Visita del Santo Padre Francesco a Lesbo

Papa Francesco

Visita del Santo Padre Francesco a Lesbo (Grecia)
Incontro con la Cittadinanza e con la Comunità Cattolica. Memoria delle vittime delle migrazioni.
(Presidio della Guardia Costiera Sabato, 16 aprile 2016)

Appello all’Europa

Come il viaggio del Papa a Lampedusa, anche questo a Lesbo parla a tutti, anche senza parole. Ed è un appello accorato all’Europa, e al mondo, perché non distolga lo sguardo dai volti di uomini, di donne, di bambini costretti dalla guerra e dalla miseria a lasciare i loro paesi, le loro case, le loro famiglie. Sono soprattutto siriani, ma anche iracheni: yazidi, curdi, cristiani di diverse confessioni, spesso disperati, molti dei quali sono annegati nel mare. Come avviene in altre parti del mondo, perché il fenomeno delle migrazioni è planetario.

La visita papale nell’isola greca che ha accolto tantissimi profughi è dunque un segno, semplice e fortissimo. Come è inequivocabile l’accoglienza di dodici profughi siriani che Francesco ha portato a Roma tornando da questo viaggio, diverso dagli altri.

Diverso perché segnato dalla tristezza per la peggiore catastrofe umana dopo la seconda guerra mondiale. Poche ore divenute un simbolo: il Pontefice, che vuole contribuire dovunque a costruire ponti e ad abbattere muri, è venuto per stare con uomini, donne e bambini che cercano solo pace e libertà, parole scandite in inglese durante la visita nel campo profughi di Moria.

Forse nessun viaggio papale è maturato in così poco tempo: meno di un mese. Incrociandosi con l’invito del patriarca di Costantinopoli venuto a Lesbo con l’arcivescovo di Atene e altri vescovi, ortodossi e cattolici. Ed è un nuovo passo nel cammino verso l’unità, segnato dall’ecumenismo che Bergoglio ha definito del sangue e che ora avanza con quest’altra testimonianza di carità, sottolineata dalle parole di Hierònymos, di Bartolomeo e del loro fratello Francesco nel campo di Moria, dove si sono fermati lungamente a salutare centinaia e centinaia di profughi.

E se l’arcivescovo ha auspicato a partire da Lesbo un movimento globale in favore dei profughi, un monito severo è venuto dal patriarca: il mondo sarà giudicato da come vi tratterà, ha scandito. Ricordando subito dopo le vittime sepolte in un Mediterraneo che deve riscoprire la sua vocazione a essere un luogo di incontro. Siamo venuti «semplicemente per stare con voi» e per richiamare l’attenzione e implorare la soluzione di questa crisi, «come uomini di fede» e «per parlare apertamente a nome vostro» ha detto il Papa.

Nella gratitudine e nell’ammirazione al popolo greco, che nonostante le sue difficoltà ha saputo aprire le braccia a tanti profughi senza distinzione di etnia o di religione, la visita dei tre vescovi cristiani ha voluto anche esprimere in una dichiarazione congiunta la preoccupazione per questa «colossale crisi», denunciata come «crisi di umanità». Occorrono «iniziative diplomatiche, politiche e caritative» congiunte perché individui e comunità «possano rimanere nelle loro terre natie», ed è urgente porre fine alla guerra nel Medio oriente, che ha provocato milioni di profughi, quasi un terzo dell’intera popolazione siriana.

Di fronte a questa tragedia l’Europa ha il dovere di rispondere con umanità. Sono comprensibili e legittime le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, ha riconosciuto il Papa al porto di Lesbo prima di rendere omaggio alle innumerevoli vittime affogate. Ma non bisogna dimenticare, soprattutto nella «patria dei diritti umani», che i migranti sono persone, non numeri, e che questa crisi può davvero diventare un’occasione per far crescere quella realtà possibile che Paolo VI definì civiltà dell’amore. (© L’Osservatore Romano 17 aprile 2016) g.m.v.

Dopo il discorso di Papa Francesco alla cittadinanza di Lesbo al porto di Mytilene, è seguita una breve cerimonia commemorativa delle vittime delle migrazioni. I tre leader religiosi (Papa Francesco, il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos) hanno osservato un minuto di silenzio per tutti i morti in mare e hanno gettato dal molo tre corone d’alloro, quindi hanno recitato ciascuno una preghiera.

 

PREGHIERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Dio di misericordia, Ti preghiamo per tutti gli uomini, le donne e i bambini, che sono morti dopo aver lasciato le loro terre in cerca di una vita migliore. Benché molte delle loro tombe non abbiano nome, da Te ognuno è conosciuto, amato e prediletto.

Che mai siano da noi dimenticati, ma che possiamo onorare il loro sacrificio con le opere più che con le parole.

Ti affidiamo tutti coloro che hanno compiuto questo viaggio, sopportando paura, incertezza e umiliazione, al fine di raggiungere un luogo di sicurezza e di speranza.

Come Tu non hai abbandonato il tuo Figlio quando fu condotto in un luogo sicuro da Maria e Giuseppe, così ora sii vicino a questi tuoi figli e figlie attraverso la nostra tenerezza e protezione.

Fa’ che, prendendoci cura di loro, possiamo promuovere un mondo dove nessuno sia costretto a lasciare la propria casa e dove tutti possano vivere in libertà, dignità e pace.

Dio di misericordia e Padre di tutti, destaci dal sonno dell’indifferenza, apri i nostri occhi alle loro sofferenze e liberaci dall’insensibilità, frutto del benessere mondano e del ripiegamento su se stessi. Ispira tutti noi, nazioni, comunità e singoli individui, a riconoscere che quanti raggiungono le nostre coste sono nostri fratelli e sorelle.

Aiutaci a condividere con loro le benedizioni che abbiamo ricevuto dalle tue mani e riconoscere che insieme, come un’unica famiglia umana, siamo tutti migranti, viaggiatori di speranza verso di Te, che sei la nostra vera casa, là dove ogni lacrima sarà tersa, dove saremo nella pace, al sicuro nel tuo abbraccio.

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ultimo aggiornamento 10 maggio, 2016