Pastorale Familiare

Marina Berardi

"Maestro, cosa devo fare…?"

L’interrogativo ci rimanda al capitolo 10 di Luca, nel quale Gesù ci offre la coinvolgente parabola del buon Sama­ritano. Vogliamo provare a custodire la domanda nel cuore, sentendoci pellegrini alla ricerca della risposta personale che il Maestro vorrà dare a ciascuno di noi, a ogni famiglia, vogliamo farci ricercatori di senso.

Desidero partire da una felice intuizione di S. Ecc.za Mons. Aiello che, in occasione dell’Assemblea della nostra diocesi di Orvieto-Todi, ci spiegava come le cose con il punto interrogativo sono più importanti di quelle con il punto esclamativo. Di fatto, la Chiesa per anni sembra aver camminato in maniera serrata: è così, si fa così... Il Vescovo di Teano sottolineava, invece, che sono le cose con il punto di domanda ad intrigare maggiormente, a far nascere dei cammini, a creare ponti.

Riflettendovi, anche nella mia vita personale è stato così. Penso, però, che sia esperienza comune quella di ritrovarsi ad interrogare la vita, a cercare di capire il senso degli eventi e, di tanto in tanto, a chiedere conto a Dio di quanto sta accadendo, salvo dover riconoscere che non sempre abbiamo la pazienza di attendere la risposta o un reale interesse di ascoltarla. Per questo vogliamo fermarci, iniziando proprio da questa domanda: "Maestro, cosa devo fare"… per ritrovare la chiave della mia vita, "per ereditare la vita eterna"?

È a questo punto che Gesù, con altre domande, rende protagonista un interlocutore che voleva solo metterlo alla prova: «"Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?". Costui rispose: "Amerai il Signore Dio tuo […] e il prossimo tuo come te stesso"» (Lc 10,27).

Proseguendo con la parabola, Gesù quindi ci addita il buon Samaritano come esempio concreto, credibile e ci invita a una risposta necessaria e possibile: ama, "va’ e anche tu fa’ lo stesso" (Lc 10,37). Gesù sa che nel comunicare convince solo ciò che si vive o ciò di cui si è fatto esperienza, per questo ci dona un compagno di viaggio come il Samaritano, una persona davvero con-vincente! L’amore non si può raccontare, lo si può solamente testimoniare con uno sguardo, un silenzio, un gesto, una parola, un sorriso, il più delle volte sporcandosi le mani. Un amore così vince sempre perché "vince-con" l’altro. Questo accade ai membri di una famiglia quando gareggiano nel donarsi e nell’accogliersi, quando vivono l’impegno e lo stupore di appartenersi reciprocamente, quando riescono ad aiutarsi e perdonarsi, generando circoli virtuosi, segno di un amore davvero vincente.

Si dice che non basta convivere sotto lo stesso tetto per essere automaticamente un noi, ma che sia necessario "vivere-con" l’altro, vivere per l’altro, lasciando che quel tu passi per il nostro io e viceversa. Il Samaritano sa fare questo indispensabile viaggio dentro di sé, è in cammino, per questo sa riconoscere e può fermarsi davanti all’appello dell’altro. Lui, dice il Papa, «aveva il cuore aperto, era umano. E l’umanità lo avvicinò. […] Si è lasciato scrivere la vita da Dio: ha cambiato tutto, quella sera, perché il Signore gli ha avvicinato la persona di questo povero uomo, ferito, malamente ferito, buttato sulla strada» (Meditazione mattutina 7.10.2013).

Il levita e il sacerdote, al contrario, che giungono e passano per caso sulla strada del malcapitato, non possono fare altro che girarsi dall’altra parte davanti a qualcosa che non appartiene loro. La mancanza di attenzione, di coinvolgimento personale e la paura di compromettersi non permette loro di vivere la carità che è sempre intenzionale e generalmente richiede di pagare un prezzo.

Vogliamo provare ad accogliere l’invito di Gesù a rivisitare le azioni del Samaritano perché attraverso il "cosa", dato dai suoi gesti concreti, scopriamo quel "chi", che rimanda, invece, alle motivazioni profonde del suo agire e all’atteggiamento umile di colui che, come il malcapitato, si lascia accogliere, curare e amare.

In questa icona possiamo cogliere il ciclo di vita personale e familiare: ora si è oggetto di cure, ora ci si prende cura dell’altro; ora si dona, ora si riceve; ora si è feriti, ora si ferisce; ora si perdona, ora si è perdonati. Forse anche in famiglia, a volte, si tenta di cercare giustificazioni e scuse, ci si chiede se chi ci vive accanto è proprio il nostro prossimo, se lo è sempre, anche di fronte a tradimenti e infedeltà, ad accuse, pretese e svalutazioni, anche quando l’altro se la è cercata.

Guardando ai criteri usati da Gesù sembrerebbe proprio che l’altro rimane sempre e comunque il nostro prossimo. Come ci ricorda Papa Francesco, «Dio sempre vuole la misericordia e non la condanna verso tutti. Vuole la misericordia del cuore, perché Lui è misericordioso e sa capire bene le nostre miserie, le nostre difficoltà e anche i nostri peccati. Dà a tutti noi questo cuore misericordioso! Il Samaritano fa proprio questo: imita proprio la misericordia di Dio, la misericordia verso chi ha bisogno» (Angelus, 14.7.2013).

(continua)

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ultimo aggiornamento 14 gennaio, 2016