C O R D I A
Un catalogo di virtù necessarie

Sono lieto di rivolgervi gli auguri più cordiali di un santo Natale e felice Anno Nuovo ... Nel contesto di questo Anno della Misericordia e della preparazione al Santo Natale, ormai alle porte, vorrei presentarvi un sussidio pratico per poter vivere fruttuosamente questo tempo di grazia. Si tratta di un non esaustivo "catalogo delle virtù necessarie" per chi presta servizio in Curia e per tutti coloro che vogliono rendere feconda la loro consacrazione o il loro servizio alla Chiesa.

Invito i Capi dei Dicasteri e i Superiori ad approfondirlo, ad arricchirlo e a completarlo. È un elenco che parte proprio da un’analisi acrostica della parola "misericordia" – padre Ricci, in Cina, faceva questo – affinché sia essa la nostra guida e il nostro faro.

 

1. Missionarietà e pastoralità. La missionarietà è ciò che rende, e mostra, la curia fertile e feconda; è la prova del-l’efficacia, dell’efficienza e dell’autenticità del nostro operare. La fede è un dono, ma la misura della nostra fede si prova anche da quanto siamo capaci di comunicarla [3]. Ogni battezzato è missionario della Buona Novella innanzitutto con la sua vita, con il suo lavoro e con la sua gioiosa e convinta testimonianza. La pastoralità sana è una virtù indispensabile specialmente per ogni sacerdote. È l’impegno quotidiano di seguire il Buon Pastore, che si prende cura delle sue pecorelle e dà la sua vita per salvare la vita degli altri. È la misura della nostra attività curiale e sacerdotale. Senza queste due ali non potremo mai volare e nemmeno raggiungere la beatitudine del “servo fedele” (cfr Mt 25,14-30

Ricordiamo anche che il nostro ideale deve essere la carità e l’amore; noi dobbiamo salvarci salvando gli altri; la carità ci seguirà anche dopo la morte ed in cielo sarà la misura della nostra unione al buon Gesù. (Madre Speranza nel 1934; 20,11)

2. Idoneità e sagacia. L’idoneità richiede lo sforzo personale di acquistare i requisiti necessari e richiesti per esercitare al meglio i propri compiti e attività, con l’intelletto e l’intuizione. Essa è contro le raccomandazioni e le tangenti. La sagacia è la prontezza di mente per comprendere e affrontare le situazioni con saggezza e creatività. Idoneità e sagacia rappresentano anche la risposta umana alla grazia divina, quando ognuno di noi segue quel famoso detto: “fare tutto come se Dio non esistesse e, in seguito, lasciare tutto a Dio come se io non esistessi”. È il comportamento del discepolo che si rivolge al Signore tutti i giorni con queste parole della bellissima Preghiera Universale attribuita a Papa Clemente XI: «Guidami con la tua sapienza, reggimi con la tua giustizia, incoraggiami con la tua bontà, proteggimi con la tua potenza. Ti offro, o Signore: i pensieri, perché siano diretti a te; le parole, perché siano di te; le azioni, perché siano secondo te; le tribolazioni, perché siano per te».

Pregate perché questa vostra madre ami sempre il dolore e giunga ad essere contenta nella persecuzione; cerchi sempre l’abnegazione e possa dare al buon Gesù quanto le chiede, costi quello che costi. (Madre Speranza nel 1949; 22,9)

3. Spiritualità e umanità. La spiritualità è la colonna portante di qualsiasi servizio nella Chiesa e nella vita cristiana. Essa è ciò che alimenta tutto il nostro operato, lo sorregge e lo protegge dalla fragilità umana e dalle tentazioni quotidiane. L’umanità è ciò che incarna la veridicità della nostra fede. Chi rinuncia alla propria umanità rinuncia a tutto. L’umanità è ciò che ci rende diversi dalle macchine e dai robot che non sentono e non si commuovono. Quando ci risulta difficile piangere seriamente o ridere appassionatamente - sono due segni - allora è iniziato il nostro declino e il nostro processo di trasformazione da “uomini” a qualcos’altro. L’umanità è il saper mostrare tenerezza e familiarità e cortesia con tutti (cfr Fil 4,5). Spiritualità e umanità, pur essendo qualità innate, tuttavia sono potenzialità da realizzare interamente, da raggiungere continuamente e da dimostrare quotidianamente.

Ricordiamoci che quanti soffrono attendono il nostro conforto, anzi aspettano che prendiamo su di noi le loro sofferenze; la stessa cosa richiedono la carità e l’amore a Gesù. Quando incontrate una persona sotto il peso del dolore fisico o morale non tentate di offrirle un aiuto o un incoraggiamento senza prima averla guardata con amore. (Madre Speranza nel 1941;5,6)

4. Esemplarità e fedeltà. Il beato Paolo VI ricordò alla Curia - nel ‘63 - «la sua vocazione all’esemplarità». Esemplarità per evitare gli scandali che feriscono le anime e minacciano la credibilità della nostra testimonianza. Fedeltà alla nostra consacrazione, alla nostra vocazione, ricordando sempre le parole di Cristo: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti» (Lc 16,10) e «Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo!» (Mt 18,6-7).

