Come diventare Misericordiosi

Studi

P. Aurelio Pérez fam

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Non Giudicate

Il motto che papa Francesco ci ha proposto per questo Anno santo della misericordia è tratto dal Vangelo di Luca: "MISERICORDIOSI COME IL PADRE" (Lc 6,36). Vorrei, facendo seguito agli anteriori articoli, soffermarmi insieme a voi sul modo che Gesù stesso ci indica per diventare misericordiosi. Sottolineo "diventare" perchè questa mi sembra la traduzione più fedele all’originale greco. "Cercate di diventare misericordiosi come il Padre!", dice Gesù, e in questa parola penso che racchiude tutto il senso del nostro camino evangelico dietro di Lui. È un apprendistato: ad essere misericordiosi si impara. Se Gesù è il volto della misericordia del Padre, chiede anche a noi una sola cosa: riprodurre questo stesso volto nella nostra vita. Lo stesso messaggio è nell’esortazione di Gesù ai farisei che, dopo la chiamata di Matteo, lo criticano perchè accoglie i peccatori e mangia con loro: "Andate a imparare che cosa vuol dire: misericordia io voglio e non sacrifici!" (Mt 9, 13; cf 12,7; Os 6,6)

In fondo Gesù sta proponendoci la meta alta della "divinizzazione". Siamo fatti, dalla creazione, a immagine e somiglianza di Dio, ma questa identità sublime è oscurata dal peccato. Gesù è venuto per ridare al nostro volto l’antico splendore dell’immagine e somiglianza divina. E ci indica la strada per arrivarci.

In fondo il divenire è la strada tra il non essere e l’essere. Diventare misericordiosi è quindi un percorso da compiere, e costituisce il vero processo della trasformazione e della conversione. Lc 6,36 non è certamente una pia esortazione, ma un "comandamento", che per quanto riguarda il nostro camminare dietro il Signore costituisce il centro del vangelo di Luca. Anche la parabola della misericordia, nei tre quadri della pecora, della moneta e dei due figli perduti (Lc 15), è raccontata da Gesù con l’intenzione di insegnarci a diventare come il Padre. Se dicessimo che il Vangelo è come una sublime sinfonia, tutto il suo contenuto può essere considerato una variazione su questo tema, che in fondo dice la stessa cosa del comandamento nuovo: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi" (Gv 13, 34; 15, 12).

Una domanda sorge spontanea: chi è capace di questo? Per venirci incontro Gesù fa seguire al comandamento quattro verbi, che ci aiutano a rendere concreto il cammino per diventare misericordiosi:

Non giudicate e non sarete giudicati,

Non condannate e non sarete condannati,

Perdonate e sarete perdonati.

Date e vi sarà dato. (Lc 6, 37-38)

 

Oggi ci soffermiamo sulla prima parola: "Non giudicate!". Sappiamo bene, per esperienza, quanto questo ci risulta difficile, per non dire impossibile. Va subito chiarito un equivoco: non penso che Gesù si riferisca a quel processo interiore del pensiero che chiamiamo discernimento, e che si rivolge a eventi, modi di agire, sentimenti, persone. Nessuno di noi può prescindere da questo processo interiore del valutare, ponderare e distinguere, che fa parte della nostra natura razionale ed è alla base della ricerca della verità e dell’agire con libere decisioni.

Il "non giudicate!" a cui Gesù si riferisce riguarda, invece, quel passaggio molto spesso impercettibile dal discernere al giudicare. Potremmo pensare che è quasi impossibile da distinguere perchè lo stesso discernimento è, in fondo un "giudizio", una valutazione che orienta a vedere e accogliere la verità delle cose. Dov’è allora il pericolo da cui Gesù ci mette in guardia? Penso che sia nella tentazione istintiva di costruire un tribunale nella nostra mente, nel quale noi ci collochiamo sulla sedia del giudice e mettiamo gli altri nel luogo degli imputati. La trasformazione interiore per diventare misericordiosi come il Padre, inizia da questa vigilanza che fa attenzione alla fase iniziale del giudicare. Il giudizio, infatti, inizia sempre nella mente, prima di venire espresso all’esterno, in una critica o condanna esplicita.

"A me appartiene il giudizio!", afferma il Signore nelle Scritture sante. Noi tutti osserviamo comportamenti, ascoltiamo parole e valutazioni, ma chi di noi può ergersi a giudice? Quante volte dobbiamo constatare che il ruolo del giudice ci prende la mano, sicuramente supportato da ottime ragioni, anzi da motivazioni che consideriamo moralmente alte e persino sante. Coloro che giudicavano Gesù erano convinti di fare un favore al Dio e alla sua Legge. Il pensare di avere dalla propia parte la verità, e addirittura la verità di Dio può renderci giudici spietati.

La difficoltà di questa conversione del giudizio sta proprio nel fatto della sua istintività, e la sua guarigione inizia dalla presa di coscienza di ciò che avviene in noi. Appena vediamo una persona o osserviamo un evento siamo portati subito a fare una radiografia, molto spesso con ragioni di convenienza personale: questa persona vale o non vale, è intelligente o stolta, è buona o cattiva, mi è utile o non mi è utile. Spesso il nostro giudizio si trasforma in un "letto di Procuste", in cui in base a criteri predeterminati, accorciamo o allunghiamo le persone secondo il nostro metro.

Ma qual’è il criterio di misura di Dio? Dicevo all’inizio che siamo di fronte ad un apprendistato perchè ad essere misericordiosi si impara. E si impara guardando come agisce il Padre, come agisce il Figlio. "Io non giudico nessuno" dice Gesù. E "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma per salvarlo" (Gv 3). Il suo giudizio alla fine è la croce del Figlio, nella quale dà la vita per tutti. Non ci viene indicato un altro criterio di misura, e questo metro non risiede in noi ma in Dio.

Sono in grado io di conoscere il mistero di una persona, il suo modo di pensare, le convinzioni profonde a cui le esperienze vissute lo hanno condotto? Che so io delle sofferenze profonde che lo hanno segnato e portato ad acquistare uno stile difensivo che non mi piace? Conosco le sue paure, le sue aspirazioni, e le piccole feritoie del suo cuore attraverso cui può entrare un barlume di speranza, o ricevere un po di balsamo per antiche ferite?

È davvero un’arte da acquisire quella del non giudicare. In fondo le persone veramente sensibili, cariche di profonda umanità e che hanno imparato dal Padre, si astengono dal giudicare, soprattutto dal giudicare "per sentito dire" o per prime impressioni.

Cosa fare appena avvertiamo la tentazione di sedere sulla sedia del giudice, magari di fronte a persone o situazioni oggettivamente riprovevoli? Una medicina molto buona è la benedizione. Benedici, o meglio chiedi a Dio di benedire quella persona che ti viene da giudicare, affidala alla misericordia di Colui che scruta i cuori e conosce ogni cosa.

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ultimo aggiornamento 10 maggio, 2016