Le anime sono il bene più caro di Gesù e questo bene egli l’ha affidato a noi. Dalla nostra negligenza o premura dipende la salvezza o la dannazione di molte anime. Povere noi se anziché portare le anime a Gesù saremo pietre di scandalo e gliele portiamo via. (Madre Speranza nel 1941; 5,74).

5. Razionalità e amabilità. La razionalità serve per evitare gli eccessi emotivi e l’amabilità per evitare gli eccessi della burocrazia e delle programmazioni e pianificazioni. Sono doti necessarie per l’equilibrio della personalità: «Il nemico - e cito sant’Ignazio un’altra volta, scusatemi - osserva bene se un’anima è grossolana oppure delicata; se è delicata, fa in modo di renderla delicata fino all’eccesso, per poi maggiormente angosciarla e confonderla». Ogni eccesso è indice di qualche squilibrio, sia l’eccesso nella razionalità, sia nell’amabilità.

Gesù mi dice di ricordarmi che Lui ama molto più le anime che piene di difetti si sforzano e lottano per essere come le vuole, e che l’uomo più malvagio, il più abbandonato e abietto è da Lui amato con immensa tenerezza ed Egli è per lui un padre e una tenera madre e vuole che il mio cuore assomigli al suo. (Madre Speranza nel 1952; 18,1192).

6. Innocuità e determinazione. L’innocuità che rende cauti nel giudizio, capaci di astenerci da azioni impulsive e affrettate. È la capacità di far emergere il meglio da noi stessi, dagli altri e dalle situazioni agendo con attenzione e comprensione. È il fare agli altri quello che vorresti fosse fatto a te (cfr Mt 7,12 e Lc 6,31). La determinazione è l’agire con volontà risoluta, con visione chiara e con obbedienza a Dio, e solo per la legge suprema della salus animarum (cfr CIC, can. 1725).

Educhiamo il nostro carattere e preghiamo il buon Gesù di concedere a tutti noi la grazia di possedere una buona indole, con le virtù sue proprie di bontà, fermezza, dolcezza, fortezza, franchezza e tatto. (Madre Speranza nel 1955; 15,214)

7. Carità e verità. Due virtù indissolubili dell’esistenza cristiana: “fare la verità nella carità e vivere la carità nella verità” (cfr Ef 4,15). Al punto che la carità senza verità diventa ideologia del buonismo distruttivo e la verità senza carità diventa “giudiziarismo” cieco.

Gesù mio, ai figli alle figlie e a me, concedi la grazia, di spogliarci dell’uomo vecchio con le sue abitudini, per rivestirci del nuovo creato secondo Te nella giustizia, nella verità, nella carità e santità. (Madre Speranza nel 1952; 20,418)

8. Onestà e maturità. L’onestà è la rettitudine, la coerenza e l’agire con sincerità assoluta con noi stessi e con Dio. Chi è onesto non agisce retta- mente soltanto sotto lo sguardo del sorvegliante o del superiore; l’onesto non teme di essere sorpreso, perché non inganna mai colui che si fida di lui. L’onesto non spadroneggia mai sulle persone o sulle cose che gli sono state affidate da amministrare, come il «servo malvagio» (Mt 24,48). L’onestà è la base su cui poggiano tutte le altre qualità. Maturità è la ricerca di raggiungere l’armonia tra le nostre capacità fisiche, psichiche e spirituali. Essa è la meta e l’esito di un processo di sviluppo che non finisce mai e che non dipende dall’età che abbiamo.

Gesù non tollera con facilità chi nella vita religiosa non è coerente con le promesse fatte. Per cui dobbiamo temere se la nostra vita è indifferente, poiché sebbene Gesù non ci caccia dalla sua casa, potrebbe però allontanarci dalla sua presenza, che è vera luce, per gettarci nella ignoranza e nelle tenebre. Dobbiamo avere paura di questo più della morte e vegliare per la nostra santificazione e la fedeltà alla nostra vocazione. (Madre Speranza nel 1941; 5,109)

9. Rispettosità e umiltà. la rispettosità è la dote delle anime nobili e delicate; delle persone che cercano sempre di dimostrare rispetto autentico agli altri, al proprio ruolo, ai superiori e ai subordinati, alle pratiche, alle carte, al segreto e alla riservatezza; le persone che sanno ascoltare attentamente e parlare educatamente. L’umiltà invece è la virtù dei santi e delle persone piene di Dio, che più crescono nell’importanza più cresce in loro la consapevolezza di essere nulla e di non poter fare nulla senza la grazia di Dio (cfr Gv 15,8).

Vigiliamo, preghiamo e chiediamo al buon Gesù di aiutarci ad essere umili di cuore, affinché non ci lasciamo trascinare dall’arroganza a parlare continuamente di noi e dei nostri buoni esiti; dall’ostentazione a ricercare e amare l’attenzione del prossimo; dall’ipocrisia a fingere esternamente virtù che non possediamo e che neppure ci preoccupiamo di acquisire. (Madre Speranza nel 1955; 15,31).

10. “Doviziosità” - io ho il vizio dei neologismi - e attenzione. Più abbiamo fiducia in Dio e nella sua provvidenza più siamo doviziosi di anima e più siamo aperti nel dare, sapendo che più si dà più si riceve. In realtà, è inutile aprire tutte le Porte Sante di tutte le basiliche del mondo se la porta del nostro cuore è chiusa all’amore, se le nostre mani sono chiuse al donare, se le nostre case sono chiuse all’ospitare e se le nostre chiese sono chiuse all’accogliere. L’attenzione è il curare i dettagli e l’offrire il meglio di noi e il non abbassare mai la guardia sui nostri vizi e mancanze. San Vincenzo de’ Paoli pregava così: “Signore, aiutami ad accorgermi subito: di quelli che mi stanno accanto, di quelli che sono preoccupati e disorientati, di quelli che soffrono senza mostrarlo, di quelli che si sentono isolati senza volerlo”.

Le anime che amano Gesù con amore particolare, sono forti, generose, dimentiche di sé, distaccate e caritatevoli. Dette anime sono la consolazione di Gesù, la gioia di quanti vivono accanto a loro e il sollievo dei Superiori. L’anima che ama ed è amica di Gesù è delicata, non ferisce, evita tutto quello che può offendere il prossimo, prova un grande dispiacere quando si accorge di aver commesso un’imprudenza e dimentica facilmente tutto quello che le fanno. Se lo ricorda, è solo per presentarlo a Gesù e chiedergli di aiutare i confratelli ad essere come Lui li vuole. ((Madre Speranza nel 1933; 2, 135).

11. Impavidità e prontezza. Essere impavido significa non lasciarsi impaurire di fronte alle difficoltà, come Daniele nella fossa dei leoni, come Davide di fronte a Golia; significa agire con audacia e determinazione e senza tiepidezza «come un buon soldato» (2 Tm 2,3-4); significa saper fare il primo passo senza indugiare, come Abramo e come Maria. Invece la prontezza è il saper agire con libertà e agilità senza attaccarsi alle cose materiali che passano. Dice il salmo: «Alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore» (Sal 61,11). Essere pronto vuol dire essere sempre in cammino, senza mai farsi appesantire accumulando cose inutili e chiudendosi nei propri progetti, e senza farsi dominare dall’ambizione.

Credo che Gesù ami in modo particolare le anime forti, virili, valorose, risolute, generose, dimentiche di sé, ardentemente desiderose di compiere il bene per i fratelli, raggiungere la propria perfezione, soffrire, vivere con entusiasmo crocifissi con Gesù per amore dei fratelli. Quando Gesù trova un’anima simile, le va incontro e l’accoglie perché lo segua nel cammino regale della croce. Gesù non la abbandona, anzi si colloca nel più intimo della sua anima, da dove contempla la lotta, e gioisce nel vedere quelle sofferenze, quel martirio che gli danno tanta gloria, e procurano tanto bene all’anima stessa e ai suoi fratelli. ((Madre Speranza nel 1933; 2,104).

12. Affidabilità e sobrietà. Affidabile è colui che sa mantenere gli impegni con serietà e attendibilità quando è osservato ma soprattutto quando si trova solo; è colui che irradia intorno a sé un senso di tranquillità perché non tradisce mai la fiducia che gli è stata accordata. La sobrietà – ultima virtù di questo elenco non per importanza – è la capacità di rinunciare al superfluo e di resistere alla logica consumistica dominante. La sobrietà è prudenza, semplicità, essenzialità, equilibrio e temperanza. La sobrietà è guardare il mondo con gli occhi di Dio e con lo sguardo dei poveri e dalla parte dei poveri. La sobrietà è uno stile di vita che indica il primato dell’altro come principio gerarchico ed esprime l’esistenza come premura e servizio verso gli altri. Chi è sobrio è una persona coerente ed essenziale in tutto, perché sa ridurre, recuperare, riciclare, riparare e vivere con il senso della misura.

Gesù non tollera con facilità chi nella vita religiosa non è coerente con le promesse fatte. Per cui dobbiamo temere se la nostra vita è indifferente, poiché sebbene Gesù non ci caccia dalla sua casa, potrebbe però allontanarci dalla sua presenza, che è vera luce, per gettarci nella ignoranza e nelle tenebre. Dobbiamo avere paura di questo più della morte e vegliare per la nostra santificazione e la fedeltà alla nostra vocazione. (Madre Speranza nel 1941; 5, 109).
Dunque, sia la misericordia a guidare i nostri passi, a ispirare le nostre riforme, a illuminare le nostre decisioni. Sia essa la colonna portante del nostro operare. Sia essa a insegnarci quando dobbiamo andare avanti e quando dobbiamo compiere un passo indietro. Sia essa a farci leggere la piccolezza delle nostre azioni nel grande progetto di salvezza di Dio e nella maestosità e misteriosità della sua opera.

(Estratto da: vatican.va - © Copyright - Libreria Editrice Vaticana, 21 dicembre 2015)
© Copyright - Libreria Editrice Vaticana, 21 dicembre 2015

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ultimo aggiornamento 14 gennaio, 2